Venezia, 1886.
TOMO XIII
1° e 2 gennaio, col. 366 e 367
Scrive il Provveditore generale Gritti da Vicenza di aver appreso attraverso Mantova che non è stato fatto accordo tra svizzeri e francesi. Gli svizzeri si sono ritirati, bruciando molti villaggi e vanno verso Bellinzona conducendo con loro un bottino di 800 mila ducati, per poi andare verso bergamasca. Un esploratore mandato a Milano dal Consiglio dei Dieci riferisce "sguizari veneno a Rho et francesi fono a l'impeto, e fo morti solo da conto el baron Contin; et che Milan era soto sopra e entrò in castelo di primi di Milan, et deno intrar tutti, li franzesi, artesani di Milan, et che molti franzesi fuzivano verso il Navarese, e si non era missier Zuan Jacomo Triulzi, tutti li francesi di Milan si partivano dubitando esser taiati a pezi; et non se fidavano de milanesi, et il Triulzi li securoe, et vete di tratar acordo con esssi sguizari; e altre particularità, e le zente francesi tutte tiravano a Milan, etc."
2 gennaio, col. 368
"Fu posto, per li Savii d'acordo, una bona letera a li cantoni de' sguizari e la Liga grisa,
ut in eis, oferendoli ogni pressidio oltra quella mandono per soi oratori a richieder, et persuaderli a star saldi, con molte parole a proposito. Fu presa"
3 gennaio, col. 369
"Vene in Colegio li oratori di sguizari, a li qual prima fo leto la letera di eri, drizata a li soi capi. Laudarono, et volendo il Colegio un di loro andasse, disseno non si voler partir, perché non hanno il camin securo, poi non hanno licentia di partirsi; ma la manderano per tante vie et tante che avevano. Poi disseno saper certo non sono acordati né si acorderanno e sanno ben il voler loro, che
omnino è di scazar francesi de Italia etc."
4 gennaio, col. 370
Il provveditore Gritti scrive il 3 da Vicenza e dice, tra l'altro, "come sguizari non erano acordati con francesi, ma retrati per portar via il butino, e lassato le arme tutte loro a Baldasina, ch'è una terra di sguizari vicina a Belinzona, con intention di ritornare ad ogni modo". "Item, fo leta una relation di uno explorator mandato per li capi di X, qual riporta con effeto sguizari esse retrati per condur via il butino, et si dice verano per la via di bergamasca..."
8 gennaio, col. 386
Di sier Mathio Sanudo pagador, da Vicenza, vidi letere, di 9...hasse sguizari esser a Varese insieme 12 milia. Sono andati a la volta di Novara, dove francesi haveva mandato a l'impeto zerte lanze. Li altri calarà per Voltolina e la meterà a sacho, poi calerano in brexana".
11 gennaio, col. 386
"Veneno li oratori di sguizari, ai qual è ritornato uno loro messo di lì mandato, qual vien di Belinzona con letere di 28 di certi soi parenti di questo Bernardin Morexini orator è qui. Nara tutto il successo di sguizari fato a Milan; è an-
/387/ dati mia do vicino a Milan, e come il conte di Saxo andoe in Milan. Fo a parlamento con il gran mastro e missier Zuan Jacomo Triulzi, quali li voleano dar scudi 15 milia e certa quantità di biave e loro non volseno acordo niun, et è tornati con gran preda, e a questo marzo ritornerano..."
"
Di sier Matio Sanudo pagador, di Vicenza, di 10, vidi letere a hore 2, di note. Come asse esser zonto a Varese altri 8000 sguizari, che son de quelli tornorno, e tutti 20 milia vasene a la volta di Navara; et che 12 mile è in camin e cala in Valchamonicha..."
10 gennaio, col 399
"Da poi disnar fo Pregadi...cazadi tuti li secretari fuora, excepto quelli intra nel Consejo di X, et tolti tuti in nota e sacramentà il Consejo di Pregadi per li capi di X e leto una grandissima credenza, fo poi aperto alcune letere e avisi e deposition drezate a li capi dil Consejo di X. E' letere di el conte Alvixe Avogadro primario citadin di Brexa, fo condutier nostro et zenti-
/400/ lhomo nostro, qual si oferiva con alcuni di la sua parte Gelfa marcheschi dar una porta di Brexa a la Signoria, e per conseguente tutta la terra e li castelli vegneriano soto la Signoria per esser stufi de' francesi, et non vi esser dentro da lanze 150 francese a doi cavali per lanza, e nel castelo 60 fanti, e altre particularità. La qual la praticha è più zorni è nel Consejo di X e principiata zà al tempo era sier Paolo Capelo el cavalier provedador zeneral in campo di là di Po, et ultimate streta col provedador Griti etc.
Et poi fu posto le opinion di savii zercha scriver al provedador Griti vadi a tuor Brexa con quelle zente li par, et la più parte di savii dil Colegio messe la parte, dandoli comission ch'el vadi, e averà li signali e entri in Brexa,
ut in litteris. Contradixe el Doxe; li rispose sier Antonio Grimani procurator savio dil Consejo; poi parlò sier Antonio Tron procurator, etiam il Doxe parloe, siché steteno in Pregadi fin hore 4 di note, et fo sagramentà nel Consejo di tal deliberatione e tolti in nota e comandà stretissima credenza, e leta nel Consejo di X la dita credenza. Pur non si potè far che il zorno drio non se intendesse ch'el campo andava a tuor a Brexa, et par il provedador Griti voleva fenzer di andar con le zente a tuor Lignago e passar poi l'Adexe con il ponte ch'è lì preparato e passar. Hor in questa sera li fo expedite le letere con la deliberatione".
19 gennaio, col 401
Da lettere di Mattia Sanudo da Vicenza del 18 si apprende "Asse da ogni parte sguizari ritornar; et si ha di Val Sabia, per uno messo a posta con letera venuto, che quelli homeni hanno mandato a
/402/ oferir a requisition di San Marco fanti 10 milia, tra li quali 3000 schiopeteri..." In quei giorni il provveditore Gritti si ferisce ad una gamba ed è febbricitante.
22 gennaio, col 404
Lettere del provveditore Gritti datate ieri. Ha ricevuto lettere con la commissione di prendere Brescia. Vuole aspettare fino a giovedì.
23 gennaio, col 405
A Venezia tutti attendono nuove da Brescia e ricevono le lettere che rimandano l'azione. Ma aspettano in ansia di ora in ora, ritenendo si tratti di impresa facile. Tutti attendono a Venezia la notizia, anche se essa doveva rimanere segreta. L'attesa continua
/407/ e vengono lettere del segretario del Gritti da Vicenza: egli era rimasto indietro e informa che il Gritti con le sue genti sta andando verso Brescia ed è stato visto a Goito.
24 gennaio, col 410
"A dì 24, a bona hora, assa' zenthilomeni fono a San Marco, credendo questa nocte fusse ve-
/411/ nute letere di esser intrati nostri in Brexa, et visto non era nuova né se diceva nulla, tutti rimaseno sorpresi; ma reduto il Colegio, et lete le letere zonte questa note dil provedador Griti, date a Trevenzuolo su el veronese a dì 22, hore 6 di note: Chome nulla havea fato a Brexa, et era stato con zercha 3000 cavalli electi in tutto tra homeni d'arme e cavalli lizier e fanti in gropa cavalchando la note a dì 21, per essser quella matina su le porte di Brexa justa l'hordine, et restato con lo exercito a Trevenzuol, mandoe fino a le porte sier Domenego Busichio capo di stratioti con cavalli 300 di stratioti, et visto la porta serata, né fatoli alcuni signali, come era l'hordine, et andati atorno le fosse fino a l'altra porta, et venendo zorno, stete lì fin hore 16, le porte di la terra sempre serate, e dil castello trevano artellarie, et sentino
rumori in la terra, siché tien la cosa sia stà scoperta,
unde terminò con quelli capi Zuan Paulo Manfron et li altri di ritornar su el veronese. Scrive non aver fato alcun danno su lo brexan, et per tuto i vedono volentiera, cridando "
Marcho, Marco" et quelli di Montechiari li mandono 10 stera di biava da cavalo, senza voler pagamento...Item, Sallò era sulevato, et ivi andato è Francesco Calison contestabile con alcuni fanti e cavalli, et aperto le prexon, brusato i libri de le condanason, cridando: "
Marco, Marco" fato fugi etc...et dita letera del Griti fo leta in Colegio con li capi di X, e tutti erano di mala voia, e fo comandà ozi far Pregadi, et li cai di X steteno longi in Colegio.
Da poi disnar, fo Pregadi et leto le letere.
Dil provedador Griti, di 22, hore 6 di note, da Trevenzuolo, et di 23, hore 2 di note, che fo eri, date a l'Albarè. Dil zonzer con tutto el campo lì. Scrive aver auto che in Brexa era stà scoperto il tratato in quella notte di 21, a hore una di note, per
/412/ uno Julio di Brunat citadin brexan qual era in la conjuration, et soa moglie andava in castello e quel castellan francese la lavorava. Scrive aver che il conte Alvise Avogaro con do soi fioli erano stà retenuti e molti altri, et si scusa non esser lui andato avanti soto le mure, per non entrar in vignali, fossi e zardini come è atorno Brexa; però stete in segurtà. Item, altre particularità, sì come in dite letere si contien. Si scusa, e nota il governator Baion partì di Vicenza in careta ferito, et è andato a Cologna ad alozar".
24 gennaio, col. 413
"Somario di una letera di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, data a Cologna, a dì 23 zener 1511, drizata a sier Marco Antonio suo fratello". Lettera interessante per un resoconto di prima mano della mancata presa di Brescia.
25 gennaio, col. 415
"Dil provedador Griti, si ave letere de eri. Come ha aviso il conte Alvise Avogaro non esser stà retenuto a Brexa, ma lui era fuori in val Trompia; ma ben suo fiol è stà preso. Item, à susitado molti villani, e Ampho si tien per San Marco e tutte le valade è sublevade, e cussì li teritorii dil brexan tutti chiamano "
Marco". Et scrive dito conte Alvixe è stà mal aversi partito, e si ritorni.
Di sier Matio Sanudo pagador, date a Cologna, a dì 24 zener, a hore 2 di note. Come ozi hasse che 'l conte Alvixe Avogaro è fuora di Brexa con zercha fanti 4000 de le vale, e che in Brexa non havevano messo le man adosso ad alcuno".
26 gennaio, col. 415
"
Dil provedador Griti, date a Albarè a dì 25. Come ha auto letere dil conte Alvise Avogaro, qual è in Val Trompia et non era in Brexa, ma an-
/416/ dato fuori in le valle per adunar zente. Li scrive averà gran numero di zente, e tuto il territorio brexan è susitato e cridano: "
Marco, Marco", sichome per relatione di uno vien di Brexa, qual lo manda a la Signoria nostra, se intenderà. E nota: non è ancora zonto.
Vene in Colegio li oratori di sguizari, a li quali è azonto uno messo di sò cantoni,
maxime di Sviz, mandato el dì poi la Epifania. Come non sono in acordo con francesi, ma ben con l'Imperador, et verano zoso si la Signoria vorà; con altre particularità".
26 gennaio, col. 417
"Fu posto per li savii d'acordo, una letera al provedador Griti, che, atento li avisi si ha di brexana, li cometono che, vedendo le cosse di Brexa esser a termine che si possi far qual cossa e aver la terra, con segurtà di l'exercito, lassando quelle zente par, debi andar a la volta di Brexa; con altre clausule,
ut in litteris." Paolo Capello obietta che gli ordini sono ineseguibili e che si devono dare ordini più precisi, ma la lettera viene approvata.
"Di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, vidi letere di 25, da Cologna, di hore una di notte. Che tutto il brexan e quelle vallade tuti sono in armi e ne aspeta, e la rocha di Ampho è stà tolta a li inimici per li proprii paesani, e levato San Marco. El conte Alvise Avogaro, che scrisse era stà retenuto, non fu vero, ma è fuora a la campagna con molta zente. Si aspeta hordine di la Signoria a la qual per il clarissimo Griti è stà scrito il tutto; ma credo si vorà veder el fin di quanto bisogna.
Item, il governador zeneral ozi è venuto alozar qui a Cologna; el qual stà per meglio, e la sua zente d'arme è a Albarè alozata.
E' da saper, sier Andrea Griti provedador zeneral è al presente in mala disposition di la terra, dicendo che per il suo pocho cuor et per la pressa di ritornar di apresso la città di Brexa, e si stava hore do di più la terra feva movesta, et che non era stà apresso la porta mia 7; sichè tutti lo dannava assai.
A dì 27 la matina.
Fo letere de eri, dil provedador Griti, di Albarè. Come il conte Alvixe Avogaro è in campagna con 12 milia persone, e tuti li territorii sublevati, et tutti chiamano
San Marco,
/418/ e la riviera di brexana e Sallò sul lago di Garda è per
San Marco, e in Brexa francesi non hanno retenuto alcun; et altre particularità. Et manda le dite letere e reporti a la Signoria nostra:
unde visto queste letere, li savii terminono chiamar ozi Pregadi, et replichar la letera scrita eri al provedador Griti che si lievi e vadi col campo in brexana e darli largo hordine; e cussì fu fato.
Da poi fo Pregadi, et leto dite letere dil provedador Griti.
Fo posto, per li savii d'acordo, una letera al prefato provedador Griti, che immediate, vista la presente, debba levarse e andar in Brexana cum quelle zente li par; e sopra questo li fo fato largo hordine et se li manda danari etc..."
"
Di sier Matio Sanudo pagador, date in Cologna, a dì 26, hore 16. Vidi letere. Come ancora in Brexa non è stà retenuto alcuno, e il conte Alvise Avogaro, si atrova in campagna con persone 4000. Et scrive lì non è possibile star, zoè a Cologna, però che li cavali di le zente d'arme si scorticha, non
/419/ hano strame e men biave. E questa matina à visitato el governador, qual è molto megliorato; qual li ha comesso dichi al provedador Griti, che li cavalli si scorticha, e se li convien dar pan da manzar,
unde lui monta a hora a cavalo per andar a Albarè, poi a Arcole a pagar li fanti.
Dil dito, di 26, hore 4, lì a Cologna. Come è stato a Arcole a pagar la compagnia di Zuan di Naldo, e per via, tra Albarè e Arcole, li viene driedo el conte Cesare Avogaro nepote dil conte Alvixe, vien di brexana, et subito smontò da cavalo et tochò la man al provedador Griti et poi a tuti nui, e li presentò letere dil conte Alvixe, e dize aver da persone 12 milia in campagna; à tolto le aque de le fontane de Brexa. Et con dito conte Cesaro è venuto do ambasatori di le valade, et al continuo ne zonze ambasadori et messi. Scrive si stà aspetar quello reusirà di Bologna. Ozi è stà dito che a' spagnoli era stà inchiodà le artellarie, e che diti spagnoli se sono ritrati. Idio non el voglii. Tien si starà a veder la fin di Bologna, perché quella è la tramontana nostra, e se reusirà in ben, paseremo presto. Scrive aver dimandato al provedador Griti di pasar con lui; li ha dato bone parole, ma tien che non ci sarà hordine perché el vol ch'el rimagni in locho suo, e ozi li ha dito in sti do zorni l'ha governato, si à portato benissimo. El signor governador stà meglio, e si non sarà desordini, fin do zorni potrà cavalchar.
Item, scrive che il conte Cesare à dito in camin al provedador ch'el dovea andar a le porte di Brexa, e il provedador prova, per Sardo di Sardegna e altre lanza spezate che son state fino sopra le porte, e che loro non à mandato li messi secondo l'hordine; ma è vero, la causa è stata di el conte Alvise, peroch'el se doveva trovar in la terra in uno monestier con fanti 1500 e tuti li altri li ha in caxa, scoprirsi e cridar:
Marco, e poi andar a la volta di el castello, e sonar campana martello, e le nostre zente che era a Castenedolo venirsene di longo, che l'intrata li saria stata aperta: dove per il poco cuor di dito conte Alvixe, come doveva star dentro ussì fuora e andò a le valade, e manchato el capo manchò el tutto. Ancora in Brexa francesi non hanno fato retention alcuna, né farà fino non sia più grossi.
Item, hassi di Lombardia francesi far fanti a furia".
28 gennaio, col. 420
"A dì 28, la matina vene in Colegio el conte Cesaro Avogaro nepote di el conte Alvixe, venuto a stafeta di Brexa e dil conte Alvixe. Era con lui suo cuxin sier Hironimo Avogaro qu. sier Bortolo, habita in questa terra come zentilhomo nostro, et fo aldito con li cai di X. In conclusion, dize il campo vadi avanti che Brexa si averà, e che francesi tremano, et è reduti in la Garzeta etc. Et il Principe li disse la deliberation fata nel Senato di far cavalchar il provedador con le zente, et cussì el dito si partì, et ritornò subito via a far lo effecto sopra ditto. Era vestito con uno sajo rosso...
Dil provedador Griti, fo lettere di Albarè di 26. Come ancora non havia ricevuto l'hordine di andar in brexana. Item, feva pager li stratioti e le fantarie".
29 gennaio, col. 421
"
Dil provedador Griti fo letere di 27. Come è lì a Albarè e va facendo provisione. Ha ricevuto il mandato di andar in brexana e se remete a lui; è gran peso, pur vederà exeguir; et altre particularità sì come in dite lettere se contien".
30 gennaio, col. 421
"La matina tuta la terra fo piena che questa nota erano venute letere che Brexa, Bergamo et Crema haveano amazato li francesi et levato San Marcho;
adeo tutti lo diceva per la terra; e inteso io tal cossa, per tempo andai a San Marco, et intisi nulla era,
solum questa voxe venuta per una letera zonta eri sera, che scrive uno Zuan Antonio Sadolin è col colateral zeneral Bataion a Cologna di 28: come era venuto in quella hora aviso da li Orzi, che il governador francese era stà taià a pezi et cussì Brexa, et haveano levà San Marcho, e cussì havea fato Bergamo et Crema. Et questa letera è drezata qui a Matio di Gabia veronese canzelier dil dito colateral, stà in questa terra, et lui la mostrò ad alcuni, e la voce fo sparsa.
Etiam fo dito era una letera a sier Andrea Loredan con questo aviso.
Tamen in Colegio non era nulla, e cussì cessò la falsa nova.
Dil provedador Griti, di Albarè, fo letere di eri sera. Come havia ricevuta l'ultima letera dil Senato con l'hordine debbi subito andar in brexana, perché si avrà Brexa et ringratia la Signoria che li ha dichiarato il voler suo, et exequirà,
tamen bisogna artellarie et maxime canoni: poi in Verona è assa' zente quale potrebbeno ussire, et
noviter è intrate bandiere 4 di fanti todeschi; siché mete assa' contrarii.
Tamen exequirà et vederà di menar zente d'arme; et che questa matina partirà, et menerà con sé la compagnia di domino Jannes di Campo Fregoso, qual è ancora a Roma, quella di Meleagro da Forlì, quella dil cavalier di la Volpe et alcune altre
ut in litteris, e li cavalli lizieri et fanti.
Item, manda letere aute di 26 dil conte Alvixe Avogadro, date ..., qual lo insta a venir, et che Brexa farà mutatione, et che francesi è in Brexa volevano far 400 provisionati lì, ma niun voleva tuor danari.
Item, che quel governador havia fato comando a 14 citadini andaseno a Milan per sospeto, quali non anderiano. et hessendo forzati a ussir, vegneriano da lui a trovarlo; e altre particolarità
ut in litteris...
Et in dite litere dil Griti è questo aviso: che in Brexa erano zonti do dil Senato di Milan per aquietar le cosse e perdonar a tutti quelli havesseno mal animo auto al Roy etc.
Item, è intrati cavali 80 di francesi che sono in Brexa, in tutto lanze 200.
Item, a Cremona fevano 300 fanti. Scrive esser venuto da lui provedador el fiol dil conte Alvixe Avogaro a solicitarlo vegni, che in uno zorno si harà Brexa. Et a Crema era stà messo per cremaschi a sacho la badia di Ceredo, era in man de' francesi. Et in Bergamo è venuto il conte Antonio Maria Palavicino....
Dil provedador Griti, vene letere di 29, di Albarè. Come indubitatamente a hora 10 questa note partirà et anderà in brexana
juxta li mandati; e altre particularità..."
31 gennaio, col. 423
"La matina vene in Colegio el signor Frachasso e si oferse a la Signoria, dicendo non mancheria di fede, e che Crema è marchesca e lui lo sa.
Dil provedador Griti, date eri in Albarè. Come a hore 11 havia aviato tutte le zente et lui partiva, etc...
Di sier Matio Sanudo pagador, vidi letere date a Cologna, a 29, hore una di note. Come il provedador Griti si leveria a dì 30 da matina, e lui pagador resteria con il resto di le zente. Che il governador con la compagnia et il conte Bernardin e altri condutieri è alozati lì intorno, e che esso provedador havia lassà il governo di dite zente a esso pagador, et che tuto quel zorno era stato a pagar balestrieri, doman pagerà
etiam balestrieri et fanti e spazerà exploratori per saper quello fanno i nimici.
Item, che il governador stava meglio.
Dil dito, di 30, hore 2 di note. Come havia auto letere ducal et li fa risposta. Ha pur la solita febre quartana, che li dà noglia. El provedador Griti passò l'Adexe quel zorno a hore 17 e va verso Brexa, benissimo in ponto di zente. Scrive va con non picolo pericolo. Questa sera lui pagador ha fato di-
/ 424 / sfar il ponte era a Albarè, e fato condurlo più zoso per esser più a proposito. Ha mandato guastadori a Bonavigo e sarà fato fin do zorni. Doman lui monterà a cavalo con el signor governador e anderano lì ad alozar. Scrive aver mandato più exploratori. Dil riporto aviserà".
1° febbraio, col. 427
"
Dil provedador Griti, fo letere date a Trevenzuolo a dì ultimo. Di aversi partito con le zente et passato l'Adexe, et esser venuto lì, et ozi saria a Montechiari e più in là, et poi si apresenteria a le porte di Brexa,
juxta il mandato, secondo l'hordine. Et à mandato a dir al conte Alvixe, che è fuora in val Trompia, li vegni contra etc...
El Colegio si reduse. Et è a saper, consultono li savii, in caxo il provedador Griti entrasse in Brexa, fino si mandasse uno altro provedador in campo chi dovesse andar presto, e fo parlato di mandar li rectori di Padoa sier Nicolò di Prioli podestà et sier Hieronimo Contarini capitano, et sier Francesco Falier podestà di Vicenza, over sier Zuan Paulo Gradenigo ch'è provedador zeneral e van via di Friul, et
tamen non fo concluso alcuna cossa".
2 febbraio, col. 430
"...
Et zercha hore 22 vene letere dil provedador Griti date a Castegnedolo, a dì ultimo zener, a hore 4 di note. Dil zonzer lì con le zente, et coloquii abuti con il conte Alvixe Avogaro, qul è venuto lì con poche zente, numero 500, et li ha dito le cosse di Brexa non esser in quelli termini erano prima. Quelli do dil Senato di Milan che vene in Breza, hano mandato via da citadini ... a Milan sospeti siano marcheschi, et manda in nota numero 11, li quali sarano qui avanti posti, tre li quali 3 hanno la + davanti, et non se intese quello voleva dir questo,
unde dito conte era di opinion di presentarsi soto la terra e averla per forza, perché si el populo non sarà con nui, non ne sarà contra. Voria artelarie grosse, zoè do canoni di 40, perché con lui non ha si non due falconeti. Per tanto la Signoria ordeni quello l'habi a far. Et scrive altre particularità, sì come in dite letere si contien, dannando li ordini di dito conte Alvixe qual è senza fondamento. Promete vegnirano zente di le valle, ma non sono parse.
Di sier Matio Sanudo pagador, date in Bonavigo, a dì primo fevrer a hore 3 di note. Come in quella hora ha auto letere dil provedador Griti, date in Castegnedolo, a dì ultimo, hore 4 di note. Dize che da poi molto intervalo di tempo si abochò con el conte Alvixe Avogaro, el qual li ha fato intender che a li zorni passati francesi è in Brexa aveva mandato a Milan 30 di primi zentilhomeni di Brexa di che essi suspetava; per tanto, per apresentarse a la terra, non si faria cosa alcuna senza l'artelaria, e rechiede do canoni de 40 et 50, et il provedador à scrito a la Signoria e aspeta risposta, e non farà cosa alcuna perché el populo è vilissimo e
solum boni di manzar broda...
/ 431 / Item, scrive esso pagador che il messo venuto di Brexa dice in camino aver sentito bombardar e fora e dentro di Brexa, e judica li nostri se habiano cazato soto la terra. El provedador ha
solum con lui do falconeti.
Item, in questa hora è zonto il suo messo di Lignago. Dize che tieneno serate le porte et alzati li ponti, e che eri si fuzì il suo podestà con zercha cavali 11.
Item, è stato col signor governador, e dimandatoli il suo parer zercha li doi canoni
ut supra; el qual non à voluto dir la sua opinion, ma solum ch'el aspeta li sia comandato che tanto exequirà. E nel partir li disse l'averia per bona nova non si fesse cosa alcuna per li respeti che più volte li ha dito, etc."
3 febbraio, col. 431
"La brigata era di mala voia, perché tenivano le cosse dil Griti a Brexa non sequiria e cargavano il provedador Griti di la prima volta che ritornò, et
etiam il conte Alvixe che era senza fondamento. Et fo consultato in Colegio più cosse, e di far ritornar l'exercito più presto che mandarli artelarie etc...
Fu posto, per i savi d'acordo, una letera al provedador Griti, che, inteso quanto el ne scrive lui che è sul fato, si remeteno a lui, e vedando la cossa sortir bon effetto faza quanto li par, e non havendo altro, pol retornar al suo piacer; siché a lui si remetemo in tutto. E fu presa....
...sopra zonse letere dil provedador Griti, qual fo lete in camera dil Principe, con alcuni di Colegio e di Pregadi, le qual letere erano bone, et il sumario dirò qui avanti, siché per queste non si era totaliter senza speranza di haver Brexa...
Di sier Andrea Griti procurator provedador zeneral, date a Castegnedolo, a dì primo a hore 23. Come si aproximò a la terra zerto nu-
/ 434 / mero de cavali nostri, et ussiteno da 30 homeni di arme francesi et fono ale man, di quali ne fono presi 3 di loro. Dicono il populo era in arme, et par che nostri fono soto la tera e veteno done assà sopra li copi di le caxe e francesi su le mure, e fo visto domino Marco da Martinengo
etiam sopra le mura.
Item, par el conte Alvixe sia lì con 500 di quelli di le valle, e dize doman che è festa ne zonzerà assà numero.
Item, che consultano di voler far experientia et presentarsi a la terra a dì 3 da matina per tempo.
Item, ha auto certo aviso di Brexa che vadi, et si el populo non sarà con nui non sarà contra..."
4 febbraio, col. 435
"
Dil provedador Griti, zonse letere a hore 22, date a Castegnedolo a dì 2, hore 2 di note. Come erano zonte quel zorno assà zente di partisani dil conte Alvise Avogaro di val Trompia e altrove abastanza, siché haveano mandato a dimandar la terra per uno trombeta, e francesi non haveano voluto l'intrasse.
Item, havea fato butar molte polize in Brexa con le freze, prometendogli etc. la copia di le qual sarano qui avanti poste.
Item, tuto era preparato, siché
Domino concedente haveano
unanimiter terminato quella nota presentarsi soto la terra da tre bande, darli bataglia et veder di averla. E haveva fato far le proclame che il primo intraria in Brexa havesse il premio,
ut in litteris.
Di sier Matio Sanudo pagador, date in Bonavigo, a dì 3, hore 3 di note. Come in quella hora ha auto letere dil provedador Griti, di eri hore 2 di note, el qual si atrova con bon numero di zente et al continuo li andava azonzendo: haveva mandato certi balestrieri con tirar lettere in la terra diretive a quella comunità su bona forma, et haveva mandato uno trombeta per parlar a quella comunità, e francesi in le porta non havea voluto lassar intrar,
/ 436 / volendo scriver quello il voleva dir, e il trombeta se ne era tornato senza efeto alcuno; haveva fato le cride sue che il primo che intraria in Brexa havesse di don ducati 100 et ducati 10 al mexe di provision, e cussì si preparava a meza note di asaltar la terra con scale et focho: Idio li doni ventura. Et hessendo reduto sì bon numero di zente et il populo di Brexa non ne aiuta ni ne danificha, e in Brexa è pocho numero di francesi, unde spera lo efeto anderà
ad vota, che Idio cussì permeti...
Noto. Come, per letere particular di Baldisera di Scipion da Castegnedolo di 2 vidi: come hessendo a corte dil provedador Griti, deliberò questa note dar la bataia a Brexa da tre ladi, da l'uno il conte Alvise Avogaro con Jacomino e il fratello di Val Trompia e 3000 fanti, da l'altro Francesco Calsone et Piero di Longena con altri 3000 et dal terzo lui Baldisera con 3000, dove non mancherà di far etc. In questo zonse uno favorito dil marchexe di Mantoa chiamato Zopino al provedador Griti, a bocha certifica Bologna esser stà presa per forza da' spagnoli.
Et venuto zoso il Colegio a hore 4 di note, zonse letere dil provedador Griti, portate a posta per uno suo provisionado...
/ 437 / Hor smontato di barcha di le poste, vene corando in palazo con alegra ciera dicendo: "Brexa è presa" e tutta la corte fo piena di brigata et in camera dil Principe, mandato per sier Alvixe Pixani savio a terra ferma et aperte le letere di eri a hore 12. Come il provedador Griti intrava in Brexa, et il modo come lo dirò di soto,
unde di tanto jubilo subito fu mandato a dir a l'orator dil Papa, a l'orator dil vicerè di Napoli, a li oratori sguizari, al signor Frachasso di San Severino, al signor Alberto da Carpi, al patriarcha nostro, a tutti procuratori e conseieri e savii dil Colegio e altri degni senatori,
adeo la terra fo piena et tuti jubilava, et io l'intisi per messo di sier Zacaria Dolfin mio cugnado, che mandò a dir tal nova optima e di grandissima importantia, et per le strade si cridava: "
Brexa, Brexa " con grandissimo gaudio e alegreza..."
5 febbraio, col. 437
"...la matina per tempo, molti di Colegio reduti in camera dil Principe, et alegratosi con Sua Serenità, et
etiam altri vi andoe, tra li qual sier Nicolò Michiel procurator, et io Marin Sanudo con lui, et mi alegrai con il Principe, et ivi
coram omnibus fo leto l'altra dil provedador Griti, qual è di questo tenor;
data a dì 3, a hore 12. Come a hore 5, si apresentoe il campo con le zente soto la terra, et da tre bande datoli la bataglia, la qual ha durato fino quella hora, et da porta di le Pille, il magnifico conte Alvixe Avogaro con li soi introe dentro con occision di molti de soi. Il populo di Brexa non à fato alcuna movesta ni demostration: et cussì col nome dil Spirito Sancto lui provedador et domino Zuan Paulo Manfron intrarono a hora in la cità per la porta di Sancto Alexandro. Francesi coreno in la rocha e li nostri li son driedo. Et scrive che l'intrò con le zente d'arme etc. né altre parole è in dita letera....
Da poi disnar, fo Pregadi. Et leto la dita letera et vene altre letere dil dito provedador Griti, date in Brexa a dì 3, hore 22. Nara
diffuse il modo de l'intrar, e come cavalchò atorno la terra et tutti cridava: "
Marco, Marco " e brexani atorno di lui.
Item, in castello è reduti li francesi, e Marco da Martinengo et Maria Alda fo moglie dil conte Zuan Francesco di Gambara con soi fioli, et ditti francesi hanno lasato li cavali di fuora, qual è stà tolti per li nostri, et dimanda 2 canoni per trar al Castello, et che si fazi subito provedador in Brexa, et si fazi cavalchar il governador Baion con le zente verso Brexa, perché si averà altro." Altri dettagli sulla presa di Brescia seguono. Anche altri dettagli circa l'elezione di un provveditore generale (Paolo Capello), di un provveditore per Brescia (Antonio Giustinian), di lettere gratulatorie al Gritti, all'Avogadro (trascritte), alla comunità di Brescia (trascritte). Altri dettagli sulla presa di Brescia in lettera di Federigo Contarini al fratello Marco Antonio (trascritta).
6 febbraio, col. 445
"...in Colegio. Vene el signor Alberto da Carpi et si alegrò di l'aquisto di Brexa, ma desidera la resolutione di l'acordo con l'Imperador, mediante el qual si cazerà francesi de Italia et si raquisterà il nostro stato; et cussì stete in Colegio in questi coloquii etc.
Di sier Matio Sanudo pagador vidi letere, date in Bonavigo, a dì 4, hore 5 di note. Come havia auto letere dil provedador Griti di eri, a hore 2 di note in Brexa, e per tal alegreza da matina farà sbarar l'artellarie. Scrive come è tirati in castello da franzesi 500 e la moier fo dil conte Zuan Francesco di Gambara con lor fioli et Marco da Martinengo, et sperava aver il castello; è stà sachizato asà botege de francesi, milanesi e caxe de rebelli. Scrive esso pagador aver parlato con el corier ch'è brexan, el qual n'à 5 de francesi sopra l'anima; è stà amazati da persone 270 de francesi, et altri soldati de Milano da zercha 100. Si nostri vorano el castello a pati l'averà, ma lo vorano per forza; e quelli di le vale è disposti al tutto tajarli a pezi etc., et a la Signoria acrive altri particularità....".
/ 446 / Antonio Giustinian accetta di andare provveditore a Brescia; Paolo Capello provveditore generale in campo.
7 febbraio, col. 448
"...non fo letere dil provedador Griti, che a tutti pareva di novo, che dal 3, hore 22 in qua non si havesse letere, e si teniva fosseno stà intercepte in camino, adeo pareva di
novo molto....
/ 449 / ...Da poi disnar...
Di Brexa, dil provedador Griti, di 4, hore 12, et di 6, hore... Prima: come non ha auto nostre, ni letere dil governador, et ha richiesto li 4 canoni senza li qual non si pol aver il castelo, nel qual se ritrova da francesi 800 con alcuni cavali et fanti.
Item, scrive à grandissimo da far; tutto il brexan è sublevato per la Signoria nostra, e Orzinuovi è venuto a nostra obedientia tolto da li paesani proprii, et cussì Pontevigo.
Item, Bergamo e Crema sono in arme et si voriano dar a la Signoria nostra, et son venuti loro noncii a lui,
ut patet. Item, vol si provedi di fanti presto, et artelarie et danari, et provedendo a queste cosse si averà et recupererà il stato nostro tutto,
aliter seguiria mal assai. Et che erano venuti da fanti 2000 per socorer Brexa fati a Milan, venuti fin sora Oio; ma inteso nostri esser intrati, erano ritornati a Milan, et altri avisi".
8 febbraio, col. 449
Parte il provveditore di Brescia Antonio Giustinian... "Del provedador Griti non sono alcune letere.
/ 450 / ...Et sonando li boti di Gran Consejo, poi nona, zonse letere di le poste, qual poi lecte in camera dil Principe. Fo dil provedador Griti. In conclusion, che quelli di le valade di bergamascha erano andati con impeto venere a dì 6 a le porte di Bergamo, e rote, è intrati dentro e levà
San Marco. La qual nova intesa, subito si sparse per la terra con gran jubilo de tutti, et io era a disnar a caxa di mio cugnado sier Zacharia Dolfin per la nuora venuta in parentado, et era molti zentilhomeni et done et si have grandissima alegreza...
Dil provedador Griti, date in Brexa, a dì 6, hore 12. Come fo l'aquisto di Brexa, dil modo tutto per le altre di 5 avisoe; la copia di le qual sarà scripte qui avanti...
/ 451 / Item, manda una letera auta dal conte Trusardo di Calepio, qual è fuora di Bergamo; si oferisce a dar la terra a la Signoria con li homeni di le valae, pregando se li mandasse uno nostro de lì;
unde havia in quella matina aviato sier Ferigo Contarini provedador di stratioti con Piero da Longena brexan capo di cavali lizieri, et altri stratioti e balestrieri numero ... a la volta di Bergamo.
Item, tuto il brexan è in arme per
San Marco, e desidera l'artelarie e zente richieste.
Dil dito, di 6, hore 2 di note. Come havia auto nova che quelli di le valle di bergamascha non aspetando il zonzer dil provedador di stratioti, erano andati a la terra in quella matina, e preso li borgi e con palli di fero butado zoso le porte sono intrati dentro Bergamo e levato il vexilo dil glorioso San Marco, e auto li castelli
excepto la Capella, nela qual è retrati francesi. Et manda una letera di uno canzelier di la comunità nominato ... qual scrive a la Signoria di questa novità, et prega se li mandi uno zentilhomo che lo vederano come Dio.
Item, manda una altra auta di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, di ozi, qual havia passà Oio a Palazol et era 4 mia lontan di Bergamo; pertanto solicita si mandi l'artelarie e zente.
Item, scrive in Crema esser intrati fanti 250, et esser mandati a Milan citadini cremaschi numero 120, e altre particularità sicome in dite letere si contien.
Et nota. Il cavalaro vien di Brexa, dixe a bocha che erano stati mandati a Milan alcuni citadini di Cremona, qual ussiti per una porta trovorno tutto il contà in arme e li feno ritornar dentro: siché tutta Cremona è in arme e si tien farasi mutation;
tamen in la terra
publice non era questo aviso...
/ 452 / ... In questo Pregadi fu posto, per i savii, una letera al provedador Griti a Brexa. Prima, l'artelarie sarano subito de lì, et il partir dil provedador Zustignan con li danari.
Item, dagi 100 homeni d'arme a domino Baldissera Scipion atento li soi meriti e aversi ben portato, con questo, auti, li 50 cavali lizieri cessi.
Item, fazi li 100 homeni d'arme el scrive voler far de lì, soto cui li par.
Item, meti suo fiol scontro a Brexa, natural, et l'altro etiam semo contenti el meti scontro a Bergamo.
Item, atendi aver il castello usando tute le vie li par; con altre
particularità
ut in litteris. Fu presa.
Fu posto, per li deti, una bona letera a la comunità di Bergamo, ringratiando Idio sia venuta e ritornata soto el dominio nostro, con molte parole, ut in ea, notata per Gasparo di la Vedoa; la copia di la qual sarà scripta qui avanti. Et ave tutto il Consejo, e fo bollata con bolla d'oro".
Segue l'elezione in provveditore di Bergamo di Domenico Contarini, già podestà di Bergamo e capitano di Brescia, che si riserva di rispondere.
A col
/ 453 / copia della ducale dell'8 febbraio alla comunità di Bergamo, che è, con qualche variante, quella data come 5 febbraio in
R.99.23, 51r. Mi pare che sia più corretta quella data in Sanudo. Copiare quest'ultima, se necessario. Segue a col.
/ 454 / un brutto
Soneto fato in questi zorni in laude de' venitiani e poi il dettaglio dello scrutinio del provveditore di Bergamo. Poi a col.
/ 455 / prosegue con una descrizione delle feste fatte a Venezia, specialmente dai facchini, per il ritorno di Bergamo alla Repubblica. Poi a col.
/ 456 / prosegue, sempre alla stessa data dell'8 febbraio, "
Di sier Matio Sanudo pagador, vidi letere di 7, hore 24. Come, in questa hora, si ha letere di l'aquisto di Bergamo, e
successive si averà gli altri lochi. Et ozi si ha auto do letere dil provedador Griti, la prima di 6
hore 12, et l'altra di hore 2 di note. Per l'ultima avisa el predito aquisto di Bergamo. Scrive: nui si partiremo luni a dì 9 perché diman non si pol levar per causa dil ponte, però che la Signoria voria el si lasasse in guardia di 2000 zernede de visentina, di le qual ne è zonte
solum 500 malissimo in hordine e tien pocho più sia per vegnir, e quando i fossero 2000 el ponte se potria reputar perso, perché ogni pocha de zente che vegnisse fuora de Verona o Lignago potria vegnir di qua de l'Adexe senza el ponte, e il ponte si potria reputar in preda, et opinion sua saria di mandarlo a Montagnana..."
9 febbraio, col. 456
"Veneno in Colegio molti merchadanti bergamaschi habitanti in questa terra, alegrandosi con la Signoria dil felice aquisto di Bergamo, venuti da loro propri perché sempre la fede sua era a questo glorioso stato. El Principe li charezoe, et usoli bone parole ringratiandoli...
/ 457 / Vene sier Domenego Contarini electo provedador a Bergamo et aceptò, dicendo eser in hordine et si provedi de cavalli etc...
Noto. In questa matina e tutto ozi bergamaschi feno gran feste per la terra con trombe e bandiere e pifari, e loro vestiti secondo la valada, andavano balando per la terra,
videlicet, Val Trompia, Val Brembana e altre vale dil bergamascho, zoè tutti di quelle vale è fachini in questa terra denno tanto per homo et feno festa, e la sera caze di tori et fuogi grandi in vari lochi, con gran jubilo cridando:
Bergamo, Bergamo.
Di sier Matio Sanudo pagador, vidi letere di 7, hore 2 di note. Avisa quello si ha inteso eri, che il provedador Griti di Brexa mandoe sier Ferigo Contarini provedador di stratioti con domino Pietro da Longena con zercha cavali 400 verso Bergamo per la coraria, e come li paesani se meseno a l'arme con tutti quelli de le valade, e adunati da 12 mille andono atorno la terra con pichi e altri istrumenti, et il populo non fece obstaculo alcuno, e introno in Bergamo, e francesi si difendevano; li qual alfin fuziteno in el castello chiamato la Capella; et levono San Marco et quelli introno con grande alegreza...
/ 458 /
Di Brexa, dil provedador Griti, sono letere di 7, hore 15. Dimanda l'artelaria, e quelli dil castello si fortifichano; e altre particularità.
Item, in Cremona era intrato missier Zuan Jacomo Triulzi con 2000 fanti mal in hordene, Et esso provedador richiede con instanzia le artelarie.
Item, manda una letera di la comunità di Brexa in risposta di la nostra letera".
10 febbraio, col. 460
"In questa matina, sier Paolo Capelo el cavalier electo provedador in campo, fo in Colegio et tolse combiato. Si partirà da matina, va a Padoa,
tamen non à cavali.
Vene etiam ser Domenego Contarini electo provedador a Bergamo, dicendo esser in hordine; ma non à cavali..."
11 febbraio, col. 460
"Partiteno sier Paolo Capelo el cavalier sopra nominato et
etiam sier Domenego Contarini, al qual eri sera fo mandato a farli comando ch'el se dovesse partirsi indubitatamente...
Vene l'orator yspano, et disse il modo di essser levati li spagnoli con il vicerè di soto Bologna, e venuti a Butri mia 5 distante con l'artelaria; questo perché domenega a dì 8 fo gran neve,
adeo da quella parte introe il gran ministro di Milan monsignor di Foys con le lanze 700 l'ha et fanti 5000...
/ 462 / Sumario di una letera di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, data a Palazuol a dì 6 fevrer 1511 (1512), a hore prima di note, drizata a sier Antonio Contarini suo fradello / 463 / ...Eri vene a Pontevicho e quello è reso, e li francesi numero 14 erano dentro fati presoni. Poi, questa note, per do letere have dal provedador Griti, hessendo alozato a Manerbe apreso Pontevicho, fo avisato che subito andasse a Bergamo e dimandar si quella terra si volesse render; dove tuto ozi ha cavalchato e zonto lì a Palaziol, dove ha trovato che questa matina Bergamo a levà
San Marco, la Capela si tien per francesi; dimani a bona hora sarà lì. Scrive si trova con zercha 500 cavali fra stratioti e balestrieri, et dize l'anderà fino ale porta di Milano non passerà do giorni. Tuti questi paesi sono tanto ben disposti quanto è posibele poter dir, né vol sentire che francesi viva. Lauda molto el provedador Griti, qual à grandissimo pexo;
etiam lui ha gran cargo..."
12 febbraio, col. 463
"Di Brexa, di sier Andrea Griti provedador, fo letere di 8 et 9, hore 18. Si dispera non zonzi l'artelarie, perché si zonzesseno si vederia di aver il castello e si potria poi ussir fuora e corer fino a Milano. Et à relatione che missier Zuan Jacomo Triulzi era venuto fino a Lodi et non havia bastato l'animo intrar in Crema, dubitando di quel populo che è marchesco; siché tuti è in arme...
Di Bergamo, di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, fo letere a dì 8. Come ha-
/ 464 / veano auto il castelo di Bergamo, nel qual era francesi 25, salvo le persone e le arme, et in quello havea trovato artelarie ut in litteris, come più diffuse scriverò di soto la copia di una soa letera particular...
Di sier Matio Sanudo pagador, vidi letere di 10, hore 4 di note, date in Villafrancha...
Item, ha di Mantoa, di Paolo Augustini, di ozi a hore 17, dize aver che francesi erano ussiti di Bologna e andava a la volta di Parma; ma non l'aferma...
/ 465 / Di sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, date in Bergamo, vidi letere a dì 8, hore 1 di note. Come in quel zorno haveano auto la rocha; et erano posti tutti in ordinanza per darli la bataglia e aciò non fusse morto qualche homo da bene si ha tolta per resa, salvo le arme et la vita. Et erano dentro fanti 25 francesi quali si hanno lassati andar, et hano dentro trovato tre belli sacri di bronzo et uno falconeto di bronzo, quali già furono nostri.
Etiam, è stà trovato artelarie di ferro, da 80 pezi di più sorte.
Item, Vincenzo Guidoto secretario stato al cardinal Ystrigonia eri sera gionse qui, partì di Ancona".
13 febbraio, col. 465
"
Vidi letere di sier Polo Capelo el cavalier va provedador in campo, date a hore 18 a Padoa. Come in quella hora si parte per Este. Et che è venuto sier Vizenzo Polani qu. sier Jacomo, vien di Montagnana; dice tuti è in fuga perché francesi passavano pò a la Stellà; siché va per far provision.
