Legature del XV secolo
Legature del XVI secolo
Legature del XVII secolo
Legature del XVIII secolo
Legature del XIX secolo
Legature del XX secolo
Rassegna analitica in ordine latamente cronologico dei tipi di legatura, di decorazione e di fregi presenti nei singoli gruppi delle coperte realizzate nei secoli XV-XVIII su manoscritti
Legature del XV secolo
Le legature più antiche risalgono in genere al XV secolo, periodo in cui venivano realizzate nei monasteri e nelle botteghe della città universitarie, su pelli in genere di provenienza locale: la capra in Italia e Spagna, il vitello (talvolta pure in Spagna) ed il porco in area nordica. La decorazione è in genere a secco, priva di doratura. Anticamente l'impressione sulla pelle avveniva mediante una forte e prolungata pressione manuale di piccoli punzoni lignei o eburnei, non riscaldati, sul cuoio inumidito. Successivamente l'impiego a caldo di punzoni, di matrici (placche) e di rotelle in ferro od in bronzo, consentì di decorare il cuoio asciutto, dunque a secco. I punzoni nel XV secolo presentano molti soggetti tratti dal regno animale: i più comuni sono il leone e l'aquila, soggetti araldici per eccellenza, ma non poche sono le creature fantastiche (segnatura Inc. 3 309 - in preparazione). Piante e fiori vengono resi al naturale o stilizzati: i viticci, il giglio, il trifoglio, le ghiande,
le margherite e soprattutto le rosette, in varie forme e dimensioni. Frequenti sono anche, in questo periodo, i riferimenti alla liturgia sacra (Cristo, la Madonna, i Santi, l'agnello crucifero (MA 65), il pellicano) ed alle scritte quali "Maria" (MA 140), "Ave Maria, Laus", "Deo".
La decorazione a secco richiede mano ferma e sicura: se il ferro è troppo caldo rischia di bruciare il cuoio, se non lo è abbastanza, non imprimerà con il necessario risalto la decorazione sulla pelle. Essa è qui bene apprezzabile nelle legature italiane, decorate qui in stile moresco o "mudejar": decorazione fiorita in Spagna dal XIII secolo agli inizi del XVI, caratterizzata, nelle legature, da una o più cornici concentriche con piccoli ferri che imprimono linee dritte e curve a imitazione di cordonetto, cordoncino a rigatura diagonale, riunite in una miriade di combinazioni a formare nodi, anelli, lacci, rombi, circoli, croci decussate; impressi a secco e disposti secondo vari schemi, questi ferri possono ricoprire tutta la coperta. Pertanto, il termine "mudejar" può riferirsi, nel contesto di una descrizione, tanto alla decorazione quanto ai ferri o allo stile nel suo insieme.
Nato e sviluppatosi nel periodo della "reconquista" (dall'XI al XV secolo), questo stile, che deriva dalla fusione di elementi gotici con altri di derivazione islamica, è il più importante e originale prodotto della legatura spagnola. Veniva eseguito da artisti detti "mudejares" (letteralmente, "coloro che sono rimasti"), perlopiù mori o ebrei islamizzati, rimasti in Castiglia dopo la riconquista cristiana. Nelle città conquistate si erano stabiliti artigiani arabi i quali erano in grado di impiegare tecniche che avevano raggiunto un grado di perfezione sconosciuto in Europa. Una delle attività maggiormente sviluppate fu quella della concia delle pelli; la tecnica ispano-musulmana riusciva a ottenere, con i cordovani e le bazzane (pelli di capra e di montone), cuoi fini, lisci e brillanti, adatti a ricevere la l'impressione di decorazioni assai più delle rozze pelli di capra, porco, vacca, vitello o cervo che venivano normalmente impiegate nel resto d'Europa.
Lo stile "mudejar" (MA 10) venne introdotto in Italia attraverso Alfonso V d'Aragona, detto il Magnanimo, che nel 1443 conquistò il regno di Napoli e poi lo resse con il nome di Alfonso I. Il sovrano portò infatti al proprio seguito legatori catalani, fra i quali Baldassarre Scariglia, che diffusero la conoscenza della decorazione a imitazione di nodi e l'uso di riempire gli spazi liberi della coperta con singoli, piccoli ferri "mudejar". Nel XVI secolo questo stile influenzò non poco la decorazione delle legature a Firenze, Milano, Venezia: anche gli esemplari nostrani sono provvisti di cornici concentriche con barrette diritte e ricurve, cordami intrecciati, nodi, cerchielli dorati "modo florentino", questi ultimi particolarmente diffusi a Firenze nella prima metà del XV. Più tardivamente, in Francia, dove le caratteristiche composizioni a nodi e barrette ebbero grande diffusione. Le legature italiane come quelle spagnole difettano, a differenza delle legature di area nordica, di figure.
Sulle legature francesi coeve, eseguite prevalentemente in vitello bruno, compaiono gigli, api, candelabre e losanghe fiorite.
Un altro attrezzo ornamentale di questo periodo è la placca, dalle dimensioni variabili, nota sino dal XIII secolo nelle Fiandre: essa non poteva essere impressa a mano, ma richiedeva l'ausilio di un torchio. Incisa in cavo od in rilievo su ferro e su bronzo, fissata su basi di legno o di metallo, la placca permette di decorare rapidamente tutto il piatto di un volume in-ottavo od in-dodicesimo, e gran parte del piatto di volumi in-quarto od in-folio. I soggetti rappresentati sono quanto mai vari: prevalgono quelli religiosi con scene tratte dall'Antico e dal Nuovo Testamento, ritratti di santi, specie in Francia e nei Paesi Bassi, e nel XVI secolo personaggi della Riforma in Germania. Sempre in area nordica, si sviluppò sino dal XIII secolo, l'uso della rotella, qui visibile su numerosi esemplari del XVI secolo: è costituita da un cilindro metallico di vario spessore sulla cui superficie curva è incisa in cavo od in rilievo la matrice di sottili filetti o quella di motivi decorativi. Riscaldata
e fatta scorrere sul cuoio, essa permette di eseguire una decorazione all'infinito e di applicarla lungo l'intera cornice, molto più velocemente rispetto ai piccoli ferri, impressi singolarmente: è munita di un lungo manico che ne facilita l'impiego mediante l'appoggio sulla spalla, in modo da ottenere un movimento continuo di scorrimento sulla legatura. Le rotelle per imprimere a secco, sono incise in cavo secondo la tecnica dei sigilli medievali, per cui si ottiene sulla pelle un disegno in rilievo rispetto al fondo circostante; nella decorazione su foglia d'oro invece, il disegno sui rulli è inciso in rilievo, così da imprimere la pelle in profondità. Strette all'origine, le rotelle divennero con il tempo più larghe, richiedendo all'artigiano una sempre maggiore abilità manuale. In area nordica ove si fondono pura ornamentazione e simbolismo cristiano, nelle rotelle sono particolarmente diffusi i soggetti derivati dal Vecchio e, soprattutto, dal Nuovo Testamento: Cristo nell'Orto del
Getsemani, Cristo con la croce, la Madonna, i santi, l'agnello crucifero, il pellicano, la fenice. La cucitura dei fascicoli è su nervi in pelle o realizzati con sostanze vegetali. In area nordica il dorso è arrotondato, i nervi sono pure in pelle e rilevati, spesso doppi. Il cuoio del dorso sovrasta lievemente i capitelli, realizzati con spaghi oppure fettucce in pelle intrecciata. I fogli di guardia mancano oppure sono in pergamena od in carta. Le assi sono in legno spesso, più sottili in presenza di unghiatura. I cantonali, l'umbone ed i fermagli metallici fanno spesso parte del decoro.
Apresso, la lista sinottica delle caratteristiche riferite alle legature del secolo XV, necessariamente semplificate, cui fanno seguito nelle rispettive sezioni, quelle proprie dei secoli successivi.
Caratteristiche generali delle legature del secolo XV
- Aspetto generale: grande formato dei libri.
- Piatti: assi di legno. Compaiono il gioco, l'unghiatura verso la metà del secolo, il cartone (in Italia).
- Copertura: vitello e montone di colore bruno, pelle di scrofa in area nordica. Pelle di capra in Italia.
- Borchie: a base circolare, generalmente in numero di cinque.
- Fermagli: in cuoio e metallici, anche cesellati, specie in area nordica. Spesso quattro di numero in Italia, il primo in testa, il secondo al piede, la coppia rimanente lungo i lati dei piatti, fissati con tre chiodini disposti a triangolo.
- Cuciture: su nervi, con anima in pelle; in Italia con anima vegetale.
- Dorso: arrotondato con nervi rilevati e doppi in area nordica. In Italia, il dorso è meno arrotondato rispetto alla Francia ed alla Germania: i compartimenti privi di decorazione o delineati solo da filetti a secco. Generalmente almeno tre nervi per i volumi "in-folio", e due per quelli di piccolo formato.
- Capitelli: il cuoio del dorso ricopre il capitello cucito con fili o con sottili strisce di pelle.
- Guardie: in pergamena o in carta.
- Taglio: grezzo con titolo scritto ad inchiostro. In Italia è in genere, poco concavo.
- Decorazione: a secco. Inizio della decorazione in oro in Italia, nella seconda metà del secolo. Cornici di filetti. Piccoli ferri su base geometrica, con motivi zoo- e fitomorfi ed una o più placche in area nordica. In Italia, lo schema ornamentale è caratterizzato da una o più cornici con fregio centrale, in Francia da cornici e fasci verticali nello specchio. Cuoio cesellato (area nordica).
Legature del XVI secolo
L'Italia, specie nella prima metà del secolo XVI, influenzò l'arte della legatura con circa mezzo secolo di anticipo rispetto agli altri Paesi europei. In questo periodo, avviene la progressiva sostituzione delle assi in legno e dei fermagli metallici, in favore dei piatti in cartone e delle bindelle in tessuto: soprattutto si diffonde l'uso della decorazione in oro. La tecnica di decorazione in oro sui piatti e sul dorso del libro, viene attuata mediante impressione di ferri a caldo (punzoni, placche, rotelle) su una foglia d'oro. La superficie della pelle su cui è stato precedentemente riportata a secco il decoro, viene cosparsa di una miscela di bianco d'uovo e di aceto che serve da appretto: su quest'ultima viene posta una sottilissima foglia d'oro che subirà l'impressione del ferro riscaldato. Il calore provoca la coagulazione del bianco d'uovo che così fissa l'oro alla pelle. Questa tecnica, richiede grande abilità ed esperienza da parte dell'artigiano, perché ogni pelle ha
caratteristiche particolari e reagisce in modo diverso alla doratura. Infine, se i ferri sono troppo riscaldati, possono bruciare la pelle; se non lo sono abbastanza, l'oro non aderisce bene perché solo con una giusta quantità di calore si riesce a far coagulare l'albume ed a farlo reagire da fissante. Occorre anche una certa abilità per imprimere i ferri due volte, facendo combaciare perfettamente le due impressioni senza sdoppiare l'impronta. Questa tecnica era conosciuta in varie parti d'Italia già nel primo quarto del secolo XV, ma i primi a comprendere ed a sfruttarne le potenzialità furono verso il 1460, gli umanisti padovani: questi ultimi, impegnati nella scoperta e nella rivalutazione dell'antichità classica, ricavarono tecnica e modelli dalla tradizione islamica, grazie agli stretti rapporti commerciali di Venezia con l'Oriente. La decorazione in oro si diffuse poi in Italia nei primi decenni del XVI secolo. Comparve timidamente verso il 1510-1515 ca., nel corso delle
guerre d'Italia (1494-1525), presso il libraio legatore parigino Simon Vostre e fu poi impiegata regolarmente in Francia dal 1520-1525 ca.: in Germania ed in Inghilterra venne di uso abituale verso il 1570 ca.. Il successo della decorazione in oro determinò lo sviluppo delle legature di lusso in cuoio e la scomparsa progressiva di quelle con copertura in tessuto, fino ad allora prevalenti nelle legature preziose.
