Premessa
Introduzione
Considerazioni generali sulle legature dei secoli XV-XX
La ricerca
Glossario
Bibliografia delle legature dei manoscritti
Bibliografia delle legature degli incunaboli
Bibliografia delle legature delle cinquecentine
Indici analitici dei manoscritti
Indici analitici degli incunaboli
Indici analitici delle cinquecentine
Curriculum di Federico Macchi
Premessa
Ha qui inizio un progetto innovativo nell'ambito delle biblioteche italiane: il sistematico inserimento delle legature storiche in Internet.
Esso trova concreta attuazione per le coperte della Biblioteca "A. Mai" di Bergamo, realizzate nei secoli XIV-XX in Europa all'indirizzo Internet
www.bibliotecamai.org, grazie al censimento delle legature selezionate tra i circa 650.000 volumi presenti, intrapreso nell'ottobre 2004, destinato a valorizzare un aspetto poco conosciuto dei suoi ricchi fondi. Di queste coperte, sono state prese in esame quelle storiche, di interesse non solo per il materiale di copertura in cuoio oppure in tessuto, caratterizzato da una più o meno ricca decorazione, ma anche per gli aspetti riguardanti le componenti strutturali, i ferramenta adottati e la provenienza.
Per quanto riguarda la datazione delle legature su manoscritti, viene latamente
assunta come data di esecuzione, tranne evidenti casi di riutilizzo della coperta,
quella del testo, anche se è noto che molti volumi sono stati legati anni, talvolta
decenni dopo la realizzazione del contenuto. Per convenzione, si ritiene coeva
una legatura eseguita entro una decina d'anni successivi alla redazione del
manoscritto oppure alla data di stampa del libro: entro venti o trent'anni più
tardi si parla di "legatura del tempo".
L'origine proposta dei manufatti si basa fondamentalmente, sul confronto dei ferri impressi sul materiale di copertura di manoscritti e di documenti archivistici e, per analogia, sulle legature di testi a stampa. Meno affidabile a questo scopo, il contributo di questi ultimi: come è noto, sino a tutto il XVIII secolo, i libri, costituiti da fascicoli sciolti, venivano inviati in tutta Europa dai grandi centri di produzione libraria sommariamente provvisti di una carta di protezione. I volumi non venivano quindi legati dall'editore, ma nel luogo di vendita, a cura dello stesso acquirente oppure dal libraio, col risultato che spesso, luogo di stampa e località di confezionamento della legatura non coincidevano.
È noto che gli stessi punzoni potevano essere copiati o realizzati da più artigiani e venduti a diverse botteghe. Fortunatamente, per le legature realizzate in alcune città italiane quali ad esempio Bergamo, la tavola di ferri bergamaschi approntata al momento qui non inclusa, ricca di centinaia di peculiari esemplari, tra i quali anche i moduli presenti su volumi firmati dal legatore Antonio Cantoni attivo a Bergamo tra 1659 ed il 1715 ca., rende improbabile l'ipotesi secondo cui fregi analoghi siano stati utilizzati in città diverse da quella orobica.
Se Henry Weale
1 e Paul Schwenke
2 ebbero il merito di essere tra i primi ricercatori a dedicarsi allo studio del decoro, anche i lavori dedicati alla struttura dei manufatti sono di antica data, in quanto furono intrapresi da Paul Adam (1849-1943), da Theodor Gottlieb (1869-1929), da Ernst Philip Goldschmidt (1887-1954), da Theodor Petersen (1883-1966) e da Graham Pollard (1903-1976)
3. Se è intuitivo che considerare tutte le componenti materiali delle legature costituisce un insostituibile apporto per progredire nella loro conoscenza, occorre anche riconoscere che lo studio dei ferri, con tutte le precauzioni del caso, rimane al momento il principale strumento di identificazione e di catalogazione delle botteghe. Se è in effetti possibile trarre delle conclusioni generali sui differenti materiali di copertura ad esempio utilizzati per le legature rinascimentali, la catalogazione dei
diversi "ateliers" riposa sul loro decoro.
Hanno contribuito alla determinazione dell'origine, anche le filigrane, specie ove recano il nome del capoluogo orobico (segnatura
Salone Cassapanca 1 G 1 5) ed il genere di umbone (
AB 265). Rafforzano la probabilità della provenienza locale, il possesso del volume a famiglie o ad enti religiosi bergamaschi (Congregazione della Carità e Misericordia Maggiore-
A 96; Archivio musicale del Consorzio della Misericordia Maggiore-
A 97; Convento dei Servi predicatori di Bergamo-
MA 622). Va tuttavia osservato che in un numero limitato di casi, il riconoscimento della loro provenienza ci è stato di aiuto, poiché ammesso di poter individuare la medesima filigrana oggetto di indagine, essa può consentire di determinare solo il luogo
di acquisto della carta, non quello della legatura.
L'articolazione in sezioni del progetto si è reso necessario per una fondamentale considerazione: l'elevato rischio che la sua realizzazione in un unico aggregato, per la vastità dell'impresa, non venisse portata a compimento. Un esempio di ricerca su scala ben maggiore, il censimento delle legature medievali nelle biblioteche italiane avviato oltre una ventina di anni fa, dei cui risultati non si ha purtroppo ad oggi notizia, costituisce un eloquente monito in proposito.
Il programma di lavoro è generalmente organizzato in ordine progressivo alfanumerico di segnatura di collocazione per facilitare la fruizione dei volumi. Esso riguarda le legature segnate:
- A, AB, Antisala, Cassaforte, MA, MM, MMB, Salone Cassapanca, Specola Doc., Specola Epistolari per questa prima parte relativa ai Manoscritti;
- Inc. 1 13 fino a Inc. 5 110, per la seconda sezione dedicata agli Incunaboli;
- Cinq. 1 38 Cinq. 7 984, per la terza porzione riferita alle Cinquecentine;
Ancora da organizzare le schede di commento proprie delle segnature riferite:
- alle coperte su testi a stampa;
- alle legature degli archivi del Comune di Bergamo;
- ai manufatti del Consorzio della Misericordia Maggiore e di altri enti religiosi bergamaschi (Consorzio dei Carcerati, Convento di S. Alessandro, Ospedali dei Mendicanti di San Carlo in Bergamo, Consorzio e Ospedale di Santa Maria della Maddalena in Bergamo) in deposito presso la Biblioteca "A. Mai".
Le prime tre sezioni oggi proposte riguardano 1250 legatura circa. Particolare
attenzione è stata rivolta alle riproduzioni, digitali, ed al commento. Il lettore
troverà così, oltre all'immagine a figura intera del manufatto con riguardo
ai piatti anteriore e posteriore, la relativa scheda di commento, generalmente
caratterizzata da: 1) periodo e luogo di esecuzione, affiancati ove possibile,
dalla bottega di esecuzione oppure dal nome del legatore; 2) descrizione in
cui ove non diversamente indicato, il supporto è generalmente in cartone; 3)
commento; 4) note di approfondimento, arricchite dal ricorso ai cataloghi di
riferimento per gli incunaboli
4 e le cinquecentine
5 oltre al
Dizionario
illustrato6, supportate da una aggiornata
bibliografia abbreviata, e corredate da una nutrita serie di riproduzioni riferite
a singoli aspetti delle legature considerate. Non mancano richiami ad altre
coperte di raffronto presenti nella Biblioteca "A. Mai", in Istituzioni nazionali,
internazionali ed in collezioni private. La novità di questo progetto riferibile
a 2000 legature circa, sostanzialmente inedite dato che solo una quarantina
di esemplari tra l'altro sono stati fino ad oggi resi noti, è stata anche accresciuta dal
rinvio a sconosciuti esemplari presenti tra l'altro nelle Biblioteche Braidense, Sormani
e Trivulziana di Milano, Queriniana e del Museo Diocesano di Brescia, e civica
di Monza.