Di Brexa, di sier Andrea Griti provedador zeneral, di 10, hore...Come dispera; è zorni 7 e lì non à visto zonzi alcuna cosa richiesta; non artelarie, che si fosseno zonte si arìa auto il castello, qual non traze molto a la terra e non fa movesta molto; non è venuto alcun presidio, ni el provedador che si doveria aver mandato
immediate a ziò lui avesse potuto ussir; et che Crema e Cremona erano in arme. Di missier Zuan Jacomo Triulzi non si dicea nulla, et che in Geradada e quelli lochi soto Milan era movesta di adunation di zente, e favano fuogi e soni di campane, dando fama francesi aver roto il campo di Spagna e dil Papa...
Item, che quella comunità, oltra li 500
/ 466 / fanti prima deliberati di far, che
etiam ne haveano preso farne altri 500 dil suo per custodia di la terra; siché sariano 1000.
Item, come presentò la letera ducal, bolata d'oro, e leta nel Consejo, vete molti citadini che lacrimoe da dolceza; e altre particularità scrive, desiderando molto le artelarie.
Dil conte Alvixe Avogaro, fo una bona letera a la Signoria nostra. Alegrandose di l'aquisto di Brexa, e di la fede sua sempre stata, et vol perseverar fin l'averia vita, etc.
Di sier Matio Sanudo pagador, vidi letere di 11, hore 2 di note, da Villafrancha. Come hanno per più vie, che francesi erano ussiti di Bologna e se ne veniva a pasar a la Stellà,
unde scrive si leverà da matina el governador con le zente, et si vegnirà ad alozar a Bonavigo, et poi con ogni celerità si anderà verso Montagnana, e li starano a le frontiere, e secondo le occorrentie si governerano. Si duol habino pochi fanti; Dio ne aiuterà...
/ 469 / Di la comunità di Bergamo, fo leto una letera drizata al provedador Griti a Brexa. Come si alegravano di esser tornati soto la Signoria nostra, et scriveno se li par che manderiano oratori a la Signoria nostra, con altre parole
ut in ea.
Et nota. Il provedador Griti li rispose non li parea tempo di mandar oratori, e si atendesse ad haver la Capella etc....
/ 472 / Di sier Matio Sanudo pagador, sopravene letere ... date in Soave a dì 12, hore 4 di note. Come si doleva esser il primo avisase tal nova, che hessendo lo illustrissimo governador a Villafrancha quel zorno, poi acompagnato l'artellarie al Menzo e dato scorta a sier Antonio Zustinian va a Brexa, volendo retirarse con le zente era rimaste a Bonavigo, sicome scrisse, et aviati li cariazi avanti e le fantarie, sopravene, a hore zercha 21 in 22 l'antiguarda de' francesi et si convene rivoltar le fanterie et esser a le man. Ne fo morte assai, et rota dita antiguarda; sopravene uno squadron di francesi,
adeo fo necessario al governador e li altri far fato d'arme, et zà il primo era roto, ma sopravene un altro più grosso che fo pericolo ai nostri. Et in questo lui pagador, con Zuan Piero Stella
secretario, tolse la volta di l'Adexe et è venuto lì a Soave, e con Aleardo è lì vegnirà in qua a Vizenza. Si duol esser presi li soi cariazi ne li qual era ducati 1600 di la Signoria, ma ben li piace li ducati 5000 non erano passati di là; e il mal è stà che il ponte a Bonavigo era stà fato disfar per il conte Bernardin e fato condur a Montagnana, che il signor governador nulla sapeva. Quello sarà seguito, zercherà de intender et aviserà subito. Ha scrito per tutto.
Et zonta questa lettera, tutti li Pregadi fo di mala voja, et li savii si reduseno in cheba a consultar et scriseno letere con questo aviso a Brexa al provedador Griti, mandate per 8 man, acciò una de esse le havesse".
/ 473 / Le notizie dell'arrivo imminente dei francesi vengono confermate anche da altre fonti.
14 febbraio, col. 474
Il Sanudo riferisce ampiamente dei commenti che circolavano per Venezia circa la rotta del governatore.
"Dil governador zeneral Zuan Paulo Baion, sopravenne pocho da poi terza letere date a Barbaran, in questa note. Come era arivato lì sano con parte di le zente d'arme et passato l'Adexe a guazo, et non era danno alcuno di l'exercito: manchava solum el conte Guido Rangon e uno nepote di esso governador con zercha 14 homeni d'arme, sicome per relatione di Zuan Forte, qual vien di qui, il tuto se intenderà. Siché lui atende a radunar lo exercito, poiché Idio non ha voluto sia stà mal et farà le provisione debite, etc.,
ut in litteris..."
/ 475 / Si riporta il sommario di una lettera di Matteo Sanudo del giorno 12 da Soave, nella quale si descrive minutamente la rotta dell'esercito veneto ad opera dei francesi presso l'Adige a Marzabò.
/ 476 / Dice che "si pol dir esser stà sasinati dil marchexe di Mantoa, che zà parechi zorni mena simel praticha: et per quel si à visto et ha che le zente d'arme francese saltò la fantaria nostra cridava: "
Franza, Franza, Turcho, Turcho", ch'è l'insegna di ditto marchexe di Mantoa". Lo stesso Sanudo scrive il 13 da Montagnana dicendo che sono giunti lì Paolo Capello e Domenico Contarini.
"Di sier Polo Capello el cavaliere provedador zeneral, date in Montagnana, a dì 13, hore una di note. Come è certo si arà inteso el sinistro ricevuto da le zente nostre di là di l'Adexe, con el signor governador instesso. Et ozi, venendo lì a hore 17, hessendo apresso mia 3, ave uno messo per di Montagnana, che lo advisava nostri di là di l'Adexe erano stà roti; et comenzoe subito incontrar homeni d'arme che se ne andavano a la sfilata e in gran numero verso Este, i quali subito fece ritornar e coglier da ogni banda e farli dar volta lì a Montagnana, dove
etiam à trovato el conte Bernardino, che era in quel hora gionto con la compagnia sua per la nova predicta, e provedeno in far alogiar et readunar queste gente come meglio si pol, che tutte erano sparse e in fuga. E per quanto si va intendendo di hora in hora da più bande e diverse persone che zonzeno a pezo a pezo, trova el danno esser molto minore di quello prima
risonava e si pensava, e sarà cossa da poter presto redrezar, et se la Signoria vorà proveder, facilmente si darà modo di ridrizar el tutto e favorir le cosse di Brexa e seguir la vitoria pur oltra li desegni nostri; ne li è smarito lo animo, anzi più se li acende..."
/ 477 / Dil governador general etiam
fo letere, di Barbaran. Come il dano è stato homeni d'arme numero 20, fanti 200, uno canon di 40 e 4 falconeti, e la zente nostra è parte col signor governador al ponte di Barbaran e parte andati a la volta di Montagnana, ei i nimici par vadino a Brexa...
Item, il conte Guido Rangon non è morto ma fato prexon, et li danari de la Signoria è stà recuperati, perché li cariazi si salvò. Item, par sia stà preso per i nostri da homeni d'arme 27".
domenica 15 febbraio, col. 477.
Riferisce di una relazione di Zuan Forte in Collegio, in cui si narra la rotta dei veneti per opera dei francesi, i quali vanno alla volta di Brescia.
/ 478 / "Et di Bergamo si ave aviso, per uno venuto, partì a dì 9: come quelli di la Capella capitolavano per rendersi; et erano in Bergamo 12 milia persone di le valle".
16 febbraio, col. 480
"
Di Montagnana, di sier Polo Capello el cavalier, provedador zeneral, di 15, hore 1 di note...Scrive, lui è di bon animo e gaiardo, né mancherà di solicitudine. Et subito inteso dil caso, expedì letere a Brexa al provedador Griti, il dano seguito à nostri
/ 481 / esser stà pocho, e di qui si provederà gaiardamente... La note pasata francesi hanno alogiato a Valezo, e doveano andar alogiar questa note che viene a Peschiera, dove si dice dover ussir certe gente di Verona per andar a unirse con quelle a Peschiera e andarsene in brexana.
Tamen è stà dito per uno homo d'arme venuto da quelle bande: come venere li nostri comenzorno a batere el castello di Brexa, che fo a dì 14, e da poi batuto un gran pezzo cessorno in modo che indicava el castello esser reso..."
17 febbraio. col. 483
"Si ave nova Bologna esser stà presa per spagnoli, e tuta la terra fo piena a questo per letere duplicate di Mantoa.
Item, fo dito che Sonzin e Caravazo havea levà San Marco, et domino Jacomo Secho primario di Caravazo et olim condutier nostro havia taiato a pezi certi francesi et fato questo efecto. Item, che la Capella di Bergamo era resa; ma con letere di questo non si ave, et erano zanze."
Poi per diversi corrispondenti arriva la notizia della presa di Bologna da parte degli spagnoli e delle perdite subite in quell'occasione dai francesi. Questa notizia viene unanimemente interpretata come positiva per le fortune di Venezia.
/ 484 / "Di Brexa, di sier Andrea Griti provedador zeneral, fo letere di 13, hore 4 di note, insieme con sier Antonio Zustinian el dotor, provedador di Brexa. Et prima avisano l'intrar di esso provedador e le zente in Brexa a dì 12, hore...di note l'artelaria introe.
Item, a dì 13 comenzono a piantar dite artelarie a la volta dil castello, e trazevano e fe' gran rotura di passa di muro: quelli dentro trevano anche loro, e si voleno difender. Si duol esso provedador aver pocha polvere; e altre particularità.
Item, mandoe una letera, li fo portata, scriveva missier Zuan Jacomo Triulzi da Lodi al governador di le zente francese, monsignor..., è nel castello, di questo
tenor: Come il gran maistro con le zente francese erano intrati in Bologna e fato retirar il vicerè in driedo, et che si debbi tenir in castello perché il vicerè e lui con bona zente lo vegnirano a socorer, et non li dice el dì e l'hora perché non pol saper, ma sarano presto, et debbi aver lo exempio di quello fece la rocha di ... che si tene altre volte, e fo causa di la recuperation dil stato di Milan.
Et in dite letere dil provedador Griti e dil Zustignan. Scriveno aver pocha polvere et si voria mandarne. Etiam à poche artelarie, e voriano una altra colobrina. Item, hanno pur inteso francesi vegnirano a campo a Brexa, unde quelli cittadini de lì sono molto di mala voia e stanno sopra de sì; e altre particolarità scriveno, e che atendeno a bater il castello, e quelli dil castello trano morteri e fanno danno a la terra"
18 febbraio, col. 487
Viene smentita da più parti la presa di Bologna da parte degli spagnoli.
19 febbraio, col. 488
La notizia della presa di Brescia da parte dei veneti, appresa a Roma dal Papa, è motivo di grande contentezza.
/ 489 / Da una lettera di Matteo Sanudo del 17 si apprende che i francesi sono giunti a Castenedolo, cioè a 6 miglia da Brescia.
/ 490 / "
Item, il conte Alvixe Avogaro, con alcuni cavali lizieri nostri, havia asaltato el campo francese e havia malmenato da homeni d'arme 120...
Sumario di letere dil conte Hironimo di Porzil da Roma, a dì 13 fevrer 1511 (1512) drizate a sier zuan Badoer dotor et cavalier. Ricevute a dì 19 dito. Questa gloriosa nova di Brexa il Papa non hebe la miglior, da poi la incoronatione sua. Tuta questa terra ha facto gran letizia, et il Papa ha scrito al vicerè vada a questa impresa di Brexa; non vol far juditio si l'anderà. Sono letere di Milano di 8 di questa novità di Brexa. S'el fusse la pace cun l'Imperador,
/ 491 / si cazeria adesso franzesi di là di la Franza... De Brexa non se ha altro dubio, se non per la rocha".
20 febbraio, col. 491
"Se intese esser lettere di Brexa dil Griti, et cussì con effecto erano brevi in zifra scriti per sier Antonio Zustignan el dotor provedador in Brexa e lui sier Andrea Griti provedador zeneral di 15, hore 4 di note, il sumario di le qual scriverò di soto.
Unum est, quelli di Colegio stavano taciti e suspesi, perché in ditte letere la cossa di Brexa era pericolosa. Il castello si teniva, né nostri trazevano per mancharli la polvere. Li citadini di Brexa erano suspesi. Il campo di francesi era zonto a Castegnedolo mia 6 da Brexa, et fo a le man, venendo, con alcuni cavali lizieri nostri, i quali nostri volendo recularsi in Brexa scaramuzando con i nimici, il cavalo di Meleagro da Forlì governador e capitano di cavali lizieri qual ha di conduta ... li caschò soto e fu fato preson de i nimici insieme con alcuni altri; e altre particularità scriveno ut in literis, exortando il governador con le zente si spingano avanti; et che è fama missier Zuan
Jacomo Triulzi vengi da la banda de Milan con bon numero di zente.
Et scriveno diti rectori senza zifra, pur di 15, hore 4, al governador zeneral. Che passi l'Adexe e si spinga avanti, et che il teritorio è con nui, e cussì la cità disposti a difendersi, et scrive la presa di Meleagro da Forlì etc.
Dil provedador Capello, date a Albeton, eri / 492 / a hore... Come à auto letere di Brexa di provedadori di 15, hore 4 di note. Come haveano fati in la terra fanti 2000, et che doveano dar la bataglia al castello, et haveano fato gran bataria, e il conte Alvixe Avogaro era sopra il monte a veder obviar non intrasse socorso nel castello, et speravano aver quello, et persuade il governador con le zente si spingano avanti.
Item, scrive esso provedador Capello a la Signoria zercha cose dil campo.
Et in la letera in cifra, scriveno quelli provedadori di Brexa. Che il populo di Brexa è molto suspeso e stanno perplexi etc., e però persuadeno la Signoria mandi il governador e le zente di là.
Vene uno corier di Roma con letere di l'orator nostro, di 15. Come andando a palazo, sopravene il nostro corier con letere nostre di l'aquisto di Bergamo, et andò dal Papa et li disse questa bona nova lezandoli la propria letera di la Signoria, e il Papa lacrimoe dicendo alcune parole ut in litteris, et subito spazoe letere solicitando il vicerè passi con l'exercito drio francesi, o passi Po o vadi a la volta di parmesan..."
/ 493 / In una lettera di Matteo Sanudo del 19 da Montagnana vi è una descrizione dettagliata della situazione a Brescia. Lo stesso alla colonna
/ 494 / per altre lettere del Capello.
21 febbraio, col. 494
"...molti diceva Brexa era in pericolo
maxime per le poche provision è stà fate, mandate l'artelarie tardi e poche,
solum do canoni di 50 et do falconeti di 20, et pochissima polvere... vene
letere d'Albeton dil provedador Capello, di eri, hore 2 di note. Come mandava una letera abuta di sier Fantin Moro podestà di Cologna, di 20, hore 20, per la qual lo avisava come era zonto l' uno Zuan di Naldo capo di cavali lizieri con cavali 70, vien di
/ 495 / Brexa. Dice francesi esser intrati in Brexa a dì 19, hore 16, siché Brexa è persa. Di le zente nostre non si sa, solum che francesi è intrati per forza; la qual nova esso provedador l'avisa e si duol.
Di Cologna, di sier Fantin Moro podestà, di 20, hore 20 al provedador Capello. Con questo aviso dil perder di Brexa etc. Et zonta questa nova, tutta la terra che l'intese stavano di malavoia, et la voce si sparse per tuto". Continua a descrivere l'atmosfera a Venezia, a mano a mano che giungono altre notizie sulla caduta di Brescia, con informazioni alterne e incertezza grande.
22 febbraio, col. 497
"...fo gran pioza. E fo domenega di carlevar; et a bona hora la brigata era reduta a San Marco per intender da nuovo, et lo ancora. E parte dil Colegio si reduse a bona hora in camera dil Principe, et sopraveneno do stratioti mandati de qui per il provedador Capello, quali è partiti di Brexa, et riferiscono il modo, li qual do stratioti andati,
etiam io con loro, in camera dil Principe, riferiteno: Come a dì 19, il zuoba di la caza; francesi introno in Brexa in questo modo: che il mercore di note messeno le fantarie in la rocha, zer-
/ 498 / cha 10 milia, e la matina per tempo veneno in ordinanza zoso tutti dil monte a la porta di le Pille, et quella aperseno per forza, havendo prima roti e taiati a pezi li fanti brisigelli erano a quella guardia dil castello, et poi intrati in la citadella, la qual è gebellina, quelli brexani stano lì cridono: "
Franza, Franza". Et subito il provedador Griti si armò e con tute le zente d'arme vene in
piaza in uno squadron, et francesi erano zà intrati in la terra per le porte e combatevano con nostri; et che il provedador Griti disse: "stratioti si salvi" et che chi poteva ussir ussivano; ma le porte erano serate, et che pur ussite il suo capo Andrea Mauresi con alcuni soi stratioti so compagni et loro etiam et rompeteno uno portello di una porta. E ussiti era monsignor di Obignì con le zente d'arme francese lì, et fono a le man, e fu fato prexon dito Andrea Mauresi so capo, et questi doy scampono di longo; sichè dicono per causa di non aver auto il castello si à perso Brexa, et si steva un giorno più a venire francesi a darli il soccorso a Brexa, zoè al castello, quello si saria hauto..."
Alla col.
/ 501 / lunga epicrisi del Sanudo circa le cause della perdita di Brescia.
23 febbraio, col. 504
Prosegue la narrazione delle cose da Brescia. Poi alla col.
/ 505 /: "Et stando cussì in aspectatione di letere, venne uno cavalaro di Padoa con letere di campo che verificha la rota, e presa Brexa e occision de' nostri, come dirò di soto, per la copia di la propria letera dil provedador Capello....
/ 506 / Et è da saper, che sier Ferigo Contarini provedador di stratioti, quel zorno di 19, di Bergamo la note zonse in Brexa con cavali 200 di stratioti, e di lui non si sa nulla, né dil conte Alvise Avogaro et dove el fusse...
Di sier Polo Capello provedador zeneral, vidi letere, hora venute particular, date a l'Albeton, a dì 22, hore 23. Come, per uno venuto di Mantoa del signor Frachasso, se intende il signor marchexe haver havuto adviso de l'intrar de' francesi con haver morto el forzo de nostri, e de li soi ancor ne sono manchati numero grandissimo, per la defension galiarda faceva nostri... (Qui segue una lunga lista di morti.) Ogni un dice che de quelli è stà facta gran strage, et io lo credo, perché so francesi temer più stratioti et haverli più in odio di qualunque altra gente..."
24 febbraio, col. 507
Relazione da parte di un Antonio da Fin bergamasco sulla presa di Brescia ed il suo viaggio verso Venezia, relazione raccolta dallo stesso Sanudo. Seguono anche altre relazioni di questo evento per lettere del provveditore Capello, di Alessandro Marcello della compagnia di Meleagro da Forlì, di Matteo Sanudo.
25 febbraio, col. 512
"Tuta la terra fo piena esser certo Brexa persa, et messa a sacho, et con occision grandissima,
adeo tutti rimaseno come morti". Segue una relazione, raccolta dal Sanudo, della situazione di Brescia da parte di Domenico Busichio. Seguono lettere con altre relazioni, da parte di Matteo Sanudo.
/ 514 / "Noto. Se intese poi, in quel zorno medemo che francesi introno in Brexa, missier Zuan Jacomo Triulzi vene ad expugnar il castello di Pontevicho e l'ave per forza, e usò contra nostri gran crudeltà"...
Segue una dettagliata relazione di Pasquale Visentin che stava a Brescia nella torre delle Pile. Narra anche del sacco di Brescia, estendendosi fino alla col.
/ 518 / "E per uno venuto ozi di la compagnia di Meleagro partì venere a dì 20, dize aver visto, oltra al provedador Griti esser salvo domino Antonio Zustignan...
/ 519 / Vene in Colegio uno Alexandro da Longena, vien di Brexa, partì domenega a dì 22, dize sabato a hore 22 sopra la piaza di Brexa fo fato taiar la testa al conte Alvixe Avogaro..."
27 febbraio, col. 520
"
Di sier Polo Capello el cavalier provedador zeneral, data a l'Albeton a dì 25, hore 21. Scrive si Brexa è persa e nui habiamo pianto, Franza et Alemagna non riderano. La rota e danno è stato intollerabile. Dio perdoni a cui n'è stato causa. Scrive si doveva atender di conservar l'exercito che resta, acciò un zorno non siamo abandonati. Per lui non mancha di scriver di longi pagamenti dai quali tutti fuzeno, e si habi avanti li ochii lo orendo caso di Brexa, che per non voler mandar le artelarie
immediate et proveder di meter le fantarie dentro come fu preso in Pregadi di far, è stato causa di perder quella terra, le zente e far prexon il clarissimo Griti collega suo con tanti valenti e valorosi homeni... conferma il provedador Griti esser salvo e presone, e che il sabato a dì 21 in piazza fu tagliato la testa al conte Alvise Avogaro presente il provedador Griti, al qual è facto bona compagnia. Dicti stratioti con le sue man hano
sepulto in una chiesia i corpi di sier Ferigo Contarini, cavalier Basta, et domino Thodaro Frassina, tutti homeni valorosi e dignissimi... Mai in Italia, da 200 anni in qua fu la magior tajata..."
/ 522 / Ed in altra lettera ancora del Capello del 25 si dice: "Mai fu la mazor tajada; sachizata tuta la terra, vergognato le donne, dato taia a' preti, frati e monache, cosse horende ad imaginarse nonché a scriverle..." Altra relazione del sacco di Brescia in una lettera di Matteo Sanudo del 23, che si estende fino a col.
/ 524 /.
28 febbraio, col. 524.
Vi sono altre relazioni del sacco di Brescia.
29 febbraio, col. 532
In una lettera del Capello del 28 febbraio si dice ".. il caso di Brexa si va di hora in hora dilucidando, per quelli che di hora in hora zonzeno...Per quanto referiscono, è stà combatuto virilmente da tutti, excepto stratioti, quali se messeno a fuzer verso una porta, e tanto feceno che fu aperta e ussiteno fuora, e fu causa principale dil disordine, che per quella porta poi introrno francesi a Cavallo; che se non intrava a cavalo li nostri haveano grandissimo bene. Pacientia, el dovea esser cussì..."
TOMO XIV
1° marzo, col 2
"
Di sier Polo Capello, provedador zeneral in campo, date a Albeton a dì ultimo fevrer, hore 3 di note, fo letere. Come damatina si leverano et anderano ad alozar a Vicenza, et lì starano uniti e più seguri". La partenza per Vicenza è confermata anche da lettera del 29 di Matteo Sanudo, che aggiunge: "Et per tutto se dize l'acordo di l'Imperador con la Signoria nostra".
2 marzo, col. 7
Si ha notizia da Ravenna che "il campo tutto di spagnoli con tutto quello dil Papa esser solum lanze 1200, cavali lizieri 33 et fanti 6000 mal in ordine, et che volevano andar a campo a Rezo, ch'è tenuto per francesi, ma pativano assa' di fame..."
"Dil provedador Capello, fo letere da Vicenza, di primo, hore 2 di note. Come, a hore 19, introno l' il campo tutto, dove è gran carestia di ogni cossa. Non vi è strami, nì biave, le qual è stà fate condur a Padoa di hordine de la Signoria, e lì è gran povertà. Et de i nimici si ha, che fano adunanza di zente et vegnirano a Soave...
Di sier Matio Sanudo pagador vidi letere di primo. Dil zonser lì in Vizenza ozi, et lì il campo nostro alozerà. Item, hanno i nimici esser andati a Cremona e lì passar Po per andar a Bologna. Item, di sopra a Trento è stà fato cernida di zente et numero di persone, qual vegnirano a Verona, et ordinato cavali etc., siché questo saria il tempo di far qualche bene e darli adosso; ma non si vede il modo etc."
Da lettere dell'oratore veneto a Roma del 26 si apprende che lì è giunta la notizia della caduta di Brescia. Il Papa ne ha avuto gran dolore e sollecita la risposta di Venezia circa l'accordo con l'Imperatore e si lamenta che gli spagnoli non abbiano fatto nulla.
/ 9 / "E' da saper, fo dito Bergamo esser acordato dar a' francesi ducati 60 milia per la defetion fata a' francesi, et che domino Antonio Maria Palavicino, de chi era a Bergamo donatoli per il Roy, era intrato in la terra per tratar questo accordo, acciò non fusseno sachizati..."
3 marzo, col. 10
Narra di diversi capi militari che stavano a Brescia e che sono comparsi ora a Venezia. In una lettera del Capello del 2 marzo si riferisce del malcontento delle truppe (750 uomini d'arme) alloggiati a Vicenza: chiede denaro, a scapito di inconvenienti. Scrive che i veneti stanno con gli occhi aperti ed hanno molte spie a Verona e nel bresciano che riferiranno.
4 marzo, col. 13
Riferisce il Capello da Vicenza il 3 marzo che si sa dalle spie come i francesi hanno attraversato il Po a Casalmaggiore su ponti e barche e pare vadano a saccheggiare Modena e poi proseguano per Bologna. "Tien vadino per dar una streta a' spagnoli seguendo la reputatione auta, il che facendo, resteriano signori dil resto de Italia. E in questa sententia concore il signor gubernador, et hessendo inviliti spagnoli, dubita non li vadi fata: che Dio no 'l voia!" Un'altra spia riferisce che in Verona ci sono solo 1000 fanti o poco più e circa 60 cavalli di stradiotti e alcuni altri pochi: tutti hanno attraversato il Po.
5 marzo, col. 15
"Dil provedador Capello, fo letere di 4, da Vicenza, hore 3 di note. Come, à aviso di Mantua di Paulo Agustini, che francesi erano passati Po a Caxal Mazor e fevano la mossa a Parma: si dice vano a trovar spagnoli...Item scrive, aver expedito noncii al campo di spagnoli con avisarli francesi li vano a trovar e stagino avisti..."
6 marzo, col. 16
Da una lettera di Matteo Sanudo del 5 da Vicenza: si è deciso di alloggiare le truppe nei dintorni. Egli è dell'opinione di andare a Bonavigo, fare un ponte sul'Adige ed andare contro Lignago senza perder tempo; ma nessuno lo vuole ascoltare. Si apprende da Verona che la maggior parte delle truppe sono uscite e vanno verso Bologna ed il campo francese.
Paolo Capello scrive da Vicenza il 5 che, avendo fatta e conclusa una mostra la domenica passata, si stanno ora alloggiando gli uomini d'arme ed i cavalli leggeri nel paesi del vicinato perché a Vicenza non vi sono strami per i cavalli. Anch'egli riferisce che le truppe escono da Verona e quelle rimaste sono male in arnese.
7 marzo, col. 17
Il Sanudo riferisce le diverse voci che corrono a Venezia sui movimenti delle truppe e sulla strategia. I parenti di Andrea Gritti chiedono uno scambio tra lo stesso Andrea, prigioniero del francesi, e Monsignor de Ru, borgognone, capitano generale delle truppe imperiali, prigioniero a Toreselle. Si porrà parte in Pregadi.
8 marzo, col. 19
Una lettera del Capello del 6 da Vicenza riferisce che una spia da Verona dice come le sole truppe in Verona sono 600 fanti italiani, e 70 cavalli tra stradiotti e balestrieri, che fanno un bastione alla porta verso Peschiera. Una seconda lettera dello stesso del 7 riferisce sulla condizione delle truppe.
9 marzo, col. 20
Da un nunzio partito da Milano il 2 si apprende che Andrea Gritti, Antonio Giustinian e Baldisera di Scipioni sono mandati prigionieri a Pavia, dove staranno. Il Capello da Vicenza con lettere in data 8 informa che i francesi non vanno così rapidamente a Bologna e pensa che ciò sia dovuto al fatto che gli svizzeri accennano a calare.
/ 21 / "Di sier Marin Zorzi el dotor, orator nostro al vicerè, zonse letere date a Butri dì primo fino a dì 7 di l'instante, asa' copiose. E dil suo zonzer lì, qual è mia 5 di là di Bologna, e di la audientia auta subito dal vicerè, et di presenti dati... Item, si scusa di Brexa perché mai non li è stà scritto nulla, et che si l'acordo si fa con l'Imperador, si reaverà tutto il stado e francesi sarano cazadi de Italia..."
10 marzo, col. 21
Il Capello scrive l'8 da Vicenza: "Come il signor governador si parte doman per andar al suo alozamento deputato a pe' di monti a Malo; conclude la Signoria à poco amor al stado a non far provisione a quelle zente, e li denari si dano è butadi via".
/ 22 / Un famiglio riporta che Antonio Giustinian è prigioniero nel castello di Pavia con i ferri ai piedi. Per lui viene chiesta una taglia di 5000 ducati.
11 marzo, col. 22
Il Capello scrive il 10 da Vicenza, riferendo alcune mosse dei militari in Verona, il cui significato non appare chiaro. Scrive poi ancora in data 10: "Come ozi à auto letere di sier Marin Zorzi orator al vicerè, da Butri, di 7. Damatina anderà a Malo a trovar il signor governador per consultar questa materia, la qual è importantissima,
/ 23 / e bisogna haver gran consideratione sì de l'andar dil nostro exercito sopra Po, qual dil passar spagnoli di qua dal Po, perché, zonti fosseno nostri sopra le rive di Po, Padoa saria presa subito, e quello non si ha potuto far in tre anni, si faria in un'hora, e pasando di là saria perso il resto.
Item, di Verona à, per spie, come si preparava alozamento de lì per 200 lanze et 2000 fanti;
tamen esso provedador non crede habino a venir tanto numero". Dall'oratore veneto in Roma non si hanno notizie buone circa l'accordo tra il Papa e l'Imperatore.
12 marzo, col. 24
Lungo sommario delle lettere dell'oratore a Roma.
13 marzo, col. 26
Il Capello da Vicenza scrive l'11 di aver avuto lettere del Gritti che il giorno 7 era prigioniero a Milano. Scrive anche che alcune poche lance sono entrate a Verona.
"
Di sier Marin Zorzi el dotor orator nostro al vicerè, date a Butri, a dì 10. Come era stà fato le mostre di le zente de lì, et trovato esser lanze spagnole 900, cavali lizieri 1000, fanti 10 milia con li venturieri...
Item, voleno far fanti 3000 a conto de la liga, per terzo.
Item, che voleano passar Po e venir di qua; ma visto francesi tutti esser passati Po e venuti in parmesana, voleno restar et fortificarsi, e non li temeno; fanno stechadi, etc...
Di Ravena, dil cardinal Sedunense, sguizaro, legato in Lombardia, di 11. Come è lì, e vol venir a Venetia, et portar li ducati 16 milia auti dal Papa e Spagna per asoldar 6000 sguizari, et la Signoria
etiam darà li ducati 8000 per la sua parte per questo effecto; però dimanda se li mandi pasazo securo,
ut in litteris".
14 marzo, col. 29
"Vene in Colegio sier Domenego Contarini, fo electo provedador in Bergamo, stato sin hora in Montagnana. Vene con lui sier Nicolò Michiel procurator suo cugnato, sier Anzolo Contarini suo fradello, e sier Zuan Vendramin suo nepote. Lui era vestito de negro, ma non referite...
Dil provedador Capello, date a Vicenza, eri, a dì 13, hore una di notte. Come in Verona nulla ha, et perché de lì, in Verona, non sono grosse zente, però non è da temer. Scrive tutti i cavali lizieri sono extesi da San Zuan di la Rogna, San Bonifatio, Villa Nova et Archole, siché sempre si potrà esser advisati di la ussita de i nimici, e le nostre zente è fatte stringer tute in Schio e Montecchio con alcune altre ville propinque.
Item, per uno venuto di Milan, partì domenega, a dì 6, dize lì si cominziava sentir sguizari prepararse per calar zoso, onde lui provedador à mandato uno suo fin a Como e Varese per certificarsi".
15 marzo, col. 30
Da due lettere del Capello del 14, pare che i francesi vogliano uscire da Verona e venire verso Vicenza, ma la cosa non pare probabile. In ogni caso, si prendono provvedimenti ed il Capello si consulta con il governatore Bernardino. Al doge non piace l'accordo con il Papa e gli spagnoli e decide di aspettare.
"
Di sier Marin Zorzi el dotor, vene letere date a Butri, a dì 12. Avisa la disposition de' spagnoli esser di passar sopra il Polesene di San Zorzi et strenzer Ferrara, et le nostre zente vadino sopra Po, e altre particularità; et ch'el campo di spagnoli s'ingrossa e fanno li 3000 fanti per la liga, e dimandano l'amontar di diti per parte nostra etc...
Noto. In questi zorni, domino Bernardin Morexini orator di sguizari, partì di qui per ritornar ai soi Cantoni per ordinar la venuta loro, et
maxime li 6000 si dieno pagar per conto di la liga..."
Si apprende da Milano che il Gritti è prigioniero in quel castello. Alcuni ricchi bresciani che sono usciti vivi da Brescia non hanno di che vivere e si assegnano loro 10 ducati a testa. Si danno anche 40 ducati a Jacomino da val Trompia che al tempo del sacco di Brescia era andato a far gente in quella valle.
16 marzo. col. 32
Una lettera da Vicenza del Capello del 15 dice che, secondo l'ordine avuto dal governatore, ha mandato tre compagnie di fanti, per un totale di 500 uomini, a Montecchio; ma nulla si apprende da Verona e lui non crede ad un'azione. Da altre informazioni, 3000 fanti francesi sono venuti per il Po ad Ostiglia e si dirigono a Bondeno e Finale. Vi è un conto dei soldati francesi, che sono molti
/ 33 / "per tanto è necessario il Papa se ingrossi, et la Signoria fazi provisione di pagar queste zente, si non voleno veder qualche gran ruina, et al modo si tien, non è da far guerra. Conclude, lì, nel nostro campo, è zente triste et valeno pocho, e sarìa meglio aver mancho numero et fosseno bone. L'ha scrito per più soe a la Signoria; non si vol far provisione: pacientia!"
Segue un'altra lettera dello stesso alla medesima data, ad ore 4 di notte. Pare da informazioni diverse che il rischio di un'azione da Verona sia scarso, ma starà in pronto. Riferisce di colloqui avuti con il messo degli svizzeri che è transitato da lì e fornisce particolari interessanti sull'atteggiamento degli svizzeri. Matteo Sanudo scrive il 15 di sapere da Milano che gli svizzeri stanno calando.
17 marzo, col. 34
Movimenti di oratori svizzeri e lettera del Capello da Vicenza del 16 marzo. Scrive manifestando l'opinione che sarebbe meglio stringere accordo con gli svizzeri, con interessanti considerazioni.
/ 35 / Matteo Sanudo scrive il 16 da Vicenza di aver appreso che a Milano vi è paura per l'arrivo degli svizzeri; riferisce anche dei movimenti dei francesi e degli spagnoli. Con un'altra lettera, lo stesso Sanudo riferisce di una rotta subita dai francesi da parte degli spagnoli.
18 marzo (dice però 15), col. 36
Da una lettera del Capello si hanno dettagli circa le condizioni di una possibile alleanza tra l'Imperatore ed i francesi.
/ 37 / Anche l'accordo con il Papa tarda, in attesa di altre informazioni.
19 marzo, col. 38
Arriva un certo Andrea Brexan da Milano, che ha conferito con il Gritti e con il Triulzi e porta lettere alla Signoria. Scrive Matteo Sanudo da Vicenza il 17. Riferisce che i francesi vorrebbero passare il Po ed è preoccupato di questo, perché potrebbe significare la perdita di Padova. Un'altra lettera dello stesso in data 18 riferisce che si attendono a Thiene gli oratori svizzeri; che la guarnigione di Verona si va ingrossando; che le truppe venete si concentreranno tra Padova e Vicenza e rimarranno unite; riferisce del numero delle truppe francesi, che si stanno giocandosi il tutto per tutto. Si discutono i termini di uno scambio tra Andrea Gritti e Andrea Giustinian con altri prigionieri.
20 marzo, col. 42
Lettera del Capello da Vicenza del 19. Ancora non si vedono gli oratori svizzeri. Il tempo è pessimo (da alcuni giorni).
21 marzo, col. 43
"Di sier Marin Zorzi el dotor, orator nostro, de Butri, l'ultime a dì 15. Come l' è gran carestia de vituarie, e, inteso spagnoli ch'el duca di Ferara era venuto a Arzenta con 400 lanze et 4000 fanti, dubitando non esser messi di mezo, hanno parlato de retirarsi a Lugo et Bagna Cavallo. Item, francesi s'ingrossano forte; è alozati verso Parma". Gli oratori svizzeri sono giunti a Treviso e si stanno dirigendo verso Venezia. Si chiamano 30 gentiluomini, tra i quali lo stesso Sanudo, per incontrarli ed onorarli.
Matteo Sanudo scrive da Vicenza il 20: "Francesi sono al locho solito. Risona che spagnoli habi taiato a pezi lanze 200 di quelle era in Bologna... e per uno nostro preson venuto da Milan, si partì luni pasato, dize che tuti fuziva dentro, e che il signor Zuan Jacomo Triulzi ha mandato fuora de l'altra porta el bon et mior per dubito de' sguizeri, e tutto Milan era in gran teror... Scrive aspetano con desiderio l'acordo con Maximian e bisogna se fazi, né si guardi a darli Verona e Vizenza, però che di brieve il tutto per danari ritornerà a nui, purché si caza francesi de Italia; e si la paxe non si fa, spagnoli mai anderà di bon passo e al continuo se ritirerà..."
Il Capello scrive da Vicenza il 20: " Item, di Verona se intende, per varie vie, atrovarsi de lì zer-
/ 46 / ca 2000 fanti et 100 homeni d'arme et 100 arzieri, e i partono di hora in hora; siché li tempi li hanno mutati di pensier, che se venivano ad arsaltar le zente nostre, sariano stà maltratati, perché li capi nostri erano cauti e provisti..."
23 marzo, col. 47
Cerimonia di accoglimento degli oratori svizzeri, rappresentanti dei diversi cantoni. Sono in viaggio per Roma dove hanno una confederazione con Giulio II contro i francesi. Una lettera dell'oratore veneto presso il Papa illustra le posizioni dello stesso. Il Capello informa da Vicenza il 22 che "ha di Verona, le zente erano lì si partiva per brexana e parte andava a Milan, per rispeto che intendeno sguizari voler calar zoso; siché in Verona poche zente è rimaste". Queste notizie sono confermate anche da Matteo Sanudo, che scrive il 22 da Vicenza. Piero Brexan, venuto da Milano, (cfr. 19 marzo) relaziona circa alcune mosse per un eventuale accordo tra il re francese e Venezia, con proposte specifiche. Di questo si avverte il Papa e si discute parecchio.
24 marzo, col. 52
Continua serrata la discussione tra gli organi decisionali di Venezia circa la politica delle eventuali alleanze, con le relazioni dei savi circa le possibili condizioni di un accordo.
25 marzo, col. 54
Scrive il Capello da Vicenza il 24: "Come francesi se ingrosavano, e, si dice, hanno auto una streta da' spagnoli, et l'uno et l'altro exercito se ingrosa.
Item, di Verona per uno suo explorator ozi venuto, è avisato esservi pochissime zente, e che la sera enseno quelli pochi cavalli ge sono per una porta et la matina poi intrano per una altra per fare demonstration de azonzer cavalli di novo, e fortificano le porte verso Brexa, e fabrichano certi bastioni per dubito che li nostri non li vadino a trovar; e li homeni d'arme è dentro, sono di la compagnia di Gambareschi".
26 marzo, col. 54
Il 18 scrive l'oratore al vicerè. Manda dati sulla consistenza degli spagnoli, i quali si sono spostati a Gelpho, a 10 miglia da Butri. Scrive in data 25 da Vicenza il Capello: "...lo campo di francesi, da
/ 55 / numero persone 20 milia passate et 500 venturieri, ritrovarsi et tuti alozano al Final e verso il Panaro... et che li spagnoli alozano a la Pieve di là dil Ren, e sono bon numero e non temeno dicti soi inimici, ma che ogni zorno molti de quelli sguazano el dito fiume et assalta qualche francese, i qual stanno con grandissima paura, et
maxime de esser asaltati la note, et per questo fanno grandissime custodie,
maxime la note..." Riferisce anche di scaramucce tra i due eserciti.
Arriva a Venezia e viene accolto con onori il cardinale Sedunense svizzero: lunga descrizione delle cerimonie.
27 marzo, col. 56
Riferisce il Capello da Vicenza il 26 che i francesi si vanno ingrossando.
28 marzo, col. 57
Il cardinale Sedunense, legato del Papa per le terre di Lombardia e Germania ed ogni luogo dove si trovasse, viene accolto dal Doge in Collegio: sommario del suo discorso e della risposta del Doge. Si eleggono quattro persone a trattare con lui.
30 marzo, col. 60
Lettere del Capello da Vicenza del 29: ha ricevuto 2000 ducati, che sono pochi; sa da Mantova che Gian Giacomo Triulzi a Milano è in fin di vita, forse morto; i francesi sono molto grossi, alloggiati a Bentivoy e vogliono venire contro gli spagnoli che si sono ritirati a Lugo e Bagnacavallo.
Si decide di scambiare Andrea Gritti con monsignor de la Roxa e Antonio Giustinian con Andrea Lichtenstein. Si discute sull'importantissima materia delle alleanze. Da una lettera del 29 del Capello si apprende che il governatore ha mosso le sue truppe fuori di Vicenza per essere più vicino e pronto alle occorrenze delle genti d'arme.
31 marzo, col. 64
Lettera del Capello da Vicenza del 30: il campo francese è alloggiato a Bentivoglio ed è stato assalito dagli spagnoli; i francesi richiedono rinforzi e si dice che siano in arrivo da Milano 10 mila fanti. Il duca di Ferrara ritorna alla sua città dopo essere stato malmenato dagli spagnoli
/ 65 / perché vi era stato uno scontro tra francesi e spagnoli, nel quale questi ultimi avevano avuto la meglio.
Interessante conto della consistenza e dei denari spesi per i militari impiegati sul fronte occidentale, alla data del 26 marzo (pare di capire che la spesa sia per mese):
- Gente d'arme 720 corazze 7500 ducati
- Balestrieri 604 balestrieri 2671 ducati
- Stradiotti 498 stradiotti 1729 ducati
- Fanterie 4804 provisionati 14958 ducati
Altri militari:
- (bombardieri, aiutanti, carrettieri, bovari) 70 uomini 304 ducati
- Spese di stato maggiore 706 ducati
Il totale ammonta a 26858 ducati al mese + 150 ducati di spese straordinarie. A questo si deve aggiungere una spesa (pure essa dettagliata, ma non completa) per i militari che sono impiegati in Friuli.
1° aprile, col. 72
Lettera del Capello del 31 ad ore 13 da Vicenza: riferisce di uno scontro tra francesi e spagnoli a Butri in data 27, nel quale i francesi avevano avuto la peggio; gli spagnoli sono molto forti e vincerebbero in uno scontro campale; i francesi chiedono soccorsi a Bologna, Ferrara e Milano; ancora notizie cattive sulla salute di Gian Giacomo Triulzi, ma la sua morte non è sicura.
Altra lettera dello stesso, medesima data, ad ore 2 di notte: conferma per altre fonti l'inferiorità dei francesi.
/ 73 / Da un altro rapporto di un militare (Baldissera Scipion) che è stato ai campi francese e spagnolo si apprende che gli spagnoli sono più forti. "
Item, disse, che tra alemani et francesi è comenzato a venir gran discordia, e che l'Imperador ha fato 8 dimande al re di Franza grandissime, e questo fo per trovar occasion di rompersi con lui..."
Riferiscono i rettori di Padova di sapere da buona fonte che Giovan Giacomo Triulzi è morto. Il Collegio scrive al Capello ordinandogli di mandare, in consultazione con il governatore, i militari che saranno opportuni sul Po per divertire i ferraresi e per bloccare l'invio di vettovaglie ai francesi dalla Lombardia.
2 aprile, col. 74
Scrive il Capello da Vicenza in data 1° di aver eseguito l'ordine dato. Si apprende da Chioggia della possibilità di una battaglia tra francesi e spagnoli. Si riporta un conto dell'entità delle forze in campo che sarebbero, in totale, di 17000 francesi al comando del Foys e 14000 spagnoli e papali, al comando del vicerè Raimondo di Cardona. Lettere dell'oratore veneto a Roma, con molte notizie sulle trattative per l'alleanza tra spagnoli e Papa.
/ 76 / Scrive Marin Zorzi, oratore al campo spagnolo, riferendo molte interessanti notizie sulla consistenza ed i movimenti delle truppe del vicerè e del re. Continua tra i savi la discussione sulle clausole dell'accordo. Si risponde alle avances di Gian Giacomo Triulzi circa un possibile accordo con i francesi che questo non pare il caso, al momento. Si liquidano certe spese con gli oratori svizzeri, prima del loro ritorno in patria.
3 aprile, col. 79
Lettere del Capello da Vicenza in data 2: sta eseguendo l'ordine avuto per contrastare i francesi sul Po e bloccare i rifornimenti da Milano.
tra il 4 ed il 10 aprile
Settimana santa. Pochissime notizie interessanti;
11 aprile, col. 87
E' Pasqua.Lettere dell'oratore veneto a Roma datate 5 e 6, con la notizia di una tregua con l'Imperatore, conclusa a Roma il 6. I capitoli prevedono: tregua tra l'Imperatore e la Signoria fino a tutto il prossimo gennaio; l'Imperatore dovrà sottoscrivere entro 2 mesi, al qual tempo la Signoria gli darà 40 mila ducati, 20 mila subito e 20 mila all'arrivo del Curzense a Roma; questi denari sono a buon conto di quelli che la Signoria gli ha promesso per l'investitura delle terre di...; il Papa garantisce.
Notizia della tregua viene spedita al Capello, il quale "...devi comunichar col governador zeneral, e levar le ofese e mandarla a dir a Verona a li comessarii cesarei, fazino questo mendemo". Il Sanudo si dilunga sulle cerimonie pasquali. I francesi si sono ritirati in Ravenna e si cerca in qualche modo di far pervenire loro vettovaglie.
12 aprile, col. 90
Pare che gli spagnoli siano intenzionati ad attaccare i francesi. Scrive da Vicenza in data 11 il Capello di aver appreso che il Gritti è ancora a Milano in castello e sta bene.