L'adozione di oro a bassa lega, a base di argento o di piombo ed oro, specie nelle legature di area tedesca dei secoli XVII-XVII sottoposte al rischio di ossidazione ed annerimento, consentì significativi risparmi nel costo della decorazione.
Tra i fattori che maggiormente determinarono il notevole incremento della legatoria di pregio nel XVI secolo, figurano l'aumento della produzione libraria, originato dallo sviluppo della stampa a caratteri mobili ed il sorgere di una nuova classe di facoltosi committenti, di destinatari e di bibliofili. In questo contesto nascono le preziose legature fatte eseguire da sovrani illuminati quali Francesco I ed Enrico II di Francia, e da facoltosi bibliofili quali Jean Grolier e Tommaso Maioli. In particolare, in Francia la decorazione in oro, dopo aver assorbito ed elaborato nei primi decenni del secolo, i motivi provenienti dall'Italia sia per quanto riguarda i ferri che lo schema a cornici rettangolari concentriche, darà vita dalla metà del secolo, ad una serie di prestigiose invenzioni stilistiche, spesso caratterizzate da nastri intrecciati (Cinq. 1 827), ed influenzerà, di ritorno, la legatura italiana di quel periodo e dei secoli successivi. In Germania nel XVI secolo, continua
la produzione delle tipiche legature in pelle di porco od in vitello, contraddistinte da cornici eseguite a rotella, decorate con personaggi, motivi floreali e con la tipica palmetta: al centro dei piatti, compaiono frequentemente le placche con motivi ispirati alle Sacre Scritture, alla Storia o con i ritratti di Lutero e di Melantone. In molte di queste legature, permangono fino alla fine del secolo ed oltre, elementi di tipo medievale come le assi di legno, le borchie, i fermagli in metallo, il dorso arrotondato, i nervi rilevati ed i tagli tinti in colori vivaci.
In Spagna, dopo la decorazione di tipo "mudejar" dei primi decenni del secolo (cfr. il precedente capitolo sulle legature del XV secolo), si afferma lo schema decorativo detto "plateresco" (Cinq. 2 62-63), caratterizzato da una relativa uniformità, determinata dalla costante presenza di cornici concentriche, realizzate con una, due, tre, raramente più rotelle: queste separate fra loro da filetti bruniti per creare una impressione di rilievo, presentano una straordinaria varietà di tipici motivi spagnoli: trofei militari, corazze, frecce, faretre, aquile, leoni, lepri, tartarughe, quadrupedi, viticci, teste di guerrieri, cavalieri entro medaglioni.
Nello spazio rettangolare centrale della coperta, sono impressi secondo la libera inventiva del legatore, numerosi, singoli piccoli ferri quali l'Agnello crucifero, la Madonna ed il Bambino, i cherubini e la Croce, il monogramma "IHS" (Cinq. 5 659), il grifone, l'unicorno, il pellicano, la fenice, la civetta, la conchiglia, il cuore aldino. Alla fine del Cinquecento compaiono, al centro della coperta, grandi composizioni romboidali, quadrate ed esagonali formate da rotelle, decorate in oro, che segnano il passaggio dallo stile rinascimentale a quello barocco.
Per quanto riguarda la struttura, le coperte iberiche sono, di solito, eseguite in marocchino od in vitello, con supporto in cartone. I fermagli presentano un aggancio sul piatto posteriore, il dorso arrotondato, i nervi veri alternati a mezzi nervi, i tagli concavi talvolta decorati con il titolo del libro o con artistici disegni a penna.
Le legature fin qui considerate hanno riguardato il cuoio quale materiale di copertura; si manifestano ancora in Italia in questo periodo, anche quelle in tessuto, in velluto ed in seta ricamata con fili d'oro e fili d'argento, lavori di abilità e pazienza, eseguiti, in Italia ed all‘estero, in comunità religiose femminili. Altri materiali di supporto, apparentemente meno nobili, quali il cartone (Cinq. 1 560) trova espressione in questo periodo.
Caratteristiche generali delle legature del secolo XVI
- Aspetto generale: comparsa del libro di piccolo formato.
- Supporto dei piatti: progressiva scomparsa delle assi di legno, sostituite da cartone, formato da fogli incollati.
- Copertura: pelli più fini e meglio conciate rispetto a quelle dei secoli precedenti. Comparsa del marocchino in Francia a partire del 1535-1540 circa.
- Borchie: progressiva scomparsa.
- Fermagli: bindelle in tessuto o in cuoio.
- Cuciture: su nervi doppi e semplici. I nervi di derivazione vegetale (canapa e lino ritorto) sostituiscono definitivamente le strisce di cuoio. Comparsa delle cuciture "alla greca" in Italia ed in Francia.
- Dorso: arrotondato, con nervi o liscio. In Italia e Spagna, nervo rilevato alternato a nervo piatto.
In Francia, nervi numerosi e non molto distanziati tra loro, di cui due mezzi nervi, uno in testa e l'altro al piede del dorso.
In Germania: nervi doppi ben rilevati. Alette in pergamena o in carta. In Francia: a trapezio, rettangolari in Italia. Inizia la comparsa del titolo e/o del nome dell'Autore, abitualmente collocati nel secondo compartimento.
- Capitelli: anima semplice o multipla, in pelle, cartone o spago, rivestiti anche da fili a più colori.
- Guardie: pergamena o carta bianca.
- Taglio: in oro opaco e cesellato sulle legature di presentazione, grezzo in quelle correnti.
- Decorazione: a secco e/o in oro. Verso l'inizio del secolo, è attuata con ferri pieni, in seguito con ferri azzurrati e vuoti, ed in area nordica anche con placche. Diffusione della decorazione in oro dall'inizio del secolo: un poco più tardiva in Francia che registra verso il 1560 la comparsa, per le legature particolari, il decoro "à la fanfare" o a compartimenti geometrici. Cornici concentriche in Italia, specie nella prima metà del secolo. Fregio centrale ed angolari in oro. Comparsa verso la metà del secolo di ferri azzurrati e di insegne araldiche. Legatura a cassoni (dogale). Decorazione a mosaico.
Legature del XVII secolo
Il periodo barocco, per quanto riguarda la decorazione delle legature, ha inizio negli ultimi decenni del Cinquecento e si protrae fino agli albori del Settecento. In Francia, nell'ultimo quarto del Cinquecento, vengono man mano sostituite le classiche cornici rinascimentali e gli spazi vuoti delle coperte sono riempiti con una ridondante decorazione che ne ricopre tutta la superficie.
Nasce uno stile a scomparti simmetrici, quadrilobati, uniti tra loro da filetti e contenenti inizialmente rami ricurvi, in seguito una miriade di piccoli ferri: in voga a Parigi dal 1570 al 1620-30 circa, questo stile venne più tardi, nel XIX secolo, denominato, del tutto casualmente, "à la fanfare".
La nuova maniera è caratterizzata da un certo "horror vacui": l'intero spazio disponibile, delimitato da sottili contorni a nastro, viene decorato con una miriade di ferri che hanno una funzione esclusivamente riempitiva, legata alla fantasia dell'artista: spiralette, puntini, fiammelle, rosette, stelline. A Roma, in particolare, questo tipo di decorazione fu realizzata nella bottega dei Soresini, soprattutto da Baldassarre Soresini ("Borghese Binder"), attivo dal 1590 al 1634 circa. Egli realizzò molte tra le più belle legature del primo barocco romano, utilizzando numerosi ferri di insuperabile perfezione, sia per la bellezza del disegno sia per l'accuratezza dell'incisione: tritoni che suonano conchiglie, spirali che terminano con teste di delfino affrontate, cornucopie intrecciate, nonché la cosiddetta "gamma egizia" con sfingi, erme, cariatidi, baldacchini di protezione.
Questo secolo evidenzia un aspetto apparentemente contrastante in cui le fastose legature romane a piatto campìto di tipo "postfanfare", si contrappongono ai manufatti "à la Du Seuil" (Cinq. 1 237-in preparazione), nei quali si manifesta la ricerca della eleganza e della semplicità, ottenuta con una doratura abilmente realizzata e con l'utilizzo di marocchini di prima qualità. Si affermano le legature stemmate (MM 37), presenti sin dal XV secolo. Pure diffuso è utilizzo della pergamena (A 25), frequentemente decorata con foglia d'oro di elevata caratura.
Sempre a Roma in pieno periodo barocco, dal 1650 al 1680 circa, questo tipo di decorazione assume una particolare connotazione e si presenta sotto forma di manufatti di monumentale solennità, specie sui grandi libri liturgici, caratterizzati da piatti divisi in numerosi compartimenti di varia forma, occupati da reticolati, da seminati, da ventagli e da tipici putti alati accollati agli stemmi, talvolta arricchiti da una decorazione a mosaico. Queste legature romane "post-fanfare" raggiungono la loro più completa espressione verso il 1670 nella produzione dei fratelli Andreoli o "Rospigliosi Binders". Molto diffusa inoltre in Italia e caratteristica del periodo barocco, è la decorazione con ventagli e rosoni, utilizzati soprattutto sui diplomi di laurea delle Università di Bologna, Padova e Pavia.
Per quanto riguarda la struttura delle legature italiane del XVII secolo, va rilevato l'uso del cuoio di capra e bazzana e del cartone come supporto dei piatti. I fermagli, quattro nel secolo precedente, sono sostituiti da bindelle; il dorso ed il taglio anteriore di solito sono poco arrotondati. Scompaiono i nervi veri alternati a quelli simulati.
Agli inizi del secolo XVIII, a Parigi e più tardi altrove, ha notevole successo un tipo di ornamentazione a ripetizione detta "a seminato", costituita da uno o due ferri alternati, disposti in serie su tutto il piatto, a distanza regolare tra loro: i singoli ferri, generalmente ben incisi e ben allineati, creano di solito una decorazione di piacevole aspetto, che per la varietà e per la finezza dei ferri e per l'accuratezza dell'esecuzione, fa dimenticare l'uniformità del modulo stilistico.
Avanzando nel Seicento, la decorazione si arricchisce di nuovi, eleganti motivi, realizzati mediante ferri formati da numerosi, piccoli punti disposti in serie a costituire un disegno che richiama i lavori di oreficeria in filigrana: sono detti motivi "en pointillé" (a filigrana) oppure "à la Gascon", dal nome del legatore francese che sembra, per primo, li utilizzò.
Particolare rilievo assumono le legature alle armi sin dal Cinquecento: una classe di bibliofili colti e dotati di grandi mezzi, ha voluto imprimere questo contrassegno personale di proprietà sui volumi nuovi, ma anche antichi, che sono entrati via via a far parte delle loro eleganti biblioteche. Le armi sono impresse di solito in oro su marocchini, vitelli di qualità o su pergamena, a secco su pelle di porco in libri di area nordica: più raramente, sono ricamate su velluto.
Verso la metà del Seicento, compare sempre in Spagna un motivo decorativo che avrà molta fortuna in Italia: il ventaglio. Questo è costituito da un ferro a forma di lancetta, simile alla stecca di un ventaglio, spesso lavorato a filigrana, ripetuto per un quarto di cerchio agli angoli: se replicato per un intero cerchio, forma un rosone che è collocato di solito, al centro dei piatti. Sotto forma di un mezzo cerchio, compare anche nelle parti mediane della cornice.