Questo progetto comprende anche la bibliografia generale, gli indici analitici ed un glossario dei termini ricorrenti.
Questo è un lavoro in evoluzione, sia per il costante aggiornamento delle conoscenze che per i nuovi esemplari individuati ed identificati: la struttura informatica di questo sito è stata quindi studiata per consentire l'inserimento delle inevitabili correzioni legate ad errori e refusi occorsi nella stesura del testo, dei quali il benevolo lettore non vorrà tenere rigore all'estensore. Si tratta di una ricerca che per la varietà delle conoscenze richieste, pone in evidenza i limiti propri dello scrivente, dato che richiederebbe in realtà, la collaborazione di un nutrito ed eterogeneo gruppo di esperti, circostanza ben difficilmente attuabile: si ringraziano pertanto sin d'ora studiosi, bibliofili e curiosi che vorranno inviare le proprie osservazioni al seguente indirizzo:
rete.istituto@bibliotecamai.org.
L'informatica, ormai utilizzata in numerose biblioteche, sta cambiando l'approccio alla conoscenza della legatura, sia in termini di ricerca e disponibilità delle pubblicazioni a stampa, sia per quanto attiene alla documentazione iconografica e alla schedatura. Per mezzo di un apposito strumento a scansione, le immagini del libro e della sua decorazione possono infatti essere registrate e inserite in un elaboratore che consente poi di riprodurle sul video o di stamparle su carta. Lo stesso risultato si può ottenere con apparecchi fotografici digitali che immagazzinano l'immagine in una memoria immediatamente leggibile dall'elaboratore. Opportunamente impiegate, queste tecniche forniscono immagini a colori, sulle quali è possibile intervenire con modifiche e ritocchi. La qualità delle odierne stampanti consente inoltre di ottenere riproduzioni di qualità fotografica. Ogni singola immagine può essere infine memorizzata e classificata secondo la forma, l'area di provenienza, il periodo di esecuzione,
la bottega e così via; sono perciò facili i confronti con immagini provenienti da altre legature analogamente registrate. Per quanto riguarda il testo, i numerosi programmi di scrittura e catalogazione oggi disponibili consentono non solo la redazione di schede di commento sulle legature, ma anche la loro elaborazione e la ricerca immediata di singole informazioni. L'associazione inoltre, di un programma del genere "database" per il testo e di un apposito programma per l'archiviazione e il trattamento delle immagini, permette di fornire un'informazione completa sulla legatura, comprensiva dell'immagine e, insieme, della descrizione, del commento e dei riferimenti bibliografici che la riguardano.
L'impiego sempre più diffuso di Internet dovrebbe consentire alle Istituzioni pubbliche (biblioteche, musei, gallerie), e anche ai privati, di accedere alle raccolte di legature di tutto il mondo. È da segnalare inoltre l'utilità della rete come strumento grazie al quale è possibile rintracciare tutti gli studi attinenti alla legatura, oggi dispersi in decine di pubblicazioni alle quali non è sempre facile accedere.
I metodi tradizionali di riproduzione dell'immagine attraverso la fotografia e le stesse impronte - riproduzione su carta dei motivi ornamentali di una legatura, ottenuta passando una matita con mina morbida su un foglio di carta appoggiato a una decorazione impressa in cavo o in rilievo - fino a oggi considerate insostituibili, resteranno una memoria storica. L'espansione dei sistemi informatici appare d'altro canto ormai irreversibile, tenuto conto della progressiva diminuzione dei costi, delle enormi e sempre crescenti possibilità di immagazzinare dati, dell'elevata qualità e riproducibilità dell'immagine. L'uso dei sistemi informatici consente inoltre di limitare il danneggiamento legato ai ripetuti prelievi e alle continue consultazioni dei volumi oggetto di studio.
Se questo inserimento informatico di coperte storiche su Internet non è certo il primo in Italia ed in Europa - si ricordano tra i primi a titolo esemplificativo, la Biblioteca nazionale Braidense di Milano (
http:/braidense.it/bookbinding/ita.htm), tra i secondi di Londra (British library –
www.bl.uk), di Berlino (Staatsbibliothek zu Berlin-Preußischer Kulturbesitz), di Stoccarda (Württembergische Landesbibliothek) e di Wolfebbüttel (Herzog August Bibliothek), compendiate nell'indirizzo
http://aeb.sbb.spk-berlin.de, di Graz (
www.kfunigraz.ac.at/ub/sosa/einband)-, questa ricerca se ne differenzia tuttavia, in quanto riguarda tutte le legature ritenute di interesse dell'Istituzione considerata, provviste di copiose schede di commento supportate
da un'aggiornata bibliografia e da numerose riproduzioni digitali nelle note.
Il ricorso allo strumento informatico costituisce oggi un percorso obbligato: esso consente alle biblioteche di affrancarsi dalla ricerca di impegnative risorse, necessarie per la realizzazione di un catalogo inevitabilmente provvisto di costose riproduzioni, nel caso delle legature. Oramai ogni istituto dispone di una collocazione nella rete e di un esperto interno e/o esterno per la relativa gestione ed implementazione, cui si aggiunge il sempre maggior interesse dei biblionauti per questo mezzo.
La realizzazione iconografica di un tale proponimento è alla portata di qualunque istituzione in quanto realizzata con un comune apparecchio digitale dalla risoluzione a 5 milioni di pixels, standard oramai superato; per facilitare inoltre la loro fruizione, il peso delle immagini è stato ridotto per ciascuna immagine del sito, entro un intervallo compreso tra i 20 ed i 50 kb, senza perdere apprezzabilmente in qualità.
Introduzione
Si è ritenuto opportuno scegliere la dizione di "legatura storica", relativa a ogni coperta che presenti un interesse per la storia della legatura e della bibliofilia, per l'importanza del committente e/o del destinatario, in luogo di "legatura di pregio" oppure di "legatura d'arte", queste ultime invece riferite a ogni coperta che presenti un particolare interesse per la bellezza dei materiali e della decorazione, per la qualità dell'esecuzione. Le "legature di pregio", eseguite abitualmente, ma non necessariamente, su libri importanti e rari, su libri di dedica o su testi religiosi, hanno sempre rappresentato un'eccezione nel panorama della legatoria di ogni secolo poiché, da sempre, la maggior parte dei libri ha avuto legature molto semplici: questa denominazione ha spesso comportato un incerto confine nella selezione dei manufatti oggetto dell'indagine, circostanza semplificata dalla denominazione di "legatura storica" che riveste un carattere di maggiore generalizzazione nella scelta.