13 aprile, col. 91
Scrive il Capello da Vicenza in data 12 di aver ricevuto la notizia della tregua con Massimiliano. Ha comunicato la cosa al governatore generale e l'ha fatta pubblicare in piazza. Sono seguiti festeggiamenti. Dice di aver bisogno di denaro per pagare i militari. Prosegue nel Consiglio dei X la discussione sollecitata da lettere del Gritti e da nuove proposte del Triulzi su un possibile accordo con i francesi.
/ 92 / Dal podestà di Chioggia, in data odierna, pare che vi sia stata battaglia tra francesi e spagnoli a Ravenna e questi ultimi abbiano perduto. Il de la Palice è prigioniero e condotto a Cervia. Segue un'altra lettera dello stesso, sempre in data odierna, due ore dopo, in cui dice si sapere da testimoni francesi che Ravenna è in mano francese ed è caduta il 12 aprile a ore 22. Il duca di Ferrara è entrato in città ed il campo spagnolo è in rotta; i militari spagnoli ripiegano verso sud. La notizia viene presa male in Pregadi. Segue
ua narrazione della presa di Ravenna da parte di un fante arrivato da Chioggia.
14 aprile, col. 94
In una lettera del podestà di Chioggia altre notizie sulla battaglia di Ravenna. Sorprendentemente, pare che ora Ravenna sia in mano del papa.
/ 95 / Scrive il 13 il Capello da Vicenza: "Come è di Mantoa, di eri, l'orator yspano esser stà licentià di la corte di Franza, e quel di Franza esser stà licentià dal re di Spagna; sichè horamai
publice quelli do reali sono a la guerra".
Altra lettera in data odierna del podestà di Chioggia, ore 15. Dice che "...a dì 12, in Rimano fu sonà gran campanò per esser stà roto el campo francese, et ch'el dito con spagnoli è stato a le man e taiose tanto a pezi che una parte et l'altra si messe in fuga; e francesi fuziteno a la volta di la Bastia, e spagnoli a la volta di Rimano; sichè una parte e l'altra sono roti. E che in questo mezo calò zoso li brisigeli con Babon di Naldo, erano a Faenza, e tolse tutte le artelarie di francesi, et il signor Marco Antonio Colona ussì etiam lui da Ravena e tolse il resto... Ravena si tien...
/ 96 / Item, scrive, a Ferara non è stà fato festa alcuna, ch'è segnal francesi è roti... Fo mandato questo aviso al cardinal sguizaro, a l'orator dil Papa, di Spagna e di Hongaria; et la terra era in gran festa".
Seguono i lunghi capitoli della tregua tra Massimiliano e la Signoria, in latino.
15 aprile, col. 101
"..la matina, in Colegio veneno li oratori dil Papa et lo yspano, dicendo questo è il tempo di far fati e cazar francesi de Italia, et si doveria armar qualche galia e veder di adunar li exerciti e dar drio a' francesi. Il Principe li usoe bone parole, dicendo si faria il tutto, demonstrando ad ogni modo, francesi hanno hauto la pezor.
Item, che l'Imperador al presente si doveria mover et far ogni cossa contra Franza".
Scrive il Capello da Vicenza in data 14 a 3 ore di notte. Ha appreso da Mantova che Ravenna si tiene e che le genti d'arme spagnole non hanno subito molte perdite. Vengono anche notizie da Verona, che egli aveva sollecitato a togliere le offese. Dice che gli imperiali sono disposti a farlo, non appena avranno ordini dall'Imperatore. Manda alla Signoria le lettere in tal senso del governatore di Verona. Descrive la situazione in Verona, che pare nel complesso molto favorevole a Venezia.
Lettere da Mantova del 13 riferiscono che la situazione appare molto incerta, ma le notizie che si hanno farebbero pensare, per certi segni, che i francesi hanno avuto la peggio. Anche le notizie da Ferrara confermano che le feste preparate per la vittoria dei francesi sono state cancellate. Arrivano in città molti feriti. Vi è una lista delle perdite da parte francese e da parte spagnola-papale. Alcuni bergamaschi provenienti da Ferrara dicono che i francesi sembra abbiano perduto.
16 aprile, col. 105
Si alternano a Venezia le notizie più diverse su chi abbia vinto lo scontro tra francesi e spagnoli e si susseguono stati d'animo oscillanti tra gioia e paura.
/ 106 / Scrive il Capello da Vicenza in data 15, mandando lettere da Mantova in data 14, ore 19. Esse contengono una lista di morti in quello che viene definito "el mazor conflito che mai fusse visto". Il numero dei morti francesi è certamente superiore, soprattutto tra i capi. Vi è anche un'altra simile lettere in pari data, ore 24, che conferma la sconfitta dei francesi.
/ 107 / Da Milano inoltre si apprende che gli svizzeri sono in procinto di calare attraverso la Savoia. Si leggono in Collegio lettere da Mantova indirizzate al segretario del Consiglio dei X. Da esse si apprende che i francesi stanno cercando di ricucire la situazione sul piano strategico e militare; l'ambasciatore imperiale esorta i francesi alla pace universale e vi sono in questo senso contatti ad alto livello; il Re
francese cerca di rappacificarsi con l'imperatore contro i veneziani.
Scrive il Capello da Vicenza in data odierna comunicando che vi sono ancora scontri tra spagnoli e francesi, i quali sono stati ulteriormente sconfitti e Ravenna è tornata in mano spagnola. Un corriere che porta lettere dell'ambasciatore a Roma ha avuto occasione di vedere in vicerè in viaggio, che sollecita un impegno di Venezia per cacciare i francesi dall'Italia. Le notizie dell'oratore al Papa sono essenzialmente di carattere monetario, con scambi di denaro nell'ambito dell'accordo tra Venezia e Massimiliano, garantiro dal Pontefice.
/ 110 / Una lettera da Chioggia con testimonianza dettagliata dei fatti occorsi a Ravenna, con dettagliate liste nominali delle perdite da ambo le parti.
17 aprile, col. 117
Si decide in Collegio, dopo consultazioni con gli ambasciatori spagnolo e pontificio, di inviare ad Ancona Vincenzo Guidotti dal vicerè pregandolo di non partire e di radunare l'esercito perché i perdenti sono i francesi. Venezia gli invierà il suo ambasciatore alla Signoria (che è Giovan Battista Spinelli, conte di Cariate) che gli porterà denari. Si mandano anche notizie al Papa sugli sviluppi della situazione.
Vi sono altre lettere con relazioni sui fatti di Ravenna.
18 aprile, col. 121
Altra relazione diffusa in Collegio sui fatti di Ravenna ed altre relazioni da Chioggia sugli sviluppi della situazione.
19 aprile, col. 124
Una lettera dell'oratore veneto a Roma descrive la situazione colà. Qualche caso di peste a Venezia. Il Capello spedisce una lettera avuta da Mantova (interamente copiata) che narra diffusamente i fatti di Ravenna, con dettagliata lista delle perdite delle due parti. Segue un'altra deposizione dettagliatissima sullo stesso argomento da parte di un sier Nicola da Castello, a partire dalla col.
/ 128 / e fino alla
/ 132 /. Si inviano 12 mila ducati al vicerè.
20 aprile, col. 134
Il vescovo Vitelli, che tiene, assediato da francesi, Ravenna, chiede rinforzi. Il Capello scrive da Vicenza il 19 riferendo di aver inviato a Verona un trombetta, che non è stato fatto entrare. A Verona non si hanno ancora ordini da parte dell'imperatore. Vengono notizie da Ravenna e Rimini, inconcludenti. Venezia raccoglie prestiti e tasse.
21 aprile, col. 139
Un mercante che viene da Ferrara riferisce sulla situazione colà. Riferisce anche che a Napoli sono sbarcate truppe spagnole in aiuto al vicerè.
22 aprile, col. 141
Il Capello comunica da Vicenza di aver inviato un terzo trombetta a Verona e che sta tuttora cercando di mettere in atto la tregua, ma senza alcuna risposta da Massimiliano. Vi sono risse in città tra francesi e tedeschi e questi ultimi pregano di non insistere perché in questo modo si creano sospetti nei francesi. Chiede denaro per i militari. Il conte Guido Rangoni sollecita una risoluzione per sè e suo fratello.
23 aprile, col. 142
Si conferma lo sbarco di spagnoli a Napoli in aiuto al vicerè. Alcuni mercanti di Lombardia riferiscono che "tutto el bergamasco è in arme et aspectava sguizari, perché zonti, volevano far gran cosse contra zerti
/ 144 / milanesi, li quali li hanno destruti da poi si deteno ala Signoria nostra e ritornorno soto Franza".
Notare che dal febbraio le notizie che giungono dal bergamasco sono pochissime, come se da quelle parti la Signoria non tenesse informatori. Contatti con il cardinale svizzero che sta a Venezia e dice di voler andare in persona dagli svizzeri per farli muovere "li quali doveano, poi la octava di Pasqua, far la dieta e risolversi et venir zoso, e promesseno esser per tutto il mexe presente nel stato de Milan, maxime li 6000 conduti per la liga nostra. Et dito cardinale voria ducati 10 milia dia aver dal Bexalù de qui, quali lui Bezalù dice doverli dar a mezo mezo; e cussì si sta su
queste pratiche".
24 aprile, col. 144
Scrive il Capello da Vicenza in data 22, ore 21. A Peschiera i francesi reclutano fanti e molti dei fanti veneti cambiano bandiera verso i francesi per denaro. Necessitano soldi per pagare le truppe del governatore. Copia di una lettera da Bologna in cui si descrivono le esequie tributate a monsignor di Foys, morto a Ravenna. Seguono lunghe liste di militari morti o prigionieri a Ravenna. Seguono la copia di una lettera che descrive i fatti di Ravenna ed una deposizione di un frate sulla medesima materia.
25 aprile, col. 157
E' la festa di san Marco. Notizie da Milano dicono che il Triulzi è vivo, tornato a Milano. Si aspettano sul milanese gli svizzeri. Giungono due lettere dall'ambasciatore veneto a Roma, le quali descrivono la situazione della Santa Sede e concludono dicendo che il Papa ha proposto un'alleanza ai francesi. Venezia decide di rispondere al Papa dandogli le notizie "che francesi è roti", ma poi la lettera viene sospesa. Secondo altre informazioni da Chioggia, pare che i francesi si stiano ritirando verso la Lombardia per affrontare gli svizzeri.
26 aprile, col. 161
Scrive il Capello da Vicenza in data 25: "Come à aviso monsignor di la Peliza con 400 lanze, a dì 23, passò per Modena e va ala volta di Milano; e questo ha per molte vie.
Item, ha letere in questa sera, di Mantoa, di Paulo Agustini. Come il resto dil campo francese vien alozar al Final, ch'è alozamento ad ogni loro proposito sì per Ferara come per Bologna e tutta la Romagna, e ponno esser immediate in Lombardia. Minazano venir su el Polesene et a Padoa, ma lui non si persuade; e tien il Papa et Spagna debino far gaiardamente per interesse di la Catolicha Maiestà".
27 aprile, col. 163
Lettera del Capello da Vicenza, del 26. Dice che a Verona sono giunte artiglierie grosse e che in cittadella, dove sono i francesi
/ 164 / 100 marengoni stanno lavorando non si sa a cosa. I francesi fanno un ponte sopra il Secchia per passare verso Milano. Vi sono movimenti confusi di persone e di militari.
28 aprile, col. 165
Lettere del Capello del 27. Ieri a Verona sono cominciati ad arrivare lanzichenecchi che stavano in Romagna al campo francese e sembra che si attendano altri soldati ancora ed altre artiglierie. Proseguono anche lavori in cittadella, non si sa a qual fine. Da altre lettere dello stesso si apprende che i francesi, 300 lanze, hanno passato il Secchia e poi hanno disfatto il ponte.
1° maggio, col. 181
Relazione dello Spinelli, ambasciatore del vicerè spagnolo, con dettagli circa le mosse che quest'ultimo prevede di fare al fine di cacciare i francesi dall'Italia.
3 maggio, col. 184
"...se intese, questa note esser zonto noncii de' sguizari al reverendissimo cardinal sedunense, è a san Zorzi,
die XXI aprilis datae Turrecensi. Et è do letere; quelle di dito cardinal sarano scripte qui avanti. Et una altra letera diti cantoni scriveno a la Signoria, persuadendo prima lo acordo con l'Imperador, al qual effeto si oferiscono de interponersi.
Item, che hanno concluso di vegnir adosso francesi sul stado di Milan, et desidera il campo dil Papa e di Spagna vadi avanti e fazino valentemente, e cussì il campo di la Signoria nostra; et che a dì 6, zoè il zuoba, da poi el dì de la + insirano di loro territorii et vegnirano contra il re di Franza inimico di Santa Chiexia. Et zonte ditte letere e lete in Colegio, venuta la voce zoso, tutta la terra fo aliegra, et che adesso vien il tempo franzesi sarano cazadi de Italia, si Spagna et Inglaterra romperano di sora, et s'il campo di Spagna e dil Papa sarà per tutto sto mexe in
ordene...". Lettere da Roma avvisano che "el Papa è più gaiardo che mai contra Franza". Seguono numerosi brevi e lettere da Roma.
4 maggio, col. 191
Il Capello informa che truppe francesi sono uscite da Mantova verso Milano e la Romagna. Informa ancora in data 3 che le sue truppe sono in cattive condizioni; che vi sono stati scontri a Soave tra truppe venete e cavalli leggeri francesi usciti da Verona. Si scrive al Papa chiedendogli di agire gagliardamente contro i francesi, perché ormai gli svizzeri sono in arrivo. Si scrive anche agli svizzeri per informarli come il vicerè sarà presto in campagna, insieme con il Papa e che l'esercito veneto è in ordine, persuadendoli a scendere contro Francia. Si inviano fondi al Capello a Vicenza.
5 maggio, col. 193
Scrive il Capello da Vicenza il 4. Pare che i francesi siano usciti da Verona. Quella città è in festa, ma non si sa perché. Altre lettere dello stesso in data di oggi con informazioni da Mantova circa la proclamazione di una guerra tra Inghilterra e Francia. Alcuni casi di peste.
7 maggio, col. 196
Notizie di movimenti di truppe francesi in Romagna.
8 maggio, col. 197
Scrive finalmente il Capello da Vicenza che le truppe imperiali di Verona sono contente di accettare ed osservare la tregua. Si apprende da Treviso che 20 mila svizzeri si sono mossi e vengono in bergamasca. Vi sono anche lettere degli svizzeri al loro cardinale, inviate in data 1 maggio: Esse comunicano che tre colonne di svizzeri scenderanno contro i francesi e per aiutare la Chiesa. Chiedono denari. Dal Polesine i francesi si vanno ritirando in fretta verso Milano. Notizie confermate anche da Chioggia. I francesi si ritirano anche da Rimini.
Il Capello informa da Vicenza che ieri i francesi si stavano ritirando e passavano il Secchia presso Concordia per paura degli svizzeri. Le stesse notizie ricevono conferma anche da Matova.
9 maggio, col. 200
Pare da Treviri, che l'Imperatore si sia convinto a favore della tregua e permetterà agli svizzeri di passare per il veronese e vicentino. Il Capello scrive da Vicenza che il Re francese richiama truppe in Francia. Intesa la discesa degli svizzeri, si comincia a fare provvisione di pane e vino per il campo. Il cardinale degli svizzeri vuole andare al campo. I francesi si ritirano da Ferrara verso Milano.
10 maggio, col. 202
Molte lettere dall'oratore veneto a Roma. Tutti i francesi che erano in Romagna sono partiti verso Milano ed il territorio è tornato sotto il Papa. Il cardinale svizzero parte da Venezia con un dono della Signoria. Il Collegio decide che Bortolo da Mosto, che era stato provveditore alle fortificazioni in Treviso vada a Vicenza come provveditore per le vittuarie in campo.
11 maggio, col. 209
"...uno che vien di bergamascha, è zorni 3, referisse sguizari esser calati et venuti a Lover, su lago d'Ixeo, gran numero et aver mandato a dimandar il passo a Bergamo; e non avendo voluto dargelo, sono descesi per forza in quelle valle, facendo certi danni,
adeo tutti quelli non è marcheschi fuzivano come meglio poteano etc.". Lettere da Treviri del 2 maggio informano che l'Imperatore intende sottoscrivere la tregua e far lega ma insiste su tre cose: più denari dei 40 mila ducati promessi; la restituzione dei suoi prigionieri; la tregua d'inverno e non d'estate. Il Re ha richiamato in Francia con 600 lance il de la Palice.
12 maggio, col. 211
Si saluta il cardinale svizzero che va a Vicenza e poi incontro ai suoi come legato del Papa. Porta con sè molti denari. Il Capello informa da Vicenza in data 11 che gli inglesi sono pronti ad entrare in Francia; che gli svizzeri stanno calando; che i francesi si allontanano da Verona. Crida per l'esenzione di dazi a chi porta vettovaglie in campo agli svizzeri.
14 maggio, col. 215
Si faranno mostre di militari a Vicenza e subito dopo i soldati si leveranno.
15 maggio, col. 217
Altre notizie sullo scambio del Gritti e Giustinian che stanno prigionieri a Milano. Scrive il Capello da Vicenza in data di ieri. Hanno dato inizio alle mostre. Porta notizie circa il Triulzi. Dice che, appena pagate le genti, muoveranno verso Lignago sopra l'Adige.
16 maggio, col. 218
"Vene di bergamasca uno, è zorni 5 partì, dice di sora in quella valle è apresentà sguizari et tutto il
/ 219 / bergamasco è in arme, e che francesi haveano tolto tutte le vituarie di do valade, dove dubitavano sguizari calasseno, e altre particularità. Et quelli di Val Trompia chiamavano Jacomin di Val Trompia, fo contestabile nostro, era qui poi persa Brexa etc.; et cussì per Colegio in questa sera fo mandato dito Jacomin via con zercha 50 brexani foraussiti, erano qui, quali subito
libenti animo partino, et li fo mandato ducati 10 per uno per le spexe, quali non li volseno, e li mandono indrio".
Da Vicenza arrivano notizie sullo svolgimento delle mostre, piuttosto dettagliate.
18 maggio, col. 224
Un messo svizzero, venuto di là con una lettera per il cardinale, riferisce che gli svizzeri sono giunti in 10 mila ad Edolo e sono seguiti da altri 15 mila e più e diretti contro i francesi. I valtellinesi vogliono dar loro denari e viveri, purché non li mettano a sacco.
/ 225 / "
Di Vicenza, dil provedador Capello, di 17, hore 2 di note. Dil zonzer di sier Carlo Miani qu. ser Anzolo, qual vien a la Signoria informato di le cosse di sguizari per esser stato questo tempo a Lodron et in Valchamonicha, poi fu preso Brexa.
Item, scrive, ozi consultò col governador e quelli capi; doman avierano le zente verso Montagnana; mercore poi si leverà con tutto l'exercito, a dì 19, et ussirà di Vicenza, andando ad alozar verso l'Adexe: prega Idio li presti bona ventura...
Item, veneno alcuni brexani, è zorni 3 partì, tra i qual uno fiol fo di Vetor di Zuane nominato Polo et altri, dicono francesi à gran paura. Lì in Brexa è governador monsignor di Obignì et fanno fortification a la terra; serano 3 porte, di le Pille, di San Nazar et di Torre Longa, e temeno assai. Mandano a Milan alcuni citadini restati, per dubito, ma queli ponno vieneno in qua, come à fato lui et altri.
Et noto. Fo dito Bergamo fu messo a sacho da' francesi, non fu vero; ma ben vi è andà alcune zente di la compagnia di missier Zuan Jacomo Triulzi. Et Mafio Cagnolin contestabile con una frota di bargamaschi è qui ogni dì a le scale per esser spazadi, et anderano via contra svizeri".
Si pubblica in San Marco l'entrata del Re inglese nella lega e si festeggia.
"Fo preso, dar a Antonio da Fin bergamasco fidelissimo nostro, atento li soi meriti, che l'habi 8 canzelarie, zoè 8 rezimenti a Castel Franco, etc. Questo à auto perché menò la praticha col conte Alvise Avogaro di Brexa, et ha uno suo fiol in caxa soa qui, et la Signoria li dà danari per il suo viver".
20 maggio, col. 231
Si ha conferma dall'Imperatore che è pronto a firmare la tregua.
/ 232 / "Noto. In le letere dil provedador Capelo, notate di sopra, è questo aviso, aver di Mantoa esser in Brexa 200 lanze francese intrate et altre 400 altrove; il resto andate in Franza.
Item, che in Verona si fortifichava la citadella. E' da saper, el vescovo di Lodi, de caxa Sforzescha, è andato col cardinal sedunense sguizaro in campo e vuol intrar nel stato de Milan. Questo fo fiol del ducha Galeazo, ma natural".
21 maggio, col. 232
Il cardinale svizzero ha detto ad un abate in Padova che 30 mila svizzeri sono giunti vicino a Trento e la Signoria dovrà preparare denari e vettovaglie e approntare le truppe. Molte informazioni da Roma.
22 maggio, col. 235
Scrive il Capello da Vicenza in data 21. E' venuto da Trento un messo degli svizzeri e dice che ivi sono giunte le avanguardie e si sono alloggiate. Gli altri sono poco lontani. Porta lettere al cardinale. Pare che siano più di 24 mila e si vogliano congiungere con l'esercito veneto. Attraverso il loro cardinale, gli svizzeri si fanno vivi chiedendo denari, viveri ed artiglierie. Monsignor di Saxo è il capitano generale di tutti i cantoni; di essi fanno parte quelli della liga Grisa. Alvise Barbaro e Bortolo da Mosto sono a Vicenza per le provvigioni. Carlo Miani che ha con lui 500 uomini della riviera di Salò e Valcamonica, riferisce che sono armati di schioppetti e che i Federici di Valcamonica sono nemici dei veneti. Si offre di andare da quelle parti a "sussitar quella zente, quali desiderano San Marco".
Il Capello dice da Vicenza che è arrivato il cardinale che sollecita denari per i 24 mila uomini che sono a Trento perché essi intendono avere quanto è stato loro promesso. Oggi saranno a Rovereto poi passeranno l'Adige alla Chiusa e si fermeranno a Gussolengo di là dall'Adige, dove saranno pagati. Si inviano 11 mila ducati per gli svizzeri, che sono la parte di Venezia. I denari del Papa arriveranno fra tre giorni; quelli degli spagnoli saranno portati in campo e sono 8000 ducati. Le vettovaglie sono pronte; il vino preparato sono 12 mila botti o carri padovani.
Si invia l'ordine al Capello che "col nome dil Spirito Santo debbi ussir di campo et il signor governador, e adunarsi a le rive de l'Adexe, dove è preparato il ponte". I denari sono in arrivo. Si consulti con il cardinale svizzero sul da farsi. Si riporta una discussione tra i savi sui soldi da mandare agli svizzeri.
23 maggio, col. 238
Un messo degli svizzeri riferisce e, sottilmente, chiede denari, facendo capire che i francesi sono disposti a loro volta a pagarli. Il nunzio viene "carezato" e gli si regalano 5 raynes. Da Vicenza il Capello esorta per i denari e fa urgenza perché gli svizzeri si avvicinano. I francesi costruiscono un ponte sull'Adda a Cassano per transitare contro gli svizzeri e fortificano Brescia. Altre lettere ancora del Capello con gli ultimi dettagli sulle mosse degli svizzeri.
Alcune persone che hanno lasciato Milano il 16 e 17 riferiscono che si stanno mandando in Francia armi (12 mila corsaletti e 500 armature da uomo d'arme). I milanesi temono la venuta degli svizzeri e quelli che hanno sposato donne milanesi le mandano verso Asti. Intendono mettere 300 lanze a Brescia e 200 a Bergamo e non stare alla campagna. Marco da Martinengo ed altri che hanno ispezionato i passi dai quali gli svizzeri possono venire sul bresciano e milanese sono dell'opinione che i passi non sarebbero tenibili e l'unico modo per fermare la calata sarebbe il denaro. Brescia e le vallate sono per San Marco. I francesi sono in gran timore e hanno disarmato tutti i cittadini di Brescia e Bergamo.
"E' da saper, per Colegio, atento la petition di bergamaschi, fo electi do, stati rectori a Bergamo, quali vedesseno le loro suplicatione, zoè sier Piero Marzello qu. sier Filippo e sier Domenego Contarini qu. sier Mafio, stati
alias rectori a Bergamo, i quali se reducevano al loco di rasonati et udivano li bergamaschi".
24 maggio, col. 240
Il Capello da Vicenza il 23: "Come ozi haveano consultato con il signor governador e questi altri condutieri e signori, di exequir il desiderio di la Signoria; fra tanto li sguizari desenderano di là del Adexe a Gusolengo, e lì farano la sua massa. Scrive, bisogna li danari siano preparati, et il cardinal li ha dito non sia fallo, altramente ditti sguizari ritornerano a retro. Scrive aver mandato a butar el ponte ad Albarè e dimane penzerà le zente avanti, aziò niuno rimangi dopo lui etc...
Et per altre relatione si ha, francesi non aspetterano la venuta de' sguizari; fornirano le roche de Brexa, Bergamo, Cremona e Milan per 3 anni e anderano via". Frachasso da San Severino riferisce che a Milano per gli svizzeri si sta in gran spavento e chi può fugge. Seguono numerose notizie da Roma. Vincenzo Guidotto riferisce da Napoli che ha avuto colloqui con il vicerè, il quale sta mettendo le genti all'ordine per venir via; intende partire il 17 con 500 lance e 8000 fanti.
25 maggio, col. 249
"Di Val Trompia, fo leto una letera di quelli homeni drizata a la Signoria nostra. Come, havendoli francesi dato taia ducati 7000, al presente li hanno scrito quelli regii governadori, come li remeteva la taia et li fevano exempti per certo lungo tempo, et li domandava in aiuto dil Re 1000 schiopeteri tra loro; i quali hanno risposto, che ringratiano di esserli levà la taia e di la exemptione e l'acetano; ma di homeni, che intendano vien sguizari, che saria mal li homeni si trazesse di la valle, perché poi ditti sguizari veriano a suo piazer. Et concludendo, è boni marcheschi e preparadi a far il tutto pur si vengi avanti etc.
Noto. eri sera fo mandato in campo al provedador Capello altri ducati 8000 per conto di sguizari per il Papa, et
secretissime scritoli sono per tal conto, acciò sguizari non resti di far facende. Et l'orator yspano prepara 8000 per mandarli
etiam lui.
/ 250 / Di Vicenza, dil provedador Capello, di 24, hore 2 di note. Come ozi è stato longamente con il reverendissimo cardinal Sedunense e, fato varii coloquii, hanno terminato mercore, a dì 26, a hore 8, levarsi de lì, et zà li homeni d'arme e cavali lizieri e fantarie sono aviate, et dimane si partirà il resto. Mercore è bon zorno, e però ussirano in campo. Scrive, adesso l'antivede la nostra vitoria manifesta; ma è necessario proveder al denaro per li sguizari et le zente nostre, perché le parole non statisfa, etc."...
Di Vicenza, dil provedador Capello, di ozi, hore 11. Come è stato col reverendissimo cardinal, qual li ha dito esser ritornato el suo messo, qual a posta era andato a Verona con letere di sua signoria zercha haver il passo e transito de nui e vituarie. Riporta il signor Zuane di Gonzaga con quelli altri consieri cesarei haverli dato bona licentia, et cussì ha referito uno nontio dil predito cardinal, el qual
etiam lui questa matina è zonto con letere di credenza e la risposta dil cardinal, atestando loro voler servar la tregua et voler dar quel pocho di vituarie li sarà possibile, e assai si se troverano, offerendo a la reverendissima sua signoria lo intrar et insir de la cità a suo beneplacito, pur che non meni dentro gran numero de sguizari, facendoli
etiam intender come questa notte si dovevano partir tutti li francesi erano de lì, e consegnavano la citadella e ogni altra forteza a loro. Scrive dito provedador: quando eri si havesse
inteso questo, l'haveria mandato qualche numero di cavali lizieri a taiarli a pe-
/ 251 / zi: pacientia!. Dito cardinal li ha replicato voglii
de praesenti far li pagamenti a questi sguizari, zonti che erano in campo, perché, non lo fazendo, ritornerano adietro. Scrive
etiam, bisogna danari per le fantarie nostre,
aliter non voleno passar l'Adexe. Tutti sono levati, e da matina per tempo si leverano etiam lui, il cardinal, il provedador, el governador, etc. Item, il messo dil predito signor Zuane à referito, sguizari erano do mia lontan di Verona e sparsi in Val Peloxela et lochi circumvicini".
A Venezia ci si attiva immediatamente per raccogliere altro denaro.
26 maggio, col. 252
Si inviano altri denari agli svizzeri. Bernardino Morexini, per conto di essi, presenta una lista delle truppe. Comunica il Capello da Vicenza ieri sera, che gli svizzeri sono giunti ad Albarè di là dell'Adige per la via di Verona e sono circa 12 mila. Domattina il governatore e lui stesso si leveranno da lì.
27 maggio, col. 253
Il Capello da Cologna, ieri. Si è lì riunito con il cardinale ed il governatore. Gli svizzeri sono giunti a Verona ed il cardinale li vuole raggiungere. Da Mantova informa l'Agostini che i francesi si radunano a Pontoglio.
"
Di Salò, di sier Marco Antonio Loredan, di sier Tomaxo, de 25. Come Valerio Paiton, el conte Cesare Avogaro et domino Lodovico di Cocai dotor de Salò, con zercha brexani 300 erano intrati in Salò et levato San Marco et electo lui per proveditor; et quel comissario di Franza, che era, non haveano voluto li fosse fato mal alcuno, e l'avia mandato via.
Item, che francesi li haveano dà taia ducati 15 milia, et loro non hanno voluto aspetar a darsi ala Signoria".
28 maggio, col. 254
Un prete Corado, messo degli svizzeri annuncia che 15 mila di essi sono entrati ieri in Verona gridando "
Imperio" e sono stati bene accolti. Dice che 150 lanze francesi e 800 fanti guasconi, che erano partiti da Veroma per Milano, erano stati assaliti da villani ed altri marcheschi in bresciana al ponte di san Marco, tagliati a pezzi e svaligiati. Di questa notizia, ritenuta di buon auspicio, tutta Venezia è piena.
/ 255 / Scrive il Capello da Cologna in data 27 che domattina andranno ad alloggiare ad Albarè. Ivi attenderà l'ordine di congiungersi con gli svizzeri.
29 maggio, col. 255
Scrive da Verona il cardinale Sedunense che ieri è arrivato lì ed ha parlato con gli svizzeri, che sono 24 mila e sono contenti che stiano arrivando i messi con i denari; i quali avuti, si faranno buone cose, perché sono gente perfetta e volonterosa. I capitani che hanno preso Salò (Valerio Paitone e Cesare Avogaro), scrive Marco Antonio Loredan, sono andati ad Anfo e l'hanno conquistata. Tutte le valli sono per Venezia. I francesi si radunano a Pontevico e sono venuti a Castenedolo vicino a Salò, minacciando di entrarvi. Ma loro fanno buona guardia.
Scrive il Capello da Cologna in data 28. Il governatore chiede denari perché le truppe non passeranno l'Adige se non saranno pagate. I francesi sono venuti a Castenedolo e si avviano a Peschiera, dove intendono fortificarsi e combattere contro le truppe venete e svizzere. La stessa informazione viene anche dall'Agostini da Mantova.
"Nota. Ditti francesi, si dice, è lanze 1000, tra le qual 200 di fiorentini, et fanti 7000 et altri zercha 3000 mandati per fiorentini; et par missier Zuan Jacomo Triulzi francesi non si fidano di lui".
Si mandano in campo 4000 ducati per gli svizzeri, cioè quelli per conto del Papa. Si apprende da Milano che i francesi hanno fatto tagliare la testa a due figli di Alvise Avogaro, Pietro e Francesco.
30 maggio, col. 259
Si fa una processione per festeggiare l'entrata del Re d'Inghilterra nella Lega. Ampia descrizione. Lettere da Cologna del Capello in data 28: i nemici stanno fortificando Peschiera e si radunano a Pontoglio.
31 maggio, col. 262
Arrivano gli ambasciatori dell'Imperatore: dicono che egli intende firmare la tregua ma vuole 10 mila ducati in più e tre prigionieri. In caso affermativo essi hanno libertà di concludere. L'ambasciatore veneto da Roma conferma che il Papa intende impegnarsi contro i francesi e ha il suo esercito in ordine, con molti dettagli.
Scrive il Capello dal campo in Albarè in data 29 che due savi veneti erano andati verso Verona; la città gridava
Marco Marco, ma gli imperiali non li hanno fatti entrare. Gli oratori del Papa e di Spagna sono invece entrati ed hanno concordato con il cardinale che stava dentro la materia degli svizzeri. Anche il Sanudo ha consegnato al cardinale 8000 ducati. Altra lettera del Capello del 30, ore 24. Dopo un consulto di tutti i capi veneti, si sono avviate le artiglierie di là dall'Adige verso il campo svizzero a Villafranca. La prossima notte poi, tutti passeranno e si riuniranno con gli svizzeri, in attesa del cardinale che sta a Verona. Poi faranno nuovo consiglio. I francesi sono a Castiglione dello Stiviere e Pontoglio. Sommario di due lunghe lettere da Roma e da Verona. Copia di una lettera del Re d'Inghilterra al suo cardinale in Roma. Copia dei capitoli della tregua con l'Imperatore. Sommario di una lettera da Albarè del 31 maggio.
1° giugno, col. 271
Lettera del Capello da Albarè del 31 maggio. Vi è stato un gran consulto in campo e si è deciso che domani all'alba tutto l'esercito passerà l'Adge e si riunirà con gli svizzeri che sono già in Villafranca. Si va verso uno scontro campale tra svizzeri e francesi, ma le truppe venete sono malcontente. Si discute a Venezia sulle controproposte dell'Imperatore circa la tregua. Si conferma la notizia della decapitazione dei due figli dell'Avogaro a Milano.
2 giugno, col. 274
Arrivano i soldi dal Papa. Gli ambasciatori imperiali sollecitano la firma della tregua. L'esercito si è mosso verso Villafranca, ma alcuni sono rimasti indietro perché aspettano di essere pagati: si sollecitano denari. Scrive Jacomino da Val Trompia che i francesi sono in campo a Rezzato e parte in Brescia. Tutte le valli sono suscitate per Venezia; Valcamonica ha levato San Marco; sollecita l'avanzata. Si decide finalmente di accettare, con piccole modifiche, le condizioni dell'Imperatore per la tregua, ma la notizia non viene divulgata. Si chiedono pubbliche preghiere per la buona riuscita della guerra.
3 giugno, col. 276
Il Doge comunica le condizioni della tregua agli ambasciatori. Scrive il Capello da Poviana il 1° giugno, narrando il trasferimento dell'esercito. Si sono installati a 2-3 miglia da Villafranca per non mescolarsi con gli svizzeri. Vi è stato un consulto generale, anche con questi ultimi, e si è deciso di prendere Valeggio, che è in mano francese. Si ritiene tuttavia che i francesi non faranno opposizione. Alcune lettere sequestrate ai francesi inducono a ritenere che essi si ritireranno su Milano. Questa notte partiranno alla volta di Valeggio.
Lettere di monsieur de la Palice del 30 maggio al Re Francese e a Giovan Giacomo Triulzi a Milano (probabilmente sono quelle intercettate). Contengono un sommario delle forze venete e una valutazione sull'inferiorità delle forze francesi. Chiede rinforzi. Valeggio non si potrà tenere ed egli si ritirerà su Pontevico, dove cercherà di resistere. Chiede rinforzi al Triulzi e la fortificazione di Brescia e Crema, perché non vede modo di resistere agli svizzeri che sono in numero superiore.
Scrive in data 2 il Lando da Albarè (dove, insieme con il Da Mosto, si era trattenuto con le truppe che non avevano voluto proseguire), che gli svizzeri avevano avuto Valeggio e i francesi erano ritirati a Volta mantovana. Altre lettere in data 2 di Daniele Trivisan narrano il trasferimento dell'esercito. Anche un breve comunicato del Capello conferma la presa di Valeggio.
4 giugno, col. 280
Arrivano lettere da Valeggio del Capello in data 2, ore 22. Narrano della riunione con gli svizzeri e della marcia verso Valeggio. Questa sera intende passare il Mincio a guado con l'artiglieria e domani inseguirà il nemico. Una lettera di un medico del Capello narra diffusamente questi fatti. Numerose altre notizie e lettere, ma non interessanti qui.
5 giugno, col. 285
Andrea Tiepolo, podestà di Montagnana, comunica che l'esercito ha avuto Peschiera. Poi vengono lettere dal Capello da Carpenedolo del giorno 3 alle 2 di notte. Comunica che, partiti al mattino da Valeggio sono ora alloggiati lì da dove scrive. L'esercito francese si sta allontanando da Gambara. Gli svizzeri sono a Castiglione dello Stiviere. Pare che i francesi siano diretti a Pontevico e l'esercito veneto li seguirà. Gli svizzeri, che oggi hanno marciato per 24 miglia, intendono domani coprirne altre 10 ed andare a Ghedi. Anche il medico detto sopra scrive e narra dell'avanzata, e del modo come si sta svolgendo. Tutti gridano
Marco ed anche la riviera di Salò sta aspettando le truppe venete. Il cardinale sta con gli svizzeri a Castiglione; vi sono buoni rapporti tra i due eserciti veneto e svizzero. A Valeggio si è saccheggiato molto vino e tutti hanno bevuto. Intanto a Venezia si discute tra gli oratori delle diverse forze in campo (Papa, Spagna, Imperatore, Venezia) del denaro da trovare per sostenere l'azione militare. Pietro Lando, che era rimasto indietro ad Albarè per pagare i 2500 militari che non volevano muoversi, ha ultimato i pagamenti e, con il permesso della Signoria, si appresta a ritornare a Venezia.
Si decide di scrivere al Capello esortandolo a continuare nell'impresa, perché il denaro non gli mancherà.
6 giugno, col. 288
Il Capello scrive da Ghedi in data 4 alle 13. Sono arrivati lì seguendo i francesi che si ritirano, avendo lasciato in Brescia 200 lance a presidio. Il grosso dei francesi è a Pontevico e la mattina dopo lo seguiranno. "Scrive questa matina esser stà prese letere veniva di Milan a Brexa et al campo di francesi, quali le manda ala Signoria, per le qual hanno inteso li andamenti loro, et sono cosse di gran momento. Scrive in bataglione e squadroni sono zonti a quel lozamento, et cussì di zorno in zorno procederano; spera aver vitoria contro essi inimici. Tutte le castelle di brexana sono redute a la pristina obedientia de la Signoria nostra, et si oferiscono a' nostri comandi. Scrive, à mandato fuora tutti questi cavali lizieri nostri e sier Zuan Vituri, qual l'ha electo provedador di stratioti, aciò vadino a seguir dicti inimici, e lo avisi di hora in hora el successo". Al campo, si sta valutando la via da seguire: se prendere Brescia, come vorrebbe il Capello, oppure seguire il nemico: intando si raccoglieranno informazioni circa le munizioni di Brescia. Non è vero delle lettere intercettate dette sopra. Gli svizzeri pensano di spingersi verso Milano, dove dovrebbero incontrare altri 10000 uomini che vengono dalla svizzera.
Si scrive al Papa assicurandolo che dopo questa impresa l'esercito andrà a recuperare Ferrara e Bologna, come sollecita. Ma deve continuare a mandare denaro.
7 giugno, col. 290
Da Albarè il pagatore Matteo Sanudo comunica di aver liquidato certe truppe e di proseguire con quelle per il campo.
8 giugno, col. 293
Il mancato arrivo di notizie dal campo tiene tutti in apprensione. Intanto è arrivato Pietro Lando, che fa la sua relazione. Poi finalmente le lettere del Capello arrivano e sono in data 5 ore 22 e 4 di notte. Si lamenta della mancanza di notizie da Venezia. Oggi è partito da Ghedi e si è diretto verso Pontevico, ma i francesi hanno abbandonato questo luogo, danneggiando il castello ed il ponte, che dovrà essere rifatto. Poi intendono proseguire per Cremona con l'intero esercito. Persone del cremonese (Brodolano, Casalbuttano) arrivano al campo prestando obbedienza. E' oberato di lavoro, ma allegro perché vede che l'azione a favore della Signoria si sta spiegando bene: "spera in Dio, presto etiam aquisteranno Milano e dischazerano li inimici fuor de Italia, perché sono in tanta fuga che desiderano esser in Franza". Ha dato ordine al Vitturi di inseguire i nemici con gli stradioti et i cavalli leggeri e domattina l'esercito li seguirà. I nemici in fuga sono 8000 fanti e 900 uomini d'arme. Brescia è presidiata da 2000 lanzichenecchi, 2000 fanti italiani e 800 cavalli francesi, che la stanno fortificando: i fanti lanzichenecchi sono nei castelli e nel castello in città vi sono 400 francesi. Intende andare ad alloggiare a Manerbio. Gli svizzeri vorrebbero invece proseguire verso Cremona e metterla a sacco, ma sia il Capelllo che il cardinale si oppongono e preferirebbero invece imporre una taglia di 25 o 30 mila ducati. I francesi sono in gran fuga e stanno nei borghi di Cremona perché i cremonesi non li hanno fatti entrare. Intendono passare il Po attraverso il ponte, che tengono. Il Capello manda a Cremona chiedendo la resa ed il pagamento della taglia.
Vi sono diverse materie riguardanti certi capitani militari e una relazione di Piero Lando sullo stato delle milizie. Poi si decide di scrivere al cardinale svizzero complimentandosi per il buon andamento dell'azione militare e sconsigliando il saccheggio di Cremona. Una lettera da scrivere al Capello dice all'incirca lo stesso. Seguono diverse cose, tra cui la copia di una lettera del cardinale Sedunense ai milanesi per incitarli a darsi alla Lega. Infine, risoluzioni su materie finanziarie per recuperare denari.
9 giugno, col. 302
A Venezia si lavora per inviare denaro in campo. Intanto il Capello scrive da la Cavaliera presso Cremona in data 6 ad un'ora di notte. Riferisce che gli svizzeri sono a San Martino, insieme con il cardinale, e chiedono altro denaro. Il passaggio di tutto l'esercito sullo stretto ponte ha avuto termine ed hanno piantato il campo lì da dove scrive. Appena arrivati, li hanno raggiunti gli oratori di Cremona per offrire la città a Venezia. Gli svizzeri hanno saccheggiato due castelli. I francesi sono a Pizzighettone; avrebbe voluto inseguirli, ma le artiglierie non hanno potuto passare sul ponte a Pontevico e devono essere traghettate. In un'altra lettera ai capi dei X informa che il cardinale "era venuto in colera, dimanda ducati 80 milia per pagar gli sguizari per la paga nova, et 40 molia per conto di questa, dicendo il Re di Franza li vol dar ducati 200 milia etc., e non havendo li denari per tutto marti si leverano". Si prendono provvedimenti finanziari al fine di raccogliere il denaro. Si scrive al Capello chiedendogli che cerchi di moderare le pretese degli svizzeri, perché sono in arrivo altri 20 mila ducati per loro ed altri seguiranno per le genti venete. Vengono sollecitati anche denari al Papa.
"Noto. Caravazo e Sonzin si rese al cardinal, qual li messe dentro milanesi, che di raxon, essendo stà lochi nostri, il provedador doveva ponerli governo, e dito cardinal non volse".
10 giugno, col. 305
E' il giorno del Corpus Domini. Vi è a Venezia presso la piazza un incendio che costringe a modificare i preparativi per la processione, lungamente descritta nel testo.
Scrive dal campo presso la Cavaliera il Capello, in data 7 a ore 22. Certi castelli cremonesi (Castelleone ed altri) e Geradadda sono venuti sotto la Signoria. Si spera che presto verranno anche Bergamo e Crema con i loro territori. Chiede insistentemente denaro. Il taglione per Crema è stato fissato in 40 mila ducati e già si sta pagando. Sono rimasti pochi cittadini perché molti sono partiti verso Milano ed oltre il Po. "
Item, come havendo inteso che Crema si daria a la Signoria, havia subito expedito Zuan Paolo di Sant'Anzolo condutier nostro fiol di missier Anzolo da Sant'Anzolo cremasco, qual è a Milan per sospeto, con segurtà (
di) non si partir, et con lui anderà 1500 homeni d'arme et ... fanti, quali sperano intrerano in la terra.
Item, che a Bergamo è 200 lanze fiorentine, capo uno Savello" ...
Item, scrive che il cardinal voleva far levar in Cremona le insegne di la Liga, né li ha valso raxon habbi dito esso provedador, et dil brieve dil Papa che le terre nostre è di la Signoria.
Item, par sia intrato in Cremona el vescovo di Lodi, fo fiol natural dil ducha Galeazo Maria Sforza, qual andò col cardinal in campo et fecese cridar a li soi:
Ducha, Ducha! e
/ 308 / alcuni pochi cremonesi cridono:
Ducha, Ducha! ma la più parte cridava:
Marco, Marco! Solicita esso provedador li danari di sguizari e di le zente nostre. Francesi sono zonti a Pizigaton; si dice anderano verso Alexandria di la Paia etc".
Lettera di Piero Antonio Bataia collaterale generale del 7 da Cremona alla Signoria. Narra l'entrata in Cremona, il fatto che si sta pagando il taglione. Pare che Bologna si sia data al Papa. Nel castello di Cremona vi sono 350 fanti, ma si spera di ottenerlo bonariamente. Le insegne non sono ancora state levate.
Altra lettera del Capello dell'8 da la Cavaliera. Stamani senza dir nulla il cardinale è entrato in Cremona con alcuni suoi e ne ha preso il possesso per conto della Lega. Gli svizzeri sono a Paderno e verso Pizzighettone. Egli ha ordinato di fare il ponte per passare verso Parma e Piacenza e domattina l'esercito veneto andrà verso il ponte stesso. I francesi hanno passato l'Adda e si sono fermati. Chiede insistentemente denari per gli svizzeri, se no succederà qualche scandalo. I militari spediti a Crema non si sono fatti vivi: pensa che la città non sia stata presa, altrimenti l'avrebbe saputo.
Si eleggono tre provveditori esecutivi in campo. Copia del breve di Giulio II al Dominio veneto del 4 ottobre 1511 da Roma, menzionato sopra. Nuove richieste di denaro per gli svizzeri.
