CAPITOLO 4 - FEBBRAIO

Il 30 gennaio 1512 Bergamo è ancora in mano francese ed il Consiglio si occupa del rifacimento dell'estimo di Zogno [Az 11, 216v]. Si occupa anche di approntare l'abitazione per il nuovo podestà Giovan Maria Guasco, che sta per entrare alla carica; e dà incarico al provveditore ed al massarolo del comune di provvedere a quanto è necessario per il palazzo podestarile, essendo la comunità tenuta a tali spese. Il Guasco fa di fatto il suo ingresso la domenica primo febbraio. Il giorno stesso viene annunziato che gli stradiotti veneti e i valligiani di Valtrompia hanno preso Palazzolo e sono avanzati fin verso Telgate ...neminem offententes nec ledentes verbo vel facto [BER, 87v].

In Consiglio intanto, quando la notizia di quell'incursione si era verosimilmente già sparsa, cioè il 2 febbraio, alla presenza del podestà appena entrato, si discute del modo di pagare le spese ai fanti appena arrivati e si incarica il tesoriere Francesco Suardo di prelevare la somma necessaria dai denari del dono regio, dando pieno mandato ai quattro deputati, a maggioranza, di rilasciarne ricevuta al tesoriere. Decisione davvero strana, come una lettera del 4 dello stesso Suardo fa notare [Lett. 9.3.3. # 133]. Essa dice: Ho visto quanto me scrivete et vi respondo che li meriti mei verso quela mag.ca cità non meritano tal parole; che mi non son debitor in cosa alchuna de quela mag.ca cità; che il dono regio li datiarii son debitori de darlo; etiam che io desideroso di compiacer a tuto mio poter a dita cità, mi son sforzato di servirli et in tuto quelo potrò e in generale et in particulare son per spedir fin il sangue. Circa li vostri protesti, riservo che la reson li decida che noi medemi, et saria honesta cosa che volendo voi esser serviti de mi, etiam che io non sia debitor mi mandasti la mia quietanza. Spero in Dio de venir domane cum lo altro et vi farò intender la veritade più pienamente... Dove e presso chi, allora, si trovavano i fantomatici denari del dono regio?

In attesa che la questione venga risolta, gli avvenimenti si succedono rapidissimi. Di fronte alla minaccia di un'incursione dei veneti, i trecento fanti che erano entrati appena due giorni prima ...nocte subsecuta (probabilmente la notte del 2) hora nona recesserunt a Bergomo et transierunt Olium per pontem Pontolii et iverunt Clarium, sed timentes Venetorum stratiotas, cum vellent ire Brixiam diverterunt ad Fontanellam agri Cremonensis [BER, 87v].

Le informazioni frequentissime che il provveditore Gritti inviava a Venezia, e che il Sanudo diligentemente riporta, permettono di ricostruire puntualmente il percorso dell'esercito veneto che si dirige verso Brescia. Il 31 gennaio il provveditore sta a Trevenzuolo dopo aver passato l'Adige e pensa di arrivare lo stesso giorno a Montichiari ed oltre, dopo aver avvertito l'Avogadro che sta in val Trompia di venirgli incontro. Intanto il Collegio già consulta i Savi su chi si possa mandare in appoggio al Gritti, nel caso in cui costui riesca veramente ad entrare in Brescia. Nella notte il provveditore scrive da Castenedolo, dove ha incontrato l'Avogadro con alcuni pochi soldati. Egli ha di fatto appreso. ...le cosse di Brexa non esser in quelli termini erano prima. Quelli do dil Senato di Milan che vene in Breza, hano mandato via da citadini (30) a Milan sospeti siano marcheschi, et manda in nota numero 11, li quali sarano qui avanti posti, tra li quali 3 hanno la + davanti, et non se intese quello voleva dir questo, unde dito conte era di opinion di presentarsi soto la terra e averla per forza, perché si el populo non sarà con nui, non ne sarà contra [SAN, XIII, 430]. E' tuttavia necessario disporre di artiglieria, come il Gritti dice anche in un'altra lettera scritta contemporaneamente al pagatore Matteo Sanudo. Il provveditore vuole attendere prima di muoversi: si fida poco dei bresciani ...perché el populo è vilissimo e solum boni di manzar broda... [SAN, ibidem], denotando così che la sua opinione circa l'azione su Brescia è molto diversa da quella dell'Avogadro.

I Savi di Venezia non sono di molto aiuto: infatti, ...inteso quanto el ne scrive lui che è sul fato, si remeteno a lui, e vedando la cossa sortir bon effetto faza quanto li par, e non havendo altro, pol retornar al suo piacer; siché a lui si remetemo in tutto. La notte del primo febbraio il Gritti informa che ...come si aproximò a la terra zerto numero de cavali nostri, et ussiteno da 30 homeni di arme francesi et fono ale man, di quali ne fono presi 3 di loro. Dicono il populo era in arme, et par che nostri fono soto la tera e veteno done assà sopra li copi di le caxe e francesi su le mure, e fo visto domino Marco da Martinengo etiam sopra le mura. Item, par el conte Alvixe sia lì con 500 di quelli di le valle, e dize doman che è festa ne zonzerà assà numero. Item, che consultano di voler far experientia et presentarsi a la terra a dì 3 da matina per tempo. Item, ha auto certo aviso di Brexa che vadi, et si el populo non sarà con nui non sarà contra... [SAN, XIII, 434]. Una situazione, nel complesso, molto poco chiara.

La notte del 2 febbraio, nel suo resoconto giornaliero, il Gritti riferisce ...come erano zonte quel zorno assà zente di partisani dil conte Alvise Avogaro di val Trompia e altrove abastanza, siché haveano mandato a dimandar la terra per uno trombeta, e francesi non haveano voluto l'intrasse. Item, havea fato butar molte polize in Brexa con le freze, prometendogli etc... Item, tuto era preparato, siché Domino concedente haveano unanimiter terminato quella note presentarsi soto la terra da tre bande, darli bataglia et veder di averla. E haveva fato far le proclame che il primo intraria in Brexa havesse il premio [SAN, XIII, 435]. Abile, comunque, la mossa propagandistica dei biglietti tirati in città con gli archi; utile a stimolare lo spirito battagliero della truppa il premio promesso a chi entrerà per primo in città.

L'evoluzione dell'operazione militare sembra procedere favorevolmente per i veneti. Altri particolari aggiunge il Sanudo sulla tattica prevista: Noto. Come, per letere particular di Baldisera di Scipion da Castegnedolo di 2 vidi: come hessendo a corte dil provedador Griti, deliberò questa note dar la bataia a Brexa da tre ladi, da l'uno il conte Alvise Avogaro con Jacomino e il fratello di Val Trompia e 3000 fanti, da l'altro Francesco Calsone et Piero di Longena con altri 3000 et dal terzo lui Baldisera con 3000, dove non mancherà di far etc. In questo zonse uno favorito dil marchexe di Mantoa chiamato Zopino al provedador Griti, a bocha certifica Bologna esser stà presa per forza da' spagnoli [SAN, XIII, 436].

E proprio in questo modo Brescia viene presa: in una lettera del 3 a ore 12 il Gritti lo annuncia a Venezia: ...Come a hore 5, si apresentoe il campo con le zente soto la terra, et da tre bande datoli la bataglia, la qual ha durato fino quella hora, et da porta di le Pille, il magnifico conte Alvixe Avogaro con li soi introe dentro con occision di molti de soi. Il populo di Brexa non à fato alcuna movesta nì demostration: et cussì col nome dil Spirito Sancto lui provedador et domino Zuan Paulo Manfron intrarono a hora in la cità per la porta di Sancto Alexandro. Francesi coreno in la rocha e li nostri li son driedo. Et scrive che l'intrò con le zente d'arme etc... [SAN, XIII, 437].

La notizia giunge in laguna il 4 notte: Et venuto zoso il Colegio a hore 4 di note, zonse letere dil provedador Griti, portate a posta per uno suo provisionado... Hor smontato di barcha di le poste, vene corando in palazo con alegra ciera dicendo: "Brexa è presa" e tutta la corte fo piena di brigata et in camera dil Principe, mandato per sier Alvixe Pixani savio a terra ferma et aperte le letere di eri a hore 12 ...unde di tanto jubilo subito fu mandato a dir a l'orator dil Papa, a l'orator dil vicerè di Napoli, a li oratori sguizari... al patriarcha nostro, a tutti procuratori e conseieri e savii dil Colegio e altri degni senatori, adeo la terra fo piena et tuti jubilava....[SAN, ibidem]. Molti altri dettagli fornisce il Sanudo sulla caduta della città, che fu seguita dalla nomina di un provveditore generale (Paolo Capello), di un provveditore per Brescia (Antonio Giustinian), di lettere gratulatorie al Gritti, all'Avogadro ed alla comunità di Brescia. Un contingente francese resta tuttavia assediato nel castello.

