Legature storiche nella biblioteca "A. Mai" - MM 484
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MM 484


Ducale a Francesco Erizzo, ossia nomina del nob. uomo Gio Alvise Boldu in Conte di Curzola
ms. membranaceo sec. XVII, cc. 78, 235x165x25 mm
segnatura MM 484 (già Delta 7 39)

MM 484 piatto anteriore MM 484 piatto posteriore

Riutilizzo di una Commissione dogale del primo quarto (?) del secolo XVII, eseguita a Venezia, dei generi "à la fanfare", "a cassoni" ed "a mosaico"

Legatura su cui sono stati applicati i piatti di una legatura rinascimentale italiana in cuoio e seta, decorati in oro ed a mosaico. Cornice a corolle stilizzate alternate a stelline. Cassone in marocchino rosso, caratterizzato da nastri intrecciati a tre filetti rilevati, due dei quali ravvicinati, con della pasta di cera nera, raffigura delle volute fogliate, motivi fioriti, rosette pentalobate, corolle stilizzate, stelline e puntini. Al centro del piatto anteriore, il leone di San Marco dipinto con un libro tra le zampe; su quello posteriore, lo stemma dipinto del donante, provvisto di un motto "POTIUS MORI QUAM ……?". In testa ed al piede, coppia di compartimenti rettangolari, a corolla stilizzata – ripetuta negli angoli- entro una coppia di volute fogliate e coppia di cherubini intenti a suonare la tuba su fondo in seta azzurra. Lungo i lati mediani, una cartella caratterizzata da un cherubino ad estremità zoomorfa, entro una coppia di foglie azzurrate su fondo in cuoio nocciola. Dorso liscio. Capitelli verdi. Taglio dorato. Carte di guardia marmorizzate, policrome, rifatte.

Legatura veneziana "à la fanfare"1, come suggeriscono i nastri intrecciati delimitati da tre filetti, due dei quali ravvicinati, provvista di cassoni2. Di origine antica, la cartella tetralobata3, qui tagliata a metà e compare sulle legature carolinge (VIII-X secolo). Il catalogo Ader Tajan4 propone una legatura veneziana della fine del Cinquecento anch'essa ornata con l'angelo che suona la tuba5 (motivo notato anche su di una legatura veneziana coeva della British Library di Londra6), il putto7 e la corolla azzurrata8. Il libro stretto tra le zampe del leone di S. Marco9, evidenzia che la legatura è stata eseguita durante un periodo in cui Venezia non era in guerra. Non infrequente il motto10 nell'ovale del piatto posteriore. Questa Biblioteca possiede un'altra legatura veneziana11 coeva di questo genere.