Altra lettera del Capello da la Cavaliera in data 8, ore 24. Domattina partiranno per Paderno per accostarsi agli svizzeri ed andare poi verso Pizzighettone, dove, di là dall'Adda, stanno fortificandosi i francesi che si dice stiano aspettando il Triulzi con 6000 fanti.
/ 313 / Le truppe che sono andate a Crema non hanno fatto nulla, perché i cremaschi, data la vicinanza dei francesi non si fidano a scoprirsi. Muovendo l'esercito si accosterà a Crema "per veder si la terra farà movesta, come mandono a dir voler far, et taiar quelli francesi sono lì a pezi". Il cardinale è andato a Cremona, dove intende levare le insegna della Lega. Pare che il vescovo di Lodi abbia dato cattiva prova e i cremonesi vogliano un duca. Francesco Calzon è entrato in città con alcuni fanti e i cremonesi lo volevano ammazzare. Gli hanno avvelenato due fanti, perché vogliono avere un duca e non i veneziani. Ancora richieste di denaro.
Si decide a Venezia di scrivere al Papa del fatto "che il cardinal vol levar le insegne a Cremona di la Liga, et vi è uno sforzesco qual fa mal officio, e pertanto nui, fidi su el brieve di Soa Santità, qual havemo mandato la copia al cardinal, et soa Beatitudine voglii proveder". Si inviano in campo 26 mila ducati, variamente ripartiti.
11 giugno, col 313
I tre provveditori esecutivi accettano l'incarico e partiranno tra oggi e domani. Bartolomeo da Mosto si trova nei pressi di Cologna. Il Capello scrive anche che i francesi che sono a Brescia escono fuori e danneggiano il paese che è merchesco: sarebbe bene avere da quelle parti 300 cavalli leggeri e che Baldisera di Scipion, governatore di cavalli leggeri, che si trova a Vicenza, avanzasse.
Altre lettere del Capello da Grumello, ore 20 del 9 giugno. La mattina il campo si è mosso ed è venuto ad alloggiare a Grumello, a 3 miglia dai nemici che stanno di là dall'Adda a Pizzighettone. Nel trasferimento vi sono state scaramucce tra le cavallerie pesante e leggera dei due eserciti, con la prese di qualche prigioniero da ambedue le parti. Gli svizzeri non si sono mossi, attendendo il cardinale che sta in Cremona. Gli svizzeri vogliono altro denaro ed il Capello ne richiede, anche per i nostri. I francesi che sono in Crema hanno fatto evacuare dalla città 5000 uomini, dubitando che siano marcheschi. Appena arriveranno gli svizzeri, e insieme con loro, domattina passerà l'Adda a Formigara e poi si regolerà in funzione delle mosse dei nemici. Gli svizzeri sono ansiosi di affrontare i nemici. Qualche altro dettaglio sulle scaramucce dette sopra, per altre lettere.
12 giugno, col. 316
Due lettere da Roma illustrano il punto di vista di là. Poi arriva una lettera del Capello da la Grota in data 10, ore 14. Fa un sommario degli eventi già noti e aggiunge di aver avuto un consulto con Jannes di Campo Fregoso ed il cardinale. Poi stamani gli svizzeri hanno cominciato a sfilare davanti al campo veneto, una sfilata durata tre ore. Arrivati a la Grota, luogo situato sulla riva dell'Adda, hanno piantato le artiglierie in luogo eminente ed hanno cominciato a cannoneggiare i francesi che si stavano fortificando. A loro volta, gli svizzeri hanno buttato un ponte ed hanno cominciato a passare per affrontare i francesi. Ma sono fuochi di paglia. Gli svizzeri chiedono denaro e molti uomini dello stesso esercito veneto partono perché non vengono pagati. Da altra lettera si apprende che è stato fatto un salvacondotto per le 200 lance fiorentine che stanno in Bergamo e si spera che la città si sollevi.
"
Dil provedador Capello fo letere, di 10, hore 24, apresso Macastorna. Che havendo mandato verso Bergamo quel Bergamo da Bergamo contestabele nostro, fo rilievo di Latanzio, per veder di haver la terra con aiuto di le vallade, qual erano in arme, par che le 200 lanze fiorentine, erano partite fuora avanti habino auto il salvaconduto nostro e andate inver Brexa, e nostri intrati hanno auto la tera a nome di la Signoria nostra e la rocha; manchava la Capella, in la qual erano da fanti 1200, et speravano averla presto. Et scrive la comunità li
/ 321 / mandò una letera, la qual manda a la Signoria, et aricorda si mandi provedador subito.
Item, si atende a far il ponte sora Adda per passar di là; i nimici è pur a Pizigaton di là di Adda; e altre particularità, come dirò di soto; ma questo è il sumario.
Fu scrito subito, per Colegio, a sier Bortolo da Mosto provedador sora le vituarie per campo, era a Cologna, dovesse andar in campo, e de lì provedador in Bergamo a nome di la Signoria nostra.
Etiam, fo scrito al provedador Capello di questo, e altre cosse in zifra".
13 giugno, col. 321
Lettera del Capello da la Grota datata 11 giugno. Quella notte avevano lavorato al ponte presso Acqua Negra per passare l'Adda. I francesi avevano piazzato dalla parte opposta le artiglierie e l'artiglieria veneta li aveva costretti al silenzio. Mancavano soltanto poche barche e già alcuni stradiotti erano passati di là. Avendo ricevuto copia del breve papale, lo avrebbe dato al cardinale, come da istruzioni. Da gente venuta da Milano aveva appreso come la città fosse sotto-sopra e molti del parlamento fossero fuggiti verso Asti. Riteneva che quando fosse arrivato presso Milano, la città avrebbe spontaneamente fatto mutazione di dominio. Il Triulzi era in città e diceva di esser pronto a morire dove era nato. Il castellano di Brescia "francese, mostra esser italianado, et con partito potria esser desse il castello, et tratavano questo per certa bona via".
Marc'Antonio Loredan, provveditore di Salò riferisce il 12 che intorno a Brescia vi sono 15 o 16 mila persone delle vallate e della riviera del Garda in assedio della città, alla quale cercano di tagliare l'acqua.
Altra lettera del Capello in data 11, ore 24. Stanno facendo il ponte e domattina passeranno l'Adige. I francesi hanno lasciato Pizzighettone e vanno verso Pavia ed Alessandria. Il cardinale ha inviato a Milano il generale degli Umiliati di Landriano, fuoruscito, con 25 cavalli svizzeri, per vedere se Milano sia disposta alla resa. Il cardinale vuole inseguire i francesi e vuole impadronirsi di Asti.
"
Di Bergamo, di la comunità fo una letera drizata a la Signoria nostra. Come erano ritornati soto la pristina servitù e ringratiava Idio alegrandosi, et con desiderio aspectavano il suo provedador sier Domenego Contarini electo che 'l vadi; con altre parole in dita letera; la copia sarà qui avanti [
ma non compare]. E' da saper, lì se ritrova sier Carlo Miani qu. sier Anzolo, el qual andoe con li bergamaschi, e per li monti di Sallò è capitato de lì, et scrive a li soi di le feste e fuogi hanno fato bergamaschi; la Capella si teniva ancora per francesi"
14 giugno, col. 323
"Vene in Colegio sier Domenego Contarini
alias electo provedador a Bergamo, e richiesto di andar a Bergamo, rispose esser preparato, ma se li dia cavalli; e cussì anderà".
/ 324 / [
Il Contarini era stato eletto l'8 febbraio]
Lettere del Capello dal campo in data 12, ore 10. Quando avevano cominciato a passare le artiglierie il ponte si era rotto e si era dovuto riattare. Intanto l'esercito è pronto per passare. Gli stradiotti che hanno attraversato dicono che i francesi hanno lasciato e vanno per passare il Po. Pizzighettone è stato preso dal cardinale, che vi ha insediato gli svizzeri per conto della Lega. Il generale degli Umiliati è andato con i 25 cavalli verso Milano e si ritiene che sia entrato. Lodi, Piacenza, Parma si sono date alla Lega e Milano è in armi. Sta cercando di prendere Crema, inviandovi Andrea Vivran e il Sant'Angelo con truppe.
15 giugno, col. 327
Lettere dal campo informano che Milano si è sollevata contro i francesi e Venezia è in giubilo. Il Capello narra il 12 da Codogno il passaggio dell'esercito sul ponte ad Acqua Negra. Si sono fermati a Codogno e domani seguiranno il nemico che si è alloggiato a Sant'Angelo. Tutto il paese è in armi. A Cremona si uccide quanti si trovano e gli svizzeri fanno prigionieri. "Pavia non hanno voluto acetar francesi et meno Milano, et che eri, a hore 16, se partì di Milan missier Zuan Jacomo Triulzi, il zeneral di Normandia, missier Galeazo Visconti, missier Antonio Maria Palavicino e sono andati in Franza; hanno lassato al governo di la terra 24 zentilhomeni, li primarii di Milano. Item, eri, a dì 11, fo taiato a pezi in Milan tuti li francesi erano dentro, e fato retirar in castello quelli erano a la custodia di quello, et sachizato tutte le boteghe de' francesi, e gelfi et gibelini erano de una voluntà a destrution de' francesi; tamen non erano stà cridato né
Ducha, né altro: aspetavano un trombeta dil reverendissimo cardinal legato per renderli la terra..."
16 giugno, col. 330
"Di Bergamo, di sier Carlo Miani fo letere, di... Zercha alcuni successi; il sumario di le qual letere scriverò più avanti. Et fu mandato per sier Domenego Contarini, va provedador a Bergamo, ch'el vadi via, qual disse sier Anzolo suo fratello era pezorato e volea veder 3 over 4 zorni come el staria".
/ 331 / Si comunica al Capello che se prende un prigioniero importante, lo conservi per scambiarlo con il Gritti e con Antonio Giustinian. Ma la loro sorte di questi ultimi è incerta.
Lettere del Capello da Filateria, del 13, ore 3 di notte. E' arrivato lì con l'esercito sotto una pioggia battente. Non avendo Pavia voluto accettare i francesi, quelli sono entrati per la via del Barcho e sono in gran fuga. L'artiglieria è in ritardo di due giorni per il maltempo e le cattive strade. Chiede che si mandi presto il denaro per le truppe venete e svizzere. Crema si va svuotando di truppe. Il generale degli Umiliati che era andato a Milano non si sa che fine abbia fatto.
17 giugno, col. 332
Lettere del Capello presso le mura di Pavia nel Barcho, in data 14, all'una di notte. Sono partiti stamani presto da Villanterio sotto la pioggia e, insieme con gli svizzeri che sono arrivati da Sant'Angelo e da San Colombano si sono avviati verso Pavia. Dopo un consulto tra i capi, hanno deciso di avvicinarsi alla città. Vogliono piantare le artiglierie e conquistare Pavia, anche se alcuni dicono (ma lui non crede) che vi siano in città 1200 lanze. Egli farà il possibile, con tutto l'esercito, per vincere e scacciare i francesi. Si scusa di non riuscire a scrivere due volte al giorno, ma cavalcano sempre con vento e pioggia e giungono a sera più morti che vivi. Tuttavia, la speranza di vincere li anima. Pensa che i nemici usciranno dalla città attraverso il ponte di pietra la notte.
In una sua lettera il cardinale Sedunense sollecita denari per gli svizzeri. Le lanze fiorentine che stavano a Bergamo con il Savello sono ora in Pavia e chiedono un salvacondotto per allontanarsi; lo si concede, a patto che vadano di giorno e siano visti dai nostri, e promettano di non ritornare a combattere contro la Lega per 4 mesi. I francesi si fortificano in Pavia.
Lettere dell'abate Mocenigo del 14. Duecentocinqanta fanti sono usciti da Brescia. Duemila fanti hanno passato l'Adda a Trezzo.
18 giugno, col. 388
Il 15 giugno scrive il Capello di essere sempre presso le mura di Pavia. Sono arrivate le artiglierie leggere; appena quelle pesanti arriveranno, saranno piazzate per dare battaglia. Le porte di Pavia sono state murate. Il cardinale pensa di fare un ponte di barche sul Ticino per passare di là l'esercito e rompere il ponte di pietra, in modo che i francesi non possano fuggire; il vescovo di Lodi, sforzesco, si sta dando da fare per raccogliere le barche. Tuttavia, costui fa mal officio verso la Signoria.
Gerolamo Cocai scrive da Salò che i francesi in Brescia escono e fanno danni. Prega che la Signoria mandi un provveditore per Salò e bresciano perché vi è gente sufficiente, ma è mal governata. Il governatore francese di Crema, scrivendo al de la Palice (le lettere sono stare intercettate), dice di avere scacciato 5000 cremaschi, che ora sono tutti marcheschi, ma lui intende esser fedele al Re. Il Zivran era stato lì, ma non aveva fatto nulla. In Collegio, a Venezia, si mormora che le lettere del Capello sono scarne e nulla dicono di Milano. Ma per altra via si apprende che il Capello sta male e non può urinare.
Altra lettera del Capello del 15. L'artiglieria leggera ha cominciato a sparare su Pavia e quella pesante arriverà domani. I francesi in città hanno molti cavalli e carri, ma non hanno strame. Si cerca di eleggere in Venezia un provveditore generale per Salò e bresciana, ma vi sono contrasti e nulla si decide. Segue una lettera dal campo presso Pavia del 15 giugno, con interessanti notizie
Segue poi un conto della consistenza e dei denari spesi per i militari impiegati sul fronte occidentale, alla data del 26 marzo (pare di capire che la spesa sia per mese):
- Gente d'arme 625 corazze 6550 ducati
- Balestrieri 692 balestrieri 3135 ducati
- Stradiotti 581 stradiotti 2098 ducati
- Fanterie 5238 provisionati 16890 ducati
Il totale ammonta a 28373 ducati al mese
Segue infine copia di una lettera al cardinale Sedunense dalla Signoria, del 16 luglio (?) 1512.
19 giugno, col. 396
Un uomo partito da Brescia due giorni prima riferisce che i francesi che presidiano la città fanno grossi danni: bruciano paesi, ammazzano centinaia di persone del contado, tra i quali anche 50 cittadini bresciani di fede marchesca. Si discute di fare, invece che un provveditore in bresciana, un provveditore generale.
Giungono dal campo presso Pavia due lettere del Capello, entrambe in data 16, una di ore 19, l'altra dell'una di notte. Dice la prima che finalmente le artiglierie grosse sono arrivate e saranno subito piazzate. Chiede ancora il denaro per gli svizzeri, che tarda ad arrivare. Riferisce dei suoi problemi di incontinenza urinaria. La seconda lettera informa che i francesi in città hanno distrutto le case situate presso le mura, segno che vogliono resistere; d'altro canto, hanno anche preparato tre ponti, il che indica che potrebbero voler fuggire. Dopo un consulto tra i capi veneti e svizzeri, si decide che questi ultimi si occupino delle artiglierie a battano la città, mentre i veneti si prendano cura del ponte che si costruirà sul Ticino. Pare che i francesi attendano rinforzi di fanteria. Dice che il generale Landriano è giunto a Pavia; e ancora chiede denaro. Queste notizie vengono confermate anche da un'altra lettera dell'abate Mozenigo.
A Venezia frattanto si è deciso di eleggere un altro provveditore generale presso il Capello. Lo scrutinio favorisce Cristoforo Moro, che accetta. Tra numerosi altri provvedimenti, si decide di scrivere al Capello "come li danari parte è stà mandati e si manderà li altri, et voi usar ogni modestia col cardinal reverendissimo, pregando lo vogli exortar a far che sguizari stagino contenti; e altre particolarità..."
20 giugno, col. 401
L'oratore veneto a Roma riferisce della situazione colà. Arrivano lettere del Capello, in data 17, dal campo presso Pavia. I francesi in città minacciano di resistere ad oltranza e di fare una strage. Gli svizzeri insistono per i soldi, minacciando di abbandonare l'impresa. Vi sono difficoltà a trovare le barche per fare il ponte e vi è scarsità di polvere e munizioni.
Scrive anche il protonotario Mocenigo ai capi dei X, in data 17. "Come era venuti di Milan in campo zercha 20 zentilomeni milanesi et dito a soa signoria che per li tempi che occoreva il suo consejo non si havia potuto adunar e dar risposta a la soa letera di volersi dar a la Liga, tamen haveano bon animo a la Liga. Item, voleano che Brexa, Bergamo, Crema e Cremona ritornaseno soto Milan come prima, e altre richieste. Il cardinal si la rise, dicendo questo tochava a la Liga e a li signori confederati e che volea volesseno darsi a la Liga, aliter, si partirano, fusse loro il danno. Li quali tolseno do zorni di tempo di tornar da Milan con la risposta di quello milanesi voleano far. Item, disse che sier Andrea Griti pareva fusse in le man de' italiani e non menato da' francesi in Franza, etc. Solicita dito abate li danari per li sguizari, et si avrà contra francesi vitoria". Due lettere di un frate da Roma.
21 giugno, col. 405
Parte il nuovo provveditore generale Cristoforo Moro con denari da portare in campo. Si apprende che la fortezza di Lignago è stata consegnata dai francesi agli imperiali: "Meglio saria la Signoria nostra l'havesse tolta; è passo d'importantia". Andrea Zivran scrive da Crema che in città vi sono 60 uomini d'arme e 400 fanti: "hanno mandato fuora il popolo fino le done con li puti al peto, e questo per aver vituarie da viver e non esser tante persone dentro". Lo scrivente si trova lì con i cavalli croati e circa 600 fanti che sono disposti a prendere Crema. Scrive di aver sentito che Pavia viene bombardata dai nostri e che i francesi che vi stanno sarebbero disposti a scendere a patti, ma non con gli svizzeri, solo con gli italiani.
Il Capello scrive da Pavia in data 18. Ha approntato un ponte sul Ticino e fatto passare 1000 fanti italiani e 2000 svizzeri. A questo punto i francesi "se partino e sono andati via di Pavia in la malora; non si sa ancora che volta tegna". I cavalli leggeri seguiranno i francesi per vedere dove si dirigono. "Dil levar di l'exercito e seguirli non pol scriver quando; ma dize li seguiremo con ogni presteza". Erano rimasti in Pavia 1500 lanzichenecchi tedeschi, i quali non avevano voluto seguire i francesi e vogliono ritornare in Alemagna. Sollecita denaro per i nostri e per gli svizzeri. A Pavia è stata posta una taglia di 40 mila ducati. Sono giunti al campo due conduttori nostri, cioè Taddeo della Motella, bresciano e Angelo da Sant'Angelo.
22 giugno, col. 408
Scrive il Capello da Pavia in data 19 che i francesi vanno verso Alessandria. Milano si governa in ordine ed ha circa 12 mila persone in armi. Oggi o domattina dovrebbero venire a Pavia per giurare fedeltà. Se dipendesse solo da lui, avrebbe già inseguito i francesi, ma deve accordarsi con gli altri della Lega, e poi di danari sono in ritardo. "E' tanto molestado che da importunità diventa fuora di sè: Idio li doni bona pacientia! Né mancha di diligentia e solicitudine, ancor che a Venecia sia murmurato etc. Post scripta. Intende che la Capella di Bergamo do fiate ha levato el foco dimandando socorso, e spera presto la si averà etc.". Segue una descrizione della conquista di Pavia. Chiede insistentemente che si mandino denari per gli svizzeri che minacciano di lasciare e di mettere ogni cosa a sacco. Andrea Gritti è stato portato prigioniero in Francia, e così anche Antonio Giustinian, che stava nel castello di Pavia. Segue il sommario di un'altra lettera privata che narra la conquista di Pavia.
23 giugno, col. 410
Scrive il Capello da Pavia in data 20: i milanesi sono venuti a Pavia dal cardinale a prestare obbedienza e giurare fedeltà. Anche Vigevano si è data al cardinale. Oggi scadono 20 giorni dal passaggio dell'Adige ed i progressi sono stati grandi, ma questo non lo rallegra, perché vorrebbe aver annientato i francesi: alla fine sarà così, ma intanto il cardinale rifiuta di muoversi fino a quando non saranno giunti i denari. Le truppe francesi sono decimate. Alessandria non le ha volute accettare ed ora vanno verso Asti. Appena saranno giunti i soldi che sono in viaggio intende levare il campo ed inseguire i francesi. A Domodossola sono scesi 6000 svizzeri. Il condottiero Renzo di Zere ha avuto un parossismo ed il provveditore sopra le vettovaglie ha una terzanella: saranno ambedue portati dentro Pavia. Anche il pagatore Sanudo si è ammalato presso Acqua Negra ed è stato portato agli Orzi. E così Zuan Forte.
Il giuramento di fedeltà alla Lega è avvenuto a Pavia in cattedrale ed i milanesi hanno chiesto chi fosse la lega. Il cardinale ha risposto "Il sanctissimo Papa Iulio II, il Catholico re di Spagna, la Illustrissima Signoria di Venecia con intelligentia e voler dil serenissimo re de Ingaltera; è lassato locho a intrar al serenissimo Imperador electo, qual presto sarà". Si discute anche circa una taglia da mettere a Milano affinché gli svizzeri non la saccheggino. E' morto, dopo la sua partenza da Milano nel corso del viaggio per Francia, il Generale di Normandia. La mancanza di denaro esaspera gli svizzeri i quali potrebbero scontrarsi con i nostri.
Anche il protonotario Mocenigo che sta presso il cardinale scrive da Pavia. Il sacheggio della città da parte degli svizzeri è stato evitato con una taglia di 40 mila ducati. Cremona ha avuto una taglia uguale, Lodi 30 mila, Milano 60 mila, Piacenza e Parma 20 mila ciascuna. Dieci mila bresciani sono raccolti intorno a Brescia, tutti marcheschi, che hanno tagliato le strade e bloccano le uscite della città.
24 giugno, col. 415
In data 21 scrive il Capello da Pavia. Ieri gli svizzeri volevano tajar a pezi il cardinale, lui stesso ed i nostri perché il denaro non arrivava. Volevano anche mettere Pavia a sacco, cosa che il cardinale era riuscito ad evitare: ciò avrebbe significato la fine della collaborazione con gli svizzeri, che a quel punto sarebbero ritornati in patria. Insiste sull'urgenza di pagarli, dopo di che, inseguirà i nemici che sono fermi ad Asti. "Scrive mai à auto il mazor affano di quello l'à al presente e pericolo; e tuti questi signori condutieri nostri stanno di malissima voglia etc... scrive molto su questi danari e si provedi, aliter seguirà grandissimo inconveniente. Sguizari minazano assai, sono bestiali etc. Item, hanno, quelli di le val di Como si hanno dato a la Liga e taiato a pezi 50 lanze francese erano, e fato prexon monsignor de Grue. Item, altre cosse, et come era intrato in Milan, a dì 19, il vescovo di Lodi, fo fiol dil ducha Zuan Galeazo natural, a nome di la Liga mandato con hordine dil cardinal, qual fo honoratamente ricevuto, cridando: Liga et Maximiano Sforza sopra tutto, sonando campanò e altri segni de letizia. Francesi sono in castello, non trazeno a la terra, ma se li dà di vituarie quello li bisogna".
Vi sono 10-12 casi di peste al giorno a Venezia. Peste anche a Mestre. Nicolò Michiel riferisce da Asola che Pietro Longena con alcuni cavalli leggeri ed il denaro partirà stanotte da Asola. Pare che i francesi vogliano lasciare Brescia e questo renderebbe il trasporto del denaro molto insicuro.
25 giugno, col. 417
Lettere del Capello da Pavia del 22. Ancora sul grave inconveniente del ritardo dei soldi. Il cardinale ha deciso di usare il taglione di Milano per pagare gli svizzeri, in attesa dell'arrivo degli altri soldi da Venezia. I francesi sono andati ad Asti, ma non sono stati ricevuti. Anche il marchese del Monferrato si è dimostrato propenso alla Lega. I francesi vanno quindi a Saluggia, dove intendono fortificarsi. Novara si è data alla Lega.
Bartolomeo da Mosto scrive in itinere verso Bergamo il 22, riferendo che ad Orzinuovi è morto di febbre il pagatore Matteo Sanudo. Si apprende dal campo che anche il capitano delle fanterie non sta bene. Egli con 20 cavalli sta andando a Bergamo e spera di avere 7000 persone. A Brescia vi sono 2500 fanti tra cui 1000 lanzichenecchi, 100 lance francesi, 200 gambaresche e 100 fiorentine. Tutti vogliono salvacondotto per andarsene. A Venezia si decide di procedere all'elezione di un nuovo pagatore invece del Sanudo, di un provveditore per Salò e bresciano ed un castellano a Pontevico.
26 giugno, col. 421
Lettere del Capello da Pavia in data 23. Da Asti i francesi stanno partendo verso Francia. Egli si cruccia per il ritardo dei fondi, che non gli ha permesso di sbaragliare i francesi. Gli svizzeri oziano attendendo il denaro. A Brescia i francesi stanno per andarsene, forse verso Mantova dove si daranno al marchese, piuttosto che ai veneti. Genova si è data alla Lega ed i francesi si sono ritirati nella fortezza. Jannes di Campo Fregoso, condottiero veneto è a Genova con 4000 partigiani e fanti a nome della Lega. Copia di lettere del Re inglese al suo cardinale ed a Massimiliano Imperatore. Sunto di una lettera da Pavia, che descrive i fatti della città. Altre informazioni diverse.
27 giugno, col. 429
Scrive il Capello da Pavia il 24. I denari sono giunti, ma sono troppo pochi. Lettere anche da Genova dal Campo Fregoso. A Venezia si elegge provveditore in bresciana Leonardo Emo, che era esecutore in campo, ordinando al Capello che lo mandi subito nel bresciano. Nicolò Michiel scrive da Pavia di esservi giugno con i denari e che il Capello lo ha eletto provveditore ad Orzinuovi, dove si recherà. Il Capello ha anche eletto ...Barbo castellano a Bergamo, dove si recherà con buona scorta. Il cardinale Sedunense rimprovera aspramente il Michiel per aver tardato tanto con i soldi e gli accolla la responsabilità di gravi perdite militari e di denaro. Ira violentissima del cardinale, che fa emergere qualche dissapore con la Signoria.
Vi sono lettere del Capello del 25, poco informative e lettere del Zivran da Crema al Capello, che descrivono la situazione a Crema. Bartolomeo da Mosto scrive da Bergamo il 24, riferendo che è giunto in città ed è stato ricevuto onoratamente. In Capella vi sono una sessantina di francesi che accendono fuochi in segno di aiuto. Cercherà di raccogliere artiglierie per espugnare la fortezza.
"Noto. In questo mexe, per deliberation dil Consejo di X, fo mandato ducati 2000 a donar al cardinal sguizaro, el qual non li volse aceptar, imo lo disse a Vigo di Campo San Piero. Etiam, fono mandati a donar alcuni rasi a li capitani sguizari et tratato con loro di tuorli a provision, maxime con domino Jacobo Stafer. Etiam, fo preso di donar Caravazo al cardinal sguizaro si ne deva le terre nostre".
28 giugno, col. 434
"In Colegio, per tempo fono li cai di X, e feno introdur certi frati. Intesi erano pratiche in Brexa e maxime di aver il castello; e quel castelan francese à una moier italiana e vol darsi a la Signoria, ma vol intrata come l'à in Franza e danari etc."
Lettere del Capello dal campo in data 26 ai capi dei X. "In materia de' sguizari etc. e de li capetanii, quali non si portano ben con il cardinal e sarìa bon condurli, e altre particularità; le qual letere fo secretissime. Etiam fono letere di l'abate Mocenigo a la Signoria nostra".
29 giugno, col. 435
Lettere del Capello da Pavia del 26 riferiscono che i francesi si stanno ritirando. Molte informazioni contengono queste lettere sui fondi che si devono raccogliere. Scrive anche il Mocenigo "come il cardinal fa mal oficio; e zercha darge le terre nostre, mostra non aver auto letere di Roma di questo. Poi dice fa a nostro proposito a non l'aver adesso Milan; e altre terre pagino li taioni dati etc., ut in litteris. E' da saper, per il Consejo di X fo mandato a donar ducati 2000 a dito cardinal, et cussì il provedador ge li mandò e lui non li volse, dicendo non vol sguizari sapi, e lo dise a Vigo da Campo San Piero, ch'è lì in campo per nome dil marchexe di Mantoa, dicendo la Signoria crede con darmi ducati 2000 far li dagi ste terre etc."
30 giugno, col. 438
Il Capello scrive ai capi dei X, che si ritirano in Consiglio. Scrive ancora lettere il 27 che domani, cioè il 28, il cardinale ha deciso di levarsi e seguire i francesi. Giungono notizie da Torino che il Re francese è morto. I francesi, almeno i capi, sono già in Francia ed il Triulzi è con loro. Il marchese del Monferrato è entrato in Asti a nome della Lega con 5000 persone. Gli svizzeri hanno fatto gran danni a Pavia, che è mezza saccheggiata. Savona si è data alla Lega. Quelli che sono in castello a Milano sparano sulla città e mostrano di volersi difendere, avendo vettovaglie assai.
A Venezia si nomina Daniele Dandolo provveditore a Salò, Filippo Basadona pagatore in campo, Piero Gradenigo castellano di Pontevico. Copie di Lettere regie e brevi papali.
1° luglio, col. 446
Scrive il Capello dal campo presso Pavia in data 28 a 3 ore di notte. I francesi sono a Villanova d'Asti e vanno in Francia. Stanotte leveranno il campo ed andranno oltre il Ticino a Gravellona, dove attenderanno gli svizzeri per inseguire i nemici. "Dice Dio perdoni a chi è stà causa di tanto deferir; aricorda si mandi danari e danari". Pavia ha pagato agli svizzeri i 40 mila ducati di taglia, ma il cardinale ne vuole altri 20 mila. La città è mezza saccheggiata. Manda truppe ed artiglieria a Crema e spera che la città si arrenderà. Ad essa seguirà il resto. A Brescia vi sono scaramucce, confermate anche per altre lettere da Salò.
Si scrive al Papa sulla situazione riguardo agli svizzeri. Considerando che i francesi sono ancora in Italia e tengono i castelli di Brescia e Crema, sarebbe bene che gli svizzeri siano mantenuti ancora, ma si rimettono al volere del Papa. Sono pronti a dare agli svizzeri per la loro parte altri 15 mila ducati. Si adombrano lamentele nei confronti del cardinale svizzero, che ostacola il recupero delle terre venete e si è opposto all'invio di artiglierie pesanti a Crema. Pregano che il Papa provveda. Queste lettere vengono tenute segrete. Si scrive anche al Capello.
2 luglio, col. 450
Giungono lettere dall'ambasciatore a Roma, che riferisce come il papa sia stato contento dell'acquisto alla Lega di Genova. Vuole che la Signoria recuperi tutte le sue terre come ha scritto nel breve; per questo manda un messo al cardinale svizzero (tale Marchiò) per sollecitare la restituzione. Sommario di altre due lettere del frate Angelo Lucido da Roma. Pare che il cardinale non voglia dare le terre alla Signoria "acciò quelli ducheschi non si sdegnano".
3 luglio, col. 451
Arrivano lettere del Capello da Adorno in Lomellina in data 29. Egli ha avuto le lettere da Venezia del 26 e scrive che i francesi passano i monti per andare in Francia. Pare che il Triulzi abbia lasciato i francesi e si trovi a Casale Monferrato con tutte le genti italiane. I bresciani hanno raccolto fondi per prendere la città, ma non hanno un capo. Per lettere dello stesso del 30 si intende che Leonardo Emo partirà l'1 per andare provveditore nel bresciano. Il de la Palice è entrato in Francia. Egli provveditore, d'ordine del cardinale, ha mandato 400 cavalli leggeri contro il Triulzi, che lo hanno circondato. Il castello di Milano bombarda la città e tuttavia il cardinale vuole andare a Milano con gli svizzeri per riscuotere il taglione.
Scrive l'oratore da Roma che il papa ha ordinato festeggiamenti per il recupero di Genova ed ha fatto doge della città Jano di Campo Fregoso. Il Papa vuole che Venezia recuperi tutti i suoi territori ed ha scritto al cardinale Sedunense in tal senso, mandandogli anche un messo a posta. Il Papa è contento di pagare gli svizzeri ed ha dato ordine di dare loro attraverso un banco milanese 8000 ducati. Su sollecitazione del Papa, anche Venezia ordina festeggiamenti per il recupero di Genova. A Crema si sta trattando per ottenere la città: il Consiglio dei X approva. Si decide anche di scrivere al Capello ed al Moro circa il messo che il Papa invia al cardinale, dando ordine di dare a quest'ultimo 2000 ducati.
4 luglio, col. 456
Processione in San Marco per la presa di Genova. Poi si leggono lettere da Adorno del 1° luglio del Capello. Le lanze del Savello che viaggiavano con salvacondotto, essendo quello scaduto erano state spogliate dagli svizzeri e salvate dalle truppe venete. In tale occasione vi sono state baruffe tra truppe italiane e svizzere, poi sedate. Tali baruffe sono menzionate anche in una lettera del Mocenigo da Pavia. Il frate Angelo Lucido riferisce le novità da Roma.
5 luglio, col. 458
Il vescovo di Monopoli, che era stato in campo a portare il denaro ed è ora tornato, riferisce in Collegio come il cardinale non si comporti bene e non ubbidisca ai voleri del Papa. "Sguizari sono 18 milia in tutto, mal vestiti, onti etc erano. Li vide in Pavia, i quali stanno per robar e aver danari; il cardinal à auto assai; et come quel zeneral di Bianchi di Landriano fa mal oficio contro la Signoria nostra. In Cremona è domino Alexandro Sforza prothonotario posto per la Liga. e cussì in li castelli di Geradada e Sonzino e Pizigatone; et il remedio a dar licentia a' sguizari saria di far venir spagnuoli et le zente dil Papa di qua, e con 10 milia ducati che desse la Signoria per la soa parte, si faria bon fruto, e sguizari, che non sariano superiori, aria di gratia di levarsi, perché il soldo non li coreria... Dice in Brexa esser 200 lanze, 1000 cavali lizieri et 2000 fanti francesi, et che si voria mandar a tuor le terre e mandar homeni capi di reputatione e non Piero Longena..."
Scrive il Capello in data 2 da Adorno. Le 160 lance e 100 balestrieri a cavallo che sono stati svaligiati sono arrivati al campo. Il 30 scorso i francesi da Susa attraverso il Monginevro sono entrati in Francia "siché si pol reputar siano fora de Italia". Il Triulzi va in Francia per due ragioni: per giustificarsi con il Re e perché teme gli svizzeri. Il Capello intende venire a Pavia per consultarsi con il cardinale. Di Cristoforo Moro, che doveva venire provveditore in campo, nulla si sa.
A Venezia vi sono stati ieri 15 casi di peste. Copia di una lettera della Serenissima al cardinale svizzero, da tradurre bene. Altre lettere del Capello da Adorno in data 3. Gli svizzeri sono ancora in Pavia e devono avere ancora 5000 ducati del taglione. Il cardinale ed alcuni svizzeri sono sdegnati con i veneti perché 15 svizzeri sono stati uccisi nel tentativo di recuperare le lanze fiorentine: il cardinale dice di volersi vendicare del sangue di questi suoi parenti e chiede 2000 scudi di riparazione. Per questo il Capello è andato ad acquietarlo, insieme con altri capi veneti, mentre il protonotario Mocenigo era venuto al campo dei veneziani (probabilmente perché si sentiva più sicuro). Il nuovo provveditore generale Cristoforo Moro è giunto a Lodi. I francesi passano i monti ed il Re li richiama in patria.
6 luglio, col. 462
Scrive Leonardo Emo, provveditore nel bresciano da Iseo in data 4 di essere arrivato lì e di aver avuto un consulto con 190 bresciani che vogliono assediare la loro città e sono disposti a trovare 600 ducati a questo scopo. Cristoforo Moro scrive da Lodi il 2, in viaggio verso Pavia. Dice che i francesi in Brescia escono dalla città e fanno dani nel paese.
7 luglio, col. 465
Due lettere in data 3 e 4 luglio del Capello da Adorno. Manda una lettera del Campo Fregoso da Genova (data in copia) sulla sua creazione in doge di Genova. Il cardinale sta a Pavia: non si capisce che cosa voglia fare e si oppone all'invio di artiglierie a Bergamo per conquistare la Capella. Alcuni capitani svizzeri sono venuti dal Capello per chiedergli quanto denaro il cardinale abbia avuto. Il Capello ha fatto un elenco completo dei denari da lui ricevuti e i capitani lo hanno preso in nota. Due svizzeri e due italiani si stanno accordando sul bottino delle lance fiorentine. Ma il cardinale "fa pesimo officio nè si lassa intender quello el voglii far. Lui provedador sta con le zente oculato et voria redursi verso Po al ponte per ogni bon rispeto etc." Cristoforo Moro è giunto a Pavia e lo attende.
Bartolomeo da Mosto scrive da Bergamo il 4. Vorrebbe avere un camerlengo per riscuotere le entrate e intanto ha nominato a questo ufficio Carlo Miani. Ha recuperato 2000 ducati e li impiegherà nel reclutare soldati per prendere la Capella, ma vorrebbe dell'artiglieria grossa ed ha scritto in tal senso al provveditore Capello. Lettera gratulatoria della Signoria (data in copia) al Campo Fregoso per la sua nomina a doge di Genova. Si scrive anche al Papa sulla mala condotta del cardinale svizzero, con richiesta di prendere provvedimenti. Si scrive anche ai provveditori generali lodando che il Capello abbia rivelato i denari dati al cardinale: vedano di tenerlo buono e uno resti con lui, mentre l'altro venga in Geradadda, ma tengano gli occhi aperti fino a quando arriveranno le lettere dal Papa. Si scrive anche all'Emo dandogli libertà di stringere Brescia. Ieri si sono avuti 15 casi di peste a Venezia.
8 luglio, col. 469
Scrive l'oratore veneto da Roma dicendo che il Papa è ansioso di conoscere l'esito del messo svizzero Marchiò che avava mandato al cardinale Sedunense "a far consignasse Cremona a la Signoria, al qual li promise intrada per ducati 2000, come scrisse, aliter li toria l'ubidientia... Item, che à inteso la Signoria vol le zeti yspane vengi di longo et contribuit etc.; di la qual cossa il Papa non li pareva, tamen si la Signoria voleva si adateria, ma faria melio tenir una parte di sguizari". Una lettera di frate Angelo Lucido conferma che il Papa non è favorevole a che gli spagnoli vengano verso la Romagna, e loro vogliono venire, per paura che mettano a fuoco e fiamma tutto quel paese.
Da una lettera di Cristoforo Moro del 4 luglio da Pavia si apprende che egli, in viaggio verso il campo, ha visto il cardinale e gli ha dato 4000 ducati da parte della Signoria. Si cerca anche di comporre le divergenze sul bottino delle lanze fiorentine. Da una lettera dello stesso Moro, insieme con il Capello da adorno in data 5, si sa che le lance fiorentine erano partite per Firenze e l'abate Mocenigo era lì al campo per vedere che cosa convenisse fare con il cardinale a Pavia. Leonardo Emo scrive da Rovato il 6 e riferisce come i cittadini bresciano vogliono far gran cose a favore di San Marco, raccogliere 10 mila ducati e reclutare cavalli leggeri per avere Brescia. Dove, incidentalmente muoiono di peste 40 persone al giorno. E' partito il provveditore a Salò Daniele Dandolo.
9 luglio, col. 472
Lettere dei provveditori da Adorno in data 6 informano che il cardinale intende levarsi il 7 e passare il Po con le sue genti. Vorrebbe lasciar tornare a casa parte degli svizzeri e dividere il resto tra Milano e Genova, da una parte, ed il campo veneto, dall'altra. Il cardinale "era contento che dito nostro campo venisse in brexana aver Brexa et Crema, e daria l'artellarie bisogna per obtenir le terre; ma bisogna danari per il resto dicono aver, ch'è li ducati 18 milia per tuto zugno pasato. Item, à mandato a dir che li provedadori prediti vadino a Pavia per lui". Ma pare che i capitani svizzeri siano a favore della Signoria e stimino poco il cardinale, il quale avrebbe soltanto tre cantoni dalla sua parte.
10 luglio, col. 473
L'oratore spagnolo a Venezia insiste perché il vicerè con le sue truppe venga verso nord. Dal campo i provveditori avvertono in data 7 che gli svizzeri non si sono levati da Pavia, anzi si sono messi in armi ed hanno puntato i cannoni sul luogo dove sta il cardinale reclamando i denari, che sono la loro parte del taglione ed i 14 mila ducati a pagamento di giugno. I capitani svizzeri hanno chiamato i provveditori, che andranno a Pavia domani.
Il Da Mosto scrive da Bergamo il 7, dove è in attesa delle artiglierie per battere la Capella. Si apprende che è morto il fratello di Domenico Contarini nominato provveditore a Bergamo, il quale cerca di guadagnar tempo circa la sua andata all'ufficio. Leonardo Emo informa da Brescia che si sta raccogliendo il denaro per reclutare fanti e cavalli leggeri; ma in città si muore assai di peste. Si discute tra i savi a Venezia circa il destino del cardinale e delle truppe svizzere. Si decide anche di scrivere ai provveditori che vedano di non passare il Po con l'esercito, di mandare gli svizzeri a recuperare le terre nostre e di licenziarne una parte. Viene a Venezia da Salò il conestabile Francesco Calzoni che chiede artiglierie e spera di avere presto Brescia con l'aiuto dei cittadini fuorusciti.
11 luglio, col. 475
Vengono lettere dei provveditori da Adorno in data 8. Di nuovo gli svizzeri avevano litigato con il cardinale per via dei soldi, ma la lite era stata placata. Il cardinale sosteneva che essi non meritassero soldi per avere faticato poco. Il 9 mattina gli svizzeri lasceranno Pavia e passeranno il Po ed il Ticino. Appena passati, si farà un consulto con loro. Informa l'Emo da Rovato che Taddeo della Motella vorrebbe servire con 50 cavalli. La Signoria riscrive approvando. A Venezia da qualche giorno fa caldissimo.
12 luglio, col. 476
Dal campo i provveditori informano in data 9 che gli svizzeri si sono levati e sono ora in campo a Sannazzaro, lasciando due bandiere in città. Il cardinale vorrebbe che tutto il campo veneto e svizzero passasse il Po per rafforzare la posizione della Lega, dal momento che alcuni francesi stanno ancora tra Susa e Chieri. Vorrebbe quindi si facesse un consulto quando l'esercito avrà raggiunto Alessandria.
13 luglio, col. 477
In data 10 scrivono i provveditori da Adorno che gli svizzeri sono andati a Castelnuovo. I provveditori hanno chiesto al cardinale il da farsi ed attendono una risposta. Segue una lista dei capitani svizzeri che stanno con il cardinale.
14 luglio, col. 478
Informa l'oratore da Roma di aver discusso con il Papa degli svizzeri. Egli li ha nominati Auxiliatores della santa sede apostolica. Scrivono i provveditori da Bosco al di qua del Po che vi è stato un incendio al loro campo e che per questa ragione si sono mossi. Altra lettera dell'11 informa che su ordine del cardinale hanno passato il Po e sono a Cornalo. Altre lettere al Consiglio dei X informano del malanimo del cardinale e degli svizzeri nei confronti dei veneti.
15 luglio, col. 480
L'oratore spagnolo informa che gli spagnoli del vicerè sono a Rimini con 500 lance, 7000 fanti e 1200 cavalli leggeri. L'oratore di Roma informa che il Papa, appreso della morte del vescovo di Bergamo Gabriel, vorrebbe dare il vescovado a Nicolò Lippomanno, fedele della Signoria. Scrive ancora: "Item, (il Papa) à riceuto nostre letere zercha scriver al cardinal licentii le nostre zente vadino a recuperar le nostre terre. Il Papa dice lo faria, domente non fusse disturbo a lo exercito sguizaro; et farà far il breve in bona forma, et aspeta saper lo effecto farà il messo andò al cardinal etc. Scrive che l'orator yspano à dimandato il passo al Papa per le zente dil vicerè, quale voleno venir di longo. Il Papa disse non voler darli danari; l'orator yspano rispose non voler nì danari nì altro dal Papa, solum passo e vituarie per li soi danari, e che 'l Papa li havia concesso etc." Scrive Vincenzo Guidotto da Pesaro, dove è giunto con il vicerè che ha 400 lanze, 8000 fanti e 1000 cavalli leggeri ed è in attesa di altre 400 lanze. Segue il sunto di due lettere da Roma di frate Angelo Lucidi.
16 luglio, col. 486
L'Emo scrive da Brescia il 14 che i preparativi proseguono, come detto. I provveditori scrivono da Vigizuol, 2 miglia da Tortona, in data 12 e 13: il campo è alloggiato lì ed il cardinale pure.
18 luglio, col. 487
Una lettera dei provveditori da Castellazzo, vicino ad Alessandria, del 14 dice che il cardinale è con gli svizzeri ad Alessandria, dove ha chiesto ai provveditori di raggiungerlo per un consulto. Un'altra lettera degli stessi del 15 dice che andranno oggi al consulto, ma su che cosa non sanno; chiedono denaro per le truppe venete. Il provveditore esecutore Alvise Bembo informa il 15 che la riunione in Alessandria ha avuto luogo. Il cardinale ha chiesto denari ed ha litigato con i provveditori, consegnandoli prigionieri in mano di certi capitani svizzeri. Lui è ritornato al campo e scrive che il cardinale vuole i 14 mila ducati che deve avere per giugno. Il governatore generale Giovan Paolo Baioni, sempre in data 15, scrive che, saputo della detenzione dei provveditori, ha puntato le artiglierie, ha messo in allarme il campo ed attende ordini dalla Signoria. Lo stesso dice il collaterale generale Bataion.
Inteso questo a Venezia, il Doge ed i savi si riuniscono a consulto. Fanno giurare il segreto al Collegio ed informano il Papa della cosa. Scrivono anche al governatore generale di aver cura dell'esercito fino a domani, quando gli manderanno istruzioni. Prendono provvedimenti per inviare immediatamente 3000 ducati per le genti venete e convocano gli ambasciatori per domani.