Lo stesso giorno 4, sotto la loggia nuova di Bergamo, presenti il Luogotenente ed il Podestà, si annuncia che Brescia è stata espugnata e tutto l'agro bresciano è caduto nelle mani dei veneti e già si verificano diverse incursioni nell'agro bergamasco, e si profila la guerra. Il Podestà e gli Anziani suspendunt ius in genere ad beneplacitum mag.ce Comunitatis [Az 11, 218v]. Scrive infatti il Gritti il 6: ...tutto il brexan è sublevato per la Signoria nostra, e Orzinuovi è venuto a nostra obedientia tolto da li paesani proprii, et cussì Pontevigo. Item, Bergamo e Crema sono in arme et si voriano dar a la Signoria nostra, et son venuti loro noncii a lui... [SAN, XIII, 449]. Ma tra il 4 ed il 19 febbraio il libro delle Azioni è stranamente muto e gli avvenimenti si devono ricostruire per altre vie.

Ecco, per cominciare, le testimonianze di un osservatore alla data di mercoledì 4 febbraio: Audito quod Veneti externa die receperant Brixiam, venerunt pedites ducenti Bergomum, missi ex Cassiano per Gubernatorem Pallavicinum; et domini Socinus Sicus, Ludovicus Suardus doctor, Franciscus Suardus doctor et camerlingus Bergomi, Scipio Suardus doctor, Malatesta Suardus recesserunt de Bergamo et iverunt Mediolanum. (Si tratta dei capi della fazione ghibellina che si mettono in salvo.) Montani omnes Bergomenses dederunt se Venetis, et pars planitiei nemine repugnante, et aqua Serii intercepta et reclusa fuit nocte sequente propter molendina Bergomi... [BER, 88r]. Ed al 5 febbraio: ...de mandato ill.mi domini Johannis Mariæ Guaschi potestatis et domini Johannis Thomæ Turriani locumtenentis gubernatoris Bergomi, super regio proclamatum fuit sub poena confiscationis bonorum, quod nemo cuiusvis conditionis auderet ferre aliqua arma defensiva nec offensiva extra domos, nec tenere aliquod genus armorum in domibus ultra solitum, nec habere homines armatos domi; et hoc quia timor erat ne cives discordes venirent ad arma, et hac occasione montani omnes, qui iam inclinaverant se Dominis Venetis, et secum venerat ad Alzanum Maffeus Cagnolus de Carraria missus a mag.co domino Andrea Gritti provisore exercitus Veneti, ingredierentur et caperent Bergomum; et eo maxime quod aliqui bergomenses dicebantur desiderare mutationem dominii, quia magistratus omnes Lombardi Regis Franciæ minus juste se gesserant, et a militibus Gallicis et Mediolanensibus male erant tractati [BER, ibidem].

E prosegue ancora: Die suprascripto hora 23 proclamatum fuit super regio nomine potestatis et locumtenentis ut supra, quod, non obstante prædicta inhibitione, quilibet possit impune et libere ferre quæcumque arma, et habere homines armatos pro Rege Franciæ. Pueri autem nonnulli simplices et puri audientes ipsam proclamationem acclamarunt Marco Marco, tanquam præsagirent, Spiritu Sancto infantium linguis movente, quid esset futurum paulo post. Erant in centro civitatis Bergomi pedites 200 vel circa. In portis burgorum nullus erat stipendiatus, nec aliquæ artelariæ positæ erant aliubi nisi in arce et Capella; non fiebant aliquæ custudiæ per Bergomenses, sed omnes residebant domi suæ, non facientes aliquid pro Rege Franciæ, nec verbo nec alio modo contra, sed tanquam muti continebant se, expectantes quid Deus omnipotens facere vellet, nulla fiebat injuria, nec minæ, tanquam Deus vellet omnia quiete et pacifice proficere. Gubernator stabat in Cassiano, continue mittebat pedites, sed paucos, et sine ordine aliquo, et parvo cum salario, ut dicebant. Circa hora quarta noctis Cagnolus prædictus cum Troilo Lupo, Bernardino Montanino, subsequentibus omnibus montanis concordibus et unius animi, nescio an disponente Deo, intrarunt burgum Sanctæ Cattarinæ, et Sancti Antonii, ubi non erant aliquæ custodiæ, pars ivit in burgum Sancti Leonardi cum Cagnolo, ubi pacifice accepti. Postea hora decima omnes unanimes armati ascenderunt muros subtus domos domini Petri et Marci Antonii de Grumello, et aperuerunt portam Pictam; ex qua, audito rumore clamantium Marco Marco, pedites Mediolanenses aufugerunt in civitatulam; et montani euntes per vicos civitatis clamabant Marco Marco, Turco Turco, nemine ex domibus civitatis de domibus suis tunc respundente neque exeunte propter timorem; sed luce clarissima omnes exierunt, et montani exeuntes ad civitatulam, neminem ibi reperierunt, quia Mediolanenses aufugerant per viam versus Tritium. Cagnolus proclamari fecit quon nemini, alicuiusvis status et qualitatis esset, fieret aliqua injuria, nec alicuius civis domus molestaretur aliquo modo, quia Domini Veneti volebant omnes salvos esse. Obstupescebat tota civitas quod montani cum prædictis talibus capitibus ausi essent ingredi Bergomum. Aliqui indignabantur quod necesse esset obedire montanis, et quod Cagnolus tanquam capitaneus, et Troylus tanquam gubernator, ut ipsi se appellabant, imperarent civibus et nobilibus viris civitatis; et eo maxime quia nullas habebant litteras a Venetis, nec titulum dignitatis. Ea nocte adhibito igne ad valuas cancellariæ dominorum Rectorum et cancellariæ atque rationariæ comunis Bergomi, montani incenderunt omnes libros et scripturas, maximo et enextimabili damno comunis Bergomi, et privatarum personarum, volentes etiam comburere omnes libros archivii maleficiorum, et condemnationes criminales, sed, aut prohibiti aut luce clara accedente, non sunt ausi [BER, 88v].

Gli avvenimenti del 4 e 5 febbraio a Bergamo sono descritti anche in un appunto che compare sul retro di un documento del 9 febbraio [Lett. 9.3.1. # 653]. Dice: Nota die quinto mensis februarii anni predicti 1512, videlicet nocte veniente die hora octava vel nona vel circa ... dictus Cagniolus filius Iohannis de Cararia hospes ad Plateam novam sociatus valerianis et gandinis et aliquibus vicinis de Poltranicha, Anexie, Sorisele et aliquibus ex vicinis burgorum Bergomi quos ignoro, intravit per portam sancte Catarine sine ulla contradictione aliquorum stipendiatorum Regie Maiestatis Franchorum et ducis Mediolani nec aliorum qui ... erant ad custodiam huius civitatis nec burgorum, salvis paucis existentibus in Arce et Capella qui non se presentaverunt neque providerunt hunc cassum. Et ibidem subinde intraverunt portam Pictam, prius cum scalis positis ad murum ... Et deinde venerunt ad plateam. Et audito clamore eorum, d.nus Potestas subito aufugit de domo, sic etiam d.nus Iohannes Tomax de la Ture cancelario ... Locumtenentis ill.mi d.ni Antonii Marie Palavicini Gubernatoris regii huius civitatis prefate Regie Maiestatis. Et sic capta fuit ipsa nostra civitas, ad quam die sequenti venit pro Gubernatore mag.cus d.nus Andreas Contareno venetus, iuvenis annorum 35 vel circa, huc transmissus per alium mag.cum d.num Andream Gritti Gubernatorem generalem exercitus ser.me Dominationis Venetiarum, qui de presenti est Brixie, quam civitatem aquisivit de mense preterito mediante d.no Ludovico Avogadro, cive ex potentioribus Brixie, cum suis partesanis valium de Sabio et Trompie, salvo quod non potuit hunc usque habere castellum quod tamen sperant vi habere et aquirere, ut dicitur. Altrettanto interessante un appunto [Lett. 9.3.2. # 4] Robe de ferareza date per Filipo feraro ala mag.ca Comunità de Bergamo de comissione de d.no Stefano de Vianova Provisor de comune et de d.no Domenicho Baionzino masarolo, fato le rasone cum Iacomello a questo deputato, con traccia di lavori eseguiti per una giave dela porta grande adì 5 februaro 1512. Anche un altro documento più esteso [MIA 2591] tratta di Lavori fati et conzi et dati per magistrum Ioseph ala mag.ca comunità quando introrno li vinitiani adì 7 de febraro 1512. Sono lavori di riparazione alle serrature e rifacimento di chiavi alle porte di san Lorenzo, Dipinta, san Giacomo, de sot Fop, al portone in cavo delo borgo de san Lorenzo, su lo usgio de la Provisione, su la canzelaria, a la camera deli pegni, e su lo usgio de la rasionaria. Si volevano evidentemente mettere in sicurezza, oltre agli accessi esterni alla città, anche gli uffici amministrativi più importanti.