In alternativa alle lussuose ed elaborate decorazioni a "pieno campo" del tipo "postfanfare", "a seminato" ed "a ventaglio", concepite e realizzate come elemento di prestigio del committente, si contrappongono dal 1630 circa, un tipo di legatura, semplice ed elegante: è noto con il nome di legatura "à la Du Seuil", dal nome di un legatore parigino attivo in realtà nella prima metà del Settecento, allorquando questa decorazione era già da tempo in uso. È contraddistinta da un inquadramento con due cornici concentriche, costituite da tre filetti, due dei quali ravvicinati, il terzo lievemente scostato. La prima, forma un inquadramento che delimita all'esterno i piatti, la seconda è posta al suo interno, a metà circa dal centro, ove figurano spesso degli stemmi. Agli angoli esterni od interni oppure in entrambi, sono frequentemente accantonati piccoli fregi triangolari o romboidali, finemente disegnati, talvolta "en pointillé" (filigranati).
Dopo la metà e verso la fine del secolo, compare il "merletto" di tipo regolare, motivo derivato dall'uso dei pizzi tipici della moda del tempo. Nel Seicento, questo motivo impresso generalmente a rotella nelle cornici dei piatti e dei contropiatti, presenta un cuoio, riccamente decorate in oro.
Nei primi decenni del Seicento, inizia l'impiego delle "carte decorate" nelle carte di guardia, ad opera pare, del legatore francese Macé-Ruette attivo nella prima metà del Seicento: ciò avviene anche nei Paese Bassi ed in Italia. Gli effetti cromatici sulla carta, sono ottenuti con una semplice spugna intrisa di tinte a tempera oppure mediante inchiostri colorati deposti su una preparazione liquida, successivamente agitati con una specie di pettine; sul foglio posto su questa superficie rimangono impressi i colori nelle più svariate combinazioni ad imitazione del marmo (carte marmorizzate).
Questi ultimi vengono pure rivestiti specie in Francia, Olanda ma anche in Italia, da carte policrome decorate. Tale innovazione non era intesa a fini decorativi ma dettata da ragioni tecniche, per mascherare le macchie brune che apparivano sulle controguardie in corrispondenza di rimbocchi, incollature e altro. Inizialmente, soltanto le controguardie furono eseguite in carta decorata ma per eliminare l'eccessivo contrasto tra controguardia colorata e guardia bianca si passò in breve alla posa di ambedue le guardie in carta decorata. Questo per le legature di maggior pregio, mentre per le legature economiche continuava l'uso di fogli bianchi.
Tra gli aspetti strutturali delle coperte francesi del XVII secolo, sono da rilevare l'uso prevalente del cuoio di capra e di vitello, i supporti in cartone, il dorso arrotondato, le alette a forma di trapezio, i nervi rilevati e numerosi, i capitelli ad altezza dei piatti, i tagli concavi e provvisti di una brillante doratura.
In Germania prosegue la produzione delle legature a cornici concentriche decorate a secco su pelle di porco, generalmente ornato con motivi fioriti e fogliati, pure provvisti di palmette e talvolta, di motivi religiosi tratti dal vecchio e dal nuovo Testamento e da allegorie e Virtù, caratteristiche del secolo precedente; questo modulo viene tuttavia affiancato da una decorazione a fogliami che tende ad invadere l‘intero piatto.
Nella seconda metà del Seicento, dopo il ritorno di Carlo II dall'esilio olandese nel 1660, e fino al 1700 ca., durante il periodo della Restaurazione, ebbe inizio il periodo d'oro "(the great age)" della legatura inglese. Questo cambiamento fu favorito da due fattori: l'introduzione in Inghilterra di marocchini dai nuovi e vivaci colori, specialmente di un marocchino rosso vivo detto "red Turkey" e l'impiego di motivi "en pointillé" (a filigrana), di derivazione francese. Molte legature del periodo della Restaurazione sono legate al nome di Samuel Mearne (1624-1683) ed al "cottage style" (stile a villino), tipo di decorazione a carattere nazionale che persistette fino alla metà del Settecento, specie su almanacchi e libri di preghiera. Nello stesso periodo furono molto impiegate per effetto dell'influsso francese, i decori a piatto pieno con motivi a filigrana ed il "rectangular style" che conferisce un particolare risalto ad una cornice rettangolare al centro dei piatti - costituita
da una coppia di filetti- alle cui estremità spiccano motivi floreali oppure un monogramma coronato. La cornice esterna è caratterizzata da una decorazione rettilinea del tipo "à la dentelle", che imita il pizzo diritto francese del tardo Seicento. Il dorso è di solito riccamente ornato con un nutrita serie di ferri di delicata fattura.
L'impiego di carte decorate nelle legature rimase limitato alle guardie fino verso la fine del secolo XVIII. Solo dopo la Rivoluzione Francese si iniziò ad usare carte decorate anche per l'esterno delle legature (legature in mezza pelle), soluzione dettata da ragioni economiche e non estetiche in quanto questo consentiva di fare economia, essendo il cuoio diventato troppo costoso. Fanno eccezione le legature provvisorie alla rustica, o brossure, realizzate talvolta già a partire dal secolo XVI con carte decorate.
Con le legature d‘archivio eseguite per ricoprire registri, atti notarili, giudiziari e documenti d'archivio, risalta la funzione utilitaristica della coperta. Questi manufatti possono essere in cuoio naturale, ma anche in pergamena. Ne esistono di differenti tipi: con piatti rigidi o flosci, generalmente muniti di lacci, con prolungamento del labbro anteriore, a copertura del taglio.
In questo secolo, non avvengono sostanziali cambiamenti nei materiali e nella tecnica di esecuzione della legatura rispetto al secolo precedente. Continua l'uso del marocchino, pelle di capra conciata, specie per le legature di lusso ed inizia a diffondersi la marmorizzazione sulle coperte di bazzana e di vitello. Il supporto di copertura è il cartone. Sul labbro e sull'unghiatura compare spesso una decorazione di filetti e fregi a rotella, in oro. Il dorso è a nervi oppure liscio: nei suoi compartimenti, delineati da uno o due filetti in oro, compaiono al centro, tipici fregi romboidali ad arabeschi e piccoli fregi negli angoli. Un particolare tipo di decorazione detto "alla grottesca" caratterizza il dorso seicentesco: è costituito da una serie di piccoli spirali, giustapposte, impresse lungo l'intero dorso, così da formare una specie di reticolato.
Scompare poco a poco, nel Seicento, il taglio cesellato, tipico del XVI secolo, sostituito dal taglio liscio, dorato o semplicemente colorato nelle legature correnti.
La grande fantasia delle coperte del Seicento in cui si manifesta il periodo barocco, si esaurirà agli inizi del Settecento per cedere il passo ad una sobria, poco invasiva decorazione limitata al bordo dei piatti. L'abbandono della parte centrale della coperta ed il recupero della cornice, segna il passaggio dallo stile barocco a quello rococò.
Si affermano le legature persiane, posteriori alla conquista mongola del XIII secolo, databili dal 1400 in poi. Esse sono molto importanti per l'influsso esercitato sulla legatura veneziana del Rinascimento. Eseguite in pelle di capretto di colore bruno, sono decorate in oro con tecnica esperta e gusto raffinato; il motivo più comune è la mandorla caudata, posta al centro della coperta, ornata come negli angoli, con arabeschi e viticci, motivo dovuto all'influsso arabo. Spesso le legature persiane sono a busta e la decorazione del piatto anteriore si ripete sulla ribalta.
Col tempo, questa decorazione divenne sempre più raffinata: si fece ricorso alla punteggiatura, alla spruzzatura dorata, alla pelle ritagliata a filigrana su un fondo in pelle, in carta o in seta dorato o colorato, ai compartimenti a cassoni dorati e laccati, alle fodere decorate. Dal XVI al XVIII secolo, le legature persiane, per influenza delle civiltà dell'Estremo Oriente, vengono impreziosite con lacche brillanti, e recano dipinte sui piatti immagini ispirate alla tradizione locale miniaturistica con scene di caccia o della vita di corte.
Dalle legature persiane e, più in generale, dall'artigianato islamico, la cultura occidentale ha mutuato l'uso del marocchino, dei piatti di cartone, la decorazione in oro e tutta la gamma di motivi orientaleggianti ad arabeschi.
Caratteristiche delle legature del secolo XVII
- Copertura: pergamena, bazzana, vitello, pelle di porco, per le legature correnti; vitello di elevata qualità, marocchino per le legature di lusso.
- Supporto dei piatti: cartone e legno, in area nordica.
- Cuciture: su nervi semplici o doppi.
- Dorso: a compartimenti o liscio.Ricca ornamentazione negli scomparti con fregio romboidale al centro ed agli angoli in Francia. Titolo nel secondo compartimento oppure impresso direttamente sulla pelle.
- Capitelli: in canapa o in seta, grezzi o colorati.
- Guardie: carta bianca verso l'inizio del secolo. Dal 1650 circa, carta marmorizzata policroma: solo sui contropiatti all'inizio, poi anche sulle guardie verso la fine del secolo.
- Taglio: liscio, tinto in rosso e blu. Dorato, cesellato e colorato per le legature di presentazione.
- Decorazione dei piatti: legature di lusso con decorazione a piatto pieno del tipo "à la fanfare", a seminato, "à la Du Seuil", "à la dentelle" in Francia, "a ventaglio", specie in Italia e Spagna. Legature comuni con scarna decorazione; tuttalpiù, una cornice con armi al centro dei piatti. Ferri a filigrana.
Legature del XVIII secolo
Il principale parametro per giudicare il pregio della legatura di un volume del Seicento, è la ricchezza, spesso, la ridondanza della decorazione che occupa gran parte o tutta la superficie della coperta. Nel Settecento, è la cornice ad acquistare importanza ed ad costituire spesso l'unica decorazione: non mancano peraltro, in questo secolo, lussuose decorazioni in cui lo specchio suddiviso in vari compartimenti è riccamente ornato con motivi a squama di pesce, reticolati e fogliami rococò, tipici di questo periodo. Il nuovo orientamento decorativo , sottoposto come per il Seicento all'influenza francese, tende a creare uno spazio libero attorno al motivo centrale o addirittura a fare a meno di esso, per valorizzare la cornice: questa diventa l'elemento decorativo più importante della coperta. La cornice è costituita, di solito, da un motivo a pizzo ("dentelle") o floreale, associato o meno a fasce con fregi vegetali naturali o stilizzati, impressi a rotelle. Talvolta lo specchio
delle coperte non è completamente vuoto, ma può presentare al centro un fregio, di solito rococò, associato o meno, ad elementi tipici dall'epoca: cartelle a reticolato, volute, fogliami, a monogrammi, a stemmi araldici. La decorazione alle armi, assai spesso presente nelle legature di lusso del Seicento e del Settecento, è in genere più importante sul piano storico che su quello stilistico.
Come per il secolo precedente, tranne rare eccezioni, scarne informazioni sono disponibili sulle botteghe italiane: assumono pertanto interesse i manufatti di verosimile origine bergamasca, i più numerosi di questo periodo emersi durante la presente ricerca, prodotti da botteghe i cui artigiani rimangono tuttavia ignoti. È possibile esprimere alcune considerazioni in merito ai manufatti da loro confezionati, come emerge in particolare dallo studio dei manufatti eseguiti per la basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo.
Se il decoro quattro e cinquecentesco è improntati ad archetipi di gusto veneziano, circostanza ricollegabile all'appartenenza del capoluogo orobico ai dominii veneziani, a partire dal Seicento esso se ne affranca via via per sviluppare propri motivi (Salone R 6 26). Frequente l'utilizzo di testi a stampa ad opera di Francesco Locatelli (Sala 1, Cassapanca C 2 25[1]).