1
Vengono così chiamate quelle legature parigine del XVI e XVII secolo che presentano una decorazione analoga a quella che il bibliofilo Ch. Nodier fece eseguire nel 1829 al legatore Thouvenin, imitando un modello antico, su un volume del 1613 intitolato Les fanfares et courvées abbadesques des Roule-Bontemps de la haute et basse Cocquaigne et dependences, Chambéry, 1613, oggi conservato al Museo del Petit Palais di Parigi. L'imitazione ottocentesca ha così fatto ricadere retroattivamente sui suoi modelli originali un nome suggerito occasionalmente dal titolo di un'opera. Quali sono questi modelli? Occorre precisare che la decorazione oggi detta "à la fanfare" compare verso il 1560 e si protrae sino agli anni Quaranta del secolo successivo, dando vita a un'infinità di varianti e imitazioni. Essa raggiunge il suo massimo sviluppo nell'ultimo quarto del Cinquecento e resta in auge nella sua forma tipica per non più di una cinquantina d'anni.
Secondo G. D. Hobson (HOBSON G. D. 1935, pp.1-2), si possono chiamare "à la fanfare" unicamente quelle legature che rispondono ai seguenti requisiti: devono essere decorate con un'unica composizione in oro che ricopre quasi interamente i piatti; questo motivo deve comprendere dei compartimenti di taglia e forma diversi, delimitati da un nastro (di solito, ma non sempre, alcuni di questi compartimenti possiedono la forma di un "8"); deve esistere un compartimento centrale più importante rispetto a tutti gli altri, per taglia o per altri motivi; il nastro che forma i compartimenti deve essere costituito da tre filetti, dei quali due vicini e uno leggermente scostato. I compartimenti possono essere vuoti, specie nelle prime legature à la fanfare, od ornati con decorazioni in oro a piccoli ferri rappresentanti ghirlande e fogliami al naturale. Una rara eccezione è una legatura interamente decorata in argento (ARNIM, 1992, n. 77) con le armi di Louise de Lorraine, eseguita verso il 1610.
Nello sviluppo delle legature "à la fanfare" si distinguono abitualmente tre momenti. Nel primo, sino al 1580 circa, le legature sono caratterizzate da una decorazione a pieno campo di intrecci di tre filetti dorati che formano compartimenti geometrici vuoti, di varia forma (ovali, ellittici, rettangolari). Fra le legature di questo tipo, eseguite piuttosto tardivamente verso il 1585-1589, vanno ricordate le "fanfare penitenziali": destinate ai membri di varie confraternite di penitenti, sono caratterizzate dal classico elegante schema a compartimenti vuoti, con un ovale al centro dei piatti che in alcuni casi può essere decorato con la Crocefissione. Sul dorso liscio à la fanfare, compaiono in testa il titolo, al piede "Spes mea Deus", un cranio e un giglio. Sempre, tra le legature del primo periodo, ve ne sono con i compartimenti decorati: i rami fronzuti sono disposti in modo disteso, le volute (filetti curvi a spirale che terminano con fioroni) sono semplici. Nel secondo periodo, più o meno nell'ultimo quarto del secolo, la decorazione si fa sempre più raffinata e complessa, e talvolta è a mosaico. Nel XVII secolo, infine, le foglie e le spirali, accompagnate da rotelle sui bordi, si fanno estremamente fini: sono le fanfare della terza maniera, che si riconoscono anche dai ferri a voluta ("tortillons") più piccoli e impiegati in maggior numero. Le palme si alternano spesso con i fogliami, di quercia e d'alloro; infine, gli scomparti sono riempiti con "spirales pointillées", ferri tipici del XVII secolo. Questo tipo di decorazione può pure comparire sul dorso.
Le legature "à la fanfare" sono opere lussuose che utilizzano materiali e doratura di qualità, e numerosi ferri, molti dei quali disegnati dal vero. Il legatore viene impegnato in un lavoro lungo e costoso, specie quando il volume è di grande formato, poiché la decorazione occupa tutta la superficie del piatto. Esse sono, pertanto, relativamente rare: non sarebbero complessivamente più di 500 quelle pubblicate o inedite. Di queste, non poche possono vantare prestigiose appartenenze: tra i possessori di legature à la fanfare, si possono infatti ricordare Caterina de Medici, Carlo IX ed Enrico III di Francia, i bibliofili J.-A. de Thou, G.F. Madruzzo, P. Duodo, Ch. Mansfelt, P. Séguier. Grolier possedeva un Plutarco stampato nel 1558 legato à la fanfare, oggi conservato alla Nationalbibliothek di Vienna: questa è considerata la più antica o una delle più antiche legature in questo stile. Poiché in tutte le fanfare manca la firma del legatore, queste sono state classificate secondo il nome delle botteghe, tratto da un loro caratteristico fregio: "atelier au coeur empanaché", "à la première palmette", "à la seconde palmette", "au fer de Mornay". Originariamente le legature "à la fanfare" furono attribuite a Nicolas Ève; oggi si ritiene che numerose botteghe parigine eseguissero tali manufatti.
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2
Legatura di origine islamica, nella quale la coperta presenta una superficie con compartimenti incassati. Questa struttura a due strati era ottenuta dagli artigiani orientali mediante la sovrapposizione di pelle intagliata a traforo ("a giorno"), su pelle di altro colore, usata come fondo. Gli artisti veneziani, specie nell'esecuzione delle lussuose commissioni dogali della seconda metà del Cinquecento, impiegarono una tecnica diversa: sovrapponevano la pelle a due piani di cartone incollati tra loro, di cui quello superiore recava, intagliato, il disegno dei compartimenti. Questo tipo di decorazione fu ripreso per volumi di pregio nei secoli successivi, particolarmente in Inghilterra nel secolo XIX.
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3
HOBSON G. D. 1988, fig. 6, n. 77, ferro e.
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4
ADER-PICARD-TAJAN 1985, n. 16, Ariosto, Orlando furioso, Venezia, Francesco de Franceschi, 1584. Anche la Biblioteca Trivulziana di Milano, possiede una inedita legatura veneziana della seconda metà del secolo XVI contrassegnata Triv. Cod. 1330, dal leone di San Marco al centro dei piatti, pure provvista di un analogo fregio.
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5
segnatura MM 484, dettaglio
Segnatura MM 484, dettaglio

segnatura MM 484, dettaglio
ADER-PICARD-TAJAN 1985 n. 16, dettaglio
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6
London, British, Library, segnatura C 46 C 12
London, British, Library, segnatura C 46 C 12.

London, British, Library, segnatura C 46 C 12
London, British, Library, segnatura C 46 C 12.
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segnatura MM 484, dettaglio
Segnatura MM 484, dettaglio

segnatura MM 484, dettaglio
ADER-PICARD-TAJAN 1985 n. 16, dettaglio
Motivo ripreso anche in legature napoletane seicentesche (BIBLIOTECA CENTRALE REGIONE SICILIANA 2002, n. 31, Sgadari di Lo Monaco, Pietro Emanuele, Registro delle firme degli ospiti di casa del barone Pietro Sgadari di Lo Monaco, ms. cartaceo sec. XX (1932-1956), segnatura Ms. XV.H.28).
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8
segnatura MM 484, dettaglio
Segnatura MM 484, dettaglio