I fatti di Bergamo sono comunicati a Venezia dal Gritti nel modo che segue [SAN, XIII, 450]: In conclusion, che quelli di le valade di bergamascha erano andati con impeto venere a dì 6 a le porte di Bergamo, e rote, è intrati dentro e levà San Marco. La qual nova intesa, subito si sparse per la terra (cioè a Venezia) con gran jubilo de tutti, et io era a disnar a caxa di mio cugnado sier Zacharia Dolfin per la nuora venuta in parentado, et era molti zentilhomeni et done et si have grandissima alegreza.... Ed il resoconto prosegue ancora con altre lettere ad ulteriori dettagli.

Dil provedador Griti, date in Brexa, a dì 6, hore 12. Come fo l'aquisto di Brexa, dil modo tutto per le altre di 5 avisoe; la copia di le qual sarà scripte qui avanti... Item, manda una letera auta dal conte Trusardo di Calepio, qual è fuora di Bergamo; si oferisce a dar la terra a la Signoria con li homeni di le valae, pregando se li mandasse uno nostro de lì; unde havia in quella matina aviato sier Ferigo Contarini provedador di stratioti con Piero da Longena brexan capo di cavali lizieri, et altri stratioti e balestrieri numero ... a la volta di Bergamo. Item, tuto il brexan è in arme per San Marco, e desidera l'artelarie e zente richieste [SAN, ibidem].

Dil dito, di 6, hore 2 di note. Come havia auto nova che quelli di le valle di bergamascha non aspetando il zonzer dil provedador di stratioti, erano andati a la terra in quella matina, e preso li borgi e con palli di fero butado zoso le porte sono intrati dentro Bergamo e levato il vexilo dil glorioso San Marco, e auto li castelli excepto la Capella, nela qual è retrati francesi. Et manda una letera di uno canzelier di la comunità nominato ... qual scrive a la Signoria di questa novità, et prega se li mandi uno zentilhomo che lo vederano come Dio. Item, manda una altra auta di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, di ozi, qual havia passà Oio a Palazol et era 4 mia lontan di Bergamo; pertanto solicita si mandi l'artelarie e zente. Item, scrive in Crema esser intrati fanti 250, et esser mandati a Milan citadini cremaschi numero 120, e altre particularità sicome in dite letere si contien [SAN, XIII, 451].

Anche Matteo Sanudo nella notte del 7 conferma la presa di Bergamo con alcune altre notizie, cioè che: ...il provedador Griti di Brexa mandoe sier Ferigo Contarini provedador di stratioti con domino Pietro da Longena con zercha cavali 400 verso Bergamo per la coraria, e come li paesani se meseno a l'arme con tutti quelli de le valade, e adunati da 12 mille andono atorno la terra con pichi e altri istrumenti, et il populo non fece obstaculo alcuno, e introno in Bergamo, e francesi si difendevano; li qual alfin fuziteno in el castello chiamato la Capella; et levono San Marco et quelli introno con grande alegreza... [SAN, XIII, 456].

Dice sempre il Sanudo alla data 8 che Venezia mandò ...una bona letera a la comunità di Bergamo, ringratiando Idio sia venuta e ritornata soto el dominio nostro, con molte parole, ut in ea ... la copia di la qual sarà scripta qui avanti. Et ave tutto il Consejo, e fo bollata con bolla d'oro [SAN, XIII, 452]. Contemporaneamente, la Signoria provvede all'elezione in provveditore di Bergamo di Domenico Contarini, già podestà di Bergamo e capitano di Brescia, che si riserva di rispondere.

Le truppe di Federigo Contarini, spedite da Brescia il 6, arrivano a Bergamo sabato 7, quando già la città è in mano delle bande marchesche: ...magnificus dominus Federicus Contarenus, etatis annorum 30 vel circa, cum stratiotis 500 et quibusdam balestariis equestribus venit Bergomum pro Dominis Venetis, et hospitatus fuit in domo domini Francisci Albani; et statim fecit per tubicinem publice proclamari quod nemini fieret aliqua injuria, et stipendiati non hospitarentur in domibus civium, nec incommodum aliquod inferrent alicui, sed hospitarentur pedites in palatio, civitatula, in ecclesiis, equestres in burgis, et comunitas dabat ligna, stramina et bladum gratis. In vexillo præfati domini Federici scriptum erat: perdonar se può, dimenticarsi no [BER, 90r].

La rocca di Bergamo cade l'8 febbraio: ...accepta est arx per deditionem et dimissi sunt Franci cum suis armis libere abire in agrum Mediolanensem associati stratiotis, ne lederentur in via, et erant quindecim cum castelano suo; et fuit terremotus in pluribus locis Bergomi". Queste le testimonianze del Beretta, il quale fa seguire il testo di una breve lettera di lasciapassare per certi prigionieri: "Maffeus de Carraria Capitaneus Peditum ill.mi Dominii Venetorum. Sia lassati andar li infrascritti, come homini liberi et licentiati da noi et altra volta fatti presoni per andar a Caravazo. In quorum fidem, etc. Bergomi, die 9 februarii 1512. Zuan Antonio de Caravazo, Jacomo Nava(?), Ambrosio Console. Iohannes Antonius Cancellarius [BER, 90r].

La ducale gratulatoria con bolla d'oro che Venezia manda ai bergamaschi e che il Sanudo porta in copia è data all'8 febbraio (porta invece la data 5 nella copia esistente a Bergamo [R.99.23, 51r] che ha qualche variante minore). Si tratta di un documento importante, al quale spesso si farà riferimento anche nelle vicende successive. Esso merita di essere ricordato perché interpreta l'atmosfera di giubilo che accompagnò a Venezia la riacquisizione di Bergamo e conferma la disponibilità della Repubblica a lasciare alle spalle un periodo sfortunato ed a riaccettare Bergamo sotto la sua ombra alle medesime condizioni che valevano prima dell'arrivo dei Francesi.

Grandi furono le manifestazioni di giubilo che seguirono a Venezia per la riacquisizione di Bergamo. I facchini, che costituivano un forte nucleo di bergamaschi sulla laguna, con trombe, bandiere e pifferi, tutti nei costumi delle rispettive vallate, festeggiarono con cacce di tori e con falò. Anche molti mercanti del territorio bergamasco che abitavano a Venezia si recarono dal doge per congratularsi del felice ritorno della loro terra sotto l'ombra della Serenissima: ...el Principe li charezoe et usoli bone parole ringratiandoli...[SAN, XIII, 455].

Federigo Contarini, in una lettera del 6 da Palazzolo, scrive al fratello Antonio di essere partito il 5 da Pontevico e arrivato a Manerbio con circa 500 cavalli tra stradiotti e balestrieri e di voler andare verso Bergamo il 7 [SAN, XIII, 463]. Con una successiva lettera da Bergamo dell'8 egli dà comunicazione del suo arrivo, della resa della rocca nella quale stavano 25 francesi e molti pezzi di artiglieria [SAN, XIII, 464]. Da altre informazioni del 9 da Bergamo, si conferma che vi sono in città 12 mila persone delle valli [SAN, XIII, 457]. Un testimone oculare pone invece al 10 febbraio l'arrivo di altre truppe: ...Die martis 10 februarii 1512 venerunt ab exercitu Brixiae in civitatem Bergomi pedites 300 bene armati, et quia multi in Bergomo nolebant accipere monetas Gallicas, proclamatum fuit quod omnes monetæ indiferenter expenderentur, et quia etiam posita erant datia super bladis quæ ducebantur extra civitatem, lamentati sunt de hoc districtuales, et maxime montani, quod tam cito et in tam recenti eorum beneficio et meritis, cogerentur solvere datia; proclamatum fuit quod libere et sine datio blada possint conduci extra civitatem. Et item, proclamatum fuit quod si quis habet, aut alium habere sciat, aliqua bona alicuius Mediolanensis aut Franci, ea omnia notificet præfato domino Federico Contareno provisori Stradiotorum. Eo die pedites prædicti hospitati sunt in domibus civium, et expensis civium cibi et potus gratis præcipue in vicinia de Antescolis, et Sancti Michaelis, ut essent prope plateam [BER, 90v]. Pare tuttavia che il Beretta intenda riferirsi, più che all'arrivo della truppa, al modo di ospitarla.

A Brescia intanto, tra l'8 ed il 9 febbraio, il Gritti deve affrontare notevoli difficoltà perché non riesce ad ottenere le artiglierie richieste, con cui tentare di espugnare il castello, prima, e poi addirittura di dirigersi su Milano. E si cominciano ad avvertire i primi sintomi di un mutamento della situazione militare. Lo stesso Gritti avverte che i francesi del Triulzi sono arrivati fino a Lodi e stanno avvicinandosi a Crema. Sempre da Brescia, il 10, egli avverte che la situazione si va facendo pericolosa: Come dispera; è zorni 7 e lì non à visto zonzi alcuna cosa richiesta; non artelarie, che si fosseno zonte si arìa auto il castello, qual non traze molto a la terra e non fa movesta molto; non è venuto alcun presidio, ni el provedador che si doveria aver mandato immediate a ziò lui avesse potuto ussir; et che Crema e Cremona erano in arme. Di missier Zuan Jacomo Triulzi non si dicea nulla, et che in Geradada e quelli lochi soto Milan era movesta di adunation di zente, e favano fuogi e soni di campane, dando fama francesi aver roto il campo di Spagna e dil Papa... E ciò mentre a Brescia ....come presentò la letera ducal, bolata d'oro, e leta nel Consejo, vete molti citadini che lacrimoe da dolceza... [SAN, XIII, 465]. Un piccolo tocco melodrammatico, che ben s'addice alla generale atmosfera di festa.