I legatori tedeschi si ispirano agli stilemi in uso in Europa, privilegiando, specie nel periodo barocco e in quello rococò, una decorazione a piatto gremito, costituita in genere da larghe cornici riccamente ornate e da fiori e fogliami posti attorno a un grande fregio al centro dei piatti. Da segnalare in particolare, le legature eseguite con queste caratteristiche, nel XVIII secolo, nel monastero di Ettal, in Baviera, da Gregorio Kühn.
Dopo la Restaurazione, periodo d'oro della legatura inglese, caratterizzato dal ritorno di Carlo II dall'esilio olandese nel 1660, e fino al 1700 circa, si afferma il "rectangular style", decoro che conferisce un particolare risalto ad una cornice rettangolare al centro dei piatti.
L'ornamentazione della coperta si manifesta anche con pellami e carte di guardie marmorizzati: i primi sono volti ad ottenere sul cuoio particolari effetti cromatici che richiamano le venature del marmo o le macchiettature del granito, ottenuti con l'applicazione a spugna, a tampone o a spruzzo di colori o di acidi mordenti, come potassa, solfato di ferro, acido acetico e acido nitrico. Il pellame usato più di frequente è il vitello nei colori nocciola e marrone scuro, in quanto più adatto alla maculatura. La marmorizzazione può essere eseguita direttamente dalla conceria al momento della tintura ma anche dai legatori stessi, sia prima di eseguire la legatura sia su legature già eseguite, quando la marmorizzazione deve essere limitata a riquadri o cornici. La marmorizzazione, che si presta a rendere meno visibili eventuali imperfezioni della pelle, può assumere molteplici aspetti. Se è caratterizzata da numerose macchie scure, piccole e irregolari viene detta "granité"; se le piccole macchie sono
molto fini, di colore vivo, viene detta "jaspé"; e se sono un po' più grandi, "moucheté". Se la venatura più scura imita l'aspetto dei nodi del legno, si chiama "radica" o "raciné"; se ricorda il carapace di una testuggine, "écaille"; se imita i cerchi concentrici di un tronco sezionato, "tree-calf".
Le seconde, eseguite con colori in sospensione su acqua, sono note sin dal VI secolo in Cina; il più antico frammento del genere giunto sino a noi è però giapponese (risale al 1118) ed è conservato a Kyoto. Il procedimento tecnico, chiamato in giapponese "suminagashi" ("inchiostro su acqua corrente"), è tanto semplice ed efficace da essere rimasto pressoché invariato sino ad oggi. Versando goccia a goccia inchiostro calligrafico (con peso specifico inferiore a quello dell'acqua) in una bacinella d'acqua, si ottengono tenui cerchi concentrici di colore che, al più lieve incresparsi della superficie dell'acqua, disegnano irregolari e seducenti venature. Basta allora appoggiare il foglio di carta sull'acqua perché il colore aderisca al disegno. Questa tecnica si basa sul principio fisico per cui l'incompatibilità fra due sostanze consente loro di restare separate e galleggiare senza mischiarsi.
Legature molto curate possono essere provviste di guardie foderate in seta. Un altro tipo di decorazione impiegata nel Settecento mai caduta in disuso dal secolo XVI, è il decoro ad intarsio ed a cera. Il dorso a più nervi rilevati, o liscio , spesso con tassello di pelle e titolo in oro, suddiviso in scomparti, è riccamente decorato come nel secolo precedente. Vi compaiono il tipico melograno, il tulipano, o altri fiori, monogrammi, disegni geometrici o simboli religiosi. Si generalizza l'uso delle palette ornate in testa ed in coda come decorazione sui falsi nervi e dei titoli su tasselli di colori vivaci, generalmente rosso e verde. I tagli oltre che dorati, come nella gran parte di queste legature, possono essere marmorizzati più o meno minutamente ad uno o più colori, essere tinti in rosso o in altro colore oppure dipinti con motivi floreali. La tendenza dei legatori del Settecento è quella di associare la leggerezza e l'eleganza dei fregi della cornice alla rarefatta decorazione dello
specchio: ne deriva uno stile decorativo più semplice, molto spesso più raffinato. Non accenna a diminuire l'uso del tessuto e del velluto per la copertura dei piatti.
Caratteristiche delle legature del secolo XVIII
- Copertura: pelle in vitello, marocchino, specie nei colori rosso, blu, verde, oliva giallo e marrone. Per le legature meno pregiate, utilizzo di pelle di pecora (bazzana) o di vitello decorata a spruzzo o ad imitazione della radica.
- Supporto dei piatti: cartone.
- Cuciture: su nervi.
- Dorso: a nervi o liscio decorato meno riccamente rispetto al Seicento. Fregio floreale al centro e piccoli fregi agli angoli.
- Capitelli: a più colori.
- Guardie: carte decorate nei tipi più vari (marmorizzate a pettine , a foglia di quercia, goffrate).
- Taglio: grezzo, in oro, talvolta dipinto.
- Decorazione: caratterizzata dalla predominanza della cornice ispirata ai merletti, impressa con la rotella o con singoli fregi ed in Francia anche con grandi placche rococò. Verso la fine del secolo compare la sobria decorazione neoclassica. Ferri in stile rococò. Mosaicatura: specie in Francia.
Legature del XIX secolo
Nel corso di questo secolo sopravvengono alcune importanti modifiche nella struttura del libro: compare il dorso liscio, senza nervi, staccato dal corpo del volume, il capitello eseguito a macchina, incollato direttamente e non più cucito sulla cuffia. Vengono di moda il dorso con nervi veri e falsi, l'uso dello zigrino, delle pelli e tele zigrinate e del marocchino a grana lunga ed a grana rilevata.
Caratteristiche di questo periodo, le legature editoriali o industriali, rilegate direttamente dall'editore o dallo stampatore. la produzione di coperte avviene su cartone o su tela in serie ed in sempre più alte tirature. La volontà di fornire un prodotto, se non di pregio, gradevole e ben decorato, a costi relativamente bassi ed accessibili ad un pubblico sempre più vasto, portò, soprattutto per i volumi strenna, ad ornare piatti e dorsi con placche dorate o policrome, con motivi floreali od architettonici o figurativi. Tutti questi generi, si diffusero secondo numerose varianti locali, in tutta Europa, specie in Inghilterra. In Italia si affermò una pregevole produzione, soprattutto su Almanacchi e Strenne a Torino e Napoli e Milano.
Si consolida l'usanza di firmare le legature (MMB 704). Persistono le legature stemmate. Nel complesso, tutte queste legature, eseguite di solito su cuoi in una illimitata varietà di colori, dimostrano con la loro solidità strutturale, la decorazione di alta qualità e l'accurata finitura, la grande professionalità dei legatori del XIX secolo.
Nella decorazione interna del libro, compare la carta lucida ("papier glacé"), quella dai riflessi cangianti (moerro) e sul taglio dei libri la decorazione in oro all'orientale (marmorizzata e dorata ). La decorazione è caratterizzata da numerosi tipi, alcuni influenzati da motivi antichi, altri da fregi di nuova concezione:
- stile neoclassico: in voga nel periodo di transizione tra il XVIII ed il XIX secolo, influenzato dai rinvenimenti archeologici di Pompei della metà del Settecento con greche (MMB 704), urne, anfore, sfingi, motivi che verranno utilizzati in parte dallo stile impero;
- stile Impero: caratterizzato da sfingi alate, urne, trofei ed aquile. In questi due stili predomina la linea retta, in particolare, le cornici settecentesche a contorni ondulati sono sostituite da inquadrature dal tracciato diritto, contenenti motivi classici, greche;
- stile "alla cattedrale": decorazione di stile neo gotico, in uso dal 1825 al 1850 circa , in cui il piatto è occupato da una placca raffigurante la facciata di una chiesa con guglie, ogive, trifore, rosoni ed altri motivi medievali. Sorto in Francia ed in Inghilterra come riscoperta del Medioevo e sotto l'influsso di numerose opere che ne riabilitavano l'arte, fu utilizzato da quasi tutti i legatori dell'epoca;
- stile Restaurazione: in vigore in Francia nello stesso periodo di quello alla cattedrale (1825-1850 circa), fa anch'esso uso di placche. Queste ultime, caratterizzate da volute di foglie stilizzate associate ad un'ornamentazione derivata da motivi architettonici ed a medaglioni, fregi, posti in rettangoli o in losanghe dai contorni talvolta mossi, tutto in una grande varietà di composizioni;
- stile "rocaille": compare verso il 1830 con motivi che si ispirano al repertorio ornamentale dello stile Luigi XV (rococò). La placca è sostituita da fregi e ferri a volute piene ed ombreggiate, impressi in coppia agli angoli e collegati tra loro da filetti;
- copia od imitazione di decorazioni antiche: in uso alla metà e nella seconda metà del secolo, essa non consiste in una vera copia poiché i fregi utilizzati subiscono spesso degli adattamenti. Sono legature spesso di notevole pregio per la qualità dei materiali, per la bellezza delle ornamentazioni, per la presenza delle controcoperte in marocchino decorato, per la tecnica di esecuzione;
- stile "art nouveau" nelle sue due forme di stile emblematico o "allusivo" e "stile floreale": comparve in Francia nella seconda metà del secolo, nato da un'interpretazione dell'arte della legatura dissociata dagli schemi ripetuti per secoli. Esso è caratterizzato , nel primo , da una decorazione con uno specifico riferimento al contenuto del libro mentre il secondo, ispirato dalla natura, è caratterizzato da grandi fiori stilizzati associati a larghi nastri intrecciati, spesso ornati a mosaico. Ebbe come grande ispiratore e realizzatore il legatore francese Marius Michel (1846-1925).
Nel complesso, tutte queste legature, eseguite di solito su eccellenti marocchini, in una illimitata varietà di colori , dimostrano con la loro solidità strutturale, la decorazione di alta qualità e l'accurata finitura, la grande abilità dei legatori del XIX secolo.
Tuttora presente in questo periodo, non solo velluto ed il tessuto quali materiali di copertura ma anche il tessuto adottato per le carte di guardia.
Caratteristiche delle legature del secolo XIX
- I generi di legatura in questo secolo sono numerosi; compare la legatura industriale.
- Copertura: comparsa delle mezze legature in tela ed in carta. Piena pelle per la legatura di pregio. Marocchino a grana grossa ed a grana lunga all'inizio del secolo.
- Supporto dei piatti: cartone.
- Cuciture: comparsa delle cuciture industriali.
- Dorso: con nervi rilevati o liscio riccamente decorato, fregi a paletta e falsi nervi, firma del legatore al piede, data.
- Capitelli: incollati quelli industriali.
- Guardie: carte decorate nei tipi marmorizzati, a spugna, "caillouté", a chiocciola.
- Taglio: decorato in armonia con le guardie. Dorato nelle legature più pregiate.
- Decorazione: piatti ornati con placca, associazione di decorazione a secco ed in oro. Copia di legature in stile cinque e seicentesco. "Art nouveau".
- Stili: impero, restaurazione, romantico (neo-gotico ed alla cattedrale), "à la rocaille", etrusco, retrospettivo, flora ornamentale alla fine del secolo.
Legature del XX secolo
Pone fine allo stile "emblematico" ed a quello "floreale" di Marius Michel, ancora in voga agli inizi del secolo (dureranno fino al 1920 ca.), il sorgere di un nuovo tipo di decorazione l'"Art Déco"”, consacrata dalla "Exposition des Arts Décoratifs" di Parigi del 1925. Questa, portata alla perfezione da Pierre Legrain (1888-1929) è caratterizzata da motivi geometrici eseguiti con l'aiuto di un tiralinee, di una squadra ed un compasso, e dall'impiego di nuovi materiali come metalli laminabili, madreperla, legni preziosi, avorio, galalite. La coperta divenne una sorta di frontespizio sul quale doveva figurare il titolo, il nome dell'Autore. La decorazione del libro doveva costituire una composizione continua piuttosto che la somma della decorazione delle due coperte e del dorso.