Essa consente anche il superamento della denominazione nota come "legatura preziosa" che riguarda volumi arricchiti con materiali preziosi quali oro, argento, avorio, pietre preziose, smalti, seta e velluto fissati sulle coperte.
Se molto si scrive e si discute di libri, poco e non sempre benevolmente si parla di legature. In effetti se il libro ha valore per il contenuto, di poco conto sembra essere la sua veste, generalmente ignorata ("graecum est, non legitur"). Sin dal 1627 il celebrato bibliotecario Gabriel Naudé nel suo
Advis pour dresser une bibliothèque puntualizzava che per creare una buona biblioteca tutte le risorse dovevano essere destinate per l'acquisto di buoni libri provvisti di legature correnti: pura follia quindi acquisire quelle riccamente decorate e provviste di preziosi orpelli.
Nata per la necessità di proteggere il contenuto del libro, la legatura si è andata tuttavia trasformando nel corso dei secoli per dare bellezza ai libri stessi, seguendo via via mode e stili: si è così passati dalle severe legature tardo gotiche con decorazione a secco, non in oro quindi, alle classiche decorazioni rinascimentali in oro, ai fastosi decori barocchi a ventaglio, a quelli a merletti del Settecento ed a quelli romantici dell'Ottocento.
Fatta eccezione per le coperte che recano impresso il nome del possessore, un motto, un'impresa o le legature stemmate o quelle firmate dal legatore, in generale non prima del Settecento tranne in area nordica, il loro riconoscimento è spesso arduo. Alcuni dei manufatti proposti sono opera di importanti legatori o di rinomati "ateliers" quali la bottega vaticana Soresini.
A questo proposito, va ricordato che l'identificazione del Maestro legatore o della bottega, costituisce uno dei maggiori problemi nello studio delle legature antiche. La maggior parte di esse infatti, tranne in area nordica, non è né firmata né datata. Nomi ed iniziali laddove figurano inoltre, poco certificano di per sé: un nome impresso su una legatura può riferirsi al proprietario od al libraio, e non indica necessariamente l'artigiano che ha rilegato il libro. Difficile è talvolta anche identificare la provenienza di un manufatto: su legature tedesche del XV secolo, si sono ad esempio trovati impressi motivi, non facilmente distinguibili da quelli in uso nel XII secolo in Inghilterra. L'amatore che, con tutta la cautela del caso, voglia dilettarsi di attribuzione farà bene ad attenersi ad un metodo rigoroso, conscio che per tentare una identificazione di legatori e botteghe, occorre procedere allo studio sistematico di tutti gli elementi che concorrono alla creazione di una legatura.
Anche se ciascun ferro costituisce un elemento molto importante, ancorché non sempre affidabile per individuare un legatore od una bottega, esso deve essere sottoposto ad analisi attenta e precisa poiché i ferri, come accennato, erano frequentemente copiati e riprodotti, talvolta in modo assai rassomigliante. I ferri inoltre, potevano essere passati da una bottega ad un'altra per la vendita o per la morte del legatore. Affinché si possa considerare certa l'identità dei ferri di una bottega, occorre che le legature in esame presentino le stesse particolarità tecniche e comportino un buon numero di ferri analoghi, meglio se affiancati da una loro caratteristica disposizione sulla coperta. Lo studio di una legatura dovrebbe essere completato dall'esame della sua struttura: pellame, supporti dei piatti, rimbocchi, cuciture dei fascicoli, nervi, alette, capitelli, fermagli, ferramenta. Purtroppo le possibilità di rilievo degli elementi strutturali del corpo del libro sono limitate, tanto più che
il loro uso non è sempre uniforme nella stessa bottega. Talvolta motivi e moduli stilistici ricorrenti caratterizzano una bottega od un maestro legatore così da favorirne il riconoscimento: a questo fine può essere determinante il confronto con altre legature di accertata attribuzione od il suggerimento del "déjà vu", di ciò che senza essere stato apertamente scritto è rimasto nella memoria dell'osservatore come un indefinibile, talvolta illuminante ricordo visivo di analoghe legature. Infine, anche se ciò può sembrare evidente, occorre tenere conto che la probabile data di esecuzione della legatura deve essere compresa nel periodo di attività del presunto legatore. A proposito di difficoltà di attribuzione per quanto riguarda i legatori, ricordiamo che numerose legature nel corso degli ultimi decenni, in seguito a ricerche d'archivio ed a studi più approfonditi, hanno cambiato paternità: a legatori noti sotto vari, talvolta arbitrari pseudonimi, fu riconosciuta una precisa identità anagrafica.
Recenti studi (1999) ad esempio, hanno consentito di identificare il "Mendoza binder" o "Wanderbuchbinder" con il legatore veneziano Andrea di Lorenzo, attivo dal 1520 al 1555 ca. Possono pure esistere difficoltà nella attribuzione dei possessori di legature: basti ricordare i manufatti eseguiti per l'ambasciatore veneto a Parigi dal 1594 al 1597 Pierre Duodo, inizialmente attribuiti a Margherita di Valois, e le celebri legature romane a placchetta "Canevari", della metà del XVI secolo ca., definitivamente attribuite nel 1975, dopo una travagliata storia di errate identificazioni, al patrizio genovese Giovanni Battista Grimaldi.
La ricerca per una collocazione cronologica, stilistica, topografica o per un'attribuzione ad una bottega o ad una persona, può avvalersi di alcuni elementi indicativi quali i ferri, gli schemi compositivi della decorazione, la tecnica, i materiali, la filigrana delle carte di guardia ed il confronto con gli esemplari già accertati. Ci troviamo di fronte ad una materia ostica, sfuggente, che richiede approfondite conoscenze in ogni campo e che non si improvvisa per non cadere in errori grossolani: ritenere ad esempio veneziana o romana una legatura solo perché il libro è stato stampato rispettivamente a Venezia o a Roma. Nell'impegnativo lavoro di decodificazione dei segni inscritti nel complesso manufatto qual'è la legatura, dove cercherà lumi il bibliofilo? Poco si è scritto sulla legatura italiana: nota è la scarsità di supporti critici per quanto riguarda il Seicento ed il Settecento. L'attenzione degli studiosi, primo fra tutti Tammaro De Marinis nel secolo scorso, si è rivolta al periodo
rinascimentale. Non esiste ancora uno studio sistematico di legatori e botteghe del 600' e 700', a Roma, a Venezia ed a Napoli, mentre in Francia molto è noto su Macé Ruette o sulla dinastia dei Padeloup. Per rendersene conto basta dare un'occhiata agli indici bibliografici sulle legature: ricchissimi di nomi e di pubblicazioni per quanto riguarda l'area tedesca, francese ed anglosassone, desolatamente poveri invece di autori italiani.
Da qualche tempo tuttavia anche in Italia si sta manifestando un risveglio di studi da parte di singoli ricercatori e di "équipes" di studiosi. Ne fanno fede i lavori pubblicati o patrocinati da alcune grandi biblioteche quali la Casanatense, la Vaticana e l'Angelica di Roma, la Braidense di Milano, la Nazionale di Napoli ed alcune importanti ma isolate pubblicazioni a carattere monografico.