Intanto l'11 febbraio dice il Sanudo [SAN, XIII, 460]: Vene l'orator yspano, et disse il modo di essser levati li spagnoli con il vicerè di soto Bologna, e venuti a Butri mia 5 distante con l'artelaria; questo perché domenega a dì 8 fo gran neve, adeo da quella parte introe il gran ministro di Milan monsignor di Foys con le lanze 700 l'ha et fanti 5000.... Informazioni interessanti in vista del ruolo che presto assumerà Gaston de Foix.

Tra il 10 e l'11 partono da Venezia per la zona della operazioni Paolo Capello, nominato provveditore in campo, e Domenico Contarini, provveditore a Bergamo. Passando per Padova il 13, il Capello invia però un segnale preoccupato: ...Come in quella hora si parte per Este. Et che è venuto sier Vizenzo Polani qu. sier Jacomo, vien di Montagnana; dice tuti è in fuga perché francesi passavano Pò a la Stellà; siché va per far provision [SAN, XIII, 465]. Analogo avvertimento era venuto dal pagatore Andrea Sanudo poco tempo prima: ...Come hanno per più vie, che francesi erano ussiti di Bologna e se ne veniva a pasar a la Stellà, unde scrive si leverà da matina el governador con le zente, et si vegnirà ad alozar a Bonavigo, et poi con ogni celerità si anderà verso Montagnana, e li starano a le frontiere, e secondo le occorrentie si governerano. Si duol habino pochi fanti; Dio ne aiuterà... [SAN, XIII, 466].

A Bergamo invece, le preoccupazioni sono del tutto diverse e pare quasi che si viva in un altro mondo. Infatti, la comunità scrive una lettera al Gritti, che questi rimanda a Venezia, ...Come si alegravano di esser tornati soto la Signoria nostra, et scriveno se li par che manderiano oratori a la Signoria nostra, con altre parole ut in ea [SAN, XIII, 469]. Par di capire che i bergamaschi intendessero assicurarsi, con la scusa di una visita di cortesia al Doge, qualche ulteriore concreto beneficio. Ma, annota il Sanudo: Il provedador Griti li rispose non li parea tempo di mandar oratori, e si atendesse ad haver la Capella etc.... Che pare una risposta molto sensata ad una richiesta assolutamente fuori luogo dei bergamaschi. I quali, l'11 febbraio, attendono ad altre occupazioni: ...descripta sunt omnia blada per consoles vicinorum (?) in civitate et burgis; et quia nuntiatum fuerat milites Francos accessisse Martinengum, ut ingressi spoliarent habitantes, missi sunt illuc tradioti 200, et alii numero 30 missi sunt Verdellum majus pro custodia, et Franci qui erant in Capella exiverunt et incenderunt plures domos super monte Sancti Vigilii, et illico redierunt in Capellam, nemine contrastante; et antecedentibus continuis diebus ceperunt omnes incolas ipsius montis et cogebant eos facere propugnaculum extra Capellam versus Bastiam et ferre terratium et lignamina juxta muros Capellæ, et munire eam, ubi oportebat... [BER, 90v]. In altre parole, il presidio francese della Cappella, lungi dal cedere, si stava invece preparando a resistere, forse sapendo che la partita restava assolutamente indecisa.

Un documento datato tra l'11 ed il 15 febbraio [MIA 4070] riporta molte dettagliate informazioni sulla consegna di rifornimenti di fieno e paglia ai militari veneti che in quei giorni dimorano a Bergamo. Il testo elenca circa 120 nomi di soldati, ma certo il presidio era molto più numeroso, perché vi sono menzionati almeno 165 cavalli, senza contare gli uomini a piedi. Si tratta di truppe della più diversa provenienza, appartenenti soprattutto alle compagnie di Pietro Longhena, dello Scanderbergh e del Provveditore, ma sono menzionate anche truppe delle compagnie Tiracossa, Scudi e Janis. Molti dei militari sono dati come stradiotti e compaiono anche diversi graduati con titoli di conduttori, capitani, conestabili. Alcuni sono alloggiati nella Casazza, che era una caserma di proprietà pubblica, ma la massima parte risultano in case private, i cui proprietari sono pure registrati. Pare che diverse comunità dell'immediato circondario di Bergamo abbiano contribuito, ma non è detto a quale titolo, ai rifornimenti: compaiono infatti i comuni ed uomini di Levate, Comun Nuovo vel Breno, Mozzo, Sedrina, Almè, Villa d'Almé, ed altri.

Le fortune militari dei veneziani vanno rapidamente mutando quando Gaston de Foix, che stava a Bologna, con mossa fulminea, decide di dirigersi su Brescia per ricuperarla. La notte del 12 il pagatore Matteo Sanudo, da Soave, dà la notizia di un primo scontro tra le truppe del Foix e quelle del governatore generale delle truppe venete Giovan Paolo Baglioni: Come si doleva esser il primo avisase tal nova, che hessendo lo illustrissimo governador a Villafrancha quel zorno, poi acompagnato l'artellarie al Menzo e dato scorta a sier Antonio Zustinian va a Brexa, volendo retirarse con le zente era rimaste a Bonavigo, sicome scrisse, et aviati li cariazi avanti e le fantarie, sopravene, a hore zercha 21 in 22 l'antiguarda de' francesi et si convene rivoltar le fanterie et esser a le man. Ne fo morte assai, et rota dita antiguarda; sopravene uno squadron di francesi, adeo fo necessario al governador e li altri far fato d'arme, et zà il primo era roto, ma sopravene un altro più grosso che fo pericolo ai nostri. Et in questo lui pagador, con Zuan Piero Stella secretario, tolse la volta di l'Adexe et è venuto lì a Soave, e con Aleardo è lì vegnirà in qua a Vizenza. Si duol esser presi li soi cariazi ne li qual era ducati 1600 di la Signoria, ma ben li piace li ducati 5000 non erano passati di là; e il mal è stà che il ponte a Bonavigo era stà fato disfar per il conte Bernardin e fato condur a Montagnana, che il signor governador nulla sapeva. Quello sarà seguito, zercherà de intender et aviserà subito. Ha scrito per tutto.

Et zonta questa lettera, tutti li Pregadi fo di mala voja, et li savii si reduseno in cheba a consultar et scriseno letere con questo aviso a Brexa al provedador Griti, mandate per 8 man, acciò una de esse le havesse
[SAN, XIII, 472]. Contemporaneamente, le notizie dell'imminente arrivo dei francesi a Brescia vengono confermate anche da altre fonti.

Con lettera del 13 notte, lo stesso Baglioni da Barbarano annuncia la sua disfatta a Venezia: Come era arivato lì sano con parte di le zente d'arme et passato l'Adexe a guazo, et non era danno alcuno di l'exercito: manchava solum el conte Guido Rangon e uno nepote di esso governador con zercha 14 homeni d'arme, sicome per relatione di Zuan Forte, qual vien di qui, il tuto se intenderà. Siché lui atende a radunar lo exercito, poiché Idio non ha voluto sia stà mal et farà le provisione debite, etc., ut in litteris... [SAN, XIII, 474]. I diari di Marin Sanudo riportano anche il sommario di una lettera di Matteo Sanudo del giorno 12 da Soave, nella quale si descrive minutamente la rotta dell'esercito veneto ad opera dei francesi presso l'Adige a Marzabò. Matteo afferma che si pol dir esser stà sasinati dil marchexe di Mantoa, che zà parechi zorni mena simel praticha: et per quel si à visto et ha che le zente d'arme francese saltò la fantaria nostra cridava: "Franza, Franza, Turcho, Turcho", ch'è l'insegna di ditto marchexe di Mantoa [SAN, XIII, 476]. E lo stesso Matteo Sanudo, scrivendo il 13 da Montagnana informa ancora che sono giunti lì Paolo Capello e Domenico Contarini diretti, rispettivamente, al campo ed a Bergamo.