In questo periodo (1935 ca.), ricordiamo il legatore francese Paul Bonet che, realizzò un genere di decorazione astratta, di tipo "surrealista": tra queste, quelle note sotto il nome di legature "irradianti" in cui fasci di filetti curvi giocano a creare l'illusione del rilievo.
Come Pierre Legrain, Paul Bonet inserisce sovente le lettere dell'alfabeto nelle sue decorazioni: la serie di legature che concepirà per "Calligrammes" raggiungerà il massimo livello in questo genere.
In Italia, durante gli anni Venti e Trenta nell'ambito del Movimento Futurista, si realizzano i libri oggetto, rilegati in pelle o con materiali metallici: ricordiamo il noto libro imbullonato di Depero ed i due libri metallici di D'Albisola e di Munari. A questi legatori vanno aggiunti in Italia, i seguenti legatori che eseguono pregevoli manufatti secondo i canoni tradizionali del "pastiche" o seguendo gli orientamenti della libera interpretazione: Ceresa, G. Codina, P. Colombo, G. de Stefanis, M. Santagostino (Milano), Degli Esposti (Bologna), V. de Toldo e Nozza (Venezia), Cecchi e G. Giannini (Firenze), D. Gozzi (Modena), G. Pacchiotti (Torino), G. Glinger (Roma).
A Parigi, verso la metà del secolo (1945), fondata dal legatore P. Bonet e da J. Cain, amministratore generale della Bibliothèque Nationale, nasce la "Sociétè de la Reliure Originale" con lo scopo di "… … consolidare l'orientamento della legatura francese verso una decorazione creativa mediante l'interpretazione nei disegni delle legature dei motivi d'avanguardia dell'arte grafica e pittorica e per servire di fermento e di emulazione per i legatori della nuova generazione incitati a creare legature originali".
Alla fine del secolo XX, la legatura d'arte moderna che negli ultimi decenni si è arricchita di un importante apporto femminile con Rose Adler, Germaine de Coster, Madeleine Gars, Jeanne Langrand, G Schroeder è in costante evoluzione, aperta a nuove forme d'arte ed a nuove tecniche: da oggetto preminentemente funzionale, è diventata anche un mezzo di espressione artistica.
La fanno oggi conoscere e la mantengono viva le Associazioni Nazionali ed Internazionali di legatori e di Amici della legatura, le sempre più numerose Esposizioni ed i Concorsi di legature moderne.
In Italia, ancora vivo è il ricordo del "Concorso internazionale di legatura: Maestri rilegatori per l'"Infinito" tenutosi a Macerata nel 1998 e quello della recente "Esposizione di legature moderne" svoltosi a Venezia nel 1999, in occasione del VI Forum Internazionale della Rilegatura d'arte.
Come ipotizzato, sono state individuate poche legature novecentesche storiche (Inc. 2 376, Inc. 3 96): tranne poche eccezioni, quali il lascito di Giuseppe Weil Weiss (1863-1939) della Biblioteca Trivulziana di Milano ricco di ca. 700 legature di questo periodo eseguite da Casciani e Glinger, Colombo, Giannini e Gozzi, Kieffer, Durvand, Magnier, Gruel, Lortic, Champs, la Langrand, Levitzky, Blanchetière, le biblioteche italiane non possiedono in genere, collezioni di legature prodotte in questo secolo. Il loro costo, spesso proibitivo, e la continuità richiesta negli acquisti per la creazione di una collezione, paiono presupposti incompatibili con la cronica, sfavorevole congiuntura economica in cui versano le istituzioni italiane.
Caratteristiche generali delle legature del XX secolo
- Notevole eclettismo di materiali e di decorazioni.
- Piatti: in cartone. Fodere in pelle o in tessuto sui contropiatti e firma del legatore su quello anteriore.
- Copertura: alle abituali pelli usate nel secolo precedente, si aggiungono il "galuchat", il "box" e nuovi materiali quali il legno, metalli in lamine d'oro ed argento, il plexiglas, la ceramica, la galalite, le materie plastiche.
- Cuciture: su nervi, bandelle.
- Dorso: a nervi rilevati o liscio. Può costituire il prolungamento ornamentale dei piatti.
- Capitelli: anima semplice o multipla, rivestita anche da fili a più colori. Capitello incollato nelle legature industriali.
- Guardie: carte decorate a colla, silografate, marmorizzate, nei vari generi ed in carta bianca.
- Taglio: grezzo, oppure in oro brillante.
- Decorazione: continua l'imitazione della decorazione antica. Compaiono nuove, originali formule ornamentali ispirate ai canoni del "Art Nouveau" e del "Art Déco", caratterizzate da raffinati motivi floreali e da fantasie grafiche.
Rassegna analitica in ordine latamente cronologico dei tipi di legatura, di decorazione e di fregi presenti nei singoli gruppi delle coperte realizzate nei secoli XV-XVIII su manoscritti
Viene appresso indicata in parentesi, una segnatura riferita ad un solo manufatto: per maggiori dettagli, si rinvia gli indici analitici.
Secolo XV
- a placchetta, decorazione (AB 211): il cammeo o placchetta costituisce un motivo posto al centro dei piatti: reca motivi figurati a rilievo (perlopiù scene mitologiche, allegoriche e ritratti), talora colorati, ottenuti mediante impressione a secco od in oro, di placchette bronzee incise in cavo. Il suo impiego in legatura ha inizio in Italia verso la fine del XV secolo per fiorire nella prima metà del secolo successivo: evidente è il rapporto con la passione umanistica per medaglie e cammei, tanto da costituire uno dei generi più ricercati ed anche più costosi di legatura rinascimentale. Non è un caso che le più interessanti legature a cammeo siano di scuola italiana: lo comprova la quantità di falsificazioni che ne sono state eseguite. La più antica placchetta conosciuta compare sulla legatura eseguita da Felice Feliciano sul Codex lippomano verso il 1471. Sono opera di artisti quali il Riccio, fra' Antonio da Brescia e il Maestro che si firma I.O.F.F.; numerose e splendide sono quelle eseguite
all'inizio del XVI secolo a Milano, Venezia, Roma e, soprattutto, Napoli dove si modellano cammei con i ritratti del Sannazzaro e del Pontano. Legature a cammeo si diffusero anche in Francia e, successivamente, in Inghilterra mentre in Germania se ne conoscono rari e più tardivi esemplari: il più antico esemplare a placchetta di area nordica, riveste un manoscritto degli anni 1471-72, eseguito nella Germania meridionale. I cammei sono abitualmente collocati al centro dei piatti; si possono tuttavia riscontrare anche nella cornice, negli angoli, persino nei cantonali.
A differenza delle placchette italiane, ove prevalgono soggetti mitologici o allegorici, come nel caso di quelle colorate, delle cosiddette Canevari o di quelle di Apollonio Filareto (Cinq. 1 666), impresse a secco e poi dipinte, le placchette eseguite in Francia e in altre nazioni d'Oltralpe verso la metà del XVI secolo sono decorate in oro e riportano quasi sempre i ritratti di personaggi storici e di sovrani quali Enrico II e Filippo II di Spagna, visti, secondo la consuetudine classica, di profilo. Queste ultime legature furono in un primo tempo ritenute di diretta provenienza reale: si è poi accertato che gran parte di esse erano prodotti commerciali. Le placchette, prima riservate a esemplari di dedica o a legature realizzate in occasioni particolari o per clienti particolari, nel secondo quarto del Cinquecento divennero più frequenti.
Si prestarono anche ad imitazioni: a Bologna, ad esempio, vennero impresse con ferri in rilievo e non in cavo. Non sono molti gli esemplari conservati presso collezioni private. La maggior parte di essi si trova nelle biblioteche pubbliche: in Italia, in quelle di Napoli (Nazionale: 3, e Gerolimitani: 28), Genova (Berio: 1, e Universitaria: 2), Milano, (Braidense: 9, e Trivulziana: 5). Sebbene in voga per molto tempo, i cammei non sono mai stati molto comuni: Anthony Hobson, in un censimento del 1989, ha individuato circa 470 esemplari (saliti poi a 510 ca. nel 2000), suddivisi in 145 tipi diversi. Frequenti personaggi dell'antichità, della mitologia e scene di battaglia, mentre rari sono i soggetti a sfondo religioso. Diversi i metodi atti ad ottenere il rilievo sui cammei:
- viene asportato un lembo di cuoio della forma e delle dimensioni della placchetta e sostituito da un disco di gesso recante l'impressione della placchetta stessa che, in questo caso, viene colorata;
- tolto dal centro della coperta un lembo di pelle nella forma e dimensione voluta, si riempie il vuoto così formato con gesso sul quale si applica nuovamente la pelle per imprimervi poi la placchetta;
- si imprime la placchetta direttamente sulla pelle; è questa la tecnica più tarda e più comunemente seguita, utilizzata soprattutto per cammei di piccole dimensioni;
- agnello crucifero, decorazione: simbolo religioso di Cristo in uso sin dal periodo romanico (XI - XIII secolo), fu nel XIII secolo insegna degli Umiliati; poi, a Firenze, simbolo dell'arte della lana. Immagine frequente nelle legature di area nordica e spagnola del XV e XVI secolo ma anche su borchie metalliche italiane e francesi del Quattro e Cinquecento, compare generalmente al centro dello specchio sotto forma di agnello aureolato, passante, cioè di profilo, che tiene con una zampa anteriore una banderuola o uno stendardo crociato. Il suo utilizzo si protrae almeno sino alla metà del secolo XIX, come testimonia una legatura romantica francese custodita presso la Biblioteca Trivulziana di Milano;
- "monastico", legatura di genere (MA 144): coperta nella quale il materiale di copertura del dorso non ricopre interamente i piatti. Si definiscono mezze legature anche le legature medievali nelle quali il cuoio del dorso copre solo parzialmente le assi di legno. Inizialmente le mezze legature sono in cuoio e carta decorata o cuoio e tela e il cuoio riveste almeno un terzo dei piatti; ma questa misura, variabile secondo esigenze estetiche o di formato, va man mano riducendosi soprattutto per ragioni di economia. Nelle mezze legature in cuoio e carta, per maggior solidità, si usa quasi sempre rivestire in cuoio anche gli angoli e la definizione è allora "mezza legatura ad angoli";
- "mudejar", tipo, decorazione (MA 10): cfr. le "Considerazioni generali sulle legature del XV e XVI secolo";
Secolo XVI
- a coppia di delfini affrontati (Sala 1 D 4 4) che si tuffano in una fontana: impiegati prevalentemente nella decorazione di cornici, sono caratteristici del Veneto tra il 1470 ed il 1520 ca.;
- a lira o a meandri, decorazione (Salone Cassapanca 1 G 2 58): il termine indica in legatoria elementi decorativi a volute semplici o intrecciate, usati nelle cornici rinascimentali di legature italiane, specialmente in quelle eseguite nell'Italia settentrionale;
- a "losanga- rettangolo", decorazione (AB 25): nota sin dal VII secolo nella decoro di legature copte ed ampiamente impiegata nel corso dei secoli. Frequente in Italia, specie nelle legature veneziane del XVI secolo. Il genere è qui testimoniato fino al secolo XVIII (MA 615);
- "à la fanfare" (MM 484): vengono così chiamate quelle legature parigine del XVI e XVII secolo che presentano una decorazione analoga a quella che il bibliofilo Charles Nodier fece eseguire nel 1829 al legatore Thouvenin, imitando un modello antico, su un volume del 1613 intitolato Les fanfares et courvées abbadesques des Roule-Bontemps de la haute et basse Cocquaigne et dependences, Chambéry, 1613, oggi conservato al Museo del Petit Palais di Parigi. L'imitazione ottocentesca ha così fatto ricadere retroattivamente sui suoi modelli originali un nome suggerito occasionalmente dal titolo di un'opera. Quali sono questi modelli? Occorre precisare che la decorazione oggi detta "à la fanfare" compare verso il 1560 e si protrae sino agli anni Quaranta del secolo successivo, dando vita a un'infinità di varianti e imitazioni. Essa raggiunge il suo massimo sviluppo nell'ultimo quarto del Cinquecento e resta in auge nella sua forma tipica per non più di una cinquantina d'anni, anche all'estero,
come testimonia l'esemplare rinascimentale veneziano qui proposto.