Completano il quadro dello stato attuale della legatura in Italia, l'avviato ma non completato censimento delle legature medioevali conservate nelle biblioteche italiane a cura dell'Istituto di patologia del libro di Roma, la fondazione dell'ARA (Associazione amici della Rilegatura d'Arte) ed alcune recenti iniziative in campo accademico, quali le istituzioni di insegnamenti sulla storia della legatura presso le Università di Udine e di Viterbo. Tali studi, pubblicati negli ultimi 15 anni, dopo i fondamentali lavori di Giuseppe Fumagalli
7 e di Tammaro De Marinis
8, sono condotti con metodi scientifici che tendono ad avvalorare anche il lato tecnico della legatura quali il materiale di copertura, il tipo di supporto, i fermagli, il fissaggio dei nervi.
I cultori della legatura italiana, tributari da sempre di pubblicazioni di origine inglese e tedesca – basti pensare ai lavori di Geoffrey Dudley Hobson sulle legature romane a placchetta dette "Canevari" e di Ilse Schunke sul Maestro Farnese – da anni attendono una volgarizzazione di questo sapere unico, pubblicato in riviste specializzate, note pressoché esclusivamente in ambiente accademico. Un aggiornato compendio generale della legatura a carattere divulgativo e monografie ben documentate, avrebbero il plauso dei bibliofili a molti dei quali al piacere di possedere legature fa riscontro l'insoddisfazione di non poterle conoscere.
La ricerca
La ricerca delle legature di pregio della Biblioteca "A. Mai", è parte integrante del censimento dei manufatti di pregio custoditi nelle istituzioni librarie milanesi e lombarde, avviato e portato a termine nelle Biblioteche milanesi dell'Associazione culturale Famiglia meneghina, Braidense, dell'Università Cattolica, dell'Istituto Leone XIII, del Museo del Risorgimento, della Scienza e della Tecnica, della Trivulziana, della Sormani, della Universitaria di Pavia, della Queriniana e del Museo Diocesano di Brescia, della civica di Monza e del Seminario Arcivescovile di Venegono. Questa indagine è stata favorita ed attuata grazie alla disponibilità e all'interesse del Direttore dottor Orazio Bravi, e dello staff della Biblioteca tra i quali la signora Egilde Severi ed ai signori Bruno Caglioni, Fabio Poli e Giuseppe Redolfi; a Livio Macchi si deve la revisione critica delle schede di commento.
Un particolare, doveroso ringraziamento e plauso alla dottoressa Francesca Giupponi, responsabile dell'informatizzazione del progetto, senza il cui essenziale, tenace ed insostituibile apporto, non sarebbe stato possibile portare a termine questa improba fatica.
La presente investigazione ha selezionato 2000 legature circa prodotte tra il XIV ed il XX secolo in area nordica, Etiopia, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Islam, Paesi Bassi, Persia, Polonia, Portogallo, Spagna, Turchia e Ungheria. Alcuni dei volumi presenti in Biblioteca sono opera di importanti legatori o di rinomate botteghe: si pensi ad esempio, al veneziano Andrea di Lorenzo o "Mendoza binder" (
Cinq. 3 256) od ancora alla bottega romana Soresini (
MM 391). Per una dozzina di legature presentate è stato possibile accertare od ipotizzare il nome od il soprannome del Maestro legatore o della bottega, in maggioranza attivi durante il Rinascimento, periodo sul quale per decenni, si è concentrata l'attenzione degli studiosi.
Tra i destinatari dei volumi alle armi o con motivi propri dei loro stemmi, da segnalare una coppia di coperte romane, tardo cinquecentesche alle armi di un membro della famiglia Aldobrandini (
MA 377) e di Andrea Peretti Baroni (
MM 391), la terza e l'ultima, rispettivamente riferibili ad una coperta seicentesca (
Specola Epistolari 694) e settecentesca (
AB 52) con stemmi prelatizi non identificati; interessanti manufatti sono pure stati reperiti nei lasciti di Antonia Suardi Ponti (
AB 25) e del conte Paolo Vimercati Sozzi (
Salone Cassapanca 1 G 1 5).
Le provenienze dei volumi evidenziano un buon numero di possessori privati e di istituzioni religiose bergamaschi (testimonianza quest'ultima riconducibile alla confisca del patrimonio librario ecclesiastico in epoca napoleonica).
Vario si è rivelato lo stato di conservazione delle legature di pregio censite nel corso di questa ricerca, in cui sono stati presi in esame tutti i fondi della "Angelo Mai": numerosi esemplari sono in buono stato o necessitano solo di un'inceratura o di piccoli restauri, mentre non pochi volumi necessitano di significativi interventi di sostegno.
Il verosimile luogo di esecuzione delle legature è stato elaborato sulla base della letteratura attualmente disponibile e di inediti esemplari reperiti in biblioteche lombarde. Occorre ricordare a questo proposito che la conoscenza delle legature medievali italiane è ancora "in cuna". L’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario di Roma potrebbe, una volta divulgati i calchi ottenuti attraverso il censimento delle legature medievali conservate nelle biblioteche italiane, porre parziale rimedio a questa situazione. Una condizione non molto dissimile si prospetta anche per le legature italiane, eseguite nei secoli XVII, XVIII e XIX, per le quali difettano in genere, elenchi sulle botteghe e sui luoghi di attività.
Una particolare attenzione è stata rivolta alle coperte di fattura bergamasca – non poteva essere altrimenti- presenti in questa Biblioteca. Una precedente indagine fu portata a termine da Tammaro De Marinis nel 1960 su una quarantina di volumi; secondo l'autore "in questa città fiorirono nel XV secolo botteghe di artigiani che non seguirono la corrente comune: infatti in parecchie di esse appaiono disegni inconsueti: anche i ferri veneti quando vi si trovano, sono adoperati in un modo del tutto indipendente", osservazioni che la presente ricerca ha confermato. Diverse sono le botteghe rilevate: 3 di queste spiccano per il numero di manufatti reperiti:
- la prima attiva nei secoli XVI e inizio XVII, artefice di decine legature d'archivio (in preparazione), per il Consorzio della Misericordia Maggiore di Bergamo quale committente. I manufatti che rivestono unicamente manoscritti, sono in bazzana marrone, decorata a secco. Caratteristici i contrafforti a traliccio in tessuto, nei colori verde, azzurro e bianco sul piatto anteriore, contrapposti a quelli anche in pelle allumata del piatto posteriore, alternanza ripresa nelle cuciture in vista su una base in cuoio lungo il dorso. Scomparsi, in genere, il sistema di chiusura dei manufatti, caratterizzato da legacci in tessuto con occhiello. L'impianto ornamentale ricorre frequentemente al decoro di tipo a "losanga-rettangolo", affiancato da fregi di gusto spiccatamente veneziano quali i motivi a coppia di arabeschi e a viticcio nella cornice, a gigli ed a boccioli stilizzati nello specchio: il prolungato periodo di annessione ai territori della Serenissima hano evidentemente svolto un
ruolo decisivo in questo contesto;
- la seconda di cui si ha traccia a partire dal 1483 e fino al 1565 ca. – di cui sono stati reperiti 29 esemplari, caratterizzati da marocchino su assi, in cuoio bianco su cartone (MAB 28), di tipo (impropriamente) monastico in cuoio su assi (Inc. 4 41- Inc. 4 44) ed archivistico in bazzana (Specola doc 679), con decoro unicamente a secco, tranne un esemplare dall'impianto ornamentale contrastato in inchiostro nero (segnatura MAB 28). Quest'ultimo si presenta con una coppia di cornici a stella entro voluta e a rosetta quadrilobata o a torciglione, oppure singola a coppia di corolle allungate (MA 211) e da uno specchio provvisto di una o più testine virili impresse. L'elevato numero di varianti ornamentali testimonia un'attività dominata dalla ricerca di nuovi
moduli, come suggerisce in particolare una coppia di legature d'archivio a seminato di placchette entro losanghe. La natura dei testi, manoscritti ed a stampa, evidenzia una unitarietà quanto a contenuto:
avvenimenti di storia bergamasca per i primi, religiosa per i secondi.