Paolo Capello, da Montagnana, così descrive la situazione la notte del 13: ...ozi, venendo lì a hore 17, hessendo apresso mia 3, ave uno messo per di Montagnana, che lo advisava nostri di là di l'Adexe erano stà roti; et comenzoe subito incontrar homeni d'arme che se ne andavano a la sfilata e in gran numero verso Este, i quali subito fece ritornar e coglier da ogni banda e farli dar volta lì a Montagnana, dove etiam à trovato el conte Bernardino, che era in quel hora gionto con la compagnia sua per la nova predicta, e provedeno in far alogiar et readunar queste gente come meglio si pol, che tutte erano sparse e in fuga. E per quanto si va intendendo di hora in hora da più bande e diverse persone che zonzeno a pezo a pezo, trova el danno esser molto minore di quello prima risonava e si pensava, e sarà cossa da poter presto redrezar, et se la Signoria vorà proveder, facilmente si darà modo di ridrizar el tutto e favorir le cosse di Brexa e seguir la vitoria pur oltra li desegni nostri; ne li è smarito lo animo, anzi più se li acende...[SAN, XIII, 476]. Dil governador general etiam fo letere, di Barbaran. Come il dano è stato homeni d'arme numero 20, fanti 200, uno canon di 40 e 4 falconeti, e la zente nostra è parte col signor governador al ponte di Barbaran e parte andati a la volta di Montagnana, ei i nimici par vadino a Brexa... Item, il conte Guido Rangon non è morto ma fato prexon, et li danari de la Signoria è stà recuperati, perché li cariazi si salvò. Item, par sia stà preso per i nostri da homeni d'arme 27 [SAN, XIII, 477].

I francesi vanno alla volta di Brescia. Da diverse informazioni del Sanudo, si può puntualmente ricostruire la loro marcia: essi sono a Valeggio il 14, a Peschiera il 15, dove vengono raggiunti da altri militari da Verona, il 17 a Castenedolo, cioè a 6 miglia da Brescia, dove il conte Alvise Avogadro con alcuni cavalli leggeri ha assaltato il loro campo. Et di Bergamo si ave aviso, per uno venuto, partì a dì 9: come quelli di la Capella capitolavano per rendersi; et erano in Bergamo 12 milia persone di le valle [SAN, XIII, 478].

La ducale gratulatoria bollata d'oro da Venezia viene ricevuta e letta a Bergamo il 13 febbraio: ...in ecclesia Sanctæ Mariæ Majoris post celebrationem missæ ad altare majus, convocatis civibus et populo Bergomi, lectæ fuerunt litteræ ducales ill.mi Dominii Venetiarum cum bulla aurea scriptæ mag.cæ et fidelissimæ comunitatis Bergomi et datæ Venetiis die 8 præsentis mensis. quibus in effectu dulcissimis et humanissimis verbis scribitur de lætitia Venetiis habita de reditu hujus civitatis et territorii ad umbram et protectionem Dominorum Venetorum, et liberatione a rabie barbarica et injustissimis oppressionibus hactenus multis modis supportatis; et quod ill.mum Dominium confirmet omnia privilegia, indulta et beneficia antiqua, reponendo Bergomenses in honoribus et beneficiis omnibus quibus erant et gaudebant ante presens bellum Gallorum, hortando omnes ad unionem, concordiam et bonam spem ac fidem erga Dominium Venetorum. Quibus lectis coram omnibus, sp.lis d.nus Trusardus de Callepio, eques et doctor, ac d.nus Lucas Brembatus, eques, bonis verbis hortati sunt omnes ut animo constanti sint et bene et melius sperent a benignitate Dominii Venetorum, et in primis ut sint unanimes sine factione, omnes injurias obliviscantur, caritate conjungantur, Deo gratias agant de liberatione ab injustis magistratibus, et quod omnia officia, beneficia et honores indifferenter omnibus distribuentur et conferentur, tanquam confratribus et filiis unius civitatis [BER, 91v]. Come si noterà, ricorrono di continuo il tema dello stato di necessità a giustificare i comportamenti della città ed il tema della concordia pubblica, per stornare la minaccia delle liti di fazione.

Un documento di grande interesse per interpretare i fatti occorsi a Bergamo con il ritorno dei Veneti del febbraio è il resoconto di un interrogatorio cui il conte Trussardo Calepio, dopo la sua cattura del marzo successivo, venne sottoposto nella fortezza della Cappella in data 29 marzo 1512 [CAL, C. 15, fasc. g, alla fine del fascicolo]. Dal contenuto delle domande si può chiaramente dedurre che i francesi rimproveravano innanzitutto al Calepio la sua appartenenza alla fazione veneta. Essi sospettavano che il conte avesse sollecitato mediante lettere - che l’interrogato nega, ma di cui vi è sicura testimonianza nel Sanudo - la presa della città di Bergamo. Gli rimproveravano inoltre di aver inviato ad Andrea Gritti a Brescia come suo messaggero Ottaviano Calepio - una circostanza parimenti smentita da Trussardo; di aver pronunciato frasi ostili ai francesi nel corso dell’arringa tenuta in Santa Maria Maggiore il 13 febbraio - circostanza che Trussardo tende a sfumare, ma che è testimoniata dal Beretta; di aver reclutato a sue spese militari in appoggio alle truppe venete - cosa che il conte nega, asserendo di aver agito su richiesta dell’autorità veneta. Appare chiaro nel complesso il tentativo del Calepio di difendersi dalle accuse, anche se le testimonianze indipendenti citate lo smentiscono. Il documento permette di ricostruire minuziosamente lo svolgersi dei fatti del febbraio, il ruolo dei diversi attori, l’atmosfera di trepidazione e di incertezza che aleggiava sull’intera città durante l’insurrezione, quasicché i bergamaschi presentissero che essa era destinata ad un rapido fallimento.

La notizia della presa di Brescia da parte delle truppe venete giunge a Roma il 19 febbraio, quando oramai la situazione sul campo stava cambiando. Secondo lo scrivente, il conte Hironimo di Porzil, ...questa gloriosa nova di Brexa il Papa non hebe la miglior, da poi la incoronatione sua. Tuta questa terra ha facto gran letizia, et il Papa ha scrito al vicerè vada a questa impresa di Brexa; non vol far juditio si l'anderà. Sono letere di Milano di 8 di questa novità di Brexa. S'el fusse la pace cun l'Imperador, si cazeria adesso franzesi di là di la Franza... [SAN, XIII, 490]. Pochi giorni dopo, anche la notizia della caduta di Bergamo, data al Papa dalla Signoria, ha un effetto analogo: ...e il Papa lacrimoe dicendo alcune parole ut in litteris, et subito spazoe letere solicitando il vicerè passi con l'exercito drio francesi, o passi Po o vadi a la volta di parmesan... [SAN, XIII, 492]. Vi potrebbe forse essere qualche dubbio su queste manifestazioni di commozione da parte di personaggi per altri aspetti molto spregiudicati. Comunque, questa è l'atmosfera descritta ai più alti livelli politici, mentre a Brescia il 13 comincia il cannoneggiamento del castello. I veneti riescono ad intercettare una lettera del Triulzio da Lodi diretta al capitano francese che sta nel castello: ...come il gran maistro con le zente francese erano intrati in Bologna e fato retirar il vicerè in driedo, et che si debbi tenir il castello perché il vicerè e lui con bona zente lo vegnirano a socorer, et non li dice el dì e l'hora perché non pol saper, ma sarano presto [SAN, XIII, 484].

Il 14 febbraio: ...venit Bergomum ex Brixia, ubi erant exercitus Venetus ad expugnationem castri, d.nus Andreas Gritti, adolescens annorum 26 vel circa, ut gubernaret Bergomum donec veniret d.nus Dominicus Contarenus electus provisor in concilio Rogatorum, quoniam Federicus suprascriptus non poterat continue stare in Bergamo, sed aliquando obequitabat territorium Bergomense cum stradiotis ne quid mali comitteretur ab inimicis, aut aliter; et etiam ipse d.nus Andreas fecit proclamari quod nulla in Bergamo nec territorio Bergomense alicui fieret injuria in re nec persona aliqua [BER, 92r]. Ed il 15: ...proclamatum fuit super regio ut qui militare velint pro peditibus scribantur sub Maffeo Cagnolo de Carraria et Troilo Lupo et eis dabantur pecuniæ. Hodie d.nus Federicus Contarenus provisor stradiotorum ivit habitandum in burgum Sancti Leonardi in monasterio Sancti Leonardi... [BER, 92r].

Il 15 febbraio il provveditore di Brescia Antonio Giustinian ed il provveditore generale Gritti scrivono in cifra a Venezia: ...quelli di Colegio stavano taciti e suspesi, perché in ditte letere la cossa di Brexa era pericolosa. Il castello si teniva, né nostri trazevano per mancharli la polvere. Li citadini di Brexa erano suspesi. Il campo di francesi era zonto a Castegnedolo mia 6 da Brexa, et fo a le man, venendo, con alcuni cavali lizieri nostri. E, sempre a riguardo dell'atteggiamento dei bresciani: ...il populo di Brexa è molto suspeso e stanno perplexi... [SAN, XIII, 491].