Si possono chiamare "à la fanfare" unicamente quelle legature che rispondono ai seguenti requisiti: devono essere decorate con un'unica composizione in oro che ricopre quasi interamente i piatti; questo motivo deve comprendere dei compartimenti di taglia e forma diversi, delimitati da un nastro (di solito, ma non sempre, alcuni di questi compartimenti possiedono la forma di un "8"); deve esistere un compartimento centrale più importante rispetto a tutti gli altri, per taglia o per altri motivi; il nastro che forma i compartimenti deve essere costituito da tre filetti, dei quali due vicini e uno leggermente scostato. I compartimenti possono essere vuoti, specie nelle prime legature "à la fanfare", od ornati con decorazioni in oro a piccoli ferri rappresentanti ghirlande e fogliami al naturale. Una rara eccezione è una legatura interamente decorata in argento con le armi di Louise de Lorraine, eseguita verso il 1610.
Le legature "à la fanfare" sono opere lussuose che utilizzano materiali e doratura di qualità, e numerosi ferri, molti dei quali disegnati dal vero. Il legatore viene impegnato in un lavoro lungo e costoso, specie quando il volume è di grande formato, poiché la decorazione occupa tutta la superficie del piatto. Esse sono, pertanto, relativamente rare: non sarebbero complessivamente più di 500 quelle pubblicate o inedite. Di queste, non poche possono vantare prestigiose appartenenze: tra i possessori di legature à la fanfare, si possono infatti ricordare Caterina de Medici, Carlo IX ed Enrico III di Francia, i bibliofili J.-A. de Thou, G. F. Madruzzo, P. Duodo, Ch. Mansfelt, P. Séguier. Il celebre bibliofilo Grolier possedeva un Plutarco stampato nel 1558 legato "à la fanfare", oggi conservato alla Nationalbibliothek di Vienna: questa è considerata la più antica o una delle più antiche legature in questo stile. Poiché in tutte le fanfare manca la firma del legatore, queste sono state classificate
secondo il nome delle botteghe, tratto da un loro caratteristico fregio: atelier "au coeur empanaché", "à la première palmette", "à la seconde palmette", "au fer de Mornay". Originariamente le legature à la fanfare furono attribuite a Nicolas Ève; oggi si ritiene che numerose botteghe parigine eseguissero tali manufatti;
- a meandri, decorazione: cfr. a lira
- a ovale centrale (A 31): decoro tipicamente adottato dal legatore veneziano "Maestro dell'Ovale", attivo tra il 1580 e il 1585 circa. Le sue legature, una dozzina circa, sono infatti caratterizzate da un grande ovale al centro della coperta e da un arrotondamento che forma un arco alla testa e al piede della cornice. Queste forme arrotondate, utilizzate dai legatori romani a metà del XVI secolo, e particolarmente da Niccolò Franzese, furono assai apprezzate dai legatori veneziani, abituati a utilizzare cornici con impianto ornamentale rettilineo. Questo schema, in cui è peculiare l'impiego di grandi ferri azzurrati nell'ovale centrale e negli angolari, fu adottato a Venezia negli ultimi decenni del Cinquecento;
- a placca (A 32): cfr. Legature del XV secolo;
- archivio, legatura di (AB 392): è il "cartularius" latino, noto anche come legatura d'archivio, eseguito per registri su fogli bianchi prima dell'utilizzo, o per atti notarili e documenti d'archivio, legati successivamente alla stesura. Eseguito con cuoio al naturale o pergamena, questo tipo di legatura può presentare piatti rigidi o flosci, generalmente muniti di lacci, con un prolungamento a ribalta dei labbri anteriori a copertura del taglio, o a busta. In quest'ultimo caso, il piatto posteriore è munito di un prolungamento che, passando davanti al taglio anteriore, copre per un terzo o anche per metà la superficie del piatto superiore. Questo prolungamento, di forma rettangolare, triangolare o trapezoidale, viene allacciato al centro della coperta con un bottone di pelle o metallo, con una fibbia o con legacci. Spesso nelle legature archivistiche in pergamena vi sono rinforzi costituiti da due o più bande in cuoio cucite a vista, ricoperte da un intreccio di sottili strisce di pergamena
o di pelle allumata che fasciano il dorso e parte dei piatti. Talvolta questi rinforzi in cuoio si prolungano fino al taglio anteriore e, muniti di fibbie metalliche, costituiscono un sistema di chiusura. Il dorso è piatto oppure provvisto di lembi rettangolari in cuoio fissati con dei legacci in pelle allumata. La cucitura dei fascicoli di queste legature presenta numerose varianti: a catenella, su nervi semplici o doppi, in cuoio, pelle allumata o pergamena arrotolata. Talvolta il filo di cucitura passa direttamente attraverso il dorso della coperta.
L'eventuale decorazione è "a secco" e riempie i compartimenti non occupati da bande di rinforzo; negli esemplari più antichi è ottenuta con semplici disegni geometrici, nei più tardi con i fregi propri delle varie epoche. Nei secoli XVI e XVII compare, seppur raramente, la doratura, limitata tuttavia alla sola data impressa in grandi caratteri romani sulla coperta anteriore. In uso sino al Settecento, molto frequenti in area nordica, le legature d'archivio sono state particolarmente studiate in Germania.
Nelle legature di rubriche e registri provviste di fogli bianchi ancora da compilare, la data della prima registrazione costituisce un termine "ante quem", utilizzabile per la datazione, mentre allo stesso fine nei libri a stampa si utilizza la data di edizione come termine "post quem";
- a mosaico, decorazione (MA 622): ornamentazione policroma in cui il disegno viene tracciato a secco con filetti e ricoperto con inserti di cuoio colorato che presenta un rilievo rispetto al cuoio circostante. I bordi del disegno vengono nuovamente contornati con filetti a secco o in oro.
- datato (Cassaforte 3 20), genere: la data di esecuzione della legatura compare frequentemente sulle coperte dei secoli XVI e XVII in area nordica, specie sulle legature di pelle di porco, più raramente su quelle italiane;
- di dono (MA 158): la veste esterna del libro assume particolare importanza quando questo è oggetto di dono o di presentazione. Le legature di dono sono in genere manufatti di grande effetto, eseguite in tutte le epoche dai migliori artigiani con grande cura e con materiali di pregio. Spesso arricchite con le armi del destinatario, accolgono talvolta anche quelle dell'offerente;
- dogale o commissione dogale, legatura (Cassaforte 3 20): documento ufficiale del Doge o del Governo di Venezia, diretto ad altro governo o ad un privato. Note dal 1475 ca. fino alla fine del Settecento, sono rilegate in numerose varietà di stili, spesso datate. I moduli stilistici della prima metà del secolo XVI sono caratterizzati da una cornice con fregi fogliati od arabescati ed al centro dei piatti, da nodi sovrapposti di tipo moresco o da un medaglione circolare con il nome del destinatario. Le commissioni dogali decorate "all'orientale", dette anche a cassoni, sono le più conosciute ed amate dai bibliofili e forse sono state eseguite, almeno in parte, da legatori di origine orientale nella seconda metà del XVI secolo. Questo genere di legatura conobbe il periodo di maggior splendore verso il 1580. Sono caratterizzate, al centro dei piatti, da una mandorla caudata ed, ai quattro angoli e lungo le cornici, da disegni di foglie e fiori di foggia araba, dorati e dipinti a vivaci colori
con tinte a lacca. Cornici, angoli e stemma centrale sono situati in scomparti a fondo incavato. Nei documenti ufficiali al centro del piatto anteriore al posto degli arabeschi è raffigurato, su fondo oro, il leone marciano ("in moleca"), mentre su quello posteriore sono generalmente impresse le armi del personaggio cui il documento è destinato.
Secolo XVII
- à branchages (MA 124): il termine francese indica motivi decorativi a forma di tralci ricurvi di olivo o di alloro, in uso in Francia dal 1580 circa ai primi anni Trenta del XVII secolo. Come semplici rami ricurvi compaiono negli scompartimenti delle legature "à la fanfare", delle quali sono elemento caratteristico, mentre ornano le legature correnti di quel periodo, sia al centro dei piatti, intrecciati a corona, sia come angolari, sia sul dorso. Il termine "branchages" si applica tuttavia anche a decorazioni impiegate occasionalmente per legature del XVIII e XIX secolo, con motivi costituiti da rami curvi e a volute, con foglie dal vero, piene o azzurrate, accostati tra loro a formare le più varie composizioni;
- a "centro e angoli" (MA 428): decorazione: il termine indica un tipo di decorazione di origine orientale, tanto che figura su tessuti, tappeti persiani e in miniature del Corano. Il motivo centrale e gli angolari sono impressi con placche a fondo dorato, pieno o azzurrato. La placca centrale, di varie dimensioni, ha forma di mandorla o di ovale o di cartella entro la quale un sottile nastro si intreccia variamente, di solito su un fondo azzurrato. Gli angolari sono essi pure piuttosto grandi, con forma prevalentemente di triangolo rettangolo contenente volute ed arabeschi. Il fondo del piatto presenta talvolta un seminato di ferri a tre punti, ripresi pure sul dorso. I seminati di tre punti accorpati in sequenza "2-1" compaiono in genere nelle legature francesi, mentre quelle inglesi e dei Paesi Bassi presentano di solito stelline e piccoli fregi fitomorfi. La decorazione "à centre et coins" non richiede la fantasia e l'abilità necessarie per realizzare legature a piccoli ferri o con filetti:
il suo valore artistico è legato prevalentemente alla bellezza ed alla finezza dei motivi impressi nelle placche. Questo genere di decorazione caratterizza legature islamiche risalenti al 1130 circa. Come stile compare in Europa a Venezia nell'ultimo quarto del secolo XV, ma si impone più tardi, nel periodo 1550-1560, a Parigi, da dove si diffonderà tra il 1570 e il 1650, principalmente in Germania, in Inghilterra e nei Paesi Bassi, mantenendo caratteristiche similari. Il successo di questa decorazione è stato grande: venne utilizzata frequentemente nei Paesi Bassi, dominò nella legatura londinese da Elisabetta (1558) sino alla morte di Giacomo I (1625), fu adottato da Jakob Krause a Dresda e lo si ritrova in aree per molti aspetti periferiche, come la Svizzera, la Polonia, la Svezia e la Grecia. Questo schema ornamentale largamente diffuso, come si è detto, in Francia e in Inghilterra nella seconda metà del XVI e nella prima metà del XVII secolo, è peraltro caratterizzato
in ciascuno di questi Paesi, da alcuni peculiari elementi decorativi. Ricordiamo, per le legature inglesi, la frequente presenza di placche centrali con margini ad angoli retti alternati a semicerchi o a quarti di cerchio, margini sinuosi o costituiti da fregi, da angolari con una cartuccia ovale centrale con margini molto elaborati oppure a quarto di cerchio con bordi rettilinei. Il "centre et coins" risulta curiosamente meno impiegato nei paesi europei che meglio degli altri sembrerebbero aperti all'influsso orientale: in Italia, Spagna e persino a Venezia non sarà mai particolarmente diffuso;
- a mosaico (cera colorata), decorazione a (MA 124): il disegno, tracciato a secco o in oro con ferri da doratura, viene riempito di colori a base di cera. La tecnica lascia, a lavoro finito, un lieve ma percepibile rilievo sulla parte trattata; questo tipo di coloritura rimane fragile, soggetta a deterioramento con tendenza ad attenuarsi e talvolta a scomparire con il tempo;
- a seminato, decorazione (MM 332): denominazione derivata dall'araldica, ove indica un blasone interamente ricoperto dalla stessa figura, ripetuta senza limiti di numero. Per analogia, si chiamano a seminato quelle legature le cui coperte sono ornate con la disposizione regolare di uno o più fregi ripetuti per righe e per file. Non è raro che una coppia di ferri si alterni regolarmente per coprire l'intero piatto, circoscritti settori della coperta oppure i compartimenti del dorso. L'impegno esecutivo consiste nell'imprimere a distanza regolare i fregi interessati alla decorazione, difficoltà che cresce con l'aumento delle dimensioni del volume. Questa rigorosa composizione, di origine medievale, probabilmente mutuata dalle decorazioni dei tessuti del tempo, incluse quelle utilizzate per ricoprire le legature, comparve in Francia almeno sin dal XIV secolo. La rigorosa decorazione a seminato, non priva talvolta di una sua severa eleganza, vale in genere, più per la qualità dell'esecuzione che
per l'originalità del decoro;
- a ventaglio (A 27): a lungo si è creduto che questo modello di decorazione fosse stato creato da legatori francesi seguendo la moda, portoghese prima, spagnola poi, dei ventagli: venne invece dimostrato che in Spagna si eseguivano legature a ventaglio sin dai primi anni del Seicento e, con tutta probabilità, già dalla fine del Cinquecento. La decorazione a ventaglio cominciò a diffondersi in Francia ed ancor più in Italia nella seconda metà del XVII secolo; perdurò fino ai primi decenni di quello successivo.