- il terzo opificio a partire dal 1486 fino al 1623 ca., si caratterizza per la longevità (AB 470). I manufatti sono eseguiti in marocchino ed in bazzana, del genere archivistico, il cui decoro è caratterizzato da una caratteristica ampia foglia pentalobata, affiancata da un motivo cuoriforme a decoro della cornice, da una coppia di foglie sormontate da una corolla stilizzata e da un fregio a foglia trilobata. L'impianto ornamentale presenta una coppia di rettangoli entro motivi cuoriformi con specchio suddiviso da una coppia di filetti obliqui: negli spazi così creati, è presente una caratteristica foglia pentalobata;
- in tono minore, l'ultima bottega di cui si ha traccia a partire dal 1511 ca. fino al 1525 (?): quattro i manufatti reperiti, in cuoio e marocchino il cui impianto ornamentale, anche "a losanga-rettangolo", riposa su una coppia di fregi una palmetta (nella cornice) e su una rosetta stilizzata entro un margine circolare accantonata.
Altre tracce di attività artigianali si ravvisano in singole legature.
Per maggiori ragguagli su questo argomento, si rinvia all'articolo intitolato
Le legature storiche bergamasche (secoli XV-XX) della Biblioteca civica "A. Mai" di Bergamo, a cura dello scrivente ("Bergomum", 2007, pp. 71-122).
I rimanenti 30 "ateliers", latamente esposti in ordine cronologico, riguardano:
Secolo XVI
Area nordica
- "CP" ("GP"?)/"OP" (segnatura Cinq. 3 567): artigiano ignoto
Francia
- "MDC" (Cinq. 3 557): in attività nella prima metà del secolo, riferibile ad un non meglio identificato legatore, incisore di ferri o libraio.
Germania
- "BM" (Cinq 7 774): ignoto legatore attivo a Norimberga tra il 1564 e il 1566.
- "MP" (Cinq. 2 1298): ignoto artigiano attivo verso la metà(?)
del Cinquecento.
- Melchior Baßmann (Cinq. 2 836): fornitore a partire dalla fine degli anni 1570 della biblioteca della certosa di Prüll (1484-1803) a Regensburg.
- Thomas Schmidt (Cinq. 3 704): operante a Strasburgo nell’ultimo quarto del secolo, si caratterizza per la limitata gamma di ferri. Numerose legature presenti in biblioteche situate nella Germania meridionale.
- Paul Wagner (Cinq. 6 1156-1157): presente a Lipsia tra il 1597 e almeno il 1607. Fu ammesso nella locale corporazione di legatori nel 1597. I suoi ferri sono piuttosto tradizionali e non sembrano comparire congiuntamente a quelli di altri legatori.
- Andreas Leffler o Abraham Lehmann (Cinq. 6 663): due i legatori riferibili all’acronimo "AL" che compare sulla coperta: Andreas Leffler e Abraham Lehmann. Il primo fu attivo a Dresda nel Cinquecento, il secondo a Lipsia, ivi presente nel 1588. Gli attrezzi non fanno propendere per alcuno dei due artigiani in particolare, anche se le raffigurazioni orientano verso un maestro segnalato in epoca tardiva. L’impronta dei suoi ferri compare con quelle dello sconosciuto artigiano "BH".
- Wolf Conrad Schweicker (Cinq. 2 1534-1535): attivo almeno tra il 1550 ed il 1570, anno della scomparsa, a Stoccarda e a Tübingen. Compare nell’elenco delle matricole dell’università del Württemberg che indica per il Cinquecento, 34 legatori tra i quali, in data 3 luglio 1546, Wolf Conrad Schweicker ritenuto uno dei maggiori legatori di Tübingen. A giudicare dall’elevato numero di ferri, deve essersi trattato di un’importante bottega. Almeno 140 circa, le coperte conosciute, prevalentemente ornate a rotella, saltuariamente anche a placca. I supporti sono prevalentemente in legno, più raramente in cartone, ricoperti in pelle di scrofa. Il piatto anteriore riporta frequentemente le iniziali del primo possessore e la data di esecuzione.
Italia
- Venezia
- "Rosetten-Meister" o "Maestro della rosetta" (Inc. 3 42): attivo nel primo decennio del secolo, orna i manufatti nelle cornici, prevalentemente con steli a corolle panciute, sormontati da rosette, quasi una reminiscenza delle legature gotiche tedesche. Una dozzina gli esemplari censiti.
- Andrea di Lorenzo o "Mendoza binder" (Cinq. 3 256): segnalato dal 1520 al 1555 circa, lavorò per Diego Hurtado de Mendoza, ambasciatore spagnolo a Venezia dal 1539 al 1547, e per altri personaggi importanti come Benedetto Curzio, ambasciatore del duca di Milano Francesco II Sforza presso la Serenissima. Le sue legature, meticolosamente prodotte, sono caratterizzate dal titolo dell’opera, dal nome del possessore e talora, dall’anno di esecuzione. È stato pure l’esecutore di una particolare decorazione detta a filetti paralleli, costituita da una serie di filetti dorati equidistanti, alternati a filetti a secco, disposti verticalmente a riempire l’intera coperta, e da un medaglione al centrale. 370 circa le legature censite.
- "Venezianischer Fugger-Meister" o "Maestro Fugger veneziano" (Cinq. 2 151, Cinq. 4 566): attivo dal 1530 al 1550 ca., è connotato dal nome dei banchieri e bibliofili tedeschi Fugger di Augsburg, per i quali lavorò. Partecipò all’evoluzione dello schema decorativo delle legature veneziane cinquecentesche verso una composizione più varia, che porta a dare rilievo alla cartella centrale rispetto alla cornice. Le legature, inizialmente eseguite su un gruppo di coperte aldine, sono caratterizzate da grande sobrietà ed eleganza; in una serie successiva, creata per un gruppo di manoscritti greci, egli impiegò prevalentemente uno schema a rombo intersecato da una cornice rettangolare, mentre nel gruppo più tardivo, la decorazione più ricca e più libera fa uso di cornici arcuate o di larghi riquadri con arabeschi, cartelle
a filetti curvi e punzoni a forma di mela, talvolta con il simbolo della "Fortuna" o di "Cupido" al centro dei piatti.