Torniamo per un momento a Bergamo, dove Federigo Contarini: ...die lunæ (16 febbraio) ivit Martinengum et die martis (17 febbraio) ante lucem vocatus a d.no Provisore generali quia Franci ibant ad auxilium castri Brixiensis, perrexit cum stradiotis Brixiam, et civitas Bergomi remansit cum paucis peditibus et quibusdam balistariis. Quare, hoc scientes, inimici venerunt a Caravagio, Fontanella et aliis locis finitimis ad portam Colonii Bergomi, et redientes abegerunt multa animalia in proedam ex Urio, Grassobio, Azano et Stezano, Verdello; et tota civitas cum suburbiis non sine timore hac nocte tota stetit in armis; et Franci ex Capella cum tormentis eiciebant balottas ferreas in urbe; sed Dei gratia nemo fuit læsus [BER, 92v].

Il 18 febbraio poi ...nuntiatum fuit Bergomi quod exercitus Francorum erat ad moenia Brixiæ pro tuitione castri, et exercitus Venetorum non erat satis sufficiens ad repugnandum. Dicebatur etiam quod a Mediolano et Glarea Abduæ parabatur exercitus contra Bergomum, et pro incendendo valles Bergomi; et jam quasi tota planities defecerat et consenserat cum Francis. Ciseranum, Verdellum majus, Arcene in prædam acceptæ erant, captivati rustici a Transadianis, Brignanensibus, Triviliensibus. Aliæ villæ promiserant bonam summam danariorum ne depredarentur et incenderentur. Nulla veniebant auxilia a Venetis, ideo jam ubique erat tractatus de notificando quod civitas Bergomi erat aperta Francis, licet non fuerit clausa nec tradita aliis, nec fidem violaverit unquam alicui Domino suo; sed tanquam armis insueta et debilibus muris cincta semper cesserit potentioribus et majori vi. Quare hac nocte Venetorum provisor cum suis militibus recessit versus Brixiam, et Franci redierunt, semper castellano Gallico manente in Capella, et nemine eam molestante, licet ipse non cesserat emittere balottas ferreas in domos et vias civitatis, nullo offenso Dei gratia [BER, 92v]. Anche secondo il Sanudo ...Et è da saper, che sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, quel zorno di 19, di Bergamo la note zonse in Brexa con cavali 200 di stratioti, e di lui non si sa nulla, né dil conte Alvise Avogaro et dove el fusse... [SAN, XIII, 506].

Ancora una volta, è da notare il tono escusatorio della relazione del Beretta, lo stesso che sarà usato in molti documenti successivi. L'assenza di aiuti da Venezia; la mancanza di un atto formale di sottomissione alla Repubblica; lo stato di necessità in cui Bergamo, città poco avvezza alle armi e mal difesa, si era venuta a trovare; il fatto che la Cappella non fosse stata espugnata, nonostante il bombardamento che aveva inflitto alla città; sono gli insistiti motivi con cui Bergamo comincia a costruire la sua difesa nei confronti dei francesi che stanno rientrando.

Non vi è dubbio che la rapidissima avanzata del Foix era stata favorita dal fatto che il marchese Giovan Francesco Gonzaga aveva concesso libero transito all'esercito francese a Pontemolino, abbreviando così di circa quattro giorni il viaggio da Bologna a Brescia. Da Pontemolino, le truppe erano proseguite per Nogara ed Isola della Scala (nei pressi della quale era avvenuto lo scontro con le truppe del Baglioni del 12) poi verso Peschiera, Montichiari e Castenedolo. L'accerchiamento della città viene completato il 18, giorno nel quale una prima richiesta di resa viene respinta, essendo il Gritti determinato a difendere la città. Nella notte tra il 18 ed il 19, in un clima piovoso e freddo, le truppe francesi (cinquecento uomini d'arme e seimila fanti) si inerpicano per l'erto pendio verso il castello, mentre altri cavalleggeri restano in agguato fuori le mura. Viene dato l'ordine d'attacco e le truppe ricevono licenza di saccheggio: il 19 la città è presa e messa a ferro e fuoco. Molte sono le descrizioni che ci sono giunte del sacco della città, sia per testimonianze dirette sia per successive minuziose ricostruzioni. Questo evento suscitò grandissima ed unanime emozione ed esecrazione. Per maggiori dettagli si rimanda al testo del Pasero [PAS].

Il primo indizio della caduta di Brescia arriva a Venezia attraverso un lungo giro di informatori. Dice che ...francesi esser intrati in Brexa a dì 19, hore 16, siché Brexa è persa. Di le zente nostre non si sa, solum che francesi è intrati per forza [SAN, XIII, 495]. Notizie più dettagliate arrivano la domenica 22 febbraio. Ecco il colorito resoconto del Sanudo: ...E parte dil Colegio si reduse a bona hora in camera dil Principe, et sopraveneno do stratioti mandati de qui per il provedador Capello, quali è partiti di Brexa, et riferiscono il modo, li qual do stratioti andati, etiam io (cioè il Sanudo) con loro, in camera dil Principe, riferiteno: Come a dì 19, il zuoba di la caza, francesi introno in Brexa in questo modo: che il mercore di note messeno le fantarie in la rocha, zercha 10 milia, e la matina per tempo veneno in ordinanza zoso tutti dil monte a la porta di le Pille, et quella aperseno per forza, havendo prima roti e taiati a pezi li fanti brisigelli erano a quella guardia dil castello, et poi intrati in la citadella, la qual è gebellina, quelli brexani stano lì cridono: "Franza, Franza". Et subito il provedador Griti si armò e con tute le zente d'arme vene in piaza in uno squadron, et francesi erano zà intrati in la terra per le porte e combatevano con nostri; et che il provedador Griti disse: "stratioti si salvi" et che chi poteva ussir ussivano; ma le porte erano serate, et che pur ussite il suo capo Andrea Mauresi con alcuni soi stratioti so compagni et loro etiam et rompeteno uno portello di una porta. E ussiti era monsignor di Obignì con le zente d'arme francese lì, et fono a le man, e fu fato prexon dito Andrea Mauresi so capo, et questi doy scampono di longo; sichè dicono per causa di non aver auto il castello si à perso Brexa, et si steva un giorno più a venire francesi a darli il soccorso a Brexa, zoè al castello, quello si saria hauto... [SAN, XIII, 497].

Lo stesso Sanudo fa della presa di Brescia una lunga epicrisi, con dovizia di dettagli [SAN, XIII, 501], e nei giorni successivi fa seguire numerose altre testimonianze del luttuoso evento. A Venezia, il 25 tutti rimaseno come morti e il Capello scrivendo alla stessa data afferma: ...si Brexa è persa e nui habiamo pianto, Franza et Alemagna non riderano. La rota e danno è stato intollerabile. Dio perdoni a cui n'è stato causa. Scrive si doveva atender di conservar l'exercito che resta, acciò un zorno non siamo abandonati. Per lui non mancha di scriver di longi pagamenti dai quali tutti fuzeno, e si habi avanti li ochii lo orendo caso di Brexa, che per non voler mandar le artelarie immediate et proveder di meter le fantarie dentro come fu preso in Pregadi di far, è stato causa di perder quella terra, le zente e far prexon il clarissimo Griti collega suo con tanti valenti e valorosi homeni... conferma il provedador Griti esser salvo e presone, e che il sabato a dì 21 in piazza fu tagliato la testa al conte Alvise Avogaro presente il provedador Griti, al qual è facto bona compagnia. Dicti stratioti con le sue man hano sepulto in una chiesia i corpi di sier Ferigo Contarini, cavalier Basta, et domino Thodaro Frassina, tutti homeni valorosi e dignissimi... Mai in Italia, da 200 anni in qua fu la magior tajata... [SAN, XIII, 520].

Ed ancora in altra lettera del Capello del 25 si dice: ... sachizata tuta la terra, vergognato le donne, dato taia a' preti, frati e monache, cosse horende ad imaginarse nonché a scriverle.... Fino alla fine di febbraio abbondano nei diari del Sanudo le relazioni sulla caduta ed il sacco di Brescia. Riferisce il Capello in una lettera del 28: .. il caso di Brexa si va di hora in hora dilucidando, per quelli che di hora in hora zonzeno...Per quanto referiscono, è stà combatuto virilmente da tutti, excepto stratioti, quali se messeno a fuzer verso una porta, e tanto feceno che fu aperta e ussiteno fuora, e fu causa principale dil disordine, che per quella porta poi introrno francesi a cavallo; che se non intrava a cavalo li nostri haveano grandissimo bene. Pacientia, el dovea esser cussì... [SAN, XIII, 532].