19 luglio, col. 489
Vengono in Collegio gli ambasciatori spagnolo e papale ed il doge li informa della detenzione dei provveditori. Gli ambasciatori "si dolseno assai et aricordono le provisioni, e che il cardinal havia fato mal a far questa novità, et li scriverano in bona forma, mostrando tal cossa dispiacerà a la Liga". Si scrive anche al vicerè che è a Cesena, che affretti il cammino e discutono sul fatto che gli svizzeri non servono più.
"Tutta la terra di mala / 490 / voia. Fo leto molte letere, e tra le qual aperto al Pregadi alcune letere di 8 luio fin questo zorno drizate al Conseio di X, zercha el mal animo dil cardinal verso la Signoria nostra, et la praticha con li do capitani sguizari, quali è stà tolti con provision annual di ducati ..., zoè domino Jacomo Stafer et ...; et lete dite letere, quelli di Pregadi mormorono assai dil Colegio, che stante questi avisi si habi fato passar Po il nostro exercito".
Si scrive al governatore generale di aver cura dell'esercito e stare pronto perché, se necessario, possa ritirarsi in luogo sicuro. Si meravigliano del cardinale perché a lui Venezia non deve niente. La lettera viene indirizzata anche ai provveditori generali, nel caso in cui essi siano già liberi. Si scrive anche a Vincenzo Guidoto che sta presso il vicerè che Venezia è pronta verso sua eccellenza per amore della confederazione con la Maestà Cattolica.
20 luglio, col. 491
Lettere dell'oratore presso il Papa del 16 informano che Nicolò Lippomanno è stato nominato vescovo di Bergamo. Lettere dei provveditori dal campo in Castellazzo in data 16 informano che sono stati liberati e sono arrivati al campo ieri. Parlano del modo come sono stati trattati e del fatto che hanno dovuto fare una obbligazione di 8000 raines a favore dei capitani svizzeri per il bottino delle lance fiorentine. "Item, sguizari voleno, questa Madalena da la Liga come il cardinale e loro li hano dito, raynes 96 milia. Scriveno essi sguizari tutti non sono 10 milia in zercha, e presto si disolverano bona parte, et non li stimano. Il nostro exercito è ben disposto, e lauda il signor governador, qual stete in hordine etc; ben dimandano danari per pagar le zente nostre. Et che ozi 500 fanti di la compagnia dil capitanio di le fantarie erano partiti dil nostro campo dal Castelazo e andati in Alexandria a trovar il cardinal e dimandarli danari, perché non hanno auto danari zà più zorni, dolendosi de li provedadori; il qual cardinal li hanno promesso di satisfarli. Scriveno che l'instrumento i feno di raynes 8000 è stà sforzati, ergo etc;". Una lettera in data 16 di un'altra persona che è stata sempre con i provveditori narra della loro prigionia da parte degli svizzeri (C'entra anche il generale di Landriano).
Daniele Dandolo scrive da Salò il 14 narrando il suo viaggio: scrive anche un'altra lettera il 17 narrando quel che succede in Salò. Il Sanudo narra di dissapori tra Jacomo Stafer, che era stato avvicinato da Venezia per una condotta e litigò con il cardinale quando la cosa fu scoperta, il che fu in parte la causa dei dissapori con il cardinale. Intanto nel Consiglio dei X vi sono discussioni segretissime tra Venezia e gli ambasciatori di Spagna e Roma sullo stipulare una nuova lega "e che l'acordo de l'Imperador siegua in questo modo, che l'Imperador habi Milan e la ducca e Cremona e Geradada, et a la Signoria resti il stado haveamo prima, videlicet Bergamo, Brexa, Crema et Verona e conzar con danari a l'Imperador etc;". Si discute anche dei soldi dovuti agli svizzeri, che sono 2000 ducati dalla Signoria e 12 mila dal Papa e Spagna, secondo gli accordi. Venezia deve anche altri 24 mila all'Imperatore per la tregua fatta. Si scrive infine ai provveditori e si prendono accordi per pagare le genti venete mediante lettere di cambio.
21 luglio, col. 495
Il vicerè sta arrivando da Faenza. I provveditori scrivono dal campo in Castellazzo in data 17. Chiedono anzitutto denari per i soldati, che hanno ragione a lamentarsi. Il cassiere del cardinale svizzero è venuto a chiedere da parte del cardinale e dei capitani svizzeri, 14 mila ducati e 6000 raynes entro luglio, altrimenti il cardinale non risponde di inconvenienti. I provveditori hanno risposto che da Venezia devono avere soltanto 2000 ducati per il resto di 14 mila e gli altri / 497 / sono a carico del Papa e di Spagna. I provveditori si sono rifiutati di eseguire l'ordine del cardinale di andare verso Asti e gli hanno detto di andare a Milano, mentre loro provveditori sarebbero andati in bresciana per ricuparare quanto era ancora in mano ai francesi. Anche il governatore ha trattato male il cassiere e ha rimbrottato gli svizzeri di non aver fatto nulla. Ora sono in arrivo gli spagnoli. Il cassiere comprende e riferirà al cardinale. Scrivono i provveditori che gli svizzeri sono circa 10 mila e stanno per partire sì che il cardinale resterà solo e svergognato. Sia loro che il governatore sono determinati a difendersi e a resistere ad eventuali mosse degli svizzeri. Ritengono che costoro partiranno presto, ma servono denari. Un messo da Milano offre uomini e vettovaglie dicendo che i milanesi desiderano restare uniti a Venezia con a capo uno di casa Sforza.
Copia di alcune lettere da Alessandria di Marcantonio Mora del maggio ed aprile passati.
22 luglio, col. 503
Festa della Maddalena. Un vescovo proveniente da Verona riferisce che la città è in grande confusione con otto persone di diverse nazioni che la governano e poca gente alemanna a custodirla. Lettere dell'Emo da Rovato riferiscono che sta raccogliendo truppe e che i francesi fanno danni al territorio. La situazione è simile a Crema, dove i francesi danneggiano e rapinano, mentre il Zivran non fa nulla per contrastarli. Si dà il possesso della diocesi di Bergamo al Lippomanno, anche se non sono giunte ancora lettere ufficiali di nomina. Si scrive ai provveditori in campo che sia in loro facoltà di allontanarsi dai francesi nel miglior modo possibile. Si scrive a Roma dolendosi del cardinale e degli svizzeri ed assicurando il Papa della fedeltà di Venezia. Si scrive anche degli spagnoli che stanno arrivando. La peste a Venezia sembra decrescere.
23 luglio, col. 505
Scrivono i provveditori che dopo la sfuriata il cardinale sembra più ragionevole, ma chiede denari. I provveditori gli hanno replicato che avrà quello che la Signoria gli deve e che se ne vada, se no succederanno inconvenienti. In Collegio si discute circa le cose di Brescia e si decide che con i denari recuperati dai bresciani si prendano 200 lanze, di cui 100 a Taddeo della Motella. Copia di lettera dogale del 22 luglio all'oratore veneto in Roma circa l'elezione del Lippomanno. Copia di altre disposizioni in materia finanziaria.
Lettere del 20 dai provveditori: il cassiere del cardinale è ritornato dicendo di volere i denari dovuti per giugno e luglio dalla Signoria e minacciando che altrimenti gli svizzeri svaligeranno i nostri. Grande sfuriata del governatore contro le pretese del cardinale. I provveditori confermano di non volere obbedire più allo stesso senza ordine del Papa e di Venezia.
24 luglio, col. 508
Vincenzo Guiodotti informa da Forlì il 19 che il vicerè parte per Faenza e poi non fermerà a Bologna ma a Butri e proseguirà per la Lombardia. Questo è confermato anche dall'oratore veneto a Bologna.
I savi scrivono al cardinale ed ai capitani svizzeri cercando di rabbonirli, spiegando le ragioni dell'allontanamento del campo veneto in vista dell'arrivo degli spagnoli, ed avvisandoli che Venezia manda loro il segretario Zuan Pietro Stella, già segretario per Venezia alla dieta degli svizzeri, con incarico di fare un accordo e lega perpetua. Scrivono anche ai provveditori di ritirarsi al di qua del Po in luogo sicuro e poi di inviare le lettere dette sopra al cardinale ed ai capitani. Si danno disposizioni a Leonardo Emo di reclutare con i denari dei bresciani 200-250 uomini d'arme di cui 100 a Taddeo della Motella. I denari dei bresciani saranno maneggiati da persona di loro fiducia. Presto avranno forze tali che Brescia cadrà ed i francesi si pentiranno di non averla ceduta prima.
Tre lettere pettegole del 16 e 19 luglio di frate Angelo Lucido. Lettera di Daniele Dandolo da Salò in data 20: riferisce soprattutto di un consiglio della riviera. Altra lettera delo stesso del 22 ai capi dei X. Vi sono molti ribelli che scorrono il lago e fanno danni e devono essere puniti; chiede provvedimenti. Lista di capitani spagnoli che vengono con il vicerè, consegnata dal conte di Cariate, oratore spagnolo a Venezia.
25 luglio, col. 514
L'oratore veneto al Papa ha discusso con il pontefice dell'incidente tra il cardinale svizzero e i provveditori della Repubblica. Il Papa ha ricevuto lettere di scusa dal cardinale. Pare che l'incidente sia risolto. Il Papa non vuole dare denari agli spagnoli e appare contrario ad una alleanza con essi; vede meglio il rapporto di Venezia con gli svizzeri in funzione anti-spagnola. Vuole che Venezia abbia le sue terre ed ha sollecitato il cardinale a tornare sul bresciano ed a ricuperare le città ancora in mano francese, in alleanza con i veneti.
Arrivano lettere dal campo in Castellazzo in data 21. L'esercito è in partenza per Novi ed un breve papale ai provveditori li esorta a recuperare le rocche delle cità che sono ancora in mano francese. Lettera da Lione di Giovan Giacomo Triulzi, il quale sollecita il pagamento di certi denari per taglie, tra cui quella del Gritti. Arrivano anche ambasciatori dei cittadini cremaschi che sono stati scacciati dalla loro città.
26 luglio, col. 515
Colloqui con l'ambasciatore spagnolo conte di Cariate ed il vescovo Curzense di Trento, rappresentante dell'Imperatore. Si parla di un accordo tra spagnoli ed Imperiali da trattarsi a Mantova. Il viaggio del Curzense a Mantova è confermato anche dall'oratore veneto a Trento. Scrivono i provveditori generali da Novi in data 22, dove sono appena giunti con il campo, che molti svizzeri sono ritornati ai loro paesi ma alcuni restano ancora in Alessandria. Sono stati dati denari al cardinale, ma gli svizzeri ne chiedono molti altri. Leonardo Emo informa da Brescia sui fatti occorrenti e su una carestia che si va profilando.
A Venezia il Doge informa i savi sui colloqui con l'oratore spagnolo e li invita a dare i loro pareri. Si decide di scrivere all'oratore spagnolo che innanzitutto Venezia si rimette al Papa, come capo della lega; Venezia non manderà alcun rappresentante a Mantova poiché la cosa è iniziata da Roma; Venezia non è in grado di aiutare le truppe spagnole per le grandi spese che deve sostenere; verserà tuttavia denari al Curzense per il suo viaggio a Mantova; non ha richieste da avanzare su chi debba andare al ducato di Milano, materia per la quale si rimette al Papa, ma vuole soltanto riavere le sue terre. Si scrive anche a Pietro Lando oratore a Trento che voglia accompagnare il Curzense a Mantova, ma solo come osservatore per informare la Signoria.
In un'altra lettera ai provveditori, la Signoria li invita a passare il Po e venire da questa parte. Loda il pagamento fatto al cardinale svizzero e provvederà altri denari per le truppe venete. Se gli svizzeri vorranno, potranno seguire il campo veneto nel viaggio di ritorno, ma i provveditori non stiano ad attenderli.
27 luglio, col. 518
Gli oratori spagnolo e trentino a Venezia vengono informati della risposta inviata al Papa. Vincenzo Guidotti scrive da Castel Bolognese di essere lì arrivato con gli spagnoli, che si fermeranno alcuni giorni in attesa di notizie da Roma. Paolo Contarini, catturato dai francesi a Lignago e rimasto fino ad ora prigioniero a Como, si presenta a Venezia: si avvia contro di lui un'inchiesta per una sua asserita collusione con gli stessi francesi.
28 luglio, col. 519
Piero Lando informa che il Curzense è in viaggio verso Mantova. Scrivono i provveditori generali in data 23 che, avendo ricevuto l'ordine di Venezia, si muoveranno da Novi il 25 e passeranno il Po verso Casal Maggiore. Saranno con loro 4000 o 5000 svizzeri: il resto andranno a Milano per vedere di ottenere il castello. Chiedono denaro per i soldati. Vi è poi un'altra lettera dei provveditori in data 25. Essi non pensano, in base a certe informazioni, che il cardinale Sedunense voglia ottemperare agli ordini papali. E pertanto, insieme con il governatore, hanno deliberato di avviare il campo verso Voghera. Intendono passare il Po a Casalmaggiore e stanno provvedendo per far costruire un ponte sul Po. Non temono gli svizzeri, ma non vorrebbero scontrarsi con gli spagnoli: per questo vogliono affrettarsi. Nessun segno ancora dei denari: sollecitano che siano pronti a Pontevico, il primo luogo in territorio veneto dove vorrebbero alloggiare. Sarebbe opportuno che le fanterie reclutate a Brescia vengano loro incontro. Il cardinale va a Casale Monferrato, ma non si comprende il suo disegno, che potrebbe tuttavia mettere in serio pericolo tutti i successi passati. Continuano i tentativi di acquisire alla Signoria i servizi del capitano svizzero Stafer. Segue una lista delle truppe che dovrebbero passare il Po.
Pietro Lando scrive il 27 da Villafranca, dove è giunto con il Curzense, e partirà domani per Mantova.
29 luglio, col. 523
I provveditori scrivono da Voghera il 29, dove sono giunti dopo aver cavalcato tutta la notte. Più tardi faranno altre 20 miglia proseguendo verso il Po. Il cardinale aveva loro ingiunto di ritornare, ma i provveditori avevano rifiutato. Da una lettera privata da Salò si apprende che in Brescia vi sono soltanto 150 lanze e 2500 fanti. In città non si può macinare che con mulini a mano e vi è quindi carestia. Il castellano ha fatto barricare il castello e la città, ma l'Obignì non riesce a farsi ubbidire dalle truppe perchè non è in grado di pagarle. La città è sporchissima e pare facilmente prendibile.
30 luglio, col. 524
Pietro Lando scrive da Mantova il 28, dove il Curzense è arrivato ed è stato accolto molto freddamente. Vorrebbe partire tra due giorni per Bologna per incontrare il vicerè. Leonardo Emo informa da Rovato che alcuni francesi sono usciti dalla città ed hanno bottinato certe ville, ammazzando 40 persone. Ma alcuni abitanti del contado, cittadini fuorusciti e lui stesso provveditore hanno affrontato questi malvagi e ne hanno ucciso 200, fatti prigionieri 150, riacquistato il bottino e costretto gli altri a fuggire in città. I contadini hanno poi per rappresaglia ammazzato tutti i prigionieri.
I savi scrivono al Papa esprimendo disponibilità a seguire gli ordini del Papa, ma poca voglia di recarsi con le truppe papali ad acquistare Ferrara, come il pontefice vorrebbe. Essi sono invece orientati a riacquistare Brescia e Crema, innanzitutto, e poi si vedrà. Intanto l'esercito del Papa stia pronto. Si decide di estinguere il debito con l'Imperatore per la passata tregua, ma a rate. Si decide anche di mandare un messo al cardinale svizzero per giustificare il fatto che il campo si era levato contro il suo volere.
Il 25 il vicerè è a Bologna e si fa un elenco delle sue truppe. Egli è favorevole a Venezia. Ha ricevuto un messo dal cardinale che lo avverte che, qualora venisse a Milano per imporre altri che non la persona voluta dal Papa, gli svizzeri si opporrebbero a lui.
31 luglio, col. 526
Si scrive all'Emo nel bresciano che vada incontro ai provveditori verso il Po. Segue un dettagliato conto dei denari dati agli svizzeri nel 1512, che assommano ad un totale di circa 67 mila ducati. Segue un conto dei militari e dei denari avuti dai vari corpi. Questo conto è lunghissimo e non facilmente uniformabile a quelli riportati in precedenza. Consultarlo direttamente, se necessario.
1° agosto, col. 538
Non si hanno notizie dal campo e per questo a Venezia vi è incertezza. Arriva da Mantova una lettera di Pietro Lando, che informa come Lignago sia stata ceduta dai francesi (i quali si sono allontanati con salvacondotto) a Monsignor de la Roxa a nome dell'Imperatore. Scrive che il campo veneto è arrivato sul Po contro Cremona, ma non può attraversarlo perché il cardinale svizzero ha dato ordine di bruciare i ponti in modo che l'esercito non potesse passare. Così il vescovo di Lodi che governava Milano aveva ordinato; per questa ragione il territorio cremonese era tutto in armi.
Scrive il 27 ed il 28 l'oratore veneto a Roma. Il Papa ha scritto al cardinale svizzero di venire con l'esercito a recuperare il territorio veneto, cioè Cremona, Brescia, Bergamo e Crema; egli rimane tuttora contrario agli spagnoli, non vuole dar loro denari e non vuole che la Signoria gliene dia. Marin Zorzi, oratore Veneto a Bologna, e Vincenzo Guidotti informano da Bologna che il vicerè è stato svaligiato delle sue truppe per non averle pagate. E' diretto verso Modena.
"Fu terminato scriver a Roma persuadendo il pontifice mandi il ducha di Urbin con zente di Soa Santità a conszonzersi con il nostro campo in Lombardia, che sarà gran favor ala impresa, e poi unite potrano andar a tuor Ferara; et laudemo l'opinion di Soa Santità a non dar danari a le zente spagnole, et cussì faremo nui".
Scrive Taddeo della Motella dal Po, dove è arrivato con alcune truppe, che l'esercito sta dall'altra parte del fiume e presto passerà. Scrive Piero Lando da Mantova che il Curzense aspetterà lì il vicerè per parlargli. Tre lunghissime lettere dei provveditori in data 28 da Piacenza, 29 e 30 narrano molto diffusamente le vicende del trasferimento da Casalmaggiore e la situazione attuale al campo. L'esercito dovrebbe passare il giorno 1 il Po per poi dirigersi su Crema.
2 agosto, col. 544
Scrive il Lando da Mantova (senza data), dove si è appreso che Cremona ieri era in armi perché l'esercito veneto era vicino e la città temeva di essere presa e saccheggiata. Alcuni tramavano contro la Signoria e non volevano che l'esercito veneto passasse. Poi Cremona aveva deciso di mandare oratori al campo veneto e garantire il passaggio. Così l'esercito passerà. La Signoria scrive ai provveditori rallegrandosi con loro per aver passato il Po ed approvando l'intenzione di andare verso Crema al più presto, promettendo l'arrivo di denaro per le truppe ed un aumento dell'effettivo con i militari di Brescia. Scrive anche a Roma, rallegrandosi per la buona disposizione del Papa ed avvertendolo degli ostacoli frapposti dal cardinale svizzero.
3 agosto, col. 545
L'oratore spagnolo a Venezia informa circa la situazione con il vicerè. Piero Lando in data 1 agosto scrive da Mantova che il Curzense aveva mandato un messo all'Obignì a Brescia per convincerlo a rendersi all'imperatore, come già era avvenuto a Lignago. Scrivono anche i provveditori in data 30 dal campo presso Ozan, dove erano appena giunti dopo aver passato il Po. Narrano delle vicende a Cremona. Così anche in altra lettera del 31 luglio.
4 agosto, col. 547
Una lettera da Roma informa circa gli orientamenti del Papa. Mosse varie per arrivare ad un trattato con gli spagnoli, probabilmente a Roma. Lettera del 1° agosto da parte dei provveditori: l'esercito ha passato il Po e andrà verso Pontevico, dove si incontrerà con Leonardo Emo ed i suoi. Lì successivamente si deciderà come dirigersi verso Brescia, secondo gli ordini della Signoria. Paolo Capello scrive anche da Cava in data 1° agosto, relazionando circa il passaggio del Po e l'intenzione di dirigersi a Pontevico. Passato l'esercito, il ponte sul Po è stato subito demolito. Tutti i ribelli della Signoria erano assenti da Cremona perché pensavano che la città sarebbe stata presa, il che sarebbe stato facilissimo. Promette che, qualora Venezia lo voglia, potrebbe impadronirsene in tre giorni. Grande esultanza per aver compiuto l'impresa di portare l'esercito a salvamento, cosa di cui ha a tratti dubitato. Ha spiegato agli ambasciatori di Cremona come la città sia designata a Venezia per gli accordi presi, che non è stata presa, ma si attende che sia consegnata. L'Emo era arrivato con le sue genti a Pontevico, ma è stato avvertito di tornare a Brescia, dove il territorio deve essere protetto dai francesi. Domani il campo sarà a Pontevico e se la Signoria gli concederà i 300 uomini d'arme richiesti, come ha deliberato, si potrà avere tutta la Lombardia.
I provveditori scrivono da Verola il 2, dove sono giunti con l'esercito e chiedono denari perché senza paga la gente non vuole avvicinarsi a Brescia. Venezia risponde che i denari (10 mila ducati) sono già a Vicenza e che mandi l'Emo con buona scorta a prenderli; intanto, comincino a pagar i soldati con i denari raccolti dai bresciani e procedano verso Brescia. Scrive l'Emo in data 2 che essendo andato verso Robecco per incontrare l'esercito, alcuni cremonesi che stavano lì e gridavano Franza Franza erano stato assaliti dai bresciani che avevano ammazzato qualcuno, preso il luogo e saccheggiatolo. Anche i provveditori riferiscono l'episodio di Robecco dove erano morti anche sette stradiotti. Altri stradiotti erano andati verso Brescia ed avevano preso certi francesi.
Bartolomeo da Mosto scrive da Bergamo il 1° agosto. Riferisce di aver avuto difficoltà a riscuotere il denaro richiesto perché i milanesi avevano mandato a dire di non pagare i veneziani, il cui campo stava in pericolo. E' tuttavia riuscito a raccogliere 6000 ducati e li ha mandati al campo; crede ne avrà altri 2000 dai bergamaschi. Riuscirà ancora a raccogliere 200 schiopeteri per 15 giorni ed alcuni cavalli leggeri da mandare in campo, senza spese per la Signoria.
5 agosto, col. 553
L'oratore imperiale, anche da parte del conte di Cariate e del re spagnolo, protesta con la Signoria a muso duro che, invece di andare a prendere Brescia, i veneti dovrebbero andare con gli spagnoli a prendere Milano, prima degli altri luoghi in mano francese, altrimenti avrebbe considerato rotte la tregua a la Lega. E ciò perché, una volta acquistate le sue terre, Venezia non sarebbe poi andata a prendere Milano per conto dell'Imperatore. Il Doge sostiene invece risolutamente di voler recuperare il suo, come prevedono i patti, e che questi non erano gli accordi con gli spagnoli. Contesta anche il doge come sia meglio che i luoghi fortificati siano in mani venete, piuttosto che spagnole. In ogni caso, il Doge consulterà il Senato e risponderà.
I provveditori scrivono il 3 agosto da Verola che stanno aspettando l'arrivo del denaro. Il capitano delle fanterie, che non vuole essere sottoposto al governatore, torna a Venezia. E' giunto al campo un oratore del vescovo di Lodi, chiamato Hironimo Morone, il quale prega i provveditori di scusare ciò che gli svizzeri hanno fatto e di voler ben convicinar con i luoghi veneti.
I savi preparano la risposta agli oratori imperiale e spagnolo. Dice che i capitoli della Lega prevedono il recupero delle terre venete; d'altra parte, non è ancora certo che l'Imperatore entrerà nella Lega e, quando entrerà, dovrà accettarne i patti, che prevedono come il Papa sia colui che decide. Quanto al recuperare Milano, Venezia non si sente obbligata a farlo, ma comunque l'esercito veneto farà quanto il Papa disporrà. Di questa risposta si informano l'oratore a Roma ed i provveditori in campo. Ai quali si scrive anche di andare sotto Brescia e, se venissero a Brescia 2000 tedeschi, come gli oratori minacciano, questi siano trattati da nemici. Renzo da Ceri, capitano delle fanterie è arrivato a Venezia e viene convocato in Collegio per l'indomani.
6 agosto, col. 555
Si apprende dall'oratore di Roma che, intese le difficoltà dell'esercito veneto a Cremona, il Papa ha inviato un breve al cardinale svizzero, chiedendogli di non frapporre ostacoli. Si scrive da Roma anche ai piacentini, al medesimo effetto.
Da Venezia, il conte di Cariate invia denaro agli spagnoli. Mentre i provveditori, che sono sempre in attesa del denaro, muoveranno il 5 da Verola a Bagnolo. Paolo Capello scrive poi il 3 una lettera personale in cui chiede un risarcimento per le perdite e le difficoltà avute in passato. La lettera informa anche di certi casi successi a Cremona e di certe mosse che sta facendo per ottenere pacificamente la città.
Gli ambasciatori imperiale e spagnolo ricevono la risposta alla loro protesta di non voler prendere Milano. Si adombrano, soprattutto alla proposta di pagare i patti della tregua a poco a poco. Viene poi in Collegio Renzo di Ceri. Descrizione dell'abbigliamento suo e degli accompagnatori. Il Doge gli fa notare che egli dovrebbe essere al campo e lui risponde che non vede il modo di starvi. Udito dai savi in Collegio, risponde di non andare d'accordo con il governatore; potrebbe essere mandato in campo a Crema. Pietro Lando con il Curzense il 5 è sempre a Modena e non si parla di andare a Roma. Neppure il vicerè veniva a Modena, ma almeno stava pagando le truppe.
Il 4 scrivono i provveditori da Verola: è stato da loro un ambasciatore del vicerè e gli ha fatto intendere che non devono occuparsi di Cremona, Crema e Brescia. Paolo Capello ha risposto energicamente che, a termine dei patti della Lega, i tre territori toccano a loro. L'ambasciatore chiede allora che un provveditore vada a Mantova a discutere, ma la risposta è che loro provveditori devono stare al campo: già è a Mantova Pietro Lando, che è perfettamente in grado di rispondere. Domani mattina presto l'esercito andrà verso Brescia e probabilmente occorreranno altre due tappe per arrivarci. Fino a quel momento si sono dovuti fermare per riparare i carri e l'artiglieria. Ma soprattutto necessitano denari e denari e denari per "contentar quel bisognoso et fidel exercito, et maxime per le future expugnatione". Vedranno anche di prendere Peschiera, ma tutto è subordinato alla soddisfazione dei soldati. Loro provveditori avrebbero preferito andare a Crema, ma la Signoria ha deciso che vadano a Brescia.
Un'altra lettera della notte del 4 informa invece di un caso increscioso per cui la partenza dovrà essere rimandata. Si tratta della uccisione di Troilo Ursini della compagnia del governatore, colpito in una imboscata. Paolo da Santa Croce, che comanda le fanterie (infatti, Renzo da Ceri sta a Venezia) ed il governatore stesso sono in armi per volersi vendicare. Il provveditore ha cercato di frenare queste mosse, ma non può partire prima che "non se quieta perfectamente questo caxo", che è il peggiore dopo quello degli svizzeri. Il comando delle truppe del defunto Troilo è stato conferito a Paolo da Santa Croce.
Vi sono altre lettere dei provveditori in data 4 da Verola, che parlano di un'altra visita dell'ambasciatore spagnolo. Costui comunica che il vicerè va a Mantova per conferire con gli altri della Lega e che sarebbe opportuno che vi andasse anche un provveditore. Si offre di aiutare l'esercito veneto congiungendosi con esso. Gli si risponde in termini generici. Ma successivamente il conte Guido Rangoni informa che l'intenzione dell'ambasciatore, nel caso in cui l'esercito vada su Brescia, sarebbe quella di protestare che ciò non si può fare senza il permesso della Lega. Descrive poi il caso di Troilo Orsini in maggior dettaglio. Anche Leonardo Emo informa sul caso di Troilo Orsini e dice che sarebbe opportuno prendere Brescia. Intanto a Mantova la situazione è bloccata, come informa il Lando.
7 agosto, col. 561
L'ambasciatore imperiale sollecita denari per il Curzense e quello spagnolo manifesta l'intenzione di recarsi a Mantova ad operare in favore della Signoria. Il Doge approva. Si discute tra i savi se e come pagare il restante del debito all'Imperatore per la tregua. Si decide di dare un'ulteriore somma di 3000 ducati. Attraverso l'ambasciatore veneto in Spagna si informa il Re cattolico di quanto sta succedendo, soprattutto circa le obiezioni del vicerè all'impresa di Brescia. Così anche al Re inglese.
8 agosto, col. 562
Si comunica all'ambasciatore cesareo l'intenzione di pagare parte del denaro della tregua ed egli si lamenta dicendo che in questo modo si infrange la tregua. Poi parte verso Roma. Vincenzo Guidotto scrive da Modena, dove sta con il vicerè, che costui non ha soldi abbastanza per pagare le truppe e prolunga il tempo della sua andata a Mantova. Ha parlato anche dell'impresa di Brescia, per la quale il vicerè sollecita una collaborazione con il suo proprio esercito.
In data 6 scrivono da Bagnolo i provveditori generali. Sono arrivati oggi e domani intendono andare a San Zeno, 3 miglia da Brescia. Manderanno intorno alla città la cavalleria leggera e poi sceglieranno un luogo per piazzare le artigierie, di cui attendono l'arrivo e che saranno scortate dall'Emo. Mandano a Crema la compagnia di Troilo Orsini per stringere quella terra insieme con i cremaschi fuorusciti e con il provveditore Andrea Zivran. Sarebbe bene spedire a Crema anche il capitano delle fanterie che sta a Venezia. Da Venezia partono 30 bombardieri e le artiglierie sono già avviate. Si scrive ai provveditori sollecitando l'impresa ed una lettera ai fuorusciti della counità di Brescia, esortandoli all'acquisto della loro città.
9 agosto, col. 564
Scrive il Lando da Mantova che si attende il vicerè per il giorno 9: i provveditori sono stati avvisati di questo e del fatto che gli spagnoli mostrano un atteggiamento minaccioso contro i nostri. A Venezia si cerca di sollecitare e blandire Renzo da Ceri perché vada a Crema. Da Vicenza si informa che ci sono stati disguidi sull'invio in campo del denaro. Poi il 7 scrivono i provveditori da san Zeno, dove sono giunti. Hanno ispezionato la città e constatato che le fanterie bresciane sono poche e male in arnese e vi è necessità di accrescerne il numero.
La Signoria scrive a Leonardo Emo che debba stare all'ubbidienza dei provveditori generali e dar loro ed a Venezia buon conto del denaro e presentare i fanti bresciani.
10 agosto, col. 565
Piero Lando riferisce da Mantova che il vicerè temporeggia, è sempre a corto di soldi e ispeziona le truppe. Vincenzo Guidotto a Modena ha avuto colloqui con il vicerè che gli ha detto di essere tutto dalla parte di Venezia e che "el vegneria più presto contra l'Imperador che contra la Signoria nostra". Ha fatto le mostre, ma non ha pagato le truppe, che sono 450 lanze, 6000 fanti e 600 cavalli leggeri, gente male in arnese.
Il capitano delle fanterie pretende un aumento della ferma per ritornare in campo. Il governatore generale Zuan Paolo Baion ha scritto alla Signoria "dolendosi dil caso seguito di la morte dil signor Troilo Orsino, excusandosi assai, et dava la colpa a lui, che l'era fastidioseto, et ferite quelli homeni d'arme erano soi, e che lo hanno, per vendicharsi, amazato etc".
Dal campo presso san Zeno scrivono i provveditori in data 8 (e poi anche in data 9) dicendo di aver scelto il posto per piazzare le artiglierie, di aver fatto consiglio di guerra con i capitani delle fanterie e di aver tagliato l'acqua a Brescia. ma aspettano ancora il denaro. Il capitano delle fanterie alla fine ha accettato e ritornerà in campo. Le artiglierie (8 cannoni e 6 sacri) sono partite da Padova.
11 agosto, col. 567
Pietro Lando scrive da Mantova che si attende il vicerè per l'11. Si è saputo che l'Imperatore a Colonia ha investito Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico, duca di Milano e lo manda a Milano a prendere possesso. Pare anche che l'Imperatore abbia investito Pandolfo Malatesta, che è a Trento, di Cittadella, che è veneziana, il che sarebbe contro la tregua, secondo la quale nulla deve essere innovato.
Zuan Jacomo Caroldo, segretario veneto, scrive da Milano. E' partito da Verona per andare del cardinale svizzero ed, ivi giunto, è stato molto ben ricevuto dal vescovo di Lodi Sforzesco che governa Milano. Ha manifestato come Venezia vorrebbe che la città fosse governata da uno di casa Sforza. Ciò è stato molto apprezzato a Milano, e gli abitanti vorrebbero entrare in intelligenza e si offrono alla Signoria. Stanno cercando di ottenere il castello. Il cardinale svizzero è a Vercelli con 5000 svizzeri e il Caroldo lo raggiungerà. Scrivono i provveditori il 9 che aspettano denari ed artiglierie e che, volendo dar battaglia, servono più fanti.
In data 9, Vittore Lippomanno, che va a Bergamo a prendere possesso del vescovado assegnato al vescovo Nicolò, scrive dal campo e dice dell'enorme lavoro che ha il Capello. Dice che prima di dare battaglia si attendono le artiglierie e più fanterie. Gli uomini d'arme non prendono denari da due mesi e sono scontenti. E poi, quando arriverà l'ora di dare battaglia, questa sarà incerta perché in città vi sono 150 lanze, 400 cavalli leggeri e 3000 fanti. Conquistare la città per armi sarà difficile; si spera di averla per accordo. Le truppe rubacchiano per il paese, ma i provveditori nulla possono se non arriveranno denari.
Si descrivono le nuove condizioni per la condotta di Renzo da Ceri, che finalmente ritornerà in campo. Si manda a dire ai provveditori che reclutino 2000 grisoni per compimento dei 10 mila fanti richiesti.
12 agosto, col. 569
Lettere dall'oratore presso il Papa, il quale vuole che i territori veneti siano di Venezia, nonostante altri avvisi contrari degli spagnoli. Rimane contrario agli spagnoli e favorevole ad uno Sforza a Milano. Segue copia di un breve papale al cardinale Sedunense in data 31 luglio, con il quale lo rimbrotta e lo invita a favorire l'esercito veneto nel recupero delle proprie terre, revocando qualsiasi ordine in contrario.
Scrive da Orzinuovi Nicolò Michiel che è ivi provveditore, in data 8. E' arrivata la compagnia del capitano delle fanterie in seguito alla morte di Troilo Orsini e per l'impresa di Crema. Sono 800 fanti, 70 lanze e 100 cavalli leggeri, che hanno pernottato lì e poi, insieme con l'artiglieria sono stati avviati verso Crema. Il comandante è Paolo da Santa Croce, cognato del defunto Orsini. Il Michiel sta anche fornendo aiuto a Leonardo Emo.
Scrive Pietro Lando da Mantova che il 10 è giunto lì il conte di Cariate, oratore spagnolo, ed il 12 arrriverà il vicerè. Altra lettera dello stesso che dice come il Cariate gli ha detto che non vi sono problemi a che Venezia prenda Brescia e Crema, ma non Cremona. Si aspetta entro otto giorni Massimiliano Sforza, che andrà a prendere il possesso di Milano. Renzo di Ceri prende licenza da Venezia e partirà domattina.
13 agosto, col. 572
Datate 10 agosto, arrivano lettere dal campo a San Zeno, dove si è sempre in attesa di denaro e artiglierie. Vi sono state scaramucce tra francesi e veneti, di poco conto. Un messo da Peschiera fa intendere che, se si mandassero genti, quel luogo sarebbe disposto ad arrendersi. Si è scritto di questo al provveditore di Cavalli, ma nulla è successo. Altra simile lettera dell'11 informa che sono arrivati 8000 ducati ed ora si aspettano i cannoni che sono in Albarè. In Brescia i francesi saccheggiano i conventi e scacciano monache e frati. In città scarseggia l'acqua e la farina. I provveditori hanno richiamato a Brescia tutte le truppe, eccetto le fanterie del capitano che stanno verso Crema. Ma servono altri denari, altrimenti non si potrà fare nulla. Leonardo Emo, provveditore esecutore, scrive da Rovato che presenterà i conti, ma non ha guadagnato un marcello.
14 agosto, col. 573
Scrive il Zafran da Crema, senza data, che è in attesa del capitano delle fanterie per espugnare la città. I provveditori scrivono di aver inviato Guido Rangoni incontro alle artiglierie e aspettano ancora il denaro.
15 agosto, col. 574
Due lettere del Lando da Mantova in data 12 e 13. Nella prima si descrive l'entrata del vicerè di Napoli. Il Lando ha avuto un colloquio ed ha appurato che il vicerè vuole che Venezia abbia le sue terre e si accordi con l'Imperatore; chiede però che la Signoria gli dia del denaro. Giovan Giacomo Caroldo scrive da Vercelli il 9 e 10: ha parlato con il cardinale che si è scusato dell'accaduto; anch'egli vuole che Venezia abbia il suo e la aiuterà ad ottenerlo. E' anche d'accordo che Milano sia data a Massimiliano Sforza. Il cardinale sta a Vercelli con 5000 fanti per i quali ha trovato il denaro: intende andare alla conquista della rocca di Novara che sta ancora in mano francese, e poi si dirigerà a Milano. Si offre di aiutare Venezia contro gli spagnoli, se occorresse. Da Venezia si scrive al Caroldo di ritornare. Nulla di sostanzialmente nuovo nelle lettere dal campo del 13 agosto.
16 agosto, col. 576
Lettere dal campo del 14 informano che sono giunte le artiglierie che stavano a Crema e si aspettano quelle da Padova, che sono state incontrate dal Rangoni; tuttavia, sono necessarie 150 paia di buoi per trainarle. E' arrivato al campo Leonardo Emo che stava a Rovato; anch'egli scrive dal campo e manda i conti.
Scrive Vittore Lippomanno da Bergamo. In Capella ci sono 60 francesi ed hanno rifornimenti per un anno. Nella rocca di Trezzo vi è un castellano con 50 cavalli e 200 fanti francesi, che procurano danni ai paesi vicini. Bartolomeo da Mosto ha scritto ai provveditori che ha bisogno di 80 cavalli leggeri. Carlo Miani, che fu il primo ad entrare in città, è camerlengo a Bergamo. Il castellano della rocca è Gabriele Barbo. Sono giunti sul territorio 200 cavalli di stradiotti alloggiati in quelle ville (probabilmente quelle di fronte a Trezzo).
17 agosto, col. 577
In data 15 lettera dei provveditori dicono che alcune monache scacciate da Brescia hanno riferito come i francesi intendono uscire per prendere dell'uva per far mosto: i provveditori si dispongono a contrastarli. Un francese sposato con una bresciana è uscito ed ha riferito molte cose sulle condizioni della città e sul possibile modo di ottenerla.
18 agosto, col. 578
Scrive il Lando da Mantova il 17 che il Cariati torna a Venezia dopo aver fatto un buon lavoro. L'incontro tra il vicerè, il Curzense e gli oratori Cariati ed Urea ha avuto luogo. Seguono copie di alcune lettere di poco interesse.
19 agosto, col. 584
Lettere dei provveditori dal campo in San Zeno in data 17. Le artiglierie, accompagnate dal Rangoni, sono a Castiglione dello Stiviere e arriveranno a Brescia domani per essere subito installate. Il provveditore Moro si posizionava verso monte rispetto alla città ed il Capello rimaneva verso il piano. Il capitano delle fanterie andrà invece a Crema ed attenderà gli ordini dei provveditori.
Il conte di Cariate riferisce in Collegio sulla riunione tenuta il 17 a Mantova. Il vicerè ed il Curzense sostengono che la Lega è rotta perché non sono stati dati loro i denari, secondo i capitoli: vogliono la paga di aprile che non hanno ricevuto e vogliono che i territori veneti siano acquisiti dalla Lega; dopo di che si deciderà di chi siano. Secondo loro, infatti, il diritto al possesso di Venezia è caduto da quando Brescia, Crema e Bergamo sono state prese dai francesi, per cui quelle terre appartengono ora all'Impero. Aggiungono anche altre condizioni. Dice concisamente il Sanudo: "In conclusion voleno danari".
Altre lettere dal campo (non quelle del 16). I provveditori si scusano per non essere andati a prendere Crema e la Capella di Bergamo, alle cui imprese avrebbero potuto far fronte, perché il Collegio aveva loro ordinato di prendere Brescia. Francesco Capello, oratore imperiale, scrive da Olmo in data 10 che Massimiliano Sforza è lì e viene per prendere possesso di Milano. Si discute sulla relazione fatta dall'oratore spagnolo e sull'opportunità di sborsare qualche soldo, ma nulla si decide. Si scrive a Roma sulla relazione dell'incontro di Mantova.
Si menzionano anche lettere del 17 dal campo che narrano di un'incursione fuori Brescia da parte dei francesi. I provveditori aspettano l'artiglieria e le munizioni e si dolgono che non si sia seguito il loro avviso di prendere prima Crema e la Capella di Bergamo, per poi andare a Brescia. Scrive ancora il provveditore Paolo Capello che oggi ha ricevuto 4 messi da Clusone; essi gli hanno comunicato di aver eletto in loro podestà Vittore Querini q. ser Piero, che già era stato a Clusone; i provveditori hanno confermato l'elezione.
20 agosto, col. 590
Lettera dei provveditori dal campo in data 18. Le artiglierie sono giunte e le piazzeranno quella notte. La notte successiva intendono cominciare a bombardare ed avvicinarsi alle mura. Ma scarseggiano di polvere. Pare che i francesi siano usciti da Crema, abbiano assalito le truppe venete e "trovate dite zente squadronate li hanno tolto 4 bandiere et do falconeti; / 591 / con occision de alcuni, li hanno posti in fuga, e li falconeti conduti in Crema".
Il Lando scrive da Mantova il 18 che il vicerè è partito per Modena, il Curzense vuole andare dal cardinale svizzero per mettere ordine circa le cose di Milano. Anche su richiesta del Curzense, il Lando lo accompagnerà.
Vittore Lippomanno scrive da Bergamo il 17 "Come in quella matina è avisi da Milan che il cardinal sguizaro sabato a dì 14 zonse a Vegevene, locho suo, e li sguizari erano a Novara, e che 'l castello di Milan tirava a la terra e fazeva di gran danno; e uno capitanio de' sguizari, nome Zorzi di Alto Saxo, era conzonto con il re di Franza e li dava 4 in 5000 sguizari di la parte di questo cardinal, e haveva fato presoni li sguizari erano dentro. Et si dize, ma nol crede, che 'l cardinal vol venir verso Brexa, ma si iudicha vogli vegnir a tuor il castello de Milan. Scrive lo castelan di la Capella di Bergamo, francese, tira pur a la terra, ma non fa tropo danno. Ogni sera fa fuogi, e anche quelli di Trezo; et eri da sera fo visto lì a Bergamo fochi nel castello di Milan. Scrive da poi che domino Theodoro Paleologo è lì nel teritorio con li stratioti, quelli di Trezo non ensano più fora, siché questo paexe adesso non ha più paura. Quelli di Bergamo, per questa nova de l'Alto Saxo, sta un pocho sora di so' termeni, e hanno paura; ma lui tien sia una zanza; ma si Brexa si haverà, non si dubita di niente". Scrive che i canonici di sant'Alessandro e san Vincenzo litigano tra di loro perché vorrebbero che il nuovo vescovo prendesse il possesso della diocesi nella loro chiesa.
Scrive ancora il Capello dal campo, in data 18, in polemica con il Collegio perché quest'organo gli ha comandato di andare all'impresa di Crema: manda al Senato la lettera che così ordinava. Sono giunte le artiglierie, insieme con 3500 ducati. Spera che i cannoni gli daranno presto la vittoria. E' stato fatto un sopralluogo per piazzare l'artiglieria e domani notte si comincerà a bombardare. Fa una stima dei francesi in Brescia e dice che questi saccheggiano molte case in città. Due cannoni francesi sono esplosi. Chiede ancora polvere da sparo e dice che ha bisogno di altri 15 mila ducati. Informa che il vicerè è partito da Mantova e va a Modena per Bologna.
21 agosto, col. 593
Lettere da Roma confermano la buona disposizione del Papa a dare a Venezia i suoi territori, nonostante che l'oratore imperiale cerchi di dilazionare l'impresa di Brescia. Il Papa vuole porre Massimiliano Sforza a Milano. Vi sono notizie da Bologna circa il vicerè e tra esse il Guidotto, che lo segue, scrive da Bologna il 19 che il vicerè si trova a Modena e intende andare a Firenze per prendere la città. Leonardo Emo, provveditore esecutore, invia i conti e prega che siano rivisti diligentemente, affinchè si veda chi ha male amministrato il denaro della Signoria.
Vengono sul tardi altre lettere dal campo in data 19. Il Collegio non deve risentirsi che le lettere dei provveditori diano notizie diverse a tempi diversi perché solo chi è sul campo riesce a seguire gli avvenimenti. In ogni caso, ognuno fa il proprio dovere. Descrivono il piazzamento dei cannoni e come intendono usarli. Serve ancora polvere. Si sono distribuiti i compiti alle truppe. Domani sera sperano di iniziare la battaglia.
Bartolomeo da Mosto scrive da Bergamo il 18 che il cardinale svizzero è giunto a Milano. Antonio Giustinian, che stava in Francia, è riuscito a liberarsi ed è nascosto in Savoia dove ha bisogno di denari per affrancarsi del tutto. Da Roma si apprende che l'oratore cesareo insiste perché la conquista di Brescia sia ritardata fino a dopo l'accordo con l'Imperatore. Il Papa, che desidera prendere Ferrara, per ora non gli presta ascolto. Venezia manda denari al campo, pregando di sollecitare la presa di Brescia.