- Anton Ludwig (Cinq. 2 627): fiammingo, dopo aver trascorso alcuni anni a Venezia tra il 1554 al 1557 circa, periodo durante il quale i progressi conseguiti gli consentirono di realizzare delle legature di rilevante pregio, si trasferì ad Augsburg tra il 1565 e il 1573 ove eseguì legature "alla greca" e su testi a stampa per il facoltoso bibliofilo Johann Jakob Fugger ornandole con i ferri già utilizzati a Venezia. Sono legature con cornici di filetti interrotti agli angoli da fregi cuoriformi e, nella parte mediana, da compartimenti con fregi fitomorfi su fondo puntinato. Nel campo, l’impianto decorativo è costituito da singoli motivi con filetti curvi, disposti a costituire una tipica cartella di aspetto orientaleggiante. Numerose sue legature prodotte a Venezia e ad Augusta si differenziano prevalentemente per la diversa decorazione del taglio. Una sessantina i volumi custoditi nella Biblioteca di Stato
di Monaco di Baviera.
- "Vollmauresken-Meister" o "Maestro delle moresche piene" (Cassaforte 3 20): tra il 1555 ed il 1560, verosimilmente allievo di Andrea di Lorenzo o "Mendoza Binder", ne riprende non solo alcuni ferri, le foglie d'edera intrecciate e gli angolari a rabeschi, ma anche lo stile ornamentale caratterizzato da massicci fregi, pieni, profondamente impressi. Una dozzina i volumi appurati.
- "Leermauresken-Meister" o "Maestro delle moresche vuote" (Cinq. 4 175, Cinq. 6 103): i manufatti, eseguiti verso il 1560, sono caratterizzati da una limitata variabilità dell’impianto ornamentale, imitati da diverse botteghe operanti nella Serenissima. Una trentina i volumi noti.
- "Bandwerk-Meister"(Cinq. 5 967): una decina i manufatti realizzati tra il 1578 e il 1582 da questa bottega, i cui manufatti si caratterizzato per i nastri intrecciati a formare dei compartimenti ornati a piatto pieno, anche mosaicato, e il taglio dorato, riccamente ornato.
- Bologna
- "legatore di S. Petronio" (Cinq. 5 459): presente nel capoluogo felsineo tra il 1522 e il 1551 circa. Molti lavori furono destinati a registri d’archivio, ma anche a libri a stampa. Questo artigiano adotta viticci frondosi per disegnare le cornici a forma di losanga che talvolta contengono il titolo, ma più spesso un Cupido, un braciere con lingue di fuoco, oppure un busto di poeta o di imperatore coronato di alloro.
- "Maestro alla vignetta" (Cinq. 4 442, Cinq. 5 542) o dal "secondo Maestro alla vignetta": sembra che il legatore bolognese "alla vignetta" sia stato un libraio notato nel periodo 1525-1545, i cui principali acquirenti furono italiani. Il legatore normalmente collocava il titolo del libro nel centro del piatto anteriore o entro una cornice di foglie e ramoscelli, realizzata sotto forma di losanga, o di una figura a quattro lobi contornata da una linea singola. Tra i suoi fregi, quattro complessivamente, compare anche una cartella a quattro lobi (Cinq. 7 102-103).
La similitudine tra le vignette, non esclude una possibile esecuzione ad opera di un’altra bottega rilevata tra il 1526 e il 1529, nota come "secondo Maestro della vignetta". Si tratta di un opificio operante su scala molto minore, i cui manufatti sono ornati secondo uno stile molto simile a quello del "legatore alla vignetta". Sei sono le legature di cui finora si è accertata la provenienza: la maggior di esse, reca una cornicetta formata da foglie e da ramoscelli.
- "primo legatore di S. Salvatore" (Cinq. 6 354): l’attività è stata finora documentata tra il 1525 e il 1555 circa. Questo ignoto artigiano è stato così connotato in quanto svolse verso il 1530 un vasto programma di sostituzione delle legature in essere nell’antica abbazia di Salvatore in Bologna, incarico affidato a due artigiani, il "primo" e il "secondo legatore di S. Salvatore". Tra i ferri adottati, campeggiano un braciere con lingue di fuoco, due cornucopie intrecciate e la Fortuna con la vela.
- "Pflug e Ebeleben" (Cinq. 1 526): questa significativa bottega, senza dubbio di un libraio anche legatore, fu il più importante "atelier" impegnato nella realizzazione di legature di pregio a Bologna nel Cinquecento e uno di quelli che operò più a lungo. Esso fu probabilmente attivo tra il 1530(?) ed il 1570. Ebbe la maggior parte dei clienti fra gli studenti tedeschi. Trasse la denominazione da due cugini, rampolli di nobili famiglie sassoni, che compirono gli studi a Bologna verso il 1540, Damian Pflug e Nikolaus ab Ebeleben. Entrambi fecero imprimere sulle coperte dei loro libri, il nome, la data e il luogo della legatura. È noto che Pflug tra il 1543 ed il 1545, fece realizzare a Bologna 7 legature, mentre 35 furono approntate per Ebeleben tra il 1543 e 1548. Altri clienti tedeschi furono il conte Heinrich zu Castell e Georg Zollner in Brandt. Queste legature seguivano l’uso consueto a Bologna, di aver soltanto il centro dei piatti impresso in oro entro un riquadro decorato secco. Lo stile della bottega conobbe un radicale mutamento negli anni Quaranta, evidentemente in risposta alle richieste della clientela tedesca. Pflug ed Ebeleben visitarono Parigi, città in cui fecero legare alcuni libri, prima di giungere in Italia. Le loro legature bolognesi seguirono la moda delle legature parigine a nastri intrecciati.
- Roma
- "Cardinals’ shop" o "bottega dei Cardinali" (Cinq. 1 518): opificio operante nella prima metà del Cinquecento, così battezzata in quanto fornì delle legature ai cardinali Ridolfi e Salviati. 25 circa le legature note.