Il giorno stesso in cui il Foix prende Brescia, il Triulzi espugna il castello di Pontevico, infierendo contro i veneti. Evidentemente avvertiti dell'improvviso ribaltamento della situazione a Brescia, anche i bergamaschi preparano il cambio di regime. Ecco come si svolsero gli avvenimenti a Bergamo, secondo la testimonianza di un inedito appunto [Lett. 9.3.1. # 653]: Bergomum autem dictus d.nus Andreas Gritti Provisor utsupra tenuit usque die XVIII nocte, veniente die XVIIII, qua nocte dictus d.nus Provisor una cum dicto Cagniolo exibuit hanc civitatem et cum gentibus suis et valium predictarum e dicta civitate indefensa, quam mane sequenti cives acceptaverunt in se et obtulerunt eam ipsi d.no Tome Locumtenenti utsupra et mag.ci ... Potestati Bergomi; qui d.nus Tomax effugerat in Capellam huius civitatis et d.nus Potestas aufugerat in domum d.ni David de Brembate, qui tenuit eum secrete in eius domo, ita quod nulus de foris... sue unquam scivit quod ibi erat.
Die vero predicto 19 palam venit de locis secretis et in sala ipsius domus et ibi visitatus fuit per cives maiores et mediocres; et receperunt pro Potestate prout erat ante fugam. Eo die et hora que fuit hora XXI vel circa electi fuerunt in eius presentia oratores mag.ci d.ni comes Trusardus Calepius, Lucas Brembatus, Franciscus Albanus, equites, et Girardus de la Sale doctor; sed hic non equitavit quia non potui tanquam carens vestibus et equis condecentibus. Predicti vero equites die sequenti, qui fuit die XX februarii in mane equitaverunt ituri ad prefatum ill.mum Antonium Mariam Gubernatorem ut supra.
Seguireno più avanti lo svolgersi di questa ambasceria.

La testimonianza del Beretta è analoga. Egli narra che il 19, il podestà Giovan Maria Guasco, che all'arrivo degli irregolari e delle truppe venete si era nascosto nella casa di David da Brembate, ricomparve e visitatus fuit honorifice a civibus pluribus, et nonnulli ex nobilioribus iverunt obviam d.no Antonio Mariæ Gubernatori venienti ex Cassiano, ut dicebatur; sed non venit nisi die sabbati (21 febbraio), præmissis peditibus trecentis, quo die proclamari fecit quod sub poena capitis aliquis injuriam nec inferret alicui nec aliubi in territorio Bergomensi, et fecit infinitos salvosconductus villis et privatis personibus possendi tuti habitare in domibus suis, et nuntiavit quod Franci externa die recuperaverant Brixiam, cum multa occisione exercitus Veneti et Brixianorum, et Brixiam depredaverant, factis captivis fere omnibus Brixianis in civitate et territorio Brixiæ. Quare trepidatum fuit Bergomi ne Franci prædaventur Bergomenses, licet non tradi dissent se nec civitatem Venetis, nisi fortasse aliqui clandestine; et ideo facti sunt oratores ad viceregem tunc Brixiæ agentem d.ni Ludovicus Suardus, Franciscus Suardus, Franciscus Albanus et Gerardus della Sale, d.ni Trusardus Callepius, Lucas Brembatus ad declarandam innocentiam civitatis, quæ se non impedivit in deditione, sed potius omnia provide egit erga Regem [BER, 93r].

A partire dal giorno 19 riprendono finalmente le registrazioni al Libro delle Azioni [Az 11, 219r]. A quella data si raccolgono nella sacrestia di santa Maria Maggiore numerosi consiglieri e cittadini aggiunti, dal momento che la sala del Consiglio era stata devastata ed incendiata dagli uomini delle bande che avevano preso la città a nome dei veneti nella notte del venerdì 6. Il primo atto consiste nell'elezione di quattro oratori al governatore Antonio Maria Pallavicino per porgergli le scuse e protestare l'innocenza della città, con tutte le più adatte parole, come parrà alla prudenza degli oratori stessi. Si eleggono all'unanimità il conte Trussardo Calepio, Luca Brembati, Francesco Albani e Gerardo dela Sale. Si eleggono poi alla voce Aurelio Solcia, Albertino de Vegis e Matteo Albani a porre custodie alle porte ed in città, a provvedere per gli alloggiamenti dei militari che verranno con il Governatore.

Le commissioni affidate agli oratori sono: ...che vi dobiati transferire a lo ill.mo signor Antonio Maria Pallavicino, dignissimo Gubernator nostro et in qualunche altro locho, che iuxta il Consilio suo bisognarà, et offerirli la preditta cità per nome dela Maestà Regia, quale è libera et expedita de li inimici soi per le optime provisione fatte per epsa cità; pregando il predicto ill.mo Gubernator nostro si degni vegnir personalmente ad acceptare la tenuta di epsa cità liberamente, per esser dispostissima a la vera et continua obedientia de la preditta Maestà Regia, quantunche per pochi zorni sia stà violentemente et contra il voler suo oppressa, operando cum il preditto ill.mo Gubernator nostro et dove bisognarà secondo lo apparer di quello tutta la solita prudentia vostra per conservatione et beneficio di la preditta cità nostra; pregando il preditto ill.mo Gubernator si degni dar ad epsa cità mancho cargo de persone che sia possibile.... Ecco con questa risoluzione ufficialmente esplicitate le ragioni scusanti del tradimento di Bergamo nei confronti del regime francese.

Il 20 febbraio, sempre nel medesimo luogo [Az 11, 220r], in presenza del luogotenente G. Tomaso de la Turre e del Podestà G. Maria Guasco, cinquanta persone pongono parte di eleggere sei cittadini con ogni libertà di provvedere, a maggioranza, agli alloggiamenti del militari, con facoltà di spendere ed impegnare beni del comune. Tutto quanto essi faranno, varrà come se fatto dallo stesso Consiglio e tutte le spese a die felicissime nove deditionis saranno approvate; essi avranno anche facoltà di alloggiare il Podestà e provvedere per il vitto ed altre cose necessarie, fino a nuova deliberazione. Si eleggono Bertolino Baniati, Scipione di Eleuterio Suardi, G. Filippo Mozzi, Albertino de Vegis, Matteo Albani e Bernardino Muleri per gli alloggiamenti dei militari.

Ancora, il 21 febbraio, il Consiglio riapprova l'elezione dei sei uomini [Az 11, 221r] ed elegge altri cinque cittadini con facoltà di provvedere a tutto quanto sarà ncessario ed opportuno alla comunità, con ampia facoltà di spesa. Gli eletti saranno di fatto sei, cioè il tesoriere Francesco Soardi, il conte Trussardo Calepio, Luca Brembati, Ludovico Suardi, Francesco Albani e Gerardo dela Sale. Successivamente, si ordina a Oliviero Agosti ed al cancelliere Francesco Bellafino di recarsi immediatamente a Milano e procurare con ogni mezzo presso il Gran Cancelliere, G. Giacomo Triulzi, il cardinale Samalo e chiunque altro, affinché l'esercito del Re, che si trova a Brescia, non venga a spopolare anche Bergamo, come si minaccia. Gli oratori partono il 22 febbraio e faranno ritorno l'ultimo del mese.

Il 23 febbraio si appunta: Vicerex scripsit gubernatori Bergomi, quod hodie ivet Cassianum cum oratoribus prædictis, ubi audiet eos, et proclamari fecit quod nemo offendat in re nec persona in territorio nec civitate Bergomi aliquem Bergomensem, sed quisque libere et tute eat et habitet in domibus et locis suis. Tamen non cessabant stipendiati omnes et eorum infiniti seguaces venturerii rustici ex agro Mediolanensi, Cremonensi, Cremensi, Glareabduæ in civitate et territorio, in plano et vallibus ac montibus Bergomi, spoliare, rapere, captivare homines et res et animalia [BER, 94r].

I proclami del 23 febbraio sono di fatto due e si possono ricostruire sulla base di due documenti [Lettere 9.3.1 # 657 e # 654]. Dice il primo:

Per parte delo ill.mo signor Antonio Maria Palavicino, Marchese, del sacro Ordine Regio cavalero et di Bergamo et suo territorio Gubernator dignissimo.
Se fa publica crida et comandamento che qualunche persona, così gentil homeni como di che altro grado et conditione volia se sia, che da giorni quatro in qua se sono absentati da Bergamo et suo territorio, debano in termine de giorni doy proximi essere ritornati a casa sua, soto la pena de esser confischati li soy beni et posti per ribelli.
Item, che in dito termine qualonche persona sia che se volia, chi avesse hauto per modo alguno robe di sorte alcuna de Citadella over de qualonche altra persona, li deba haver retornato a quelli a chi li hanno tolti, soto la pena de scuti cento et di pagare el dopio de quello valerano dite robe; et quelli non porano pagar gli serano dati tratti trey de corda; ala qual pena incorerano quelli che saperano chi li havesse hauto et non li notificarano
. Segue l'atto di proclamazione. Ed il secondo documento:

De comandamento del ill.mo et exc.te signor Antonio Maria Pallavicino, Marchese et del sacro Ordene Regio cavaler et Gubernator di Bergamo dignissimo.
Per comissione del ill.mo et exc.mo Monsignor Duca de Nemor de qua li Monti, Regio Locotenente, si notifica et proclama ch'el non sia persona alchuna di qual condition vogli si sia, così stipendiati come no, che ardisca né presuma ne la Cità aut Territorio di Bergomo far prigion alchuno, sensa special ordene et comissione di Sua Signoria, né robar onvero meter a sacho case aut persona alchuna, né molestarli per modo alchuno, sotto pena de la forcha irremissibilmente a cadauno inobediente. Die 23 februarii 1512 publicatum fuit supra regio novo duabus tubis
.