22 agosto, col. 604
L'oratore spagnolo bussa a denari ed il Doge si riserva di consultare su questo il Senato. Pietro Lando informa da Mantova che il 22 partirà con il Curzense per andare a Trento ad incontrare Massimiliano Sforza. Arrivano lettere dal campo del 20: domattina andranno verso la porta di san Giovanni di Brescia e domani sera piazzeranno le artiglierie. Le truppe sono di malavoglia perché con i denari si sono potuti pagare soltanto 5000 fanti. Tra Crema e Bergamo ne restano altri 800 da pagare e la stima del denaro necessario è di 18 mila ducati. Senza denaro sarà difficile dar termine alla spedizione perché i comandanti sono scontenti. Le truppe del vicerè stanno levandosi per la Toscana, dove intendono prendere Firenze.
23 agosto, col. 605
Il Lando con il Curzense sono in viaggio verso Trento. Dal campo, che sta a san Giacomo, scrivono i provveditori in data 21. Il campo si è trasferito lì, ad 1 miglio e mezzo da Brescia, ed il trasferimento è stato lungo e difficoltoso. Questa notte muoveranno verso monte per piazzare l'artiglieria. I francesi da Brescia sparano, ma pare che facciano poco danno.
Scrive Vittore Lippomanno da Bergamo. Si dice che gli svizzeri abbiano fatto un ponte a Lodi e vogliano venire in 4000 o 5000 verso Brescia, o forse verso Ferrara, o forse vogliono solo riscuotere denaro. Il castellano della Cappella spara su Bergamo con pochi danni e ogni sera accende fuochi. Dopo l'arrivo degli stradiotti i francesi non escono più da Trezzo. Vi è stato un pranzo tra il castellano francese di Trezzo ed il Paleologo, nel corso del quale il francese ha detto che il suo Re desiderava allearsi con Venezia e lasciarle il suo stato. Ma, in assenza di un'alleanza, Venezia sarebbe stata spogliata. Il castellano sapeva che erano intervenuti colloqui tra Massimiliano Sforza e l'Imperatore. Riferisce altre notizie che paiono piuttosto fantastiche. Ma il Sanudo peraltro dice che le medesime cose sono state riportate anche dal da Mosto. Si discute circa l'assegnazione di fondi al vicerè, ma nulla si risolve.
24 agosto, col. 608
Scrive Vittore Lippomanno da Bergamo il 22. Vi sono state scaramucce a Crema ed il capitano delle fanterie ha chiesto al da Mosto 500 fanti, che gli saranno inviati. I provveditori hanno anche richiesto 80 staia di pane al giorno, che saranno inviati al campo. Notizie analoghe scrive il Da Mosto, che chiede anche denari.
I provveditori scrivono da Santa Croce presso Brescia il 22 che i francesi hanno effettuato una sortita nel tentativo di impedire l'arrivo delle artiglierie, che sono invece state piazzate e cominciano a sparare. Altre saranno piazzate domani, ma manca la polvere. Se le genti saranno pagate (da oltre due mesi non ricevono denaro) Brescia cadrà. Fanno una stima del denaro occorrente, che ammonta ora a 30 mila ducati. Un'altra lettera del Capello riferisce del medesimo fatto d'armi e riassume anche le altre cose avvenute. Dopo lunga discussione, il Collegio decide di finanziare il vicerè.
25 agosto, col. 617
Si comunica all'oratore spagnolo la decisione di dargli 6000 ducati, ma egli si dichiara insoddisfatto. Il Lando con il Curzense sono arrivati vicino a Trento e Massimiliano Sforza sta a Innsbruck. Bartolomeo da Mosto scrive da Bergamo il 23 che il cardinale svizzero è partito da Vigevano ed andato con gli svizzeri a Novara, dove vi è un moto a favore di Francia. Anche a Milano vi sono sommovimenti: alcuni uomini usciti dal castello hanno assalito certi svizzeri; i milanesi sono in allarme; il castellano di Trezzo è arrivato con alcuni cavalli fino alle porte di Milano procurando danni ai milanesi.
Marin Zorzi informa da Bologna che il cardinale Medici va verso Firenze; ivi si dirige anche da Modena il vicerè. A Venezia si tenta di avere altro denaro. Lettere da Brescia del 23 riferiscono che il Capello sta seguendo da vicino le operazioni, ma la polvere è scarsa e quindi non si può sparare molto; si chiede denaro.
26 agosto, col. 623
Lettere dal campo in data 24. Sta piovendo molto, e questo ritarda le operazioni. Vi sono anche difficoltà nel reclutare i guastatori, che sono impauriti; si è dovuto fare un proclama minacciando i disertori di impiccagione. Ancora si chiede denaro perché le truppe mormorano e non vogliono ubbidire. Anche il denaro promesso dai bresciani non è arrivato.
27 agosto, col. 625
Continua al campo il maltempo. Il da Mosto informa da Bergamo sullo stato delle cose e da lì scrive anche Vittore Lippomanno in data 24. Antonio Giustinian sarà libero intorno alla metà di settembre. Il cardinale svizzero voleva venire a Milano con le sue truppe per denaro, ma il vescovo di Lodi l'ha convinto a non muoversi da Vigevano perché lo Sforza sta arrivando.
28 agosto, col. 626
Piero Lando da Trento il 25: aspetta il Curzense che è andato verso Innsbruck per incontrare lo Sforza. I provveditori dal campo il 26: vi è stata un'altra sortita dei francesi. I veneti hanno piazzato le artiglierie alla porta delle Pile, ma i nemici hanno essi stessi un cannone sul torrione della porta che fa gran danno. I provveditori faranno tuttavia il loro dovere, in attesa delle polveri e del denaro. Sperano anche di ottenere Crema attraverso i buoni uffici di Benedetto Crivelli, che chiede di esser fatto gentiluomo veneto, di ottenere una rendita di 1000 ducati sui beni dei ribelli di Crema e che gli siano pagati i debiti che ha con i suoi soldati: gli è stato promesso il tutto.
Altra lettera dei proveditori del 26: non vi sono novità particolari, tranne che in città vi è carestia, soprattutto di pane; l'Obignì conforta le truppe dicendo di essere in attesa di soccorsi. Un informatore da Bologna riferisce che il cardinale Medici sta andando a Firenze; l'impresa conterà 1000 uomini d'arme e 20 mila fanti e si prevede che i Medici ritorneranno al potere. Una lettera da Salò riferisce del bombardamento di Brescia, dove si sono convocati anche molti falegnami, forse per costruire ponti per scalare le mura. Quelli della riviera di Salò mandano al campo 100 sacchi di pane al giorno, polvere da sparo e 30 bombardieri.
29 agosto, col. 632
Lettere dal campo il 27: vi sono spostamenti delle artiglierie per battere le mura; alcuni prigionieri hanno riferito che il bombardamento produce danni in città; vi è carestia e si va profilando la possibilità di una resa. Ma si attende denaro e polvere. A Crema si aspetta la risposta del Crivelli: il capitano delle fanterie ha chiesto ed ottenuto 300 cavalli leggeri e 2200 ducati per reclutare fanti.
Si fa un conto dei denari mandati da diverse parti ai provveditori che assommano a 2000 raynes e 9500 ducati; tuttavia i provveditori ne reclamano altri. Da Mantova, in data 17, arriva la notizia che i Medici sono entrati in Firenze.
30 agosto, col. 635
Alcune lettere da Roma riferiscono diverse notizie già note. Il Papa vuole che si prenda Brescia prima di Ferrara. I provveditori scrivono dal campo il 28: si sa da Crema che un certo numero di truppe viene da Milano, forse per avere Crema; il vescovo di Lodi Sforzesco, che sta a Milano, manda messi al Crivelli in Crema perché la città si dia al Ducheto. Il capitano delle fanterie ha richiesto al campo 300 cavalli leggeri e 1000 fanti ed a Bergamo per averne altri 500. L'artiglieria continua a sparare su Brescia.
Giovan Giacomo Caroldo scrive il 27 da Milano, dove è arrivato ed ha conferito col vescovo di Lodi circa l'arrivo del Duchetto. Ora andrà a Vigevano dal cardinale svizzero per consegnargli i soldi. Il vescovo di Lodi manda un suo segretario alla Signoria. Lettere dal campo del 28 e 29 non danno notizie significative, tranne che pare i francesi vogliano tentare un'uscita; se non riuscisse, vorrebbero arrendersi. A Crema si aspetta. Sollecitano amore Dei il denaro. I savi scrivono al campo promettendo soldi e munizioni: chiedono ai provveditori di reclutare 500 spagnoli e di sollecitare l'impresa di Brescia.
31 agosto, col. 640
Il Papa attraverso un suo messo sollecita l'impresa di Ferrara. Dal campo, in data 29, i provveditori informano che il capitano delle fanterie è giunto da Crema, riferendo che 300 uomini d'arme sono venuti da Milano a Pizzighettone. Chiede rinforzi per ottenere Crema, per amore o per forza. Si mandano alcuni pochi rinforzi.
TOMO XV
1° settembre, col. 1
Un nunzio del vescovo di Lodi, che è il suo segretario, chiede a nome di chi lo invia se Venezia può fornire artiglierie per battere il castello di Milano, tuttora in mani francesi. Fa capire che il vescovo sarebbe contento che Venezia avesse le sue terre e che lo appoggiasse per ottenere il ducato di Milano, al posto di Massimiliano Sforza. La cosa, destinata ad essere riservata, viene invece divulgata.
Marin Zorzi lascia intendere da Bologna che sono in corso trattative tra i fiorentini ed il vicerè a proposito di Firenze. Lettere dal campo in data 30: le artiglierie battono le mura di Brescia, ma i provveditori ritengono che non bisogni aspettare a dar battaglia perché a Crema vi sono 300 uomini d'arme e 3000 fanti. Un fuoruscito ha riferito che i bresciani hanno paura. Vi sono scaramucce. Sono arrivati al campo 2000 raynes e si attende il resto.
Vittore Lippomanno scrive dal campo il 30: il capitano delle fanterie è venuto da Crema e riferisce che il vescovo di Lodi vuole mandare a Crema 500 uomini d'arme per difendere la città dai veneti; un tal numero di militari gli sembra esagerato; il capitano chiede tuttavia rinforzi. Ieri gli sono stati mandati 30 uomini d'arme e 500 fanti; stamani sono stati spediti altri 75 uomini d'arme e due condottieri (uno dei quali è Pietro Longhena) con 800 provisionati. Il capitano è poi ripartito per Crema, non senza aver criticato la tattica dei provveditori. Il cannoneggiamento continua e si cerca di spostare i cannoni più vicino alle mura. I cannoni bresciani non rispondono quasi al fuoco. Il garzone uscito da Brescia ha riferito circa la grave situazione in città, dove si attenderebbe l'arrivo di Gian Giacomo Triulzi; ma vi è molto scoramento. Non pare che la battaglia sia molto vicina perché i veneti vogliono allargare il varco nelle mura; per questo ci vorranno ancora giorni. Inoltre, l'invio dei rinforzi a Crema ha allontanato la prospettiva della battaglia finale. Lo scrivente spera che i francesi di notte se ne escano verso Mantova per evitare una battaglia che sarebbe certamente cruenta. Inoltre, il campo veneto pare un poco dubitoso e vorrebbe che fosse presente il capitano delle fanterie. Il Collegio scrive al campo.
2 settembre, col. 8
Lettere dal campo del 31: continua il bombardamento di Brescia; sono arrivati 6000 ducati e si vedrà di reclutare fanti spagnoli da Mantova per portare l'effettivo a 10 mila fanti. Lettere da Roma sui rapporti tra Papa e spagnoli. Lettera da Crema del vicecollaterale Domenico de Malo con una relazione delle forze ivi presenti. Giovan Giacomo Caroldo da Vigevano, il 29, informa che ha avuto colloqui con il cardinale e gli ha consegnato le lettere di cambio del denaro. Il cardinale vorrebbe un'alleanza con Venezia e Milano perché l'Imperatore ed il Re di Spagna vogliono mettere a Milano il duca Carlo. Riferisce anche sulle condizioni alle quali gli svizzeri verrebbero in aiuto dello stato di Milano.
Lettere da Roma riferiscono dell'opposizione del Papa agli spagnoli, che continua. Altri diversi intrighi alla corte papale. Si apprende da Milano che il Re francese a Parigi ha accusato ed imprigionato monsieur de la Palice ed il generale di Normandia per non aver "seguito la vitoria quando rupeno spagnoli". Gian Giacomo Triulzi chiede truppe al Re per venire in Italia e recuperare alla Francia Milano e gli altri territori che Francia ivi possedeva. Altre lettere dal campo in data odierna riferiscono che un mastro bombardiere mandato da Venezia, dopo aver ispezionato le batterie, vorrebbe piazzarle più vicine alle mura. I francesi accendono fuochi in Brescia, dei quali non si comprende il significato.
Lettere da Trento di Piero Lando del 1° settembre informano sullo stato delle cose, senza notizie importanti. Il Doge relaziona i savi sui colloqui avuti con il nunzio del vescovo di Lodi, il cui nome è Giovan Simone Colla. I savi rispondono che, una volta recuperati i propri territori, che è l'unica cosa importante per Venezia, si accederà volentieri alle richieste. Quanto alla proposta di alleanza, essa si potrà fare, ma solo con il beneplacito del Papa. Venezia si duole di aver appreso che il vescovo di Lodi sarebbe contrario alla riacquisizione dei propri territori, ma se il vescovo stesso si impegnerà a proprio favore, risponderà in accordo. Si scrive ai provveditori avvertendoli delle richieste del vescovo di Lodi, esortandoli all'impresa di Brescia e garantendo loro il necessario supporto.
3 settembre, col. 12
Si dà la risposta concordata al Colla e si decide di mandare un ambasciatore, Alvixe di Piero, a Milano per lamentarsi con il vescovo di Lodi per la sua opposizione al recupero delle terre venete, che non è segno di buona amicizia. "..veneno 4 da Cluxon e voleno suo podestà eleto da loro sier Vetor Querini, stato una altra volta podestà lì, qual li è stà confermato per li proveditori zenerali di campo". Un tale Mondin Daper (forse tra i quattro messi clusonesi) uomo ricco, con affari in Alemagna dove abita, riferisce notizie di incendi appiccati in Austria; notizie analoghe vengono anche riportate da un altro chiamato Justin da Voan. Costoro vengono riferiti agli ambasciatori papale, spagnolo e del Curzense per informarli di queste cose. Si spediscono altri denari in campo.
Lettere dei provveditori in data 1° riferiscono del cannoneggiamento e delle consultazioni tra i bombardieri circa lo spiegamento dei cannoni. In Brescia la notte avanti vi sono stati festeggiamenti, ma non si sa per quale ragione. Pare che numerosi svizzeri stiano venendo da Trezzo, forse diretti a Crema. A Crema stessa vi sono speranze di un accordo tra i Crivelli ed il capitano delle fanterie. Sono anche sorti litigi tra fanterie e stradiotti, che sono mal pagati, e le risse sono state sedate a fatica.
4 settembre, col. 14
Da Trento il Landi informa che il Curzense è in arrivo, diretto a Roma, ed ha lasciato a Innsbruck il Duchino. Ciò a seguito di un breve papale che lo convoca e gli promette l'accordo tra l'Imperatore e Venezia. A Trento si reclutano fanti alemanni da inviare a Verona, dubitando che, dopo ottenuta Brescia, Venezia voglia prendersi anche Verona.
Due lettere del Caroldo da Milano: da colloqui con il cardinale sa che Andrea Gritti è libero e pare sia diretto a Venezia. Anche altri intrighi del cardinale a favore di un accordo con Francia. Nella seconda lettera si descrive l'entrata in Milano, con grandi onori, del cardinale con 2000 svizzeri. Tra le tante bandiere presenti, non vi erano tuttavia quelle venete.
Lettere da Brescia del 2 settembre: si attende la risoluzione delle cose a Crema; si è spedito al vescovo di Lodi Alvixe di Piero; gli svizzeri venuti verso Crema si sono fermati a Trezzo per punire il castellano che li disturba fino a Milano; continua il bombardamento a Brescia. Lettere di Andrea Zivran, provveditore a Crema, in data 2, indirizzate alla Signoria, confermano l'arrivo degli svizzeri ed il loro alloggiamento a Trezzo. Lettere da Bergamo del da Mosto del 1° informano che il cardinale è atteso a Milano ed ha mandato esploratori. Vittore Lippomanno riporta, alla stessa data, che è stato impiccato a Bergamo un certo Calabrese, un bandito che con altri al tempo dei francesi aveva fatto gran danni e si era rifugiato in val Brembana. Da Mantova l'Agostini informa che certamente Firenze è stata presa dai Medici giovedì 28 agosto.
Nicolò Michiel, provveditore a Orzinuovi, scrive il 2 e informa che gli svizzeri sono giunti a Lodi; pare che vi siano intese tra i Crivelli e gli svizzeri, a danno di Venezia. Per altra via ha inteso invece degli accordi tra i Crivelli e il capitano delle fanterie, accordi che pare siano stati sottoscritti dai provveditori. Taddeo della Motella scrive dal campo riferendo di scaramucce tra veneti ed occupanti francesi a Crema, non risolutive. Il Collegio scrive ai provveditori sollecitando la fine dell'impresa di Brescia e approvando i capitoli per Crema.
5 settembre, col. 22
Lettera dal campo in data 3. Si è deciso di spostare l'artiglieria perché il tratto di mura dove si è bombardato fino ad ora è troppo ben munito. Scarseggiano molto le fanterie e si sta cercando di reclutare 3000 fanti in Romagna, oltre a 500 spagnoli. La situazione pare piuttosto difficile perché i provveditori non sarebbero in grado di dare battaglia, nel caso in cui i cannoni sfondassero. Anche a Crema la situazione pare bloccata. Confermano di sapere che Firenze è stata presa dai Medici, che gli svizzeri sono andati a Trezzo, dove dovrebbe arrivare anche il cardinale, che attualmente sta a Milano. I provveditori accludono anche lettere del capitano delle fanterie da Crema, il quale si lamenta che i cavalli leggeri inviatigli sono pessimi e non ubbidiscono perché sono mal pagati. Venezia risponde approvando la risoluzione di reclutare altri fanti.
Segue copia di una lettera del vescovo di Trento Giorgio, che è anche luogotenente a Verona, a Daniele Dandolo provveditore di Salò in data 3 settembre da Verona: lamenta che certi fanti alemanni siano stati spogliati e sospende quindi un salvacondotto concesso in precedenza, fino alla restituzione di quanto è stato tolto.
6 settembre, col. 25
Piero Lando da Trento in data 4 informa che il Curzense non è ancora arrivato: è atteso per domani e proseguirà per Roma. Dal campo giungono lettere del 4: hanno rallentato il bombardamento per mancanza delle fanterie che dovrebbero dare battaglia; ne stanno reclutando delle nuove; molti fanti disertano; anche gli stradiotti protestano per mancanza di biada; a Crema tutto fermo fino al 6, che è il termine entro cui i Crivelli debbono rispondere; gli svizzeri sono a Trezzo. Il Caroldo scrive da Milano il 2 che il cardinale è lì con 500 svizzeri, mentre gli altri sono andati a prendere Trezzo. Continuano le trame del cardinale svizzero. Bartolomeo da Mosto scrive da Bergamo il 3 che suoi esploratori venuti da Milano riferiscono che il cardinale è lì con soli 500 svizzeri e intende venire a Trezzo. Scrive dei denari che riscuote a Bergamo. Seguono alcuni documenti riguardanti Firenze.
8 settembre, col. 34
Dal campo scrivono i provveditori in data 5 che il capitano delle fanterie ha scritto da Crema che vi è accordo con i Crivelli ed ha necessità di denaro per le truppe. A Brescia si aspettano polveri e fanterie. VitelloVitelli ha rifiutato la condotta offertagli dalla Signoria. Vittore Lippomano da Bergamo scrive il 4 dicendo che sono venuti a Trezzo 3000 svizzeri e verranno 2000 fanti milanesi con il cardinale. Giovedì scorso Giovan Giacomo Triulzi con tutti i Triulzi sono stati proclamati ribelli dello stato di Milano.
Altre lettere dal campo sotto Brescia del 6: hanno rallentato il bombardamento e intendono riprenderlo quando avranno più fanti e cannoni. Nicolò Michiel provveditore agli Orzi scrive il 6 che le cose di Crema vanno in lungo "perché quelli dentro voleno aspetar per suo honor 100 colpi di artillaria, quantunque i siano d'acordo con nostri". Sta partendo per Crema per essere presente all'entrata delle nostre truppe, che avverrà forse oggi, come lo avvisa il capitano delle fanterie. Successivamente scrive da Crema che i francesi aspettano il salvacondotto e tiene per certo che si entrerà domani.
9 settembre, col. 37
Marin Zorzi scrive da Lugo di Romagna dicendo dei preparativi per la spedizione su Ferrara. Il Caroldo scrive il 6 da Milano che gli svizzeri sono andati a Trezzo; che il cardinale sta a Milano intento a riscuotere soldi; che il vescovo di Lodi vorrebbe che Cremona restasse a Milano; che gli svizzeri si fanno pagare 8000 ducati al mese per 8000 persone e non ne hanno 4000. Alvixe di Piero, segretario dei provveditori, da Milano in data 6 informa di essere stato con il vescovo di Lodi per lamentarsi, come da istruzioni ricevute. Il vescovo gli ha risposto che le sue informazioni sono false e che lui intende che Brescia, Bergamo e Crema siano di Venezia e Cremona di Milano; è convinto che Milano senza Venezia non vale nulla, ed altre cose simili. Il di Piero torna al campo e lascia a Milano il Caroldo.
10 settembre, col. 39
Dal campo in data 7 si apprende che i provveditori sono occupati a reclutare fanti ed aspettano la risoluzione delle cose di Crema, che sarebbe cosa utile anche per Brescia. Il Michiel Nicolò scrive da Crema il 7, narrando le vicissitudini che sta vivendo, che sono complesse e legate anche a questioni d'onore; ma la sostanza è che Crema non è ancora assicurata a Venezia. Leonardo Emo, procuratore in bressana, informa in data 8 che vi sono numerose diserzioni di fanti dal campo veneto. Informazioni simili riguardo a Crema vengono anche dal campo. Piero Lando da Trento informa che il Curzense si sta avvicinando e che il Duchetto è venuto a Sterzen; gli ambasciatori milanesi andati per incontrarlo sono tornati verso Milano delusi perché lo Sforza non veniva con loro.
Il Caroldo scrive da Milamo il 7 di colloqui avuti con il cardinale, il vescovo di Lodi ed altri milanesi, delusi del mancato arrivo del Ducheto; confermano peraltro di volere che i territori di Brescia, Bergamo e Crema vengano alla Signoria, ma non Cremona. I provveditori da Brescia mandano due lettere in data 8: le cose a Crema vanno per le lunghe perché i francesi vogliono salvacondotti complessi da tutti e perché i Crivelli hanno fatto nuove richieste; ma che Crema è per Venezia. I savi rispondono che sono contenti di fare salvacondotto ai francesi fino in Francia e mandano lo stesso salvacondotto. Guagni Pincon, conestabile veneto scrive da Brescia alla Signoria: "Narra quelle cosse che non va a suo modo né come vol l'hordine di la guerra, però non si ha auto Bressa; imputa il govendador Baion di poco governo, e li proveditori.." Il Sanudo riporta anche notizie di alcune scaramucce sotto Brescia. Seguono alcune lettere relative a Firenze e la relazione di un esploratore venuto di Francia. Segue la copia dell'accordo tra Massimiliano Sforza e gli svizzeri del 9 settembre 1512. E altre cose non importanti qui.
11 settembre, col. 52
Lettere di Andrea Zivran del 9 da Crema informano che la città è finalmente in mano veneta, e narrano le condizioni della città stessa. La notizia è confermata anche dai provveditori alla stessa data.
Sommario di due lunghe lettere di Vittore Lippomanno da Bergamo in data 9. Dice nella prima che 3000 svizzeri sono venuti a Trezzo e si attende il cardinale da Milano; Crema dovrebbe cadere a giorni; il castellano della Capella ha rilasciato due prigionieri, per venire a far taglia; essi hanno informato minutamente sulle condizioni nella fortezza e dicono che i francesi non potranno tenerla dopo il 15 ottobre; vi è un certo traffico di spie tra dentro e fuori; è stato catturato un francese vicino a Bergamo che, torturato, non ha voluto rivelare nulla; il da Mosto voleva impiccarlo ma il Lippomanno ha ottenuto un rinvio della pena; forse la spia andava a Trezzo per sollecitare aiuti; stamani il castellano della Capella ha liberato alcune persone, tra cui donne e bambini, che hanno portato una lettera al Da Mosto nella quale il castellano prega di avere buona cura di loro; il Lippomanno crede che i francesi in Capella siano di mala voglia e che la fortezza cadrà dopo la presa di Crema. La seconda lettera dà notizie avute da Crema.
Sempre in data 9 scrive il Zivran da Crema, dove i nostri sono entrati ma i francesi sono ancora nella rocca, in attesa del salvacondotto. Crema è stata presa appena in tempo, perché 2000 svizzeri che erano a Pandino, passato l'Adda, volevano prendere Crema a nome del duca di Milano, oppure della Lega e del cardinale. Arriva un nunzio del capitano delle fanterie, che porta i nove capitoli concordati tra il capitano stesso e monsignor di Duras governatore francese di Crema. Segue un sunto degli stessi.
12 settembre, col. 59
Informa il Lando da Trento che il Curzense è arrivato. Sia lì che a Sterzen, dove sta il Ducheto, vi sono diversi casi di peste. Il Lando, a nome della Signoria, ha invitato il Curzense a Venezia ma egli intende andare a Verona e poi decidere il da farsi.
Lettere dal campo in data 10 informano delle cose di Crema e degli svizzeri che hanno passato l'Adda. Il provveditore degli Orzi Michiel è arrivato al campo da Crema, da dove riferisce di una situazione complessa, che non interessa qui riferire. Vi sono anche due lettere del Zivran da Crema in data 11 che gli svizzeri e milanesi sono venuti in vicinanza della città e l'hanno chiesta a nome della Lega. Il capitano delle fanterie Renzo da Zere ha risposto di tenere la città a nome di Venezia e, se la volevano, avrebbero dovuto prenderla con le armi. Informazioni analoghe vengono anche da Pietro Longena, capo di cavalli leggeri, in data 10.
13 settembre, col. 61
Lettere dell'oratore veneto a Roma riferiscono della buona disposizione del Papa a che Venezia abbia il suo territorio, in particolare Brescia. L'oratore ispano informa che il vicerè è a Prato e vuole dirigersi in Lombardia. I provveditori scrivono da Brescia circa le cose di Crema e che gli svizzeri non si sono ancora allontanati. Riferiscono poi di contatti in corso con i francesi in Brescia, che sarebbero disposti a dare due porte della città per denaro. A questi fine avanzano richieste di fondi. Da Lugo di Romagna scrive Marin Zorzi circa i preparativi per l'impresa di Ferrara.
14 settembre, col. 63
Lettere dei provveditori in data 12: si sta perfezionando con denari ai Crivelli la presa di Crema, mentre gli svizzeri sono lì vicino; al campo si aspettano sempre fanti ed artiglierie, mentre proseguono le trattative per avere Brescia. Da Crema giungono diverse lettere dello Zivran e di Alvixe di Pietro segretario: narrano diffusamente degli svizzeri a Crema e dei contatti tra questi ed il capitano delle fanterie. I cremaschi vorrebbero un rettore veneto, possibilmente Nicolò da Pesaro che era stato loro rettore ultimo. Consultato, il Pesaro accetta di andarvi.
Copia di una lettera dei provveditori al vescovo di Lodi in data 12 settembre. Lo esortano a procedere nella sua intenzione di collaborare con Venezia, ma ciò contrasta con il fatto che sue truppe sono venute sul cremasco con intenzioni ostili a quelle popolazioni ed a Venezia. Lo invitano a desistere e a non coprirsi dietro il cardinale svizzero o gli svizzeri perché i loro stessi capi hanno dichiarato di essere venuti in cremasca a nome suo. Vi è ottimo accordo tra Venezia e gli svizzeri e non vi è ragione per credere che essi mentano. Voglia quindi comandare ai suoi di ritirarsi, minacciando in caso contrario ritorsioni.
Copia di una lettera dei provveditori al capitano svizzero Altosaxo del 12 settembre. Viste le ottime relazioni tra Venezia e gli svizzeri, non possono capacitarsi del perché questi siano venuti sul cremasco a danneggiare persone e territori veneti, o mandati dal Cardinale o dagli Sforza, come gli svizzeri stessi hanno fatto intendere al capitano veneto delle fanterie. Pregano gli svizzeri di allontanarsi dal cremasco, cessando di fare danni, per continuare nelle buone relazioni di amicizia; e se gli altri soldati sforzeschi non si ritireranno, ogni cosa potesse succeder loro sarebbe da attribuirsi a loro colpa.
Si crea gentiluomo veneto Bernardino Crivelli e si approvano i capitoli ella cessione di Crema. Si scrive ad Alvixe di Piero segretario a Crema di avvertire i francesi in Crema ed in particolare monsignor di Duraz, che vengano a Venezia e saranno ben trattati e portati sicuramente in Francia. Di tutto questo si avvisano i provveditori pregandoli di far conoscere il tutto a Brescia per persuadere i francesi a cedere. Si avvertono il Papa e gli svizzeri circa le mene del sedunense. Segue una lunga relazione su quanto è successo a Crema; copia di una lettera di Alvixe di Piero ai rettori da Crema in data 10 settembre; copia della ducale di approvazione dei capitoli per Crema da parte di Venezia in data 14 settembre; copia del testo dei capitoli stessi.
15 settembre, col. 77
Lettere dei provveditori da Brescia in data 13 alle 3 ore di notte: Alvise di Piero li ha informati il 12 da Crema che Alessandro Sforza, capitano di quella gente, si era scusato con il capitano delle fanterie che domenica 12 mattina non si era levato per passare l'Adda perché gli svizzeri avevano udito la messa, fatto colazione e poi non si erano mossi perché pioveva. Pensavano di traghettare il 13. Non pare si debba dubitare di Crema, perché il Crivelli aveva avuto i 7000 ducati e dato la porta; pertanto, le fanterie si potevano levare per venire all'impresa di Brescia. Si attendono le fanterie romagnole e spagnole. Aspettano le artiglierie grosse e hanno bisogno di denaro.
Da altre lettere particolari si apprende che gli svizzeri si sono allontanati da Milano e i francesi che stavano in città sono usciti per circa un miglio e hanno saccheggiato certi animali, portandoli in castello. Vi è stata grande paura.
Viene Piero di Bibiena da parte del governatore generale e riferisce che lo stesso governatore si offre di consegnare Brescia alla Signoria per certe conoscenze che ha, se avrà presto le fanterie da Crema. Così potrà catturare i francesi e scambiarli contro Bartolomeo da Alviano ed Andrea Gritti, che sono tuttora prigionieri dei francesi. Dopo di che il Collegio ed i capi dei X scrivono lettere segrete ai provveditori in campo.
Informa Pietro Lando da Trento che il 13 partirà con il Curzense per Verona, dove si fermerà qualche giorno in attesa del vicerè, che lo vuole incontrare dalle parti di Mantova. Poi andrà a Roma, d'ordine del Collegio. Da altre lettere del Lando si apprende che il Curzense è andato per via dell'Adige in barca a Rovereto con lo stesso Lando. Massimiliano Sforza arriverà il 15 a Trento e lì attenderà il ritorno del Curzense da Roma.
Arriva a Venezia Andrea Rosso, segretario del Capello con lettere circa la cosa di Brescia e si chiude in Collegio con i Capi dei X in riunione segretissima. Il Consiglio con la Zonta scrive la risposta ed il messo riparte la sera stessa per Brescia.
Arrivano alcune lettere da Salò da parte di Candian Bartolo, segretario del provveditore. Da esse si apprende che Crema è quasi definitivamente in mano della Signoria e che si ritene che lo stesso avverrà per Brescia, dove da due giorni nulla succede. Si narra anche di certe lettere alla Signoria smarrite e ritrovate. Altre lettere del 10 dal provveditore. Oltre a certe notizie dagli svizzeri, informa che i veneti sono entrati in Crema e si spera di ottenere Brescia allo stesso modo. Si narra delle cose di Crema.
Sempre da Crema scrive Vittore Lippomanno l'11 a un suo fratello di essere giunto a Crema e di avervi trovato una gran confusione di genti svizzere, francesi e venete. Riparte da Crema perché non vi si può alloggiare. Altre lettere dello stesso Lippomanno da Bergamo in data 12 narrano del viaggio a Crema e dell'atmosfera che ha trovato. Consultare se necessario: le informazioni sono molto dettagliate su Crema. Riferisce anche che il provveditore di Crema ha scritto a quello di Bergamo dicendo che forse gli svizzeri sarebbero venuti a Bergamo, il che ha spaventato la città, anche se pare che questo pericolo di fatto non esista. Il da Mosto lo ha chiamato e gli ha detto che il castellano della Capella ritiene che Brescia si sia arresa ieri, perchè non ha visto fuochi verso Brescia né ha sentito spari di bombarde. Appena il castellano saprà della resa di Brescia, consegnerà la Capella. Scrive dell'opportunità di inviare un provveditore a Crema.
Lo stesso Lippomanno scrive da Bergamo il 12: uno venuto da Crema ha riferito che gli svizzeri hanno saccheggiato Pandino e vanno verso Lodi: meglio, così lasceranno in pace Crema.
16 settembre, col. 84
Il 13 scrive il Caroldo da Milano: si è doluto con il cardinale perché costui ha mandato verso Crema gli svizzeri. Il cardinale conferma che vorrebbe questi luoghi per la Lega e mostra malanimo verso Venezia. Ha anche parlato al vescovo di Lodi, il quale dice che "non è lui, ma milanesi, e si la cossa di Cremona fusse conza tutto staria ben, perché el sa quel Stado senza la Signoria non si potrà mantegnir".
Lettere dal campo in data 14: aspettano i fanti di Romagna e quelli spagnoli per i quali hanno mandato a chiedere il salvacondotto al marchese di Mantova. Mandano lettere di Alvise di Piero da Crema: hanno avuto 3000 ducati dai cremaschi, che sono stati dati ai 500 fanti del Crivelli per pagamento della vecchia condotta e per prenderli al servizio nostro. "..hanno mandato verso Bergamo per haver la Capella con certe artellarie; ma bisogna canoni grossi: spera averla in do zorni. A la qual impresa anderà
etiam il capitano di le fantarie, expedito sia che sguizeri
totaliter siano partiti". I provveditori domandano denaro e artiglierie; mandano anche lettere ai capi dei X circa la pratica che hanno a Brescia col castelan.
Una seconda lettera di ambedue i provveditori, i quali vedono per lettere private e pubbliche di non essere più graditi e chiedono di essere sostituiti. Difendono il loro operato e le loro fatiche e affermano di essere provveditori e non capitani di esercito: da da questi ultimi, e non da loro, dipende il protrarsi della cosa di Brescia. Velatamente si lamentano dei comandanti e chiedono a quei senatori che sono usi a stare a casa di venir loro a provare i piaceri della guerra. Si lamentano anche dei ritardi nell'invio del denaro che viene richiesto, il che porta a sperperi e protrazioni dell'azione militare. Dichiarano infine di non voler più ubbidire agli ordini del Collegio, ma soltanto a quelli che arriveranno loro dal Senato. Il Capello, da parte sua, supplica il 13 di essere licenziato subito dopo l'impresa di Brescia per avere servito in campo troppo a lungo.
Bartolomeo da Mosto scrive il 13 da Bergamo avvisando come vi è una minaccia degli svizzeri che potrebbero arrivare in città, ma non vi sono timori circa la fedeltà degli uomini, che sono tutti marcheschi.
Dopo lunghe discussioni si decide di riscrivere ai provveditori in campo di mandare il capitano delle fanterie a recuparare la Capella di Bergamo con parte delle sue truppe e di mandare a tale impresa due cannoni. Si scrive anche a Giovan Pietro Stella, oratore presso gli svizzeri, di accordarsi con la Signoria e con la Lega; si biasima anche il cardinale svizzero per il malo officio che fa contro Venezia. Lo Stella dovrebbe anche intendersi con l'oratore pontificio per calmare il Sedunense e per facilitare il recupero a Venezia dei suoi propri territori.
17 settembre, col. 87
Si conferma all'oratore pontificio la disponibilità di Venezia ad aiutare l'impresa di Ferrara. Scrivono dal campo i provveditori in data 13 circa l'intesa che sta nascendo con gli alemanni per avere una porta di Brescia. Gli svizzeri che stavano presso Crema sono tuttora a Bagnolo e attendono certe risposte. Il governatopre è arrabbiato, vorrebbe avere la gente che era a Crema, ma non viene ubbidito. Anche i provveditori sono in collera e non riescono ad imporsi.
Vittore Lippomanno scrive il 14 da Bergamo. Da diverse vie si ha che gli svizzeri si starebbero dirigendo in bergamasca; il provveditore lo sa e quelli di Crema hanno mandato dietro agli svizzeri 200 cavalli leggeri. In Bergamo molte genti delle valli sono arrivate in città ed il capitano delle fanterie con altri militari sta arrivando. Anche da Brescia manderanno gente, presumibilmente per prendere la Capella. Il da Mosto ne ha informato il castellano francese che la tiene, ma questi dice di voler resistere, almeno fino a quando Brescia sarà presa, dopo di che si arrenderebbe. Il Lippomanno fornisce anche numerose notizie circa gli svizzeri, ma nel complesso molto incerte.
Si menzionano estesamente altre due lettere dal provveditore di Salò, ma le notizie in esse contenute sono di scarso peso. Segue a col. 91 un "Ordine di la bataria si ha a far soto Brexa a dì 15 del mexe di septembrio 1512", che elenca i nomi dei cannonieri assegnati ad ogni postazione contro la città.
Altra lettera di Vittore Lippomanno da Bergamo del 14: avverte che il capitano delle fanterie domani arriverà a Bergamo con gente ed artiglierie per prendere la Cappella. Si allestiscono alloggiamenti per quei militari, oltre che per le genti delle valli e 150 stradiotti. Quelli delle valli ammontano a 1000 persone. Il Sanudo riferisce anche che si hanno informazioni da un vescovo, che è passato dal campo: egli riferisce che "in campo è pochissimo governo; il nostro governador ha poca obedientia, etiam li nostri proveditori e tutto l'esercito chiama il signor Frachasso. Tien Brexa si haverà, et si ha intelligentia col castelan è a una porta".
18 settembre, col. 94
L'oratore spagnolo a Venezia rassicura il Collegio che gli spagnoli che vengono verso la Lombardia non vengono contro la Signoria, ma vogliono stringere accordo con l'Imperatore. Scrive il Caroldo da Milano il 16: ha avuto colloqui con il cardinale svizzero, il quale dice che la Signoria farebbe bene a mettere i confini con lo stato di Milano. Il cardinale sta andando a Lodi ed a lui il vescovo di Lodi attribuisce tutta la colpa di quanto è successo a Crema.
I provveditori scrivono dal campo in data 16 che sono disperati perché il capitano delle fanterie non vuole mandare genti all'impresa di Brescia, ma vuole invece andare a prendere la Cappella di Bergamo, che è cosa di poca importanza. Si conferma che vi sono trattative con il castellano di una porta di Brescia, che vorrebbe 20 mila ducati.
Altra lettera di Vittore Lippomanno da Bergamo del 15. Il Zivran scrive da Crema che gli svizzeri (circa 4000, male in arnese) sono a Bagnolo e vorrebbero passare il Serio. Il capitano delle fanterie ha mandato a Bergamo 400 fanti, ma lui stesso, prima di muoversi da Crema aspetta di vedere che cosa fanno gli svizzeri. Vi sono anche movimenti di cavalli milanesi verso Lodi. A Bergamo si stanno preparando per la presa della Capella, ma si ritiene che il castellano abbia in animo di arrendersi. In città vi sono circa 150 stradiotti e numerose genti delle valli a custodia della città.
Lettere dal campo avvisano che gli svizzeri sono a Bagnolo. Si trovano 6000 ducati da mandare in campo.
19 settembre, col. 97
Una decina di casi di peste al giorno a Venezia. Arrivano lettere dal campo in data 17, le quali avisano che gli svizzeri si sono levati da Bagnolo e sono a Calzè, sotto Caravaggio, da dove potrebbero andare a Cremona o a Bergamo. I provveditori attendono le artiglierie richieste con la polvere ed i fanti di Romagna e le genti che sono a Crema e denari per poter stringere Brescia. Pare che il capitano delle fanterie, che è a Crema voglia venire in campo, ma pare anche che la Signoria lo voglia altrove. Loro propendono per prendere Brescia e ritengono che la Capella sia poco importante. Il provveditore di Salò li avvisa che da tre giorni certi tedeschi stanno per entrare in Peschiera, di volontà dei francesi. Loro hanno disposto che le fanterie che vengono di Romagna vadano a Peschiera e cerchino di entrarvi. Hanno mandato Francesco Rangoni con la sua compagnia di cavalli leggeri a Orzinuovi al provveditore Nicolò Michiel.
Scrive il Lippomanno da Bergamo due lettere il 16, dicendo che il da Mosto ha fermato gente che doveva venire in città, dicendo che per prendere la Capella non necessitavano altre persone che quelle già presenti, cioè stradiotti e 1500 valligiani. Nella seconda lettera dice che il capitano delle fanterie ha scritto da Crema come gli svizzeri venivano verso Martinengo ed egli li avrebbe seguiti. Sono giunti in città 400 fanti del capitano. La città è sicura, presidiata come è dai militari già detti.
20 settembre, col. 100
Continuano a Venezia casi di peste. Pietro Lando riferisce da Verona sul viaggio del Curzense verso Roma. Vi sono anche notizie da Crema, dove tutto pare tranquillo.
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Dil campo, al tardi, vene letere di 18 hore 3. Prima alcune drezate ai Cai di X in materia di la pratiche, poi altre a la Signoria. Come hanno per certa via il marchexe di Mantoa preparava il ponte sora Po per passar il campo di Spagna; voriano saper se i vien nostri amici o nemici, ma vedeno Milan converà esser di archiduca etc. Sguizari ozi sono levati da Fontanele, Covo, Antignate e Calzè e andati verzo Caravazo e quelli contorni. Scriveno ala Signoria, voriano saper quello i habino a far, perché li fariano fuora avanti se ingrossasseno più.
Item, li 500 fanti di Romagna hanno esser zonti di qua di Po numero 600 in do parte venuti, e doman se dieno unir insieme; credeno justa l'hordine datoli anderano verso Peschiera. Et hanno aviso questa matina che 200 cavali et 400 fanti todeschi erano ussiti di Verona e venuti tra Valezo e Vilafrancha per assaltar l'artellarie e monitione nostre venivano in campo; ma più presto veneno per aver Peschiera over per acompagnar il Curzense a Mantoa: però li è stà fato intender dite artellarie passino per la via di Goyto per causa di todeschi..." La situazione in Brescia, a quanto riferisce un fuoruscito, è pesante perché vi è fame e muoiono "da morbo come cani, et in uno giorno è morti più di 80 e l'altro 20, el forzo todeschi e guasconi..."
Scrive il Lippomanno da Bergamo il 17 avvertendo che gli svizzeri (15 bandiere con 6 pezzi d'artiglieria) vanno verso Cremona. Il capitano delle fanterie arriverà a Bergamo il 19, ed allora avrà fine il fatto della Capella.
A Venezia vi sono lamentele del Doge verso l'oratore spagnolo, al quale si rimprovera di ostacolare il transito delle artiglierie. L'oratore si duole e dice che andrà a Mantova a trovare il vicerè. Lunghe lettere dell'oratore veneto presso il Papa, che si dilungano sulla situazione generale delle alleanze, che tardano a materializzarsi. Molte notizie anche da Firenze.
Da Crema il capitano delle fanterie dice che manderà le genti a Brescia, ma intanto il governatore da Brescia comunica che non le manda. Scrive anche il Lando da Verona. Alcuni provvedimenti della Signoria, di scarsa rilevanza per Bergamo.
21 settembre, col. 109
Lettere dal campo, dove i provveditori, in data 19, sono stati avvertiti dal Caroldo della pessima disposizioine del cardinale e di Milano verso Venezia; si aspettano altri svizzeri ed anche gli spagnoli minacciano di passare il Po e venire verso il campo. Sono anche avvertiti che le artiglierie che aspettavano sono bloccate a Verona dal vescovo di Trento e dai consiglieri imperiali: hanno quindi mandato verso Verona Guido Rangoni con la sua compagnia di uomini d'arme e balestrieri per sbloccare in ogni modo i cannoni. Stamani sono giunti a Cremona 15 burchi carichi di svizzeri, forse quelli che vanno a servizio del Papa. Hanno sollecitato il capitano delle fanterie di mandare a Brescia tutti i militari che può. Cominciano ad arrivare al campo i fanti di Romagna, ma manca il denaro per pagarli.
Da Bergamo il Lippomanno il 18 ed il 19 scrive che vi sono a Trezzo 800 svizzeri e 300 milanesi e si sentono i cannoni bombardare. Ma ritiene che non prenderanno il castello. Gli svizzeri che alloggiavano in Geradadda vanno verso Cremona ed il cardinale è a Pizzighettone diretto verso Cremona. Si dice che gli svizzeri vogliono venire a saccheggiare le terre di Venezia ed hanno posto una taglia a Milano, ma non riusciranno a riscuoterla.
Anche Zuan Vituri scrive da Crema che gli svizzeri vanno a Cremona. Il Lando conferma da Verona che il Curzense blocca i cannoni.
22 settembre, col. 112
Dal Campo in data 20: giungono i fanti di Romagna ed anche gli spagnoli; chiedono insistentemente denaro per pagarli, e molto. Anche quelli di Crema vogliono denaro e minacciano di partire. Fanno un bilancio delle bocche da fuoco, polvere e munizioni e concludono di avere materiale per bombardare solo quattro giorni. Il cardinale svizzero, che va verso Cremona, minaccia i nostri. Il governatore è determinato a prendere Brescia e metterla a sacco, ma ci vuole denaro.
23 settembre, col. 113
Dal campo in data 21: sono arrivati i fanti di Romagna e di Spagna e 4000 ducati, ma ne servono almeno 11 mila: appena arriveranno, in 4 giorni si potrà dare battaglia. Le altre notizie non sono nuove.