- bottega Soresini (MM 391, Cinq. 5 343, Cinq. 6 556, Cinq. 7 218): in attività dal 1575 circa. Iniziatore di questo "atelier" fu Francesco Soresini, associato con Giovanni Ferreiro, nominato legatore vaticano dopo la morte di Niccolò Franzese (verso il 1570). Con questo artigiano, inizia l’attività di quella vera dinastia di legatori, i Soresini, i cui esponenti, lo stesso Francesco, Prospero ed infine il più noto Baldassarre, gestirono la legatoria Vaticana per almeno mezzo secolo. Sia Francesco che Prospero lavorarono per la Basilica di S. Pietro durante il pontificato di Sisto V, fra il 1588 ed il 1593. Mentre i loro nomi ricorrono associati a quelli dei papi da Gregorio XIII a Clemente VIII Aldobrandini (1591-1605), più tardi si affaccia, sotto il pontificato di Paolo V, il nome di Baldassarre Soresini, il nipote, che fra l’altro ricoprì anche le cariche più importanti nell’ambito della Corporazione dei Librari e dei legatori. 18 le legature segnalate, opera di questo artigiano su libri stampati tra il 1602 ed il 1619, la maggior parte dei quali è stata legata nelle prime tre decadi del XVII secolo. Sembra l’attività si sia prolungata fino almeno al 1635 circa, sotto il Pontificato di Urbano VIII. Continua per diversi pontificati e matura con il variare dei committenti. Dopo Sisto V, l’"atelier" esegue diverse legature per Clemente VIII: tra quelle di presentazione in cui si nota una spiccata tendenza ad una maggiore ricchezza decorativa: i piatti sono interamente ricoperti con una fitta decorazione uniformemente dorata che spicca sul marocchino rosso acceso. La cornice, molto sottile, interrotta in lunghi segmenti per conferirle maggiore leggerezza, ha la sola funzione di profilare il bordo dei piatti, mentre il campo centrale, racchiuso in testa ed al piede da archi a volta, motivo prediletto delle legature romane del tempo, è diviso in compartimenti provvisti di una miriade di ferri, spirali, foglie, squame, angioletti che si snodano intorno allo stemma pontificio. Questa bottega ha dato il meglio di sé nel periodo in cui ha lavorato, nella legatoria vaticana, per la famiglia Borghese, nelle legature destinate a Paolo V (1605-1621): tenta di rinnovarsi ricorrendo ad una composizione più aggraziata: la cornice ed il centro sono nettamente separati tra loro e si accordano in armonia. Fra i ferri, sempre molto variati, oltre alla c.d. "gamma egizia" (sfingi, erme, cariatidi, baldacchini di protezione) si manifestano altre simbologie ispirate al mondo classico: tipico è il ferro con due cornucopie intrecciate che rappresentano la carità cristiana, poi tritoni che suonano, come pure le sottili spirali che terminano con teste di animali affrontate come i delfini: i suoi ferri sono di un’insuperabile perfezione, sia per il disegno che per l’accuratezza dell’incisione.
Polonia
- "TP" Cinq. 5 659: "atelier" in attività nell’ultimo quarto del secolo, del quale non sono disponibili notizie.
Fine XVI/inizio XVII secolo
Rimini
- Matteo Severini(?) (Cinq. 7 311): fornitore della biblioteca di Alessandro Gambalunga.
Secolo XVII/XIX
Italia
- Bergamo
- Antonio Cantoni (Inc. 4 298, Inc. 4 299): almeno 8 i manufatti firmati e prodotti tra il 1673 ed il 1709, firmati da Cantoni, legatore e cartiere, oltre ad altri riferibili a ferri della sua bottega notati in volumi eseguiti fin verso il 1820.
Secolo XIX
Inghilterra
- Londra
- Charles Hering (Cinq. 3 1163): giunse a Londra: dal 1794 tuttavia, ebbe una propria attività al 34 St. Martin’s Street. Due anni dopo, si spostò al n. 10 della stessa strada. Diventò presto il principale tra i legatori del "West End" con tre doratori, sei esecutori e due apprendisti. Lavorò per molte librerie di quegli anni. Morì nel febbraio del 1815, all’età di 52 anni, Il fratello, figlio ed altri membri della famiglia ne continuarono l’attività fino al 1845. Sono note due etichette utilizzate da questo legatore, rispettivamente "Bound by/C. HERING" e "BOUND BY/C.Hering".
- Thompson (Cinq. 3 1528): "atelier" in attività Street Laze 106. Non sono disponibili altre notizie.
Italia
- Milano
- Luigi Lodigiani (Cinq. 1 1305-36 esemplari complessivamente): nato il 7 gennaio 1777 a Pontremoli, si istallò a Milano come legatore di libri. Andò ad abitare al vicolo dei Facchini, e prese in moglie Maddalena Ferrario da cui ebbe due figli: Aprì bottega in contrada di Santa Radegonda 964. Compare come Lodigiani senza nome proprio, per la prima volta nel 1823 nella lista dei legatori di libri, su L’interprete Milanese ossia Guida Generale del commercio e dei Recapiti di Milano: il suo nome figura per l’ultima volta, sempre con il solo patronimico, nell’anno 1838. La fortunata scoperta presso l’Archivio di Stato di Milano di una sua corrispondenza con l’Amministrazione del Regno d’Italia, ha permesso di far luce su un breve ma importante periodo della vita del legatore, dal 1807 alla fine del 1811. Si tratta di un carteggio costituito da 55 documenti ufficiali dell’Amministrazione del Regno d’Italia e della Regia Stamperia di Milano che si alternano a lettere autografe di Lodigiani in qualità di postulante indirizzate all’Amministrazione o direttamente al Vicerè, Eugène de Beauharnais. Esso rivela il complesso percorso burocratico volto ad ottenere i fondi per un suo soggiorno di perfezionamento a Parigi, le attestazioni del Direttore della Stamperia Regia, le richieste di sovvenzioni da parte di Lodigiani per l’acquisto di ferri, per il funzionamento di una scuola per legatori e per la sua attività di legatore. Dal 1811, data negli Archivi del Governo napoleonico e di quello asburgico, non compare più il suo nome. Lo si ritrova nell’elenco dei legatori milanesi dal 1823 al 1838. Ricerche presso l’Archivio della Camera di Commercio di Milano non hanno fornito nessun’altra notizia sugli ultimi trent’anni della sua vita. Muore a 65 anni a Milano il 3 ottobre 1843.
L’attività di Lodigiani iniziata nei primi anni dell’Ottocento, si svolse prevalentemente nell’ambito della Corte di Sua altezza Imperiale Eugène de Beauharnais, Viceré d’Italia, dal 1805 al 1814, del suo consigliere, conte Étienne Méjan e di alcuni personaggi milanesi come il Conte Gaetano Melzi, i Direttori della Regia Stanperia e della Biblioteca di Brera. Dal 1815, dopo la riannessione del Lombardo Veneto da parte degli Austriaci, Lodigiani eseguì legature per l’Imperatore d’Austria Francesco I, per l’Arciduca Ranieri viceré del Lombardo Veneto dal 1817 al 1848, per la moglie di Napoleone, Maria Luisa d’Austria, duchessa di Parma dal 1816 al 1831. Di alcuni esemplari, oggi custoditi in Biblioteche straniere è stato possibile ricostruire il percorso, legato alle tumultuose vicende storiche sopravvenute in Europa nella prima metà dell’Ottocento. Le legature Lodigiani affluirono e furono conosciute sul mercato librario in seguito alla dispersione della biblioteca che Eugène de Beauharnais aveva portato con sé in esilio a Monaco di Baviera nel 1814, da parte di un suo discendente, mediante aste tenutesi a Berlino il 22.10.1928, a Zurigo il 23 maggio 1935 ed a Milano il 20 novembre 1935. Lo schema decorativo di Lodigiani è caratterizzato sui piatti da una sobria cornice rettangolare che riprende lo stile neo-classico della fine del XVIII secolo ed Impero dei primi del XIX secolo, da una ricca decorazione sul dorso e spesso sui contropiatti: si avvale di ferri di alta qualità, finemente incisi, in gran parte provenienti da Parigi.
- Seriate
- Luigi Marcassoli (MMB 704): attivo verso la metà del secolo XIX, realizza dei manufatti del genere romantico. Attualmente indisponibili informazioni sulla biografia.