ARNIM 1992, n. 69, dettaglio
ARNIM 1992, n. 69, dettaglio
G. D. Hobson (HOBSON G. D. 1935, p. 68) elenca 15 volumi veneziani e romani decorati «à la fanfare»: 1) GUMUCHIAN LIBRAIRE 1929, n. 72, tav. LII, 1575; 2) HOBSON G. D. 1929 A, tav. XXXVII, 1582; 3) CORFIELD 1904, n. 391; 4) HANSEN 1924, n. 97, 1589, Venezia; 5) HOBSON G. D. 1935, tav. XXV, p. 68, 1592, Venezia; 6) LIBRI 1862, tav. LI; 7) HANNOVER, tav. 61, 1619, Venezia; 8) CORFIELD 1904, n. 419, s.d., Venezia; 9) WESTENDORP, tav. 62, legatura vuota; 10) HIERTA 1914, fig. 22, 1508, Parigi; 11) GANCIA 1868, n. 77; SOTHEBY'S LONDON, 1902, n. 107; 12) COLOMBO 1913, II, fig. 26, 1599; 13) MEUNIER 1914, tav. LXXX, 1600, Roma; 14) ANGLO-SAXON REVIEW, copertina, tav. XXVI, p. 69, 1609, Roma; 15) PEARSON & CO. 1924, n. 902 cui sono da aggiungere due esemplari veneziani su testo Guicciardini, La Historia d'Italia, Venezia: Giolito, 1569, Milano, libreria antiquaria Mediolanum e ARNIM 1992, n. 69, Torquato Tasso, La Gierusalemme liberata, Genova, G. Bartoli, 1590.
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segnatura MM 484, dettaglio
Segnatura MM 484, dettaglio

segnatura MM 484, dettaglio
Segnatura MM 484, dettaglio
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10
Non è raro trovare, su legature gotiche e rinascimentali, in particolar modo di area tedesca, su quelle francesi, meno frequentemente su quelle italiane, motti, talvolta associati a insegne araldiche e a monogrammi, scelti dai committenti per contrassegnare il possesso del libro. Questi super libros impressi a secco o in oro, compaiono in medaglioni al centro dei piatti, inseriti entro cartigli che possono essere situati in testa, al piede o lungo i bordi del libro (questi ultimi già in età gotica, impressi a secco). L'uso dei motti conobbe una nuova voga nel xix e nel xx secolo, quando si trovano anche nelle cornici, inquadrati da filetti in oro. Sono prevalentemente in latino, specie sulle legature del Quattrocento e del Cinquecento; ma nei secoli successivi compaiono anche in volgare. Sulle legature più antiche prevalgono invocazioni, richiami religiosi o professioni di fede: "Ave. Gracia. Plena". (Parigi, 1500 circa); "Ave. Maria. Gratia. Plena" (Londra, 1520 circa); "Ave. Regina. Coelorum" (area fiamminga, 1530 circa); "Aue. Gracia. Plea. Dus. Tecu." (area fiamminga, 1530 circa); "Deus. Det. Nobis. Suam. Pacem" (area fiamminga, 1525 circa); "Deus. Propius. Esto. Mihi. Peccatori" (area fiamminga, 1510 circa); "Credo. Quod. Redemptor. Meus. Vivit" (Parigi, 1515 circa); "Deus. Dedit. Deus. Abstulit" (Gand, 1525 circa).
Motti in lingua latina si trovano frequentemente su libri di personaggi illustri del secolo XVI, legati alla storia della legatura. Questi motti, abbandonate le anonime invocazioni religiose, si sono personalizzati assumendo significati esortativi, augurali, di speranza, di amore, di potere, di fedeltà: "Aeque difficulter" e "Portio mea sit in terra viventium" (Jean Grolier); "Ardorem extincta testantur vivere flamma" e "Firmus amor junctae adstringunt quem vincula dextrae" (Caterina de'Medici); "Cominus et eminus" (Luigi XII di Francia); "Donec totum impleam orbem" (Enrico II di Francia); "Ingratis servire nefas" e "Inimici mei mea mihi non me mihi" (Tommaso Maioli); "Manet ultima caelo", "Memoento mori", "Mort m'est vie" e "Nihil ampius optat", "Qui regit haec regnat" (Enrico III di Francia); "Expectata non eludet" (Pietro Duodo); "Nutrisco et exstinguo" (Francesco I di Francia); "Orthos kai me loxios" (G. B. Grimaldi); "Pietate et iustitia" (Carlo IX di Francia); "Procul este" (Apollonio Filareto-cfr. la segnatura Cinq. 1 666); "Virtus in arduo" (Marcus Laurinus). Numerosi motti del periodo gotico sono riportati da E.Ph. Goldschmidt ("GOLDSCHMIDT 1967, I, Text 2. Catalogue raisonné, pp. 355-357). S.T. Prideaux (PRIDEAUX 1903, pp. 248-249) ha studiato quelli che si riscontrano sulle legature del Cinquecento; H. Helwig (HELWIG 1954, pp. 341-354) ha pure stilato un elenco di motti. Ricordiamo inoltre una recente pubblicazione tedesca (Stechow-Freiherr) che presenta oltre 10.000 citazioni tra divise, ex libris e super libros (STECHOW –FREIHERR 1996).
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11
Segnatura Cassaforte 4 4.
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