24 settembre, col. 116
L'oratore spagnolo informa che il vicerè è giunto a Bologna e viene verso la Lombardia. I provveditori in campo sono sempre a corto di denaro; vi sono scaramucce fuori Brescia. Scrive il da Mosto da Bergamo il 20 e, alla stessa data, anche il Lippomanno. "Come il governator haria auto una letera da Milan dil vescovo di Lodi zercha uno beneficio di uno milanese, la qual letera è scrita de man de uno suo canzelier, e di soto è di man di dito vescovo queste parole: aviso vostra magnificentia che non è tempo che quella illustrissima Signoria rompa con questo Stado a requisition dei pazi,
aliter tertius gaudebit cum interitu utriusque: notate haec verba, spagnoli vengono, sarà altro che Crema. E di soto scrive il suo nome scrito di sua man propria.
Item, si ha auto aviso dal Caroldo secretario, come il cardinal Sedunense era lì a Lodi,
etiam lui secretario, va a Pizegaton, poi a Cremona con assai zente milanese; et era venuto dito cardinal in colera con lui dicendo li provedadori aver mandato uno trombeta a Trezo a dir i se rendano a la Signoria". Anche il Caroldo conferma con sue lettere queste informazioni.
Segue una lunga lettera dello Stella segretario presso gli svizzeri, con i dettagli di un accordo degli stessi con lo stato di Milano. Vi sono anche alcune particolarità che riguardano i rapporti tra svizzeri e Venezia e l'Imperatore, da consultare se necessario.
Lunga lettera da Mantova del Lando sui rapporti tra l'Imperatore e Venezia ed i relativi emissari. Anche Francesco Capello, di ritorno dall'Alemagna riferisce a questo proposito. La Signoria sollecita il Lando ad andare a Roma con il Curzense; sollecita i provveditori a portare a termine l'impresa di Brescia con i denari che hanno mandato ed altri che promettono.
25 settembre, col. 120
Scrive il Caroldo da Lodi il 22: il Sedunense stava partendo per Cremona, ma ha voluto attendere Galeazzo Visconti, ritornato dagli svizzeri con la risoluzione dell'accordo. Lo stesso Caroldo ha parlato con il Visconti di questo accordo. Il cardinale gli ha assicurato che, sebbene a volte in pubblico vada in collera con Venezia, lo fa per "bon rispeto" nei confronti dei milanesi, ma in realtà è dalla parte di Venezia. Le notizie dal campo, in data 23, sono le solite. Si scrive allo Stella dandogli libertà di dare per tre anni a Giacomo Stafileo ed altri svizzeri fino a 1200 raynes "per tenirli ben edifichati con la Signoria nostra".
26 settembre, col. 125
Il 24 scrive il Lando da Mantova che il Curzense parte per la Mirandola per incontrare il vicerè che si dice certo viene in Lombardia con l'esercito. Il 24 scrivono da Brescia i provveditori generali due lettere una delle quali al Consiglio dei X. Vi sono stati colloqui con il governatore sulla necessità di stringere Brescia presto, prima che arrivino gli spagnoli. Egli è convinto di questo ma mancano i denari, che vengono di nuovo sollecitati trattandosi della salvezza di tutto lo stato. Il Lando li ha avvertiti da Mantova che il vicerè viene in Lombardia. Il Sedunense va da Lodi a Milano per prendere il castello. "Concludeno veder le cosse de Italia in garbuio, et non resti de mandar ditti danari, chi vol far qual cossa". Da parte sua il Collegio ordina al capitano delle fanterie di andare subito a Brescia. Nota che da qualche tempo si fa menzione di un ostaggio che sarebbe il figlio di monsignor di Duraz, la cui consegna ritarda la consegna definitiva di Crema.
"E' da saper, per letere di 23 di diti provedadori, par habino mandato uno trombeta a la porta di Brexa da parte dil governator a parlar a monsignor di Obignì, el qual non volse parlar, e li mandò a dir dicesse quello el voleva. Qual disse da parte dil governador che si volesseno render, perché da la Signoria arìano bona compagnia e salvaconduto, et che hora mai non pono più tenirsi, né voji aspetar le zente spagnole che vegnino perché non porano poi haver pati, e simel parole. Et andato a referir a monsignor di Obignì, quello disse che li dovesse dir al
/ 127 / prefato trombeta ch'el savea ben che spagnoli vien soi amigi e non nemigi, e non venisse più a parlarli di alcuna cossa, perché venendo lo faria apichar".
27 settembre, col. 127
Lettere dal campo del 25: nulla di nuovo; aspettano il denaro; il Cardinale non va più a Milano; gli spagnoli vengono in Lombardia, e si dice contro Venezia. Alessandro Sforza, capitano generale dei milanesi, inteso che vengono gli spagnoli, si offre a Venezia con 300 uomini d'arme e fanti per aiutare l'impresa di Brescia: gli si risponde che gli spagnoli non vengono contro Venezia, ringraziando dell'offerta. Concludono che "s'il capitano di le fantarie verà in campo, et il governador habi li 6000 fanti pagati e si mandi il resto di danari che mancha, zercha 5000 ducati, harano Brexa".
Il Caroldo scrive da Lodi che il cardinale è sempre lì. Avverte che il nunzio che il cardinale aveva mandato al vicerè è tornato: il vicerè dice di voler venire in Lombardia per cacciare i francesi che ancora vi sono. Pare che venga come nemico di Venezia e voglia mettere l'arciduca nel ducato di Milano. I milanesi vorrebbero che venisse contro Venezia, ma vorrebbero anche che il loro duca fosse Massimiliano Sforza. Riferisce anche il Caroldo di aver appreso che Andrea Gritti verrebbe con altri due francesi a Venezia per trattare un accordo a nome del Re.
Scrive il capitano delle fanterie da Crema: "Come l'opinion sua era di non perder tempo a tuor la rocha di la Capella di Bergamo per segurarsi di quella terra, perché da bon servidor avisa che a voler tuor per forza Brexa non li bisogna aver mancho de 10 milia fanti e più presto pì, e chi dice altramente non sanno il mestier di le arme, etc. Et andando con altra zente non si farà nulla".
Si apprende da altra fonte che gli spagnoli starebbero arrivando per aiutare a prendere Brescia. Altri dicono invece che essi verrebbero per mettere a Milano l'arciduca di Borgogna e poi andare contro Venezia.
"
Di sier Leonardo Emo provedador, vidi letere di 24, in campo soto Brexa. Li provedadori ha fato crida, niun di soi mandati non vaia sin d'hora. Lui ha tenuto, dize, il campo in abondantia di feni, cari e vastadori. Il governador si dispera, li stratioti non vol cavalchar, ogni dì i nimici toleno le vituarie, perché non hanno voluto andar a la scorta. Ozi è zonto uno trombeta di monsignor episcopo di Lodi, con letere di credenza al governador. Ozi è zonti li inzegneri. et per non esser zonti li mortari, è stà deliberato farli lì in campo. Da Milan si ha, eri ritornò il cardinale sguizaro lì, e molto solicita far bombardar Trezo. Lo episcopo di Lodi non si cura di tuorlo, perché sguizari lo vorìa per loro. Sguizari e gente d'arme è alozate sopra il Brembo apresso Crema al solito, e da sguizari in fuora tutti se ne vano per non aver auto danari. Milano è soto sopra per aver convenuto pagar di taia, tra il clero e contà, si stima, da ducati 250 milia, maxime non sapendo a chi si dà". Un bel pasticcio!
Da Bergano scive il 23 il Lippomanno che il capitano delle fanterie non si parte da Crema fino a quando non vede cosa faranno gli svizzeri che sono alloggiati lì intorno. Intanto, ci si prepara a prendere la Capella, che sarà subito vinta appena il capitano arriverà. In una lettera dello stesso del giorno seguente si apprenda che i milanesi hanno preso cinque dei primi di Caravaggio e li hanno mandati a Milano, mandando a Caravaggio gente d'armi perché hanno paura che i veneti prendano Caravaggio.
Da Venezia si scrive ancora al capitano delle fanterie di andare a Brescia e non a Bergamo, promettendogli tutti i fanti di cui avrà bisogno. Si scrive anche ai provveditori "exortandoli a la ultimation di l'impresa e avisarli questa varietà di quello vuol il signor governador, ch'è 6000 fanti et il capitanio di le fantarie voleno 10 milia; et che li havemo scripto con il Senato el vegni subito a Brexa con quel più numero el pol, lassando però bona custodia a Crema. Per tanto li havemo mandati ducati 14 milia et 2000 harano lì da sier Leonardo Emo, siché mancherà 5000, quali subito sarano a camino, e voglino strenzer la terra, perché è tempo di ultimar quella impresa presto".
28 settembre, col. 130
Con lettere del 26 indirizzate ai Capi dei X i provveditori informano circa le trattative per ottenere una porta di Brescia: l'intenzione sarebbe di dare battaglia da una parte e contemporaneamente di entrare dall'altra. Ma hanno bisogno di gente e denari. Altre lettere da Salò del 22 dicono che fanti e cavalli tedeschi sono usciti da Verona, verso Valeggio e Villafranca, ma il cardinale Curzense ed il vescovo di Trento li hanno fatti rientrare: volevano prendere le artiglierie venete. I provveditori hanno fermato una battaglia per impadronirsi di Peschiera. Da due giorni Brescia è sotto bombardamento.
29 settembre, col. 132
Da Roma si ha che il Papa è favorevole a che Venezia prenda le sue terre ed ha scritto in questo senso al cardinale Sedunense. I provveditori scrivono da Brescia il 27: "Come l'era zonto uno trombeta di Franza, partì a dì 21, qual porta letere a loro provedadori dia andar in Brexa da parte di quella Signoria a ordinar al conte Francesco Torelo capo di le zente fiorentine, è dentro, ch'è lanze ... debano ussir per esser fata quella terra et rimossa di la devotion di Franza e intrata in la Liga. Lo manderano, ma tien da francesi non sarano lassate ussir. Dice questo trombeta, spagnoli erano sopra le rive di Po a Ostìa per passar il ponte era fato, e doman passerano. Vieneno con lanze 500, 400 zanetari et 800 fanti. Non sa se vieneno amici o no, benché fama sia vengano inimici; per tanto scriveno a la Signoria quello habino a far etc. Sguizari sono a Sonzin e Calzè; voleano far uno ponte sopra Oio per pasar di qua in ditti lochi e si dice vien contra nostri, e ha tirato da la banda di là barche e porti tutti; ma loro provedadori credono sia per dubito di la venuta di spagnoli.
Item, aspetano le fantarie e spagnoli di Romagna, qual zonte vederano ultimar e dar la bataia di Brexa; e dicono, s'il capitano di le fantarie fosse venuto, qual è zà zorni 18 che si ave Crema
/ 134 / si arìa fato l'efeto.
Item, sier Polo Capello scrive che 'l praticha una certa cossa, qual reussendo sarà honorificha per la Signoria et utele. E' con lui do altri che la fa, ma doman si converà scoprirla con altri, che prega Dio l'habi bon exito, et impone si tengi secreta etc. Aspetano li danari etc.".
Il provveditore di Crema Nicolò Cadepesaro informa di aver installato un castellano nella rocca e di aver bisogno di quattro persone da porre alle porte. Manda notizie di Lodi e degli svizzeri e del cardinale che è a Lodi.
Un informatore da Verona dice che il 27 mattina sono giunti ad Isola della Scala spagnoli della compagnia del vicerè che avevano passato il Po a Ostiglia ed andavano a porre il campo a Peschiera. Sarebbero 500 lanze e 9000 fanti: ma si tratta dei nostri fanti spagnoli. L'oratore spagnolo nega che i suoi vengano da nemici e sta per andare a Mirandola, ma aspetta prima una lettera del vicerè.
Il Papa ha rilasciato un salvacondotto per i francesi che sono ancora in Crema; esso è stato colà inviato al capitano delle fanterie. Arrivano numerose lettere del Lando e del Guidotti. Il Curzense ha avuto colloqui con il vicerè a Mirandola. Il vicerè vuole venire in Lombardia a prendere Brescia per la Lega e per insediare il duca di Milano. Vuole che la Signoria abbia Brescia, Bergamo e Crema, ma non Cremona e Geradadda, ma vuole anche che la Signoria si accordi con l'Imperatore. Queste notizie sono confermate anche per altre vie.
A Venezia si ragiona sul pericolo che può rappresentare l'esercito spagnolo per Brescia e si decide di avvertire il Papa, attraverso l'ambasciatore veneto a Roma, che questi sono cattivi segnali e che provveda. Si scrive anche ai provveditori in campo avvertendoli di questi nuovi sviluppi perché si riuniscano con il governatore e si consultino su ciò che sia meglio fare. Debbano anche richiamare a Brescia il capitano delle fanterie, dopo aver posto in sicurezza Crema. Debbano ancora avverrtire i francesi in Brescia che se vengono gli spagnoli non potranno poi essere salvati. Ma soprattutto cerchino di conservare l'esercito. Si scrive ancora al Caroldo in Lodi, dicendogli di vedere bene che cosa fa il cardinale svizzero. Il testo del Sanudo copia poi un breve del Papa al cardinale svizzero in cui lo informa della sua volontà che i territori di Venezia tornino alla Signoria; copia anche il testo del salvacondotto papale per i francesi in Crema.
30 settembre, col. 144
Il Lando conferma da Modena il 28 che il vicerè viene per prendere Brescia contro Venezia. I provveditori scrivono il 24 che si attendeva una sortita dei francesi da Brescia e tutto era pronto per dar loro battaglia, ma piove e non si sa come finirà. Il Curzense è partito da Mantova per Modena per incontrare il vicerè, che viene in Lombardia a prendere Brescia per la Lega. I provveditori mandano anche lettere ai capi dei X. Seguono molti documenti diversi.
1° ottobre, col. 157
Lettera dal campo in data 29: per il cattivo tempo l'azione a Brescia è fallita. Manca il denaro per pagare i militari.
2 ottobre, col. 158
Lettera dal campo in data 29: conferma la venuta degli spagnoli come nemici; vi è ancora irresolutezza circa il prendere Brescia; sarebbe bene rimuovere da Bergamo e Crema quei cittadini che non sono marcheschi; si chiedono denari per finire di pagare le truppe; i francesi in Brescia dovrebbero uscire questa notte e l'esercito è pronto per dare battaglia; gli svizzeri (probabilmente lo stesso cardinale) hanno scritto che sarebbe bene che Cremona e Geradadda fossero presi a nome della Lega, riservando una decisione
de iure a più tardi; i gentiluomini posti a Romano, Orzinuovi e Valcamonica vogliono abbandonare perché non hanno salario, eccetto le spese.
A Venezia si decide di scrivere al campo perché i provveditori rispondano agli svizzeri che Venezia non vuole altro che le sue terre.
Lettera di Leonardo Emo provveditore in bressana del 29: i provveditori sono in gran timore degli svizzeri; si sta cercando di avere una porta di Brescia. Lettera da Salò del 1°: fra tre giorni gli spagnoli saranno a Brescia, da cui distano 18 miglia; i veneti li vogliono sfidare; i francesi a Brescia e Peschiera muoiono di fame; si tiene per certo che si darà battaglia.
3 ottobre, col. 162
Lettere da Brescia in data 30, ore 14: gli spagnoli vengono certo per disturbare l'impresa di Brescia ed impadronirsi delle terre venete; gli svizzeri sono dalla loro parte.
Altre lettere in data 30, ore 3 di notte: il Lando conferma ai provveditori da Modena che gli spagnoli passano il Po e vengono nostri nemici; vi sono consultazioni con il governatore sul da farsi, cioè: stringere Brescia; oppure fortificarsi lì intorno; oppure ritirarsi a Pontevico. I provveditori si dolgono che la Signoria faccia così poco conto di questa venuta degli spagnoli che li allarma invece molto. Infine, mandano lettere importanti del Caroldo da Lodi.
A Venezia si elegge capitano a Bergamo Vittore Michiel, capitano a Crema Bortolo Contarini. Altre lettere dei provveditori da Brescia in data 1°: in consulto con il governatore ed i capitani, si è deciso di fortificarsi sotto Brescia. Ancora si chiedono denari. Venezia si risolve a mandare 8000 ducati.
4 ottobre, col. 164
Continuano le informazioni di varie parti, e contrastanti, sull'atteggiamento degli spagnoli. Al campo, in data 2, ci si è risolti a bombardare Brescia per tre giorni e poi dar battaglia, perché gli spagnoli non potranno arrivare prima di 8 giorni. Hanno mandato un'ambasceria in città all'Obignì, ma egli ha risposto di voler resistere e di non temere gli spagnoli. Al campo si fa incetta di vittuarie e si chiede a Bergamo e a Crema di fare altrettanto. I provveditori chiedono alla Signoria come comportarsi qualora gli svizzeri passino l'Oglio e vengano loro addosso con i milanesi. Venezia risponde che nel caso di un attacco svizzero i veneti rispondano, ma non attacchino per primi.
Altre lettere ai provveditori lodano la loro risoluzione di fermarsi fortificandosi a Brescia e stringendo la città; informano dell'invio di 8000 ducati; informano che l'oratore spagnolo dichiara che i suoi vengono da amici; con altri avvisi segreti.
Da Bergamo il Lippomanno il 1° conferma che i provveditori hanno scritto di far provvista di biave; il capitano delle fanterie è tuttora in Crema.
Una lettera dettagliata di Piero Spolverini dal campo, datata 2 ottobre, informa dettagliatamente sugli avvenimenti a Brescia tra il 24 settembre ed il 1° ottobre. Consultare se necessario.
5 ottobre, col. 172
Lettere dal campo in data 3 confermano la risoluzione di bombardare per tre giorni e poi dar battaglia. Altre lettere alla stessa data informano di non poter mandare cannoni a Bergamo e Crema, come chiesto da Venezia.
6 ottobre, col. 173
Si apprende da Vicenza in data 5 che gli spagnoli hanno tutti passato il Po e sono alloggiati con il vicerè a Isola della Scala. Il Guidotto da Revere informa in data 3 di essere lì con il vicerè, che il ponte è fatto e le fanterie sono passate e stanno passando le genti d'arme. Sono 450 lanze, 400 zanetieri e 5000 fanti con 12 bocche da fuoco: dicono di andare a prendere Brescia a nome della Lega e di voler poi andare a Milano.
I provveditori scrivono dal campo il 3: stanno piazzando le artiglierie e pensano di dare battaglia il 7 mattina; l'obiettivo è di por fine all'impresa prima che arrivino gli spagnoli.
Bartolomeo da Mosto ed il Lippomanno scrivono da Bergamo il 3: il capitano delle fanterie è a Crema e sta facendo incetta di vettovaglie, come del resto si fa a Bergamo. I fanti attesi per prendere la Capella sono invece andati a Brescia per la battaglia. Antonio Giustiniani, che era prigioniero in Francia, è giunto il 1° a Milano. Quest'ultima notizia è confermata dal Caroldo da Lodi.
Venezia manda una lettera all'Imperatore, di cui più avanti si dà copia. Invia anche un'altra lettera al Guidotti, segretario presso il viceré: dice che la sua venuta con l'esercito non è a proposito, perché le truppe venete stanno per dare battaglia a Brescia e non hanno bisogno del suo aiuto. Se vuole può andare in veronese o a Milano, "con molte parole gaiarde e quasi minatorie". Si informa il campo di questa lettera.
Leonardo Emo, provveditore in Bressana, scrive il 3 dicendosi molto dubbioso sull'impresa di Brescia e riferendo di discordie tra il governatore ed i provveditori.
7 ottobre, col. 179
Il Guidotti informa da Corezo che il vicerè si sta dirigendo verso Verona. I provveditori scrivono dal campo il 5 a 3 ore di notte: hanno cominciato a bombardare.
8 ottobre, col. 180
Il Guidotti descrive l'entrata del vicerè in Verona, dove dice di volersi fermare e sollecita la rapida acquisizione di Brescia; ha mandato un uomo al campo ad offrirsi ai provveditori. Poi arrivano lettere dal campo in data 6 che riferiscono del cannoneggiamento vigoroso delle mura di Brescia e dell'intenzione di dar battaglia l'8; sono giunti al campo molti delle vallate per aiutare nella battaglia; aspettano i denari; hanno ricevuto l'ambasciata dal vicerè. Lettere di Leonardo Emo confermano l'intenzione di dar battaglia l'8. Vi è un accordo per ottenere per denaro una porta della città.
Da Bergamo si apprende che Antonio Giustinian è giunto in città il 5. Altra lettera di Piero Spolverin da Brescia con informazioni dettagliate tra il 2 ed il 6: consultare se necessario. Il Caroldo informa da Lodi che gli svizzeri si sono levati.
9 ottobre, col. 183
Lettera dei provveditori generali in data 7 in cifra ed altra lettera ai Capi del consiglio dei X: descrivono gli effetti del bombardamento e i preparativi per la battaglia. Si trascrivono a col.
/ 187 / gli ordini alle fanterie per la battaglia di Brescia.
10 ottobre, col. 188
Arrivano lettere dal campo in data 8, che vengono lette e sottoposte a stretto segreto: riguardano le trattative per entrare a Brescia.
Il Sanudo è in lizza per farsi nominare provveditore sopra gli offici di Cipro, ma non viene eletto e si lamenta "e questo è li meriti per le fatiche ho di scriver questo Diario continuamente".
11 ottobre, col. 190
Lettere dal campo in data 9: l'accordo per la cessione di una porta è fallito e l'esercito è stato in armi per nulla. Si sta tentando un'altra strada, ma se la città non si avrà per accordo, non si potrà avere per forza, perché, nonostante il fuoco intenso delle artiglierie sembra imprendibile.
12 ottobre, col. 191
Dal campo in data 10: il tentativo di accordo è stato scoperto ed un uomo in Brescia è stato squartato. Brescia non si avrà. Inoltre i milanesi, in accordo con certi cremonesi, passano l'Oglio per dare addosso ai nostri. Tutti a Venezia sono sfiduciati.
Da Bergamo scrive il Lippomanno il 7 ed il 9, con il da Mosto: "par il proveditor habi auto in quella matina una lettera del governador di le zente milanese, che è quel domino Alexandro Sforza che è a campo a Trezo che ancora si tien per Franza, dicendo voler mandar artellarie e zente da la banda nostra di qua di Ada per expugnar quella forteza, et haver in comisione dil vescovo di Lodi, che governa Milan, di far e ben convicinar con nostri subditi;
unde il proveditor li ha risposto è contentissimo i vengano; ma dize non farano nulla, perché Trezo è locho forte.
Item, per lettere di 8, scrisse Lorenzo di Mozanega, era stà retenuto, hora avisa in quella matina esser de lì venuta nova che 'l dito è a Lodi e 'l cardinal sguizaro lo mandò a chiamar dimandandoli duccati 4000, et che erano stà retenuti 5 altri di primi di Milan di la parte di misier Zuan Jacomo Triulzi, imponendoli voleano amazar il vescovo di Lodi a requisition di ditto missier Zuan Jacomo Triulzi.
Item, scrive sier Antonio Justinian è ancora lì. E per letere di 8, dize va hora in qua hora in là da soi amici citadini a pranso, e poi si fa festa in comunità. Li volea far uno presente de ducati 100, non ha voluto aceptar, e ha fato ben per non li esser ubligato, e cussì esso sier Vetor lo ha consigliato, col qual più volte ha parlato et disnato e cenato insieme". Segue la descrizione dei contatti del Giustiniani in Francia.
Da Crema scrive il provveditore Cadepesaro: intendendo dei movimenti dei milanesi, ha fatto provvisione di vettovaglie; manda a Venezia alcuni cittadini cremaschi; i francesi sono ancora lì e aspettano il salvacondotto per Genova e nell'attesa banchettano con i cremaschi.
13 ottobre, col. 212
I provveditori scrivono in cifra dal campo in data 11. Hanno finito la polvere e cessato il bombardamento; i militari sono malcontenti perché mal pagati; il provveditore di Orzinuovi Nicolò Michiel che essi avevano inviato contro i milanesi ha scritto alla Signoria una lettera acclusa; stanno osteggiando i milanesi perché non passino l'Oglio a Pontevico; Antonio Giustinian è partito dal campo verso Venezia con un oratore milanese segreto che porta lettere del vescovo di Lodi alla Signoria. Il Giustinian arriva infatti con l'oratore a Venezia il 13. Pare che i francesi in Peschiera vogliano consegnare la rocca agli spagnoli ed andarsene.
14 ottobre, col. 213
I tedeschi hanno consegnato agli spagnoli la rocca di Lignago. Il Guidotti conferma da Verona che il vicerè vuole essere amico del veneti ed aiutare a liberare l'Italia dai francesi; per questo ha avviato l'esercito verso Brescia. Anche l'oratore spagnolo a Venezia dice che va da amico.
Dal campo il 12 si scrive che gli spagnoli hanno passato il Mincio e stanno arrivando a Brescia. Il campo milanese, capeggiato da Alessandro Sforza, sta con gli svizzeri sulle rive dell'Oglio e prepara il ponte per passare. Il campo veneto è senza polveri e denaro; i provveditori hanno mandato a Venezia Alvise di Piero per far intendere al Collegio quello che non si può scrivere per lettera, cioè il malcontento delle truppe ed il pericolo in cui si trova l'esercito. Pare che vi sia intelligenza tra milanesi e spagnoli. Sanno anche dallo Stella dell'accordo tra svizzeri e Massimiliano Sforza e milanesi. Gli 8000 ducati non sono ancora arrivati, ma quando arriveranno, ne mancheranno altri 20 mila per finir di pagare la gente. Si sono preparati alloggiamenti per gli spagnoli a San Zeno.
A Venezia Antonio Giustinian fa la sua relazione. L'oratore veneto a Roma riferisce che il Papa non crede affatto agli spagnoli ed ha scritto al vicerè pregandolo di lasciare le cose di Lombardia ed aiutare il Papa stesso a prendere Ferrara. Segue un sommario dela relazione di Antonio Giustinian. Segue copia di un breve papale al cardinale Sedunense, dato il 1° ottobre da Roma. Segue lettera di Piero Spolverin del 12 ottobre da Brescia.
15 ottobre, col. 229
Il messo a Venezia dei provveditori in campo, Alvise di Pietro, riferisce in Collegio e raccomanda di provvedere subito. L'oratore spagnolo informa che il vicerè ha avuto Peschiera e sta andando con l'esercito a Brescia per aiutare i veneti.
Lettere dei provveditori da Brescia in data 13 riferiscono che i francesi sono usciti dalla città per prendere le nostre artiglierie e si è venuti alle mani, ma le truppe venete si sono rifiutate di combattere, dicendo che si facciano ammazzare quelli che sono pagati. I provveditori sono disperati ed invocano aiuti di denaro. Intanto gli spagnoli sono a Castiglione delle Stiviere e saranno al campo domani.
Nicolò Michiel scrive da Quinzano il 12 che i milanesi sono di là dall'Oglio e sparano sui nostri. Ha scritto lamentandosi ad Alessandro Sforza "qual li mandò a risponder ch'el voleva ben convicinar con la Signoria nostra, però che ben ch'el fosse soto el cardinal sguizaro, voleva esser bon italian, et che
/ 230 / erano 10 bandiere di sguizari alogiate 4 a Bardolan et 6 a Robecho, che è al incontro di Ponte Vigo.
Item, che quando ben li fosse ordinato cossa contra il Stato di la Signoria nostra, lo faria intender et che li 100 cavali volseno passar era per andar contra el suo signor Maximian Sforza, che lo aspetano. Scrive aver homeni 1500 dei paexe, e sier Zuan Vituri proveditor di stratioti è a Pontevigo va per le rive con li stratioti; ma bisogneria altre zente, perché questi cegnano voler pasar di qua. Lui farà quello el potrà".
Scrive il Caroldo da Lodi il 12 di colloqui con il cardinale svizzero a proposito della venuta degli spagnoli: il cardinale ed il vescovo di Lodi ritengono che un accordo tra milanesi, svizzeri e veneziani garantirebbe molto tutti, ma la Signoria non aveva mai risposto a queste offerte. Scrive anche il Guidotto da Castiglione delle Stiviere il 12 di esservi giunto con il vicerè. Costui ha alloggiato l'esercito lì intorno e intende andare all'impresa di Brescia come amico dei veneziani. La Signoria informa il Papa della relazione di Antonio Giustinian e di come il Re francese vorrebbe accordarsi con il Papa e Venezia.
Una lettera dal campo del 13 riferisce dell'uscita dei francesi da Brescia e del fatto che i fanti veneti si erano rifiutati di dare battaglia. Si fa un bilancio delle perdite e si dice che la cavalleria non era arrivata in tempo, perché avrebbe potuto entrare in città con i francesi che vi rientravano. I fanti non si muovono per non essere pagati.
16 ottobre, col. 232v
Lettere dal campo del 14: sono giunti tre personaggi spagnoli in visita, mandati dal vicerè, ben ricevuti. Segue il sommario di una lunga lettera dal campo di Leonardo Emo al fratello in data 14. Le fanterie spagnole (5000 fanti, 1500 alemanni, 400 lanze e 400 cavalli leggeri) hanno preso alloggio a Montichiari e Ghedi con il vicerè. Anche Prospero Colonna con le sue truppe è in arrivo a giorni. Descrive la situazione del campo, che è a corto di denari e sarà presto scarso di vettovaglie. Vi è grande confusione e rivalità tra i comandanti. Se non arriveranno 20 mila ducati entro otto giorni il campo si dissolverà.
Una lettera da Bergamo del Lippomanno al fratello in data 12 riferisce certe notizie avute da un messo mandato in Francia per liberare dietro riscatto il conte Trussardo Calepio, ma senza fortuna. Descrive le cose di Francia. Da Crema si apprende che si sta facendo incetta di vettovaglie. Lamenta che il capitano delle fanterie non sia andato a Brescia, perché a quest'ora con il suo aiuto la città sarebbe già stata presa; Brescia "mai si averà per bataia si la non se ha per asedio, e questo è zerto, perché non bisogna atender a putane e a frasche e poi tute le sue zente roba il paexe et li amazano sora merchà". Riferisce che il castellano di Milano bombarda la città e fa gran danno. E' stato imposto un taglione di 200 mila ducati a Milano per cui la città sta in gran umore; molti milanesi partigiani di Gian Giacomo Triulzi sono stati ritenuti per essere taglieggiati. Circa Brescia dice che "franzesi se vol render salvo haver et le persone; ma i voleno tute le robe che hanno i brexani, e di questo li proveditori hanno scrito a la Signoria e aspetano risposta. Etiam i voleno esser acompagnati, come vien quelli francesi erano in Crema".
A Venezia si raccolgono per il campo 8800 raynes e 2000 ducati. Giunge in gran segreto Andrea Rosso, segretario del provveditore Capello, con lettere in data 15 e si riunisce con il Collegio. Alla fine delle consultazioni si spediscono al campo due lettere in gran fretta ed in gran segreto.
17 ottobre, col. 237
Pare che l'Obignì in Brescia, vedendo l'arrivo degli spagnoli e trovandosi a mal partito, avrebbe voluto arrendersi a Venezia con certi patti, ma che i provveditori non abbiano voluto accettare senza consultare la Signoria. Pare che si sia stato scritto da Venezia di accettare e prendere Brescia.
18 ottobre, col. 238
I provveditori in campo scrivono in data 16 di essere in attesa della risposta della Signoria alla loro lettera portata da Andrea Rosso: non ritengono infatti di poter decidere autonomamente. Gli spagnoli sono a Ghedi e giungeranno oggi a Brescia.
19 ottobre, col. 239
Il Lando riferisce da Modena che il 13 è passato di là Prospero Colonna ed ha parlato con il Curzense. Poi è partito per passare il Po ed unirsi al vicerè. Si è appreso a Modena che i francesi in Peschiera si sono dati all'Imperatore ed il 13 i tedeschi sono entrati in quel luogo.
Si leggono in Pregadi le lettere del campo circa la pratica di Brescia e la relazione di Andrea Rosso. Costui tornerà in campo questa sera, insieme con Alvise di Pietro, altro segretario che era arrivato da qualche giorno. I savi propongono di scrivere ai provveditori "che in caxo non seguisse lo accordo con francesi di darne la terra, et spagnoli volesse venir acamparsi e darli la bataglia, vedino di dargela unitamente et non siegua disordine tra il nostro campo e spagnoli; ma ben veder di haver la terra per nui come vol li capitoli di la Liga et il Pontefice. E se li manda uno breve novo dil Papa al vicerè che 'l vol Brexa sia nostra, come la raxon e li capitoli vuol, e altre particularità, etc...E de li danari, li mandemo per pagar le zente et li mandaremo
etiam". La lettera viene approvata.
Segue il sommario di una lettera di Piero Spolverin in data 16, che riassume le notizie da Brescia tra il 14 el il 16, dove si sta evidentemente trattando la resa, in una situazione descritta come confusa e pesantissima.
20 ottobre, col. 241
A Venezia si sparge la notizia della resa di Brescia, ma che la città si è data agli spagnoli. Vi è sconcerto. E' vero che è giunta una lettera di Leonardo Emo del 17 e di un'altra in pari data del governatore delle truppe.
Una lettera dei provveditori del 18 riferisce "Dil zonzer di danari ducati 5000 e la ricevuta di Andrea Corso, e le pratiche erano su e zoso di Brexa con spagnoli,
etiam con nostri, sicome più diffuse dirò di sotto.
Unum est che spagnoli ancora non hanno auto la terra".
Lettere da Bergamo del Lippomanno riferiscono di un taglione a Milano di un testone per ogni 60. Dice il Sanudo che a Venezia, oltre a certi cremaschi, vi sono anche bergamaschi, tra i quali Bergamo da Bergamo, già conestabile di Venezia. L'ambasciatore spagnolo cerca di rassicurare il doge che Brescia non sarà presa dai suoi. La lettera dell'Emo sopra riferita è del 16 dice che lui stesso è stato inviato dai provveditori al vicerè a Ghedi con un seguito di gentiluomini. Il vicerè è alloggiato in un bel palazzo del conte di Pitiliano. Lunga e molto interessante relazione sui colloqui avuti con il vicerè: da consultare con profitto, se del caso.
Segue sommario di un'altra lettera dello stesso Emo del 17. Riferisce delle schermaglie tra i provveditori e gli spagnoli circa il prendere Brescia. Un'altra lettera ancora dell'Emo in data 18 riferisce che è giunta la risposta della Signoria a quanto aveva richesto il Rosso: "volesse Dio ch'el fosse stà exequito avanti". Riferisce anche che oggi sono usciti da Brescia 17 cavalli e che sono andati al campo spagnolo.
Un'altra lettera di Nicolò Michiel, provveditore ad Orzinuovi, in data 16 descrive la situazione sull'Oglio e del fronte contro i milanesi. Sommario di altra lettera di Piero Spolverin del 18, che riferisce gli avvenimenti tra il 16 ed il 18 a Brescia.
21 ottobre, col. 247
Lettera in cifra dei provveditori del 19. Monsignor de la Rosa per il vicerè sta trattando con i francesi in Brescia la resa. Anche i veneti fanno altrettanto. Si aspettano i denari per pagare i fanti e intanto sono giunti altri denari da Bergamo. Vi sono trattative tramite Giuliano di Codignola per la resa della rocca di Brescia. Il nunzio spagnolo a Venezia giura che quando Brescia si prendesse dagli spagnoli sarebbe presa in nome della Lega, dopo di che si osserverà la forma dei capitoli.
22 ottobre, col. 248
Lettere in data 20 dal campo riferiscono che il castellano ha fatto intendere che si sono conclusi i capitoli tra l'Obignì ed il vicerè. Essi prevedono che Brescia si dia all'Imperatore, che il campo veneziano si ritiri a 12 miglia da Brescia entro due giorni, che si garantisca libero transito ai francesi armati verso Alemagna e poi Francia. Il castellano ha tuttavia fatto intendere ai veneti che non partano, che lui vuole darsi a Venezia e che sta trattando la resa con Guido Rangoni. Si accludono anche lettere di Vincenzo Guidotti che sta con il vicerè a Ghedi, il quale a sua volta riferisce che gli spagnoli intendono prendere Brescia per la Lega. I provveditori riferiscono tuttavia che hanno avuto consulti con il governatore, il quale non intende levarsi se la Signoria non lo comanda. E' arrivato in campo anche un segretario del vescovo di Lodi. Appena queste lettere sono lette, si vincolano tutti al segreto.
Segue a Venezia un consulto in cui si disputa di un tradimento dei francesi. Si convocano i Pregadi e si convocano l'oratore papale e spagnolo, al quale si vuole rinfacciare questo tradimento.
Il Lando scrive da Bologna dove si trova in viaggio verso Roma con il Curzense. Leonardo Emo scrive da Brescia il 20: a questa data un messo del conte Guido Rangoni ha riferito che dopo molto consigli Brescia si è arresa all'Imperatore, con patto che i francesi abbiano un salvacondotto; i veneti si ritireranno a 12 miglia; il castello si darà entro un mese. Se questa notizia è vera, sarebbe pessima per Venezia. Resta anche da vedere dove si dovrà muovere il campo: se si andasse verso gli Orzi o Pontevico senza trattare prima con i milanesi e gli svizzeri si rischierebbe molto; lo stesso se si andasse verso Crema o Bergamo. Pare meglio non muoversi fino a quando la Signoria non lo ordinerà. "il
/ 250 / governador fa ogni possibele di haver la terra, e a ciò il vicerè non fazi tal conclusion, ha facto che Alonso spagnol ha seminato per le fantarie spagnole al tuto non asentino la terra si toy con salvar le robe a' francesi, e cussì Zan Bernardin farà il simile. Dicto Alonso ha oferto bona parte di la fantaria che vegnirà di qua, volendo maxime 500 schiopetieri, e s'il fosse fatto per tempo quello si fa questa note, Idio harìa dato miglior fortuna a le cosse nostre. E' bon proveder e non tenir le cosse in descrition d'altri.."
Segue il sommario di un'altra lettera di Piero Spolverin del 20 ottobre, la quale descrive lo stato del territorio circostante Brescia e la misera condizione degli abitanti saccheggiati, i quali sono sfiduciati e stanno addandonando la fede marchesca.
Segue il sommario di un'altra lettera dal campo di Vittore Lippomanno in data 20. Essa riferisce in termini generici il contenuto degli accordi tra spagnoli e francesi; dei contatti tra Guido Rangoni ed il castellano di Brescia per la cessione della rocca; del fatto che i provveditori sono in disaccordo con gli spagnoli che si sono intromessi nelle trattative; della posizione spagnola per cui la città, presa a nome della Lega, sarebbe poi attribuita a chi si aspetta, come avrebbe scritto il Papa. Tuttavia, altri francesi in Brescia sarebbero per darsi ai veneti.
Nel pomeriggio in Pregadi, alla presenza dei legati papale e spagnolo, il Doge riferisce e ribadisce la posizione veneziane. L'oratore spagnolo ribadisce invece la posizione della sua parte e promette sulla sua testa che Brescia, Bergamo e Crema saranno della Signoria. Sollecita un accordo con l'Imperatore. Analoga la posizione del legato papale. Venezia propone di scrivere ai provveditori che ci si rimette alla loro volontà circa come comportarsi e vi è gran discussione in proposito. Si decide alla fine di mandare gli ordini seguenti: quando Brescia si desse agli spagnoli o all'Imperatore, il campo si muova verso l'Adige, lasciando tuttavia al governatore ed ai provveditori la decisione finale.
23 ottobre, col. 255
Una lettera dei provveditori conferma il tenore dei capitoli tra francesi e spagnoli su Brescia, che viene presa a nome della Lega. Gli spagnoli chiedono ai veneti: di levare l'esercito; di sospendere il bombardamento e levare l'artiglieria; di fare un salvacondotto ai francesi. Il governatore ed i provveditori accettano solo di levare l'artiglieria, ma per le altre condizioni intrendono consultare Venezia. Il Caroldo scrive il 21 da Lodi circa colloqui con il cardinale, cui il vicerè ha chiesto salvacondoto per i francesi. Conferma che il cardinale ed i milanesi cercano l'accordo con Venezia. Segue copia del salvacondotto del cardinale Sedunense a monsignor di Durazzo per tornare in Francia.
24 ottobre, col. 257
Due lettere, dei provveditori e del Lippomanno, ambedue in data 22. Il Lippomanno sta partendo dal campo per tornare a Bergamo. Conferma che Brescia si è data agli spagnoli a nome della Lega. Vi sono stati colloqui tra i provveditori ed il conte di Santa Severina a nome del vicerè. Il castello si arrenderà entro 12 giorni e le cose andranno bene per Venezia, nel senso che il vicerè si accontenterebbe di denari, 100 mila ducati trattabili; poi vorrebbe che i due eserciti andassero insieme a prendere Milano.
Altre lettera di Leonardo Emo in data 24. Riferisce minuziosamente dei colloqui tra il comando veneziano ed il conte di Santa Severina, con la relazione di una lite tra Guido Rangoni ed il collaterale veneto Bataion. Molto interessante, se sarà necessario.
25 ottobre, col. 260
Lettere dal campo del 23: chiedono denari; Andrea Rosso è stato mandato dal vicerè; si dice che la notte i francesi, scortati dagli spagnoli, dovrebbero uscire da Brescia ed andare verso Alemagna; tutto il paese bresciano è contro i francesi ed anche i fanti spagnoli non vogliono che costoro se ne vadano con tutta la roba trafugata ai bresciani. Oggi il comandador spagnolo ha preso possesso di Brescia, mandato dal vicerè a nome della Lega.
Lettera di Leonardo Emo del 23: il governatore si è confidato con lui di sentirsi mal trattato da Venezia e dal Papa. Lo scrivente pensa che non sarebbe bene lasciarlo andare e crede che, nonostante tutto, sarebbe disposto a ricredersi. Il Rangoni ha sfidato il collaterale, cosa molto disonorevole e che il Capello dovrebbe impedire, ma non lo fa. I francesi stanno partendo e comprano vettovaglie dai veneti, per cui il governatore ha fatto fare una grida che i francesi che verranno al campo siano svaligiati ed uccisi: oggi ne sono stati uccisi tre. I deputati di Brescia protestano perché si lasciano andare i francesi con i beni che sono stati trafugati a loro; si è mandato a dire agli spagnoli che ciò non può essere sopportato senza un assenso da Venezia. Domani si aspetta la risposta su come ci si debba comportare. Si sono convocate a Brescia tutte le truppe che stavano nei dintorni e si sono convocati uomini armati dalle valli e da Franciacorta. Domani i francesi dovrebbero uscire da Brescia e l'Emo ha paura che segua qualche inconveniente.
Lettera dello Spolverin del 23 che riassume molto minutamente i fatti tra il 20 ed il 23 e sottolinea l'estrema ambiguità della situazione. A Venezia in Pregadi si leggono lettere del vescovo di Lodi che vorrebbe fare alleanza con la Signoria.
26 ottobre, col. 266
Il Collegio l'oratore spagnolo promette che Brescia sarà alla fine dei veneziani. Le istruzioni ai provveditori prevedono che "ussendo francesi di Brexa per andar in Franza, non debano
aperto marte esserli adosso, ma si brexani e il teritorio vorano svalisarli li lassano far et loro non se impazino, perché il vicerè vol darli libero transito".
Lettere del 24 dal campo: sono uscite da Brescia alcune lanze fiorentine e venute al campo veneto, tra cui 16 uomini d'arme, e si sono abboccati con il governatore; Andrea Rosso è tornato da Ghedi dove ha parlato con il vicerè; domani il governatore ed il provveditore Cristoforo Moro andranno a Ghedi a conferire con il vicerè per ultimare le cose di Brescia e vedere che i francesi non si allontanino con il bottino.
Lettera di Leonardo Emo del 24: alcuni di parte francese sortiti dalla città si sono spaventati dei fanti loro ostili e sono ritornati dentro. Quattro uomini d'arme fiorentini parimenti usciti sono stati maltrattati. Il governatore è stato a parlare con l'Obignì, ma non si sa di cosa. Domani ci sarà il colloquio con il vicerè. I veneti cercano di guadagnar tempo aspettando ordini da Venezia, ma si ritiene che questa notte o la prossima i francesi usciranno e se ne andranno "senza altra nostra licentia; perché non curano di noi, persone inexperte e senza cuor". Francesco Torello ed altri fiorentini sono venuti in campo a vedere il governatore ed i provveditori. Il campo nostro è spopolato e le truppe alloggiano fuori. Il governatore non ha potere perché il provveditore Capello gli toglie ogni reputazione e non lo ammette ai consigli, per cui se ne vuole andare.
27 ottobre, col. 268
Lettera del Guidotto da Ghedi in data 25. Riferisce che il governatore ed il Moro sono stati dal vicerè. Per le informazioni rimanda alle lettere dei provveditori. Insieme con quella del Guidotto vi è una lettera del Moro alla Signoria, che viene letta in segreto.
28 ottobre, col. 269
Lettera dei provveditori del 25: riferisce dei colloqui con il vicerè, che assicura Brescia sarà della Signoria, ma non dice quando, e che sarebbe bene accordarsi con l'Imperatore; il vicerè vuole che la Signoria faccia un salvacondotto ai francesi e non vuole convincersi che questi si portano via il bottino dei bresciani. Prospero Colonna è arrivato al campo con la sua gente, 200 lanze male in ordine.
Altra lettera del provveditore Capello del 25: se gli spagnoli non vorranno consegnare Brescia, lui vorrebbe muovere l'esercito verso l'Adige, dopo aver ben rifornito Crema e Bergamo. Chiede polvere e munizioni per Crema. Chiede denari. Piccole scaramucce tra veneti e spagnoli. Segue altre lettera dei provveditori del 26: vi è stata una rivista dei militari che sono in ordine.
Scrive Nicolò Cadepesaro da Crema il 25 e riferisce delle munizioni e della necessità dei quattro gentiluomini da mettere alle porte della città; sollecita l'arrivo del capitano Bartolomeo Contarini e prega che prenda il suo posto perché vorrebbe tornare a Venezia.