Secolo XX
Bergamo
- Brena P. e Valli, C. (Cinq. 5 479): restauratori, eseguono legature in stile prevalentemente retrospettivo.
Modena
- Gozzi, Rolando (Cinq. 4 1477): restauratore, esegue legature in stile prevalentemente retrospettivo
Per i luoghi di produzione attribuiti alle legature su manoscritti, incunaboli e cinquecentine, organizzati per secolo, area e città di esecuzione, si rinvia ai rispettivi indici.
Tra le legature di storiche proposte sono da segnalare:
per i secoli XIV/XV:
cui si affianca una serie di manufatti rinascimentali:
- due volumi italiani dal decoro moresco (MAB 8, MAB 9);
- una coppia di coperte di particolare interesse per la presenza di ricche decorazioni nei ferramenta, verosimilmente lombarda la prima (Cassaforte 2 3), bergamasca la seconda (Cassaforte 4 1);
- una coppia di legature veneziane tardo rinascimentali a cassoni (MA 428, MM 484), completata da un terzo esemplare (Cassaforte 4 4). Genere di origine islamica, è caratterizzato da compartimenti incassati. Questa struttura a due strati, era ottenuta dagli artigiani orientali mediante la sovrapposizione di pelle intagliata a traforo ("a giorno"), su cuoio o tessuto di altro colore, usati come fondo (MM 484);
- cinque altri esempi di coperte veneziane coeve: la prima (A 36) si caratterizza per il materiale di copertura in velluto impresso con motivi a nasturzio dorati, mentre quelle residue (A 31, Salone Cassapanca 1 H 2 5, Salone Cassapanca 1 H 2 23, Salone Cassapanca 1 H 2 30) spiccano per il ricco decoro;
- un manufatto (MM 391) della fine del XVI/inizio XVII secolo, eseguito a Roma, dalla bottega vaticana dei Soresini alle armi del cardinale Andrea Peretti Baroni.
Seguono per il secolo XVII:
mentre per il XVIII, spiccano:
- una coppia di manufatti settecenteschi orobici riccamente ornati (MM 611, Salone Cassapanca 1 H 2 4);
- una serie di legature in carta goffrata (MM 39, MM 651, MM 652, MMB 72, Salone Cassapanca 1 G 1 5);
- una gratulatoria veneziana (MMB 485)- pure presente in due altri esemplari su testo a stampa (Locatelli 7 208 e Sala 41 C 10 19[7]), raccolta di poesie dedicate a personaggi in occasione di matrimoni, anniversari, insediamenti in pubbliche cariche. Tipico prodotto editoriale del XVIII secolo, di area veneta, la gratulatoria nasceva, stampata in pochi esemplari, come "plaquette" coperta di carta decorata in varie tinte, spesso con al centro le armi del dedicatario.
In evidenza per l'Ottocento:
Tra le curiosità, sono da segnalare:
- un volume quattrocentesco (Cassaforte 4 1) verosimilmente eseguito a Bergamo, i cui cantonali, umboni e ferramenta non sono originali, dato che sono il frutto di un riutilizzo di ferramenta eseguiti in area tedesca;
- due legature tardo rinascimentali bergamasche, decorate con 32 placchette la prima (MIA 1270), 26 la seconda (MAD LGA 1584-1604), circostanza inusitata su legature di archivio, destinate ad un utilizzo corrente;
- un volume (Cinq. 6 1517) realizzato durante la prima metà del Cinquecento nel capoluogo orobico, con assi in vista ricoperte da un lembo verticale di cuoio (c.d. "mezza legatura"), ornata con una protome canina, motivo apparentemente fino ad oggi sconosciuto sui manufatti ivi prodotti, dato che compare prevalentemente su legature rinascimentali eseguite a Bologna, in subordine a Venezia e a Padova;
- un inedito, raro volume (Cinq. 1 666) eseguito verso il 1545 ca., verosimilmente nell'Italia settentrionale, provvisto della placchetta con l'aquila e l'iscrizione "ESTE PROCUL" di Apollonio Filareto, segretario di Pierluigi Farnese: 14 gli esemplari fino ad oggi censiti, 11 dei quali prodotti a Roma, quelli rimanenti nell'Italia settentrionale;
- una legatura spagnola cinquecentesca caratterizzata da un impianto ornamentale di tipo "plateresco" (Cinq. 2 62-63);
- una legatura (Salone Loggia C 5 28) tardo rinascimentale, eseguita a Venezia, in cui la ricca decorazione a piatto pieno preannuncia il periodo barocco;
- una coperta veneziana (A 30) del primo Seicento che evidenzia tracce di due bindelle di diverso colore sui piatti: in senso orario, blu, giallo, blu, giallo sul piatto anteriore ed inversamente su quello posteriore, caratteristica pure presente su una coppia di legature rinascimentali veneziane (A 36, Cassaforte 3 20) e seicentesca bergamasca d'archivio (MIA 1216) della Biblioteca "A. Mai". Questa caratteristica non costituisce una prerogativa esclusiva delle coperte seicentesche italiane, ma si manifesta anche su manufatti di area tedesca sin dalla seconda metà del secolo XVI (MM 312) e in manufatti settecenteschi
(Salone Cassapanca 1 G 2 24);
- un volume seicentesco (Sala 1 D 8 8) eseguito dal legatore bergamasco Antonio Cantoni, in cui, sull'ultimo foglio spicca l'anatema contro il possibile furto "Quis rapit hunc possit sibi frangere collum, et fracto collo tartara nigra petit";
- un manufatto bergamasco (MA 640) eseguito verso il 1810, provvisto di una caratteristica rosetta pure utilizzata da A. Cantoni su una legatura realizzata verso il 1670, 140 anni prima circa.
Note:
1 Weale, William H. James,
Bookbindings and Rubbings of Bindings in the National Art Library South Kensington Museum, 2 vol., Londra, 1894-1898.
2 Schwenke, Paul,
Zur Erforschung der deutschen Bucheinbände des 15. und 16. Jahrhunderts, in "Beiträge zur Kenntnis des Schrift-, Buch- und Bibliothekswesens", 11, 1898, p. 114-125.
3 Per le bibliografie, cfr. Schmidt-Künsemüller, Friedrich-Adolf,
Bibliographie zur Geschichte der Einbandkunst von den Anfängen bis 1985, Wiesbaden, 1987.
4 Indice degli incunaboli della Biblioteca civica di Bergamo, a cura di L. Chiodi, Bergamo 1966.
5 Le cinquecentine della Biblioteca civica "A. Mai" di Bergamo, a cura di Luigi Chiodi, Bergamo, 1974.
6 Macchi, Federico - Macchi, Livio,
Dizionario illustrato della legatura, Milano, Edizioni Silvestre Bonnard, 2002.
7 Fumagalli, Giuseppe,
L'arte della legatura alla corte degli Estensi, a Ferrara e a Modena dal sec. XV al XIX, col catalogo delle legature pregevoli della Biblioteca Estense di Modena, Firenze, T. de Marinis & C., 1913.
8 De Marinis, Tammaro,
La legatura artistica in Italia nei secoli XV e XVI. Notizie ed elenchi, 3 vol., Firenze, Fratelli Alinari, 1960.