Ispirata ai merletti che, di gran moda all'epoca, furono oggetto di manuali illustrati sia in Italia sia in Francia, questa decorazione è caratterizzata da un ferro a forma di petalo stretto e lungo: questo piccolo ferro noto sotto il nome di lancetta, contiene al suo interno una fine decorazione di arabeschi, di motivi fitomorfi o geometrici, talvolta filigranati. Termina a punta, con un motivo geometrico o a fiamma ed è sovente sormontata da un semicerchio puntinato. Negli esemplari più antichi, le lancette non possiedono alcuna ornamentazione al loro interno. Accostate e disposte in serie lungo un quarto di cerchio, queste lancette formano l'immagine di un ventaglio aperto; situate lungo i 360° di un cerchio a pieno giro, od attorno ad un ovale, danno invece luogo all'immagine di un rosone. Entrambe queste composizioni sono impresse sia con piccoli ferri isolati sia con placche, spesso arricchite verso il margine convesso da una serie continua di stelle, di fiamme o di motivi floreali,
oppure da una fascia di arabeschi o di motivi stilizzati. I ventagli, generalmente inseriti nel contesto di esuberanti composizioni decorative, sono collocati agli angoli interni delle cornici mentre i rosoni occupano in genere, il centro dei piatti, soli od associati ai ventagli angolari. Rosoni isolati, spesso circondati da piccoli fregi, rosette, stelle od altri ferri, occupano talvolta, tutto lo specchio con placche di grandi proporzioni. Questi modelli decorativi, il ventaglio ed il rosone, furono molto in uso a Bologna ed a Padova, città universitarie, nella seconda metà del Seicento, nella decorazione dei diplomi di laurea;
- all'antica, filetti (Salone Cassapanca 1 H 2 20): due filetti ravvicinati e uno scostato, in uso sin dalla metà del XVI secolo in Francia, tipici delle decorazioni a compartimenti;
- alle armi, decorazione (MM 37): motivo che afferma mediante le insegne araldiche, il possesso ed insieme il prestigio del proprietario del volume. Gli esemplari alle armi riflettono di solito nella composizione decorativa, lo stile dominante nel periodo di esecuzione della legatura. L'abitudine di imprimere lo stemma araldico a secco e in oro sui piatti dei libri per indicarne l'appartenenza risale alla fine del XV secolo. In Francia la prima legatura alle armi, quelle di Francia e di Gerusalemme dipinte a mano, compare nel 1494 su un manoscritto dedicato a Carlo VIII. In seguito, sovrani e papi, nobili e presuli di rango, fecero imprimere le loro armi sui libri della propria biblioteca e su quelli che offrivano in dono. Ma fu solo nel Sei e nel Settecento che questo genere di legature, ornate con le insegne gentilizie del destinatario o del committente, ebbe larga diffusione.
Soprattutto in Francia, dal Cinquecento in poi ed in particolare nell'età barocca, una classe di bibliofili colti e dotati di grandi mezzi finanziari, volle imprimere questo contrassegno personale di proprietà sui volumi nuovi, ma anche antichi, che entravano via via a far parte delle loro ricche biblioteche. La stessa monarchia offre un illustre esempio di collezionismo illuminato, riorganizzando e sempre ampliando la biblioteca reale le cui legature ricevono sistematicamente i contrassegni dei successivi sovrani. Le armi sono impresse di solito in oro, su marocchini, vitelli di qualità o su pergamena, a secco su pelle di porco in libri di area nordica; più raramente, sono ricamate su velluto.
Le armi di personaggi celebri, soprattutto di sovrani, prelati e aristocratici, erano apposte, generalmente, da maestri d'arte solo su marocchino; su semplice bazzana erano impresse di solito quelle di libri assegnati come premio ai migliori allievi dei grandi collegi del tempo. Anche ordini cavallereschi (SS. Maurizio e Lazzaro) e religiosi, municipi e collegi, ornarono con armi i libri da conservare nelle loro biblioteche o da offrire in omaggio a personaggi o a studenti meritevoli. Nelle legature più semplici, le armi spiccano solitarie sulla coperta anteriore o su entrambe, oppure sono delimitate lungo i margini da un filetto semplice o doppio o da una sottile fascia in oro. Negli esemplari più lussuosi e in quelli di dedica, le armi sono inquadrate da una decorazione in oro più o meno ricca, che rispecchia il genere di ornamentazione in voga nel periodo di esecuzione. In aggiunta alle insegne, poste al centro dei piatti, talvolta si trova impresso l'elemento araldico più significativo (leone,
torre, giglio, e altri), negli angoli, negli scomparti del dorso o in entrambi, isolato o nel contesto della decorazione. Le armi appartenenti a personaggi maschili sono rappresentate da un solo scudo, mentre per le donne maritate l'emblema è costituito da due scudi posti l'uno accanto all'altro: a destra dell'osservatore (sinistra araldica), le armi della famiglia d'origine, a sinistra invece (destra araldica) quelle acquisite dopo il matrimonio. Rara eccezione, le armi personali del noto bibliofilo francese Jacques-Auguste de Thou (1553-1617) che, dopo il suo matrimonio, presentano contemporaneamente un doppio scudo: quello della famiglia de Thou (un tafano) accollato a quello della prima moglie e, successivamente, della seconda. Una seconda anomalia è anche costituita dal caso della marchesa di Montespan, il cui stemma non compare mai accoppiato a quello del marito. Uno schema molto più raro è quello dello stemma maritale sul piatto anteriore e quello uxorio sul piatto posteriore. Caratteristico
delle donne nubili è generalmente uno scudo a forma di losanga.
Per ogni personaggio possono esistere parecchi modelli di placca alle armi, sia perché eseguiti da differenti artisti sia perché evocano il personaggio in differenti momenti della sua vita: le armi del delfino, per esempio, cambiano al momento di salire al trono. Esse possono modificarsi per l'acquisizione di nuovi titoli, per investiture successorie o ecclesiastiche o in seguito alle nozze. Uno stemma dipinto invece che impresso sui piatti di una legatura fa presupporre che essa non sia originaria del luogo di residenza del personaggio al quale lo stemma appartiene: in tale luogo infatti non sarebbe mancato un ferro pronto per imprimerlo. Almanacchi, libri di devozione e anche libri d'ore, pur ornati con armi reali, non autenticano necessariamente l'appartenenza al sovrano, ma possono indicarne solo la provenienza: è noto che libri di questo genere erano offerti in dono a personaggi o a componenti di corte.
Le armi dei prelati si riconoscono dalle insegne religiose, come la croce, la mitra, il pastorale, il cappello e i fiocchi: questi ultimi in numero diverso, a seconda della dignità del possessore. A questo proposito, non bisogna basarsi sulle regole araldiche che quantificano i fiocchi pendenti dai cappelli prelatizi per indicare l'importanza del personaggio (5 per i cardinali, arcivescovi e patriarchi primati, 4 per i patriarchi non cardinali e per gli arcivescovi, 3 per i vescovi, gli abati e i protonotari e 2 per i canonici), in quanto la regola spesso non è applicata negli stemmi prelatizi posti sulle legature.
Gli esemplari alle armi riflettono di solito, nella composizione decorativa, lo stile dominante nel periodo di esecuzione della legatura. Lo stemma, oltre a procurare fascino a una legatura, può essere un elemento utile per determinare la datazione e la provenienza della legatura stessa; inoltre, all'interno del "corpus" di una stessa biblioteca privata, i mutamenti nello stemma araldico del proprietario consentono di seguirne le vicende biografiche, contribuendo a datare con precisione la legatura. Tuttavia, occorre ricordare che sono noti dei casi di armi impresse successivamente su legature più antiche, nonché di armi falsificate o apposte fraudolentemente;
- olandese, legatura all' (MA 359): nome generico dato alle legature in pergamena floscia (flessibile, molle) o semifloscia, con o senza decorazioni. Il nome deriva probabilmente dal fatto che venne adottata per molte edizioni degli Elzevier (Olanda, secoli XVI-XVII). Caratteristiche principali sono la flessibilità, dovuta al fatto che la pergamena non viene incollata su cartoni ma semplicemente ripiegata su piatti in carta o cartoncino, e la cucitura, eseguita su strisce di pergamena, di pelle allumata o di cuoio. I supporti della cucitura e l'anima dei capitelli sono detti passanti o apparenti poiché attraverso un foro fuoriescono dalla legatura in corrispondenza del morso e rientrano attraverso i piatti. Nelle legature di questo genere eseguite in Italia spesso sono apparenti soltanto le anime dei capitelli, mentre quelle dei nervi sono tagliate a pochi millimetri dalla cucitura. Generalmente queste legature sono munite di bindelle o di lacci di chiusura, talvolta colorati. In molti casi i
labbri della coperta si prolungano formando risvolti a protezione del taglio. La legatura in pergamena floscia, largamente usata in passato, probabilmente per il costo contenuto del materiale e la maneggevolezza, è risultata particolarmente resistente nel tempo ed è tuttora utilizzata per la conservazione di documentazione antica negli archivi e nelle biblioteche pubbliche.