Di fronte alle spoliazioni del territorio ed alle angherie che si verificavano da ogni parte, il 24 febbraio super regio Bergomi parte gubernatoris absentis proclamatum fuit quod omnes stipendiati et eorum seguaces, in termino horarum sex, sub poena suspensionis, discedant a civitate et territorio Bergomi, sine molestia alicuius personæ, remanentibus stipendiatis fortiliciorum et portarum civitatis in suis locis; et proclamatum fuit nomine d.ni Potestatis quod omnes reportent bona in palatium et cancellariam, quæ abstulerant in ingressu montanorum; et hora 23 parte viceregis proclamatum fuit quod omnes stipendiati et alii cuiuscumque dignitatis et conditionis relaxent et dimittant omnes captivos, et bona restituant a die recuperationis Bergomi detentos et accepta. Maxime quia castelanus Capelle multos cives Bergomi duxerat in Capellam, et continue ducebat eques, et cogebat sese redimere centum et ducentum et pluribus et paucioribus scutis aureis, et minabatur aliquibus suspensionem et mortem, aut tormenta; sed ipsæ proclamationes non observabantur, sed quotidie detinebantur ducenti homines [BER, 94r].

Il Libro delle Azioni informa [Az 11, 222r] che il 24 febbraio alcuni Anziani, con licenza del Podestà e dietro suo invito, ordinano a Soccino Secco di recarsi a Milano per scusare l'innocenza, sincerità e buona fede della città, secondo le commissioni date agli altri oratori, presso chiunque e come sarà necessario. Due giorni dopo [Az 11, 222v] si ordina ancora che sia levata la sospensione dello ius e che il diritto sia ristabilito dal 1° marzo, anche se questa disposizione slitterà invece a dopo Pasqua.

E finalmente, anche il Consiglio si decide ad adottare disposizioni nei confronti delle angherie che vengono commesse: il 27 febbraio [Az 11, 223r], di fronte al fatto che gli stipendiati delle fortezze della Cappella e della Rocca, i castellani e gli altri soldati catturano ogni giorno prigionieri nella città e nel territorio, costringendoli a pagar taglie; visto che tali estorsioni sono contrarie all'onestà ed alla volontà regia; ordinano che si scriva in buona forma agli oratori a Milano, incaricandoli di provvedere opportunamemte al riguardo. Intanto il Podestà emanerà proclami affinché tutti si astengano da tali crimini, sotto pena. Si decide ancora di fare proclami che tutti i servitori, baroari e soci del conestabile del Podestà entro sei giorni diano garanzia adeguata e legale del loro ufficio, secondo gli statuti cittadini, in pena della perdita dell'ufficio e di un giorno in catene. Sembra ritornare quindi un minimo di legalità nella vita cittadina. Si procede anche all'elezione della nuova bina di Anziani per i mesi di marzo ed aprile, a termini dello statuto, dal momento che le bine estratte nel dicembre precedente erano state lacerate ed incendiate quando le bande di irregolari avevano invaso la città all'inizio di febbraio.

Il Baldi [BALDI, Somm. Gr. 301] descrive con abbondanza di dettagli pittoreschi e con l'entusiasmo di un partigiano veneto gli avvenimenti occorsi a Bergamo tra il 4 ed il 19 febbraio 1512, cioè dal giorno in cui i valligiani tagliano i rifornimenti d'acqua alla città [CALVI, I, 178], al giorno in cui Bergamo invia oratori ad Antonio Maria Pallavicino per discolparsi della tentata ribellione. Il Calvi [I, 191] ricorda all'8 febbraio le ducali confirmatorie dei privilegi concesse a Bergamo recuperata.

Restano da esaminare due lettere degli oratori Agosti e Bellafino inviati a Milano il 22. La prima porta la stessa data ed è indirizzata alla comunità di Bergamo subito dopo il loro arrivo a Milano [Lett. 9.3.3. # 124/17]:

Gionti hozi de qui a cavallo, a cavallo se ne andassemo per prima dal rev.mo Cardinale Samalo, verso il qual usassemo quelle bone et acommodate parolle n'è parse al proposito in excusatione dela innocentia dela mag.ca cità nostra. Poi, pregando sua Signoria se degnasse scriver alo ill.mo Monsignor di Foys in commendatione de prefata exc.ma cità nostra. Breviter, sua Signoria ne fece optima acolgentia et gratamente ne udite, concludendo che dubitar non dovessemo de violentie, de sacci, né altro, et che in ogni altra cosa sarà pronto ad tuti nostri favori, dicendone che dovessamo andar ad trovar lo ill.mo signor Io. Iacomo qual era hozi venuto, cum il qual damatina anchora sua Signoria se atroveria et se concluderia dela litera.
Tolto licentia de sua rev.ma Signoria, se ne andassemo al ill.mo signor Io. Iacomo, cum il qual longamente parlato, tandem sua Signoria risposse che saria anchora ley pronta ad prestarne tuti quelli favori ge sarà possibile, già affirmandone haver dato opera che la cità nostra non sarà molestata de violentie né sacci, dicendo che ben sarìa se mandasse ala Maestà Regia ad far la excusation nostra, laudando etiam in questo celerità.
Fussemo poi dal cl.mo miser Augustino Panigarolla, al qual etiam espostali la excusation dela cità nostra, se offerì prontissimo ad tuti nostri commodi, laudando il mandar in Franza et dicendo: "Pageria scuti 100 che la Maestà Regia havesse udita la excusation vostra come voy l'haveti narrata".
Dapoi siamo stati dal ill.mo Canceller, al qual similiter facto nota la innocentia nostra, gratamente ne udite et ne promesse damatina atrovarse cum tuti li prefati ill.me Signorie, et che sarà presto ad tuti nostri favori, usandone molte bone parolle. Sì che le Magnificentie vostre hano ad star de bona volgia, che speramo che l'honor dela mag.ca cità nostra sarà salvo e le cose paserano bene...
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La seconda lettera è del giorno seguente [Lett. 9.3.3. # 124/18] e spedita in gran fretta.

Ricepute le litere de vostre Magnificentie circa li prisoni in Caravagio, subito siamo stati dal ill.mo d.no Visconte, insieme cum el mag.co d.no Francesco Trovamala, il qual ad tuti nostri favori mai se vede straco, et facto intendere a sua Signoria de prefati prezoni. Ne risposse ch'el rev.mo Samalo havea scrito una litera molto gagliarda a Monsignor dal Crota chi dovessano laxar la copia, dela qual dice che etiam fu mandata al ill.mo Gubernator nostro.
Noy gli rispondessemo che dicte litere non havevano operato alcuna cosa, per che havevamo litere dele Magnificentie vostre de heri, che ne imponevano dovessamo procurar de haver litere che fusseno relaxati. Sua Signoria ne consegliò poi che prefate litere non haveveno hauto executione, che dovessamo spectare lo ill.mo Monsignor de Foys, qual questa sera die azonzer, et se toria litere de sua Signoria che debiano esser relaxati. Gli facessemo poi intender come se divulgava ch'el campo dovea venir ad sachiziar la cità nostra et che stevemo cum gran fastidio. Ne risposse che non dovessamo dubitar di questo, ma che ben credeva ne saria facto asai minatie per metterne in terrore, per indur la cità nostra ad fare qualche talgia; per che le Magnificentie vostre erano savie et pensava che se saperiano molto ben governar; subiungendo: "Quando se dovesse far talgia alcuna voria di questo tractar cum il Capo", qual noy crediamo volgia intender esser la Maestà Regia, per che dice che più apiazer se ne haveria. Noy pensiamo che suo parer sia che, per timor ne sia facto, non debiano le Magnificentie vostre andar inpressa di far compositione.
Debito nostro c'è parso farlo intender a vostre Magnificentie: quelle sapientissime saperano come governarse. Verum est che noy gagliardamente ad tuti faciamo intender la innocentia dela cità nostra et da tuti habiamo bone risposte, per che non dimandiamo altro che ragione. Et se la cità haverà fallato, alhora se tracterà de compositione, ma constando non haver fallato, non bisognerà parlarne. A cadauno pare che le ragione che noy adducemo per la excusation nostra siano ben efficace et probabile.
Non cessamo uno minimo puncto di tempo di salvare l'honor et utile dela mag.ca cità nostra, et in cadauno loco, et apresso qualunque persone. Le presente nostre tenerete apresso de vostre Magnificentie, aciò che quelli ne consigliano non siano reportati. Altro non occorre; ale vostre Magnificentie se richomandiamo
.

Come è reso evidente da questa corrispondenza, nell'immediato il terrore dei bergamaschi è quello di subire un trattamento analogo a quello riservato a Brescia; ma, grazie anche all'abilità ed ai buoni uffici dei loro ambasciatori, essi riusciranno ad evitare il saccheggio. Pende tuttavia sul loro capo, ancora indeterminato, il castigo per la loro slealtà verso il cristianissimo re, che non si farà attendere a lungo.