Secolo XVIII
- dente di topo, decoro a (MM 721): decorazione impressa con una rotella il cui motivo è costituito da una serie continua e ravvicinata di piccoli triangoli più o meno appuntiti. Fu usata principalmente come cornice esterna, oppure accostata a fasce o a cornici interne, nelle legature del XVII e XVIII secolo. Le rotelle a dente di topo compaiono sul finire del XVII secolo e sembra siano derivate dall'evoluzione della puntinatura disposta "a scacchiera" che, già affermatasi nel corso del secolo, si trasformò in triangolo pieno;
- goffrata, carta (MM 39): fu prodotta inizialmente ad Augusta (Germania), a partire dagli ultimi anni del XVII secolo. È un tipo di carta caratteristico, detto "Dutch gilt" verosimilmente perché gli olandesi furono i primi a commercializzarle. Le carte dorate sono di due tipi: a) quelle lisce ("Bronzefirnispapiere"), ottenute da matrici di legno, con motivi fitomorfi oppure prive di decorazione, come le carte dei cioccolatini; b) quelle goffrate ("Goldbrokatpapiere") la cui decorazione a rilievo, ottenuta da matrici in rame impresse a caldo, imita quella dei broccati e dei tessuti damascati del tempo. Il loro utilizzo non si limitò ai piatti, ma anche ai contropiatti ed alle carte di guardia. La tecnica di lavorazione delle carte goffrate consiste nell'applicare su un foglio colorato, perlopiù in tinta unita, una foglia di metallo dorato o argentato (ottenuto rispettivamente con una lega di rame e stagno, o zinco e piombo). Si applica sul foglio così trattato la matrice in rame opportunamente
scaldata; la parte di oro o argento a diretto contatto con il disegno a rilievo della matrice resta impressa sul foglio, mentre il metallo eccedente viene spazzolato via. L'impressione avviene per mezzo di un torchio calcografico a due cilindri. Queste carte rallegrate da colori smaglianti dal fondo in oro, su cui spiccano fiori, frutta, fogliami, uccelli, insetti, mascheroni, belve, scene di caccia e di vita, cineserie, sono quelle che attirano maggiormente i collezionisti. Per le difficoltà tecniche di esecuzione, le carte dorate furono sempre un prodotto costoso che per gli stampatori costituì una notevole fonte, oltreché di guadagno, di prestigio: ciò spiega perché sovente sui fogli venissero riportati privilegio di stampa e nome dello stampatore. Fu ad Augusta che Abraham Mieser, nel 1698, sollecitò per primo il privilegio imperiale per una nuova invenzione di carta metallica stampata in oro e argento e produsse carte goffrate ispirate ai tessuti dell'epoca, mentre Mathias Fröhlich
introdusse come temi animali e fiori. Ad Augusta lavorarono anche Georg Christoph Stoy e Johann Michael Munck. A Furth e a Norimberga produssero carte dorate Johann Kochel e i Reimund. In Italia, anche i Remondini di Bassano produssero dal 1739, con privilegio della Serenissima, carte dorate molto suggestive, simili a quelle tedesche. Carte di questo genere sono pure state riscontrate su manufatti prodotti un po' ovunque in Italia: Brescia, Firenze, Roma, Venezia;
- gratulatoria (MMB 485): costituisce una raccolta di poesie dedicate a personaggi in occasione di matrimoni, anniversari, insediamenti in pubbliche cariche. Tipico prodotto editoriale del XVIII secolo, in particolare di area veneta, la gratulatoria nasceva, stampata in pochi esemplari, come coperta di carta decorata in varie tinte, spesso con al centro le armi del dedicatario. Sui sottili piatti in carta bianca o colorata (rossa, verde, celeste, rosa) si imprimeva, generalmente a xilografia, una ricca decorazione analoga a quella delle legature in pelle dell'epoca: di solito grandi cornici rococò con fiori, ghirlande, compartimenti a reticolato, armi o monogrammi al centro. Per la decorazione delle gratulatorie si sono quasi sempre impiegate matrici di legno; raro l'uso di quelle calcografiche, secondo la tecnica tedesca delle carte decorate e goffrate. Grande è il fascino di queste coperte decorate, forse il più delizioso contributo veneziano del periodo rococò. Le carte decorate per
gratulatorie furono tra le specialità dei Remondini di Bassano, che nel 1735 ebbero il monopolio di stampa ventennale dal Governo Veneto. Una delle ultime risale al 1796, l'anno prima della caduta della Repubblica Veneta;
- laurea, diploma di (A 26): diploma di dottorato rilasciato un tempo dalle università italiane "in nome di Cristo" sotto forma di solenne documento pergamenaceo, quasi sempre riccamente decorato con miniature policrome nel testo e protetto con vistose legature. I diplomi di laurea hanno l'aspetto di libretti o plaquette in-quarto che raccolgono di solito sei o più fogli in pergamena, sui quali il testo è vergato in latino. Rivestiti di vitello o di marocchino, sono decorati perlopiù con semplici fasce in oro e con un medaglione stemmato dell'università al centro dei piatti, più raramente con ricche decorazioni nello stile dell'epoca. Esemplari, a questo proposito, le fastose decorazioni su diplomi di laurea del XVII secolo rilasciati dalle Università di Bologna, Padova e Pavia: queste legature ricordano, ed entro certi limiti ripetono, gli schemi delle legature romane "post-fanfare" eseguite su antifonari e messali, caratterizzate da una ricca decorazione in oro a pieno campo, associata in
genere a multiple composizioni a ventaglio. Tutti i diplomi sono originariamente provvisti di bindelle in seta e di sigillo racchiuso in una teca metallica; accessori facilmente deteriorabili e oggi quasi sempre mancanti. Il dorso, liscio, è generalmente cucito soltanto con un cordoncino di seta, che dall'indorsatura delle carte passa attraverso due fori all'esterno e all'interno del dorso, ed è fissato con un fiocco al piede. Se ne conoscono esemplari del XVI secolo, ma più noti e facilmente reperibili sono quelli del XVIII secolo, caratterizzati da fastose decorazioni barocche in oro, e quelli del XVIII secolo, decorati più sobriamente. Si trovano ancor oggi sul mercato dell'antiquariato librario, dove predominano i diplomi di laurea in giurisprudenza "in utroque jure" (diritto canonico e diritto civile), mentre sono meno numerosi di quanto ci si potrebbe aspettare quelli di laurea in medicina;
- marmorizzate pettinate, carta di guardia decorate (AB 16): la loro caratteristica consiste nel "tirare" con un bastoncino i colori gettati a spruzzo sulla gelatina e lavorarli con pettini, generalmente di metallo e di diverse misure, che passati in vario modo consentono di ottenere motivi pettinati dritti, ondulati, a conchiglia, a coda di pavone, a foglia di quercia e così via. Anche le carte spugnate e spruzzate talvolta vengono definite, ma impropriamente, marmorizzate;
- marmorizzate semplici o "caillouté", carte di guardia decorate (A 81): sono caratterizzate da macchie irregolari globose, da cui derivano tutti i vari tipi che prendono il nome di venati, granito, agata, pietra, onda, occhio di tigre e altre varie fantasie. Queste carte venivano prodotte mescolando con acqua e leganti di vario tipo, dei pigmenti finissimamente macinati. I colori più usati erano rosso, blu, ocra, verde e nero, ricavati rispettivamente da legno del Brasile, indaco, orpimento, blu e giallo mischiati insieme, nerofumo. Il fiele di bue, che allo stato puro è trasparente, era utilizzato per far spandere i colori. I disegni ottenuti prendevano nomi fantasiosi e diversi, da paese a paese. Attraverso l'India e la Persia queste carte giunsero in Turchia, dove la tecnica di lavorazione si evolse, poiché gli artigiani turchi resero gelatinoso il liquido di supporto, migliorando il risultato. Con l'aggiunta di gomma adragante, ottenuta da piante della specie degli astragali, l'acqua
assume infatti una consistenza gelatinosa che offre maggiore stabilità al colore. È proprio con il nome di "carte turche" che le carte marmorizzate conquistarono dal Seicento il favore dell'Europa, dove vennero usate inizialmente per farne fogli sui quali scrivere - come in tutto l'Oriente - e poi per la legatura. Curiosamente, questa tecnica orientale fu conosciuta prima in Francia che a Venezia, che pur vantava intensi rapporti commerciali con la Turchia: in effetti, sembra probabile che a Venezia si conoscesse il manufatto e non le tecniche per produrlo. Benché i primi a produrre in Europa carte marmorizzate siano stati i tedeschi e gli olandesi, fu la Francia che si arrogò la paternità della "marbrure", tanto che nei cataloghi della fine Ottocento, queste vengono indicate come "carte francesi". A Macé-Ruette, legatore di Luigi XIII attivo dal 1603 al 1637, il primo ad usarle come fogli di guardia, venne attribuita l'invenzione delle carte marmorizzate a pettine e della marmorizzazione
dei tagli dei libri;
- marmorizzato, cuoio (A 101): l'invenzione di questo tipo di marmorizzazione, è da assegnare ai legatori veneziani verosimilmente inseriti nell'orbita di Aldo Manuzio, intenzionati a imitare i disegni dei marmi antichi che allora affascinavano gli umanisti. A Venezia, nel Rinascimento, le legature venivano marmorizzate anche a spugna o a spruzzo, con il pennello solitamente intriso di colore nero. Quando la marmorizzazione veniva fatta dopo il montaggio del cuoio sulla legatura, i risvolti sull'unghiatura venivano tinteggiati; sui rimbocchi il colore poteva essere ripreso con una serie di pennellate dello stesso colore. Fu nel XVIII secolo che la marmorizzazione venne di gran moda e fu spesso direttamente eseguita nei riquadri centrali delle coperte (marmorizzazione a spruzzo nello specchio), nelle cornici e a pieno campo. L'impiego di acidi si è però rivelato nel tempo causa di degrado del cuoio che, a seconda della concentrazione, col tempo presenta corrosioni e bruciature anche gravi.
Gli effetti di questa tecnica sono attenuati nei cuoi di tipo "raciné", prodotti con acidi molto diluiti, e, naturalmente, i cuoi marmorizzati con pigmenti anziché con acidi. Esistono, anche se più rare, legature in cuoio marmorizzato con la stessa tecnica usata per le carte mediante l'impiego di colori posati in sospensione su una base gelatinosa: una tecnica che non produce effetti corrosivi sul cuoio. In genere le coperte marmorizzate hanno poche decorazioni in oro: una semplice filettatura a volte dentellata, un sottile merletto o una greca lungo il bordo dei piatti. Inoltre la stessa marmorizzazione viene talvolta ripetuta con un elegante effetto cromatico sul taglio;
- rococò, decoro (Salone Cassapanca 1 I 3 9): riguarda il nome scherzoso derivato dal francese "rocaille" che significa "roccia", di cui lo stile rococò imita gli aspetti bizzarri e imprevedibili, sotto forma di modelli mossi e sinuosi. Stile alla moda dagli inizi e lungo gran parte del XVIII secolo in tutta Europa, caratterizzato da una decorazione ricca e multiforme: motivi curvi lavorati a forma di "C" o di "S", ovvero ispirati dalla flora (foglie di acanto stilizzate), dal mondo degli uccelli e dalle cineserie con soggetti di gusto orientale. La decorazione rococò venne utilizzata soprattutto nei motivi delle cornici, o sotto forma di elementi isolati, talvolta a mosaico, variamente disposti nello specchio dei piatti;
- grottesche, decoro a (MM 721): motivo che orna i piatti ed il dorso del libro, caratterizzato in Francia nel XVII e XVIII secolo da ferri e palette ornate da piccole spirali giustapposte. Nel XIX secolo, la grottesca è costituita da una sequenza di greche identiche o varie, per l'intera lunghezza del dorso.
La ricerca delle legature storiche nella Biblioteca "A. Mai" costituisce il proseguimento di una sistematica indagine iniziata con quelle presenti nelle biblioteche milanesi, ora estese alla Lombardia. Inedite, vengono ora presentate al pubblico come un invito alla conoscenza di una disciplina che ha aiutato il libro ad attraversare il tempo ed arrivare fino a noi, ricca di fascino e di storia, ma pressoché sconosciuta.