Segue il sommario di due lettere di Leonardo Emo. La prima, del 25 ottobre, narra minutamente della missione del governatore e del provveditore Moro a Ghedi. La seconda, del 26, ritorna sui contrasti tra il governatore ed il capitano delle fanterie circa la Capella di Bergamo, tra i quali il Capello cerca di mediare. L'Emo dice che sarebbe bene risolvere questa cosa prima che vi vadano gli spagnoli. Minuziosa descrizione della mostra delle truppe venete sotto la rocca di Brescia, con i nomi dei condottieri ed una valutazione delle forze. Peccato, dice, che con queste belle truppe e con tanta artiglieria non si sia riusciti a prendere la città. Molti spagnoli sono entrati oggi in città ed hanno presidiato le porte da dentro. Domino Claudio, messo del vescovo di Lodi gli ha mostrato lettere di quest'ultimo, dalle quali si arguisce che egli teme gli spagnoli e vuole accordarsi con la Signoria e preme per l'accordo.
Segue il sommario di un'altra lettera del 26 di Piero Spolverin. Molto dettagliata. Consultare se necessario. Lo Stella da Zurigo il 18 informa che vi è stata una dieta e che gli svizzeri si sono accordati per mantenere in stato a Milano il duca Massimiliano Sforza oppure il vescovo di Lodi. Altra lettera del Caroldo da Lodi circa colloqui con il cardinale, che vorrebbe l'accordo con Venezia e i milanesi contro gli spagnoli.
Si eleggono provveditori a Orzinuovi, Pontevico, Martinengo e Romano. Si scrive ai provveditori di ricercare l'accordo con gli spagnoli e di non venire alle mani, ed in ogni caso di non muoversi senza ordini.
29 ottobre, col. 279
Scrivono il 27 i provveditori che il vicerè è venuto ad alloggiare col campo a san Giovanni vicino a Brescia, presumibilmente per accompagnare fuori i francesi. Questi se ne stanno armati sulle mura "quando fo fato la mostra a le nostre zente, come aspetaseno la bataglia, e dubitono assai, et hanno inteso che li fanti spagnoli al tutto li voleno svalisar".
Scrive anche l'Emo il 27: ha saputo dal Guidotto stamane che i francesi si levavano da Brescia. Subito il governatore ha messo tutti in allerta e si è spostato a cavallo verso le mura con lo scrivente e con altri. Sono stati incontrati dall'Obignì e monsignor de la Rosa e si sono fatti riconoscere dicendo di essere lì per evitare disordini. Poi si sono lasciati con buona creanza. Intanto sono entrati alcuni tedeschi e domani, per quanto si sa, dovrebbero uscire i francesi. I campi spagnolo e veneto si sono avvicinati e vi sono disordini. Si diffonde sul merito delle posizioni reciproche di veneti e spagnoli e sul fatto che i due eserciti si intercettano vicendevolmente le vettovaglie. Vi è molta incertezza al campo sul da farsi e sul luogo eventuale dove ritirarsi (sull'Adige oppure intorno a Montichiari), anche in relazione alla situazione di Bergamo, dove il da Mosto dice che vi è stanchezza. Bergamo sarebbe da considerarsi perduta nel primo caso, senza contare che Verona è in mano degli imperiali. Si va ragionando di questo.
30 ottobre, col. 283
Scrive Babon di Naldo dal campo il 26 di essere stato a pranzo con il castellano francese della rocca di Brescia. Nonostante egli si sia accordato di darsi entro qualche giorno agli spagnoli, ha scritto in Francia di non volersi arrendere all'Imperatore né agli spagnoli, ma piuttosto ai veneti.
31 ottobre, col. 283
Lettera da Bergamo in data 28 di Vittore Lippomanno ed altra simile alla Signoria del da Mosto. Nella prima si riferisce che si sta trattando per avere la Cappella; nella seconda si dice che il castellano sarebbe disposto a dare la fortezza ai veneziani "con questi capitoli, che salvo le persone e le sue robe, possi andar in Franza e sia posto in loco securo, e altri capitoli di pocho momento, i qual è stati tratati per domino Lucha da Brexa (?) e domino Troylo di Lupi, et esso castelan vol la confirmation per li proveditori di campo, e cussì è stà spazato. Doman si haverà a hore 20 la risposta". Stradiotti andati verso Trezzo hanno preso uno spagnolo che viene di Francia ed è stato prigioniero colà: ha riferito che Andrea Gritti sta tornando a Venezia di volontà del Re. Si dice che i milanesi abbiano avuto Lecco.
Lettera dei provveditori dal campo del 28: stamani il Capello ed il governatore sono stati dal viceré. Oggi i francesi sono partiti da Brescia con tutte le loro cose, accompagnati fino a Pontoglio dal vicerè; poi monsignor de la Rosa li ha scortati fino a Pe' di Monte. Gli spagnoli tengono Brescia e se i nostri si avvicinano alle mura li bombardano. I proveditori desiderano sapere che fare con il campo.
Gli oratori papale e spagnolo vengono in Collegio. Si scrive una lettera al da Mosto a Bergamo lodando l'opera di Luca Brembati e Troilo Lupi per il fatto della Capella e confermando tutti i capitoli della resa, come del resto hanno già fatto i provveditori. "Non fo scrito in campo, perché ancora li savii non haveano consultato quello havesse a far l'exercito. L'opinion di proveditori saria venir verso l'Adexe. Doman consulterano questo". Da informatori veneti a Verona si apprende che il Duchetto Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico, cui spetta il ducato di Milano, è giunto colà da Trento con circa 300 cavalli, tra cui molti milanesi ed è stato ricevuto molto onorevolmente. Ma la Signoria non è altrimenti di questo informata.
Da Roma si apprende che il Papa sta ancora pensando a prendere Ferrara. Segue il sommario di una lunghissima lettera-diario di tale Marco Negro data da Brescia il 9 agosto ed arrivata a Venezia in ottobre in cui si narrano i fatti di Brescia dalla sua presa da parte di Venezia il 17 giugno fino al 9 agosto. L'autore della lettera era vecchio e malato e morì poi a Brescia il 4 novembre. Consultare se necessario.
1° novembre, col. 303
Notizie da Brescia riferiscono che il castello sta per essere preso dai veneziani, ma la notizia, che suscita interesse a Venezia, non pare molto fondata. Il Caroldo riporta da Lodi che il cardinale è lì e gli svizzeri si stanno allontanando perché non sono pagati.
2 novembre, col. 304
Lettere dei provveditori da Brescia del 30 dicono che la mattina, a richiesta del vicerè, si è tenuta una mostra in campagna a 3 miglia da Brescia, cui hanno assistito lo stesso vicerè, prospero Colonna e molti altri capitani. Lo stato delle truppe è stato molto lodato e, in uno scambio tra il Capello e un capitano tedesco, il provveditore ha dichiarato che le truppe sono anche al servizio dell'Imperatore: così il tedesco ha auspicato che presto sia. Gli spagnoli sono alloggiati in borgo di san Giovanni, ma l'accampamento è scarso di strame e disagevole per il freddo. Anche il vicerè ha lodato molto le truppe al Guidotti.
Altra simile lettera del 31 smentisce l'acquisto del castello di Brescia, pur confermando che il castellano aspetta ordini da Francia. Anche i provveditori sono del parere di muovere il campo veneto per le medesime ragioni di difficoltà lamentate dagli spagnoli. Vi sono colloqui con il vicerè a questo proposito e la Signoria è sollecitata ad esprimersi. Ma l'opinione prevalente è di scrivere al campo di non muoversi senza ordini da Venezia.
3 novembre, col. 306
L'ambasciatore veneto a Roma conferma che il Papa sollecita l'accordo con l'Imperatore e dice che, se necessario, per favorirlo Venezia dovrebbe lasciare Verona e Vicenza. E' invece mal disposto verso gli spagnoli e dispiaciuto dei nuovi sviluppi a loro favorevoli.
Altre lettere dal campo dicono che vi sarebbe l'intenzione di muovere verso Desenzano; si aspettano gli animali per muovere l'artiglieria e richieste in questo senso sono state fatte a Brescia e a Bergamo. Altre notizie di poco conto.
Il da Mosto scrive da Bergamo il 30 che il castellano della Capella, avuta la conferma dei capitoli, attende ora un salvacondotto da parte del cardinale, degli svizzeri e dei milanesi, ma queste cose vanno per le lunghe.
Da Venezia si decide di scrivere al Papa circa gli spagnoli, i quali, partiti i francesi, stanno ancora accampati a Brescia e minacciano di prendere il dominio di tutta l'Italia: chiedono che il Papa provveda. Si decide anche di comunicare ai provveditori che non levino il campo assolutamente dal bresciano, ma si spostino solo un poco più a est "perché levandosi saria la ruina nostra". Vi sono diverse lamentele a Venezia sul comportamento dei provveditori e sulla loro intenzione di voler muovere il campo. Si prolunga per un anno la condotta al conte Guido Rangoni.
Segue il sommario di una lettera di Piero Spolverin dal campo in data 1° novembre, che racconta la situazione dal 30 ottobre. Descrive minutamente la mostra fatta e sostiene che è necessario muovere il campo prima che comincino a morire i cavalli.
4 novembre, col. 311
Due lettere dei provveditori in data 1 e 2. Si dolgono di non avere avuto istruzioni da Venezia; per parte loro, in consultazione con il governatore, hanno concluso di venire verso Desenzano per la penuria di strami e vettovaglie e per il freddo. Stentano tuttavia ad avere bovi e carri per il trasporto.
Si informa da Bergamo che il 31 la Cappella è stata consegnata e le insegne di San Marco sono state issate.
Il Lando scrive di Firenze, dove si trova con il Curzense, che è stato ricevuto con molti onori; sono in viaggio per Roma. Lo Stella scrive da Lucerna circa la situazione con gli svizzeri. Racconta delle sue azioni per cercare di renderseli amici e di screditare l'opera del cardinale Sedunense. A seguito di ciò, gli svizzeri vorrebbero fare una dieta a San Martino lì a Lucerna e sollecitano un accordo tra Venezia, l'Imperatore e loro stessi. Il Caroldo scrive da Lodi che il cardinale va a Vigevano a parlare con il vescovo di Lodi. Pare che i milanesi abbiano licenziato gli svizzeri, che sono sdegnati: vi sono state rimostranze e minacce degli svizzeri nei confronti del loro cardinale. A Lodi gli svizzeri hanno saccheggiato alcune case.
6 novembre, col. 317
Una lettera dal campo in data 3 informa che domattina si muoveranno verso Desenzano perché i fanti non vogliono più rimanere. Anche il vicerè andrà verso Soncino. In Brescia si è insediato un consiglio di 12 cittadini per governare a nome della Lega. Una seconda lettera del 4 viene da Desenzano, dove il campo si è spostato ed è in attesa di ordini dalla Signoria. La lettera di Venezia, che ordinava di non muoversi, è purtroppo arrivata in ritardo. Chiedono denaro per pagare la gente ed informano che il governatore non vuole più rimanere.
Il giorno 2 scrive il Lippomanno da Bergamo. Si è installato nella Capella, che è molto rovinata, come castellano il camerlengo Carlo Miani con alcuni fanti. Il castellano francese, uomo da bene ed amato dai bergamaschi, aspetta il salvacondotto dal cardinale; ma si ritiene che non lo avrà se non pagherà: l'Obignì si dice abbia pagato per avere il suo salvacondotto 11 mila ducati.
L'ambasciatore presso il Papa riferisce che costui è dispiaciuto che gli spagnoli abbiano preso Brescia per la Lega e vorrebbe che fosse stata consegnata direttamente a Venezia: "non si pol più; tornato sia l'orator yspano a Roma farà far letere al vicerè". Il Lando scrive il 27 da Siena dove è giunto col Curzense: andranno a Viterbo. Il Caroldo da Lodi informa che il cardinale sta in Sant'Angelo per paura degli svizzeri, che sono andati a Milano per esigere i loro soldi. Avendo chiesto il salvacondotto al cardinale per i francesi che erano in Cappella, questi temporeggia. Il Guidotto informa che il vicerè sta con il campo a Ghedi. In Brescia governa un consiglio di 5 ghibellini e 7 guelfi, a nome della Lega.
Venezia spedisce in campo 5000 ducati e a Crema 2000. Sono arrivati a Venezia tre oratori cremaschi; il quarto è stato preso prigioniero dai tedeschi a Verona.
7 novembre, col. 319
Il 5 scrivono in cifra i provveditori da Desenzano dando ampie spiegazioni della loro venuta costì. Il castellano di Brescia ha mandato a dire che se la Signoria conclude una lega con il Re francese egli consegnerà la rocca a Venezia.
Venezia scrive all'oratore presso il Papa di non essere disposta a barattare il suo territorio in modo alcuno e gli ordina di non entrare in alcuna discussione a tal proposito. Scrive anche ai provveditori di accettare le loro spiegazioni; raccomanda di non muoversi da Desenzano e di stare uniti; quanto al castellano di Brescia, se vuole arrendersi lo faccia e gli sarà dato salvacondotto, ma non si ricerchi altro accordo con Francia.
8 novembre, col. 321
Comunicano i provveditori in data 6 che pare il vicerè voglia muovere a Chiari o forse sul cremonese perché vi è contagio a Ghedi; mandano anche lettere da Ghedi del Guidotto. L'atmosfera a Venezia si rasserena alquanto. Scrive Nicolò Michiel da Orzinuovi il 4 che si sono spedite artiglierie a Pontevico ed Orzinuovi e loda queste provvisioni perché rafforzano le posizioni nostre. Segue una lista di dieci cittadini cremaschi inviati a Venezia "per bon rispeto".
9 novembre, col. 322
Lettera dei provveditori in data 7: aspettano i denari; il campo spagnolo si leva da Ghedi e si sposta oltre l'Oglio. Mandano con la loro un'altra lettera di Nicolò Michiel del 5 da Orzinuovi. In essa si riferisce che egli rifiuta alloggiamenti ai militari ed ha scritto al Guidotto chiedendo che gli Orzi siano esenti da questi carichi. Riferisce di spostamenti di truppe e manda una lista degli alloggiamenti ordinati dal vicerè per il suo campo in bresciana. Rovato e Travagliato sono infette.
10 novembre, col. 324
Scrivono i provveditori in data 8 chiedendo denaro e informando che il Vicerè con il campo ha lasciato Ghedi e va verso l'Oglio. Il governatore Giovan Paolo Baion manda a Venezia due uomini per chiedere di poter lasciare il campo.
Da Roma si descrive estesamente l'arrivo del Curzense, che viene a Roma per trattare tre cose: l'accordo del Papa che vuole Ferrara Parma e Piacenza; l'accordo tra la Signoria e l'Imperatore; l'accordo su chi debba essere duca di Milano; commentano però: "Tamen, chi ha cervello tien non seguirà acordo alcuno".
11 novembre, col. 328
Lettere dal campo in data 9 avvisano che il vicerè è partito da Ghedi ed è andato a Chiari. Il Caroldo da Milano scrive di essersi recato a Vigevano a trovare il cardinale svizzero e di aver parlato con i capitani svizzeri, che sono amici di Venezia. Il Re di Francia ha mandato suoi emissari a parlare con gli svizzeri, promettendo loro del denaro.
12 novembre, col. 328
L'oratore spagnolo si lamenta con la Signoria per non avere avuto i denari promessi; il Doge, a sua volta, si lamenta con lui che gli spagnoli siano stati causa della perdita di Brescia, contro i capitoli della Lega e contro i voleri del Papa. L'oratore risponde per le rime.
Due nunzi del governatore annunciano in Collegio che costui non vuol più servire: il Doge se ne meraviglia e vuole sapere la ragione per iscritto, al fine di consultarsi e poi rispondere.
Scrivono i provveditori dal campo in data 10 annunciando l'arrivo a Venezia di Paolo Agostini, a nome del marchese di Mantova, del quale annunciano una lettera. Nulla di nuovo a Brescia: il castello è sempre in mano francese.
Il 10 scrive dal campo Paolo Agostini dicendo che la sera prima il marchese di Mantova lo ha inviato al campo dal Capello per dichiarargli di essere servitore della Signoria, essendo certo che a Roma l'accordo è fatto nel senso che Ferrara sarà del Papa e Brescia di Venezia. Informati di questo, i provveditori lo hanno invitato ad informare egli stesso Venezia.
A Venezia si decide di scrivere all'oratore presso il Papa in merito alle pratiche con il Curzense e lamentandosi molto degli spagnoli. Una lettera gagliarda viene scritta anche al Guidotti, che sta a Chiari con il vicerè. Da Milano il Caroldo informa che il vescovo di Lodi sollecita un accordo con Venezia e gli svizzeri e sarebbe disposto a cedere Cremona e Geradadda. A questo proposito un'altra lettera segretissima viene anche inviata al Caroldo.
13 novembre, col. 331
Lettere dal campo senza novità. Massimiliano Sforza è sempre a Verona e si reca per diletto a Marmaruol e a Mantova.
14 novembre, col. 331
Giungono dagli oratori lettere da Roma in data 7, molto importanti e con cattive notizie per Venezia. Giungono anche altre lettere dal campo con informazioni da Roma, del medesimo tenore. Lette segretamente in Collegio, lasciano tutti dubbiosi. Viene l'oratore spagnolo e vi sono parole grosse. Intanto, si rifiuta al governatore la licenza richiesta: si scriverà in modo da soddisfarlo. E di fatto gli si scrive.
Da Bergamo il da Mosto informa che non ha potuto ottenere dal cardinale Sedunense il salvacondotto per i 60 francesi che stavano nella Capella, i quali rimangono in città a spese della Signoria.
Le lettere da Roma sopra riferite informano che gli oratori veneti sono stati
convocati dal Papa in presenza di altri oratori spagnoli ed imperiali. Il Papa
ha dichiarato che intende prendere il seguente accordo: Verona e Vicenza all'Imperatore;
Padova e Treviso alla Signoria, con l'obbligo di pagare un censo annuale di
30 mila ducati ed un'investitura iniziale di 250 mila; Parma, Piacenza, Reggio
e Ferrara al Papa; Milano a Massimiliano Sforza. A questa nuova, gli oratori
veneti protestano dicendo che questa non era la pace che ci si aspettava, perché
Verona e Vicenza erano di Venezia. Il Papa risponde che Venezia avrà
Bergamo, Crema e Brescia e se Venezia rifiuta avrà tutti contro. Gli
oratori cesarei dichiarano che evidentemente Venezia non desidera la pace. Il
Papa vorrebbe convocare subito il notaio per stipulare, anche senza l'assenso
di Venezia. Chiama il notaio, e testimoni e dichiara: "Notè che questo
è l'acordo che volemo far" ... "Si la Signoria vorà la intrerà
et aceterà, si no, so danno" ... "Volemo Ferara e che le zente di Spagna
ne aiuta averla, e che questi do prometano anular il Concilio". Gli oratori
spagnoli, non desiderando promettere il loro aiuto per prendere Ferrara, dichiarano
di non voler stipulare in assenza del Curzense. Il Papa manda allora un oratore
a convocarlo ed intanto gli oratori veneti propongono al Papa di scambiare Verona
e Vicenza con Cremona. Ma quelli cesarei replicano che i veneti trattano per
Cremona ma non la possiedono e che loro intendono aderire alla proposta del
Papa. Al che gli ambasciatori veneti si allontanano, mentre entra il Curzense.
Non sanno che cosa si sono detti con il Papa, ma nulla è stato concluso.
Le altre lettere degli oratori ai provveditori sono dell'8 novembre e li avvertono di stare allerta perché gli oratori cesarei e spagnoli hanno mandato a dire al vicerè che potendo dare addosso all'esercito veneto, lo faccia. "siché
dies mali sunt".
A Venezia si convocano i Pregadi e si propone di scrivere agli oratori a Roma che la Repubblica non intende lasciar Verona e dare Vicenza, ma vorrebbe invece cedere Cremona. Con incarico di informare il Papa che ciò non è quanto ci si aspettava da lui e che non è ancora finita la tregua con l'Imperatore e già si fanno nuovi patti. Vi è un'accesa discussione, ma la proposta passa. Si scrive anche ai provveditori di restare uniti, di ritirarsi sulle rive dell'Adige, di costruire un ponte sul fiume ad Albarè, che non gli mancheranno denari; inoltre, di avere ad ogni costo il castello di Brescia.
15 novembre, col. 335
Partono i marengoni per costruire il ponte sull'Adige. Lettere da Mantova informano che l'accordo è fatto: Brescia sarà della Signoria, ma nel complesso la pace non sarà favorevole a Venezia. Il Doge dice all'oratore spagnolo che questo non è il modo di fare e promette che tutto si ritorcerà contro gli spagnoli. Piero Spolverin scrive dal campo, ma le notizie sono di poco momento. A Venezia l'opinione pubblica dice che a questo punto sarebbe meglio accordarsi con Francia. Altre lettere da Roma danno notizie cattive.
16 novembre, col. 336
Il campo informa in data 14 di essere in attesa dell'ordine per spostarsi perché si soffre per mancanza di vettovaglie; informa anche che il castellano di Brescia ha avuto ordine dalla Francia di cedere la fortezza all'Imperatore.
In Collegio si meditano intanto le lettere da Roma degli oratori Foscari e Lando, date il 9, 10, 11 e 12. In sommario, esse dicono che il 10 il Papa ha proposto in Concilio l'accordo già detto e che il cardinale Grimani ha difeso appassionatamente la causa della Repubblica asserendo che questo non si meritava dopo tante spese e sangue e sacrifici per cacciare i francesi dall'Italia ed aiutare il Papa, e che questo "sarìa con denigratione di questa Santa Sede". Tutti i cardinali si commuovono in favore di Venezia. Il Papa, in collera, dice che ciò si fa per pacificare i cristiani contro la minaccia turca. Invano i cardinali e gli oratori veneti cercano di smuovere il Papa, il quale attribuisce anche la ducea di Savoia e Cremona a Milano e si riserva il giudizio sul Friuli; e ribadisce di fare questo per il bene di Venezia. L'oratore veneto Foscari a più riprese cerca di smuovere il pontefice che replica come Venezia avrà 15 giorni di tempo per entrare nell'accordo. Intanto, tuttavia, i capitoli non sono ancora firmati.
Il Lippomanno scrive il 9 da Bergamo informando che gli svizzeri hanno lasciato Milano per non essere stati pagati. Il cardinale svizzero con 300 uomini sta a Vigevano e aspetta un salvacondotto da Milano per andarsene. I francesi che erano a Brescia e Crema sono tuttora "a pe' di monti" e il cardinale non vuole dare salvacondotto ai francesi in Bergamo. Da un'altra lettera dello stesso Lippomanno in data 11 si apprende che un messo spagnolo è passato per il bergamasco, in viaggio verso Milano per convincere la città ad accettare l'arciduca di Borgogna; a Bergamo si dice che Brescia sarà presto di Venezia. Massimiliano Sforza intanto ha lasciato Mantova per Cremona, dove è stato ben ricevuto, cominciando così a riacquisire il ducato di Milano.
17 novembre, col. 338
Lettere dal campo del 15 informano che domani il castello di Brescia sarà dato agli spagnoli. Lettere da Roma poco aggiungono a quanto già detto, solo che i dubbi dei cardinali sull'accordo vanno aumentando ed il Papa stesso appare più titubante.
Altra lettera dal campo del 16 informa (di seconda mano) dell'accordo che si sta facendo a Roma. Il castellano di Brescia non è contento di cedere la fortezza agli spagnoli, ma deve ubbidire. I provveditori, secondo l'ordine del Senato, si leveranno e verranno a Villafranca, dove attenderanno altri ordini. Il provveditore Moro, malato, chiede di rientrare a Venezia; gli si concede. Nicolò Michiel da Orzinuovi ha inteso che gli spagnoli vorrebbero presto prendere Crema, ma lui si sta preparando. A Brescia vi sono 700 fanti spagnoli con un governatore spagnolo ed i 12 cittadini che governano. Da Crema Nicolò Cadepesaro scrive che un capitano spagnolo, il Caravajal, con Vincenzo Guidotti è stato in visita alla città, che è fortissima. Il capitano delle fanterie è sempre lì e tiene e governa la terra. Ha bisogno di denaro.
A Venezia si decide di scrivere ancora agli oratori in Roma, ordinando di rifiutare di dare Vicenza e Verona, come già era stato ordinato. Si scrive anche al campo dando libertà al governatore ed ai provveditori di sistemarsi in luogo sicuro in prossimità dell'Adige, a loro discrezione.
Il Guidotto da Chiari informa di colloqui avuti con il vicerè. Costui reclama dalla Signoria i denari promessi; pare voglia andare con l'esercito sul bergamasco; gli spagnoli, che alloggiano a loro discrezione sul bresciano fanno danni; il vicerè asserisce di avere la città di Brescia e che avrà domani il castello. Lo scrivente è stato a Crema con il Carvajal in visita: la città è inespugnabile perché ben custodita.
Altra lettera dei provveditori: hanno mandato alla Capella di Bergamo Gerolamo Tartaro con fanti; Pontevico è in custodia di Gerolamo Fateinanzi; Orzinuovi è in mano del provveditore Nicolò Michiel. Due compagnie di cavalli leggeri con Zuan Bernardin da Leze e Alexandro Donato sono state mandate sul bresciano a rafforzare quel territorio; attendono i denari per Crema e poi si muoveranno perché a Desenzano mancano vettovaglie; è cominciato il morbo in campo; si sposteranno a Villafranca.
Venezia invia lettere di ringraziamento ai cardinali che hanno appoggiato la sua causa in concistoro, pregandoli di perseverare. L'oratore spagnolo, conte di Cariate, che aveva fatto un mercato per vendere olio di Puglia a certi mercanti veneziani (un affare da 30 mila ducati) ha visto il mercato sfumare e vorrebbe andarsene.
19 novembre, col. 344
I provveditori in data 17 informano che in campo vi è la peste; si sono mandati a Crema i 3000 ducati. Da Roma si apprende che il 15 ancora nessun accordo è stato fatto: infatti, gli spagnoli sono restii a inimicarsi la Signoria e quelli cesarei vorrebbero denari, che, senza Venezia, non potrebbero avere. Gli oratori veneti non cessano, insieme con i cardinali, di lavorare contro l'accordo. Anche il Papa dubita, ma vorrebbe Ferrara. I pareri da accordare sono molti. Il Curzense, che doveva essere fatto cardinale, non è stato fatto, e intende venire a Milano per insediare Massimiliano Sforza.
21 novembre, col. 345
L'ambasciatore spagnolo parla in Collegio, ma teme che Venezia si accordi con Francia, come tutti reclamano in città sentendosi traditi da Spagna e dal Papa. In città, di fatto, nessuno vede altro rimedio che questo alla grave situazione che si è creata.
Dal campo i provveditori informano il 19 di essere nei pressi di Villafranca, dopo aver guadato il Mincio con la fanteria, mentre i carri e l'artiglieria sono passati da Valeggio. Hanno spedito un trombetta a Verona per chiedere di comprare cibo, ma fino ad ora non è giunta risposta. Il governatore è sempre risoluto ad andarsene. Si conferma l'arrivo del Duchetto a Cremona.
22 novembre, col. 345
Si ha dal campo che sono accampati a Vigasi: il Consiglio scrive loro di non traghettare l'Adige senza altro ordine. Il ponte è pronto. Si mandano in campo 3500 ducati.
Il Guidotto da Chiari informa il 19 che il vicerè parte per Soncino e vuol passare l'Oglio con l'esercito per andare verso Milano; ma parte degli spagnoli intende andarsene.
Due lettere da Bergamo. Il Lippomanno il 17 scrive che lì vi è apprensione per il fatto che il campo si sposta ad est ed il castello di Brescia si dà agli spagnoli. Anche il da Mosto scrive che alcuni dei francesi che stavano in Cappella sono fuggiti da Bergamo ed andati a Trezzo.
23 novembre, col. 347
Il Caroldo comunica: il vescovo di Lodi gli ha detto di avere chiamato lui stesso il Duchetto a Cremona, contro il volere degli spagnoli, e che intende insediarlo a Milano. Dando agli spagnoli 20 mila ducati, essi non si opporrebbero e una parte di loro si allontanerebbe.
I provveditori scrivono dal campo in Ronchi in data 22. Si fermeranno lì, obbedendo agli ordini della Signoria, fino a quando gli agenti cesarei glielo permetteranno, in attesa di altri ordini.
24 novembre, col. 348
Il 23 il Capello informa da Ronchi che stamani è partito il suo collega Moro. Due emissari cesarei gli hanno ingiunto di allontanarsi da quei luoghi che appartengono all'Imperatore, dolendosi dei danni loro causati. Ha risposto con buone parole scusandosi dei danni e promettendo di punire i responsabili; tuttavia ha fatto osservare che come gli spagnoli stanno sul territorio bresciano che è veneto, al medesimo titolo con cui i veneti stanno sul territorio imperiale. Acclude lettere di Nicolò Michiel dagli Orzi in data 21. Costui manda informazioni di natura soprattutto militare; comunica tuttavia che vi è stato un tentativo dei bresciani di farsi approvare i loro privilegi dal vicerè, il quale ha risposto che ciò sarà fatto da chi verrà dichiarato dalla Lega padrone di Brescia.
Da Roma gli oratori Foscari e Lando informano che il 19 il Papa ha sottoscritto un accordo con l'Imperatore, presenti gli ambasciatori imperiali ed il Curzense. Nulla si sa del contenuto, ma gli oratori spagnoli non hanno sottoscritto. Pare perché restano da riscuotere del vecchio accordo 20 mila ducati al mese dal Papa; perché non vogliono aiutare il Papa a loro spese a prendere Ferrara e non vogliono che questa città vada alla Chiesa; ed infine perché non vogliono inimicarsi i Colonnesi, che sono in odio al Papa. Pare, riferiscono gli ambasciatori veneti, che il Papa abbia voluto questo accordo per la gran paura che ha del Concilio, che è convocato per il 3. Sono giunti a Roma 12 oratori svizzeri. Il Papa ha nominato due suoi oratori presso il Duchetto a Milano. Vi sono state poi nuove rimostranze degli oratori di Venezia al Papa, il quale ha addossato a Venezia il rifiuto di un accordo che pretende sia a favore della Signoria. Gli ambasciatori chiedono se debbano o no entrare in Concilio e se il Lando debba poi seguire il Curzense quando questi partirà.
Pare che i capitoli dell'accordo firmato prevedano: a Venezia resta Padova e Treviso; il Friuli resta impregiudicato, a disposizione del Papa; Verona e Vicenza coi loro territori vanno all'Imperatore; Bergamo, Crema e Brescia vanno a Venezia; Cremona e Geradadda a Milano; 300 mila fiorini all'Imperatore per l'investitura di Padova e Treviso, oltre a 30 mila ducati l'anno; Parma, Piacenza, Reggio e Ferrara al Papa; Milano a Massimiliano Sforza, che dovrà sposare una figlia dell'arciduca di Borgogna. Venezia avrà 20 giorni per accettare, altrimenti si aiuterà l'Imperatore a recuperare le terre che gli toccano in base alla Lega di Cambrai.
25 novembre, col. 352
Appresi i termini dell'accordo, a Venezia si va apertamente dicendo che il Papa è stato sempre nemico della Repubblica; tutti favoriscono un accordo con il Re di Francia. Si ritiene che il Collegio stia già discutendo di questo. L'ambasciatore spagnolo "con ciera meninchonica" dice di aver avuto lettere che il Papa ha fatto l'accordo senza l'approvazione degli spagnoli "e che forsi l'è per lo mejo, e si lassi far a Dio; con tal parole. Il Principe li rispose
verba pro verbis".
Scrive da Milano il Caroldo di essere lì arrivato da Vigevano con il cardinale svizzero. Ha discusso con il vescovo di Lodi dell'accordo di Roma. Il Duchetto è a Cremona e verrà a Milano per insediarsi, ma senza il volere degli spagnoli; vorrebbe tuttavia aver l'assenso di Venezia perché i due stati uniti varrebbero assai.
Il Capello scrive da Ronchi il 24 di aver fatto impiccare alcuni stradiotti, balestrieri e fanti per i danni commessi. Gli si scrive di non muoversi da lì.
26 novembre, col. 353
Informa il Caroldo che il vescovo di Lodi ed il cardinale hanno finalmente dato il salvacondotto ai francesi della Capella. Scrive da Soncino il Guidotti che il vicerè si incontrerà a Soresina con il Duchetto che va a Milano. Il vicerè vuole spostare l'esercito sul bergamasco; il Caroldo l'ha pregato di non far danno ai nostri sudditi, ma costui dice che è necessario porre al riparo l'esercito, non solo sul bergamasco, ma addirittura in Bergamo.
Riporta il Capello da Ronchi che i nunzi cesarei di nuovo gli hanno scritto di levarsi dal territorio; anche lui ha saputo che il vicerè vuole spostare i suoi sul bergamasco; il da Mosto gli ha cercato quattro "homeni da capo"; chiede se debba mandarli e chi; manda lettere di Nicolò Michiel.
Queste lettere, datate dagli Orzi il 23, informano che i militari di Mariano da Prato e Alessandro Donato che sono a Crema, sono in tumulto perché da tre mesi non hanno denari; sollecita un aiuto perché fatica a trovare denaro e vi sono altre defezioni. Oggi le fanterie spagnole passeranno l'Oglio verso Alignano (?), Romano e Martinengo. Conferma che il vicerè si incontrerà oggi a Soresina col Duchetto.
Da Venezia si scrive agli oratori a Roma una lettera dai toni piuttosto concilianti nei confronti del Papa; si ordina loro di entrare in Concilio e di utilizzare il loro mandato; ed il Lando debba seguire il Curzense fino a Milano.
Il Lippomanno scrive da Bergamo il 20 ed il 22: si confermano i timori per la venuta degli spagnoli sul bergamasco. Ma nel complesso le notizie paiono di scarso valore.
28 novembre, col. 360
Venezia manda al campo 4000 ducati. Arriva sul tardi una lettera da Roma del 24: dice che in concistoro pubblico sono stati uditi i 12 oratori svizzeri, ma gli scambi tra questi ed il Papa sono stati solo formali; tuttavia, hanno chiesto udienza segreta ed il Papa l'ha accordata. Il Papa ha nominato cardinale con il titolo di sant'Angelo Matteo Lanch vescovo Curzense, che andrà per un paio di giorni ad Ostia con il Papa e poi partirà il 27 e non parteciperà al Concilio del 3. Il nuovo cardinale ha scritto al Duchetto che non entri in Milano fino a quando non sarà arrivato, perché intende insediarlo lui stesso. Gli ambasciatori invitano a non sparlar del Papa e a tacere. Per lettere pubbliche essi informano poi che in vari modi si sta premendo sul papa in merito agli accordi, riguardo ai quali tutti a Roma si dolgono, dicendo che "è bon provedersi la Signoria e non star più". Il Papa avrebbe promesso al Curzense di scrivere un breve al vicerè di cedere Brescia, ma non lo ha ancora fatto.
Altra lettera degli oratori del 24 da Roma: il Papa li ha fatti chiamare e, essendo il Foscari ammalato, è andato il Lando. In udienza segretissima il Papa ha detto che "si duol separarsi di la Signoria, e che è mal lassarla sola, e che la non vol l'acordo e li capitoli interloquti, però
etiam lui è nostro amico, et si ben ha fato l'acordo, però non sarà altro, perché el manderà a la Signoria domino Zuan Stafileo episcopo de Sibinico a tratar dito acordo e lasserà Vicenza, con azonzerli qualche summa di danari in tempi, et si haverà il passo di andar in Lombardia, e in questo mezo intertegnirà Curzense de lì, nè li farà breve di consignar Brexa ni altro, et vol intrar una volta nel Concilio e far che il Curzense entri; con varii avisi e coloquii sopra questa materia, e debi avisar
secretissime la Signoria nostra, perché l'ama et è bon pastor verso quella".
Venezia concede alcuni capitoli a Crema. Si propone di scrivere al Capello di passare l'Adige e venire a stare sul nostro, ma la proposta non passa. Nicolò Michiel scrive da Orzinuovi il 28: ha atteso che gli spagnoli passassaro l'Oglio e liberassero la misera terra bresciana, ma questi non si sono mossi. Ieri i tedeschi sono partiti per Verona e le fanterie spagnole sono andate a consumare il bergamasco. Minacciano di saccheggiare Orzinuovi, ma lui sta in guardia. Ieri sono giunte le due compagnie di balestrieri di Mariano da Prato e Alessandro Donato, la prima pagata e l'altra no; ha dato 50 ducati al Donato, fino a quando giungeranno i soldi da Venezia.
29 novembre, col. 365
L'oratore spagnolo, conte di Cariate, prega che si rimuovano le truppe dal veronese per non irritare l'Imperatore a rompere la tregua; chiede anche il resto dei denari che deve avere il vicerè. Il Doge replica che anche gli spagnoli sono sul territorio bresciano, che spetta a Venezia; tuttavia, si consulterà con i savi.
30 novembre, col. 366
Viene in Collegio Jacomin da val Trompia offrendosi con i suoi uomini per ottenere Brescia. L'oratore spagnolo di nuovo sollecita che il campo sia levato. Scrive il Guidotto, che sta a Soncino col vicerè. Costui si è recato con Prospero Colonna ed altri a Soresina per conferire con il Duchetto che era giunto da Cremona con 600 cavalli, tutti in livrea. Hanno ragionato a lungo e pranzato insieme. Tornati a Soncino, gli spagnoli sono in attesa delle risoluzioni della Lega da Roma. Aggiunge lo scrivente: "dito Ducheto disse a lui secretario, come l'era servitor di la Illustrissima Signoria, pur che quella stagi ben con la Cesarea Maiestà et il Catholico re. Scrive dito Ducha è di anni 22, palido nel volto et di statura..."
Il Caroldo, che sta a Cremona, informa in data 26 che è giunto lì con il cardinale svizzero, che vuole conferire con il Duchetto. Durante il viaggio, il cardinale gli avrebbe rivelato che vuole male agli spagnoli e ama la Signoria; che gli spagnoli vorrebbero gli svizzeri dalla loro parte, ma non li avranno; che era stato male levare il campo veneto dal bresciano perché se fossero rimasti, con l'aiuto degli svizzeri avrebbero cacciato gli spagnoli. Anche il vescovo di Lodi ha visitato il Duchetto a Cremona e costui lo ha rimproverato per aver dissipato "una extremità di danari auti da milanesi et aver mal quelli ministradi: el vescovo rispose non era vero e aver il conto di tutto".
Il Capello dice in alcune lettere da Ronchi che potrebbe prendere Legnago ed anche Verona, se la Signoria volesse; chiede armi e denari.
1° dicembre, col 367
Il conte di Cariate sollecita i denari per il vicerè e sollecita che il campo si levi dal veronese; la risposta del Doge è sempre la stessa. Gli oratori cremaschi ringraziano per la conferma dei capitoli.
2 dicembre, col. 368
Lettere dal campo del 1° dicembre: di nuovo sono venuti i veronesi, cioè i cesarei, a chiedere che si allontanino, ma il Capello risponde come al solito.
Nicolò Michiel dagli Orzi, il 30, informa in maniera imprecisa dell'accordo di Roma, ma nel complesso pare che cerchi di mettersi in buona luce a Venezia, come già aveva fatto in altre lettere passate.
3 dicembre, col. 370
Pare che Milano sia in armi perché il Duchetto ritarda il suo arrivo in città, la quale si sente beffata dagli spagnoli. Vengono due lettere dal campo, in data 2. Dice la prima che il Guidotto li ha informati come 200 lanze spagnole vengono in veronese per entrare a Verona. L'altra lettera informa che di fatto le lance sono arrivate a Valeggio e Villafranca e che il governatore vorrebbe aggredirle. D'altra parte, a Verona non le vogliono. Chiede il Capello quel che deve fare: andar loro incontro oppure venire più vicino al ponte fatto sull'Adige, verso Villafranca.
Da Crema il provveditore Cadepesaro informa che la città è sotto minaccia degli spagnoli e il capitano delle fanterie sta provvedendo. Vorrebbe che il capitano eletto a Crema arrivasse.
"
Di Bergamo, di sier Bortolo da Mosto proveditor, di 27. Di provision fa de lì, e meter vituarie in la Capella, e il bergamasco è in fuga, tutti coreno in la terra, perché spagnoli è sul bergamasco parte di le fantarie alozate, e lo consuma di vituarie etc.".
Da Soncino scrive l'1 il Guidotto informando che gli spagnoli sono sul bergamasco e pare vogliano prendere Trezzo, che sta in mano francese. Alcuni spagnoli sono partiti per il veronese. Ha avuto colloqui con il vicerè che si duole che non si faccia l'accordo a Roma e sta a vedere che cosa succederà della Lega perché se non si firma bisognerà che egli sia contro Venezia, benchè il suo Re lo avvisi che non intende rompere con Venezia. Però la Signoria non dovrebbe irritare l'Imperatore tenendo il campo sul veronese: lui, il vicerè, intende andare verso Milano e vuol conservare l'esercito e mandarlo in parte ad alloggiare sul bergamasco, fino a quando non vengano notizie da Crema. Il Carvajal è partito con le lanze per Verona.
Da Cremona il Caroldo, in data 1, comunica che il Sedunense è stato a colloquio con il Duchetto, che sta partendo per Pizzighettone e poi Pavia, dove attenderà l'arrivo del Curzense. I Cremonesi gli hanno giurato fedeltà. A Cremona è morto, forse avvelenato, il generale dei bianchi di Landriano, che per molti anni ha governato la persona del Duchetto. Anche il vescovo di Lodi sta a Cremona il cui castello, tuttora nelle mani dei francesi, bombarda la città: ma le truppe sono scarse di cibo e di vino e pensa che resisteranno poco.
4 dicembre, col. 372
Scrive dal campo il Capello in data 3 dell'arrivo a Valeggio e Villafranca di 800 cavalli spagnoli. Il governatore vorrebbe incontrarli e dar loro battaglia, oppure spostarsi al di qua dell'Adige, perché il campo veneto non è sicuro. Già i carri e le artiglierie hanno passato il fiume e lo stesso provveditore ha ispezionato il ponte. Chiede denari e resta in attesa di ordini. Il vescovo di Trento vorrebbe che le truppe spagnole e tedesche entrassero a Verona, ma gli abitanti non vogliono e mandano loro del cibo fuori città.
Quattro lettere (tra il 17 ed il 25 novembre) manda lo Stella da Lucerna circa l'esposizione da lui fatta nel corso di una dieta degli svizzeri, i quali hanno riformato i capitoli di una lega proposta loro da Venezia. Manda le copie dei capitoli, scrive che gli svizzeri vorrebbero un trattato di amicizia e non una vera lega, per cui chiedono mille raynes all'anno per cantone; tuttavia vorrebbero non essere contro il Papa e l'Imperatore, ma solo contro gli altri. Se la Signoria acconsente alle proposte, faranno altra dieta per approvare i capitoli.
Daniele Dandolo scrive il 30 da Salò narrando del passaggio degli spagnoli verso Verona. Un capitano (con 800 cavalli) ha del malanimo contro Venezia e spoglia tutti i soldati marcheschi che incontra. Le truppe che sono in Brescia fanno molti danni e saccheggi. A Salò sta la compagnia di cavalleria leggera del conte di Pitiliano.
A Venezia si decide di scrivere al Capello che passi l'Adige con il campo e si insedi sul colognese, presidiando il ponte. Si inviano denari per Crema, ed altri denari si promettono per il campo.
5 dicembre, col. 374
Il 4 scrive il Capello dal campo in Ronchi, inviando una lettera di Guido Rangoni da Roma dove il 25 è stata pubblicata in santa Maria del Popolo la Lega alle condizioni note (una relazione accurata delle cerimonie sta in una lettera del Rangoni a col.
/ 380 /). Lo Stafileo ha lasciato Roma per Venezia, dove intende convincere la Signoria ad entrare nella Lega. Intanto, lo stesso Rangoni giunge a Venezia.
Da Bergamo, il 29, scrive il Lippomanno: conferma l'arrivo degli spagnoli fino ad un miglio dalla città, dalla quale tutti fuggono. Lo stesso scrivente intende andare con Costantino Paleologo a Crema. Il da Mosto sta facendo incetta di vettovaglie e gli spagnoli minacciano di prendere la città, tanto che le porte vengono presidiate.
6 dicembre, col. 378
Scrive il capitano delle fanterie da Crema di essere scontento del provveditore Nicolò Cadepesaro, di cui chiede la sostituzione. Sta facendo provvisioni e chiede denari per le fanterie che minacciano di disertare. Lo stesso Cadepesaro scrive chiedendo denari e dicendo del timore che vi è in città degli spagnoli.
Il da Mosto da Bergamo conferma la presenza delle truppe spagnole ad un miglio dalla città. Ha trovato 300 uomini per porta a presidio per 10 giorni, benché i bergamaschi ne volessero solo 150. Ha chiesto alle valli 500 uomini fedeli e fa provvisioni. Vorrebbe mandare denari a Crema, ma non gli è possibile.
Il Guidotti da Soncino informa di colloqui con il vicerè ed altri capitani circa la lega di Roma: l'umore prevalente è che Venezia faccia male a non entrare. Il Duchetto sta tuttora a Cremona.
Nicolò Michiel da Orzinuovi scrive il 2 di aver chiesto al provveditore se debba entrare a Crema o a Pontevico, dove vi è il morbo, ma non ha avuto risposta. Orzinuovi è minaciata di saccheggio dagli spagnoli. Anch'egli chiede denaro.
Si legge in Pregadi una lettera della comunità di Bergamo del 30 novembre, nella quale si narra dell'arrivo degli spagnoli e delle provvisioni fatte e si fa richiesta di aiuto.
Domenico de Malo, vice-collaterale, scrive da Crema al Capello chiedendo provvisioni, altrimenti a Crema capiterà qualche cosa di male perché il capitano "usa strani modi con le fantarie, le qual si volea partir per non esser pagate: per tanto se li mandi danari etc".
7 dicembre, col. 381
Due lettere dal campo in data 5 e 6: il Capello ha ricevuto l'ordine di passare il fiume, ma non vi sono alloggiamenti di qua dall'Adige ed ha quindi deciso di attendere. I soldati spagnoli e tedeschi sono sempre a Valeggio e Villafranca. Un'altra lettera dal campo del 6 riferisce che le truppe sono mal pagate e insistentemente chiede denaro.
8 dicembre, col. 382
Nuove lettere dal campo, che sta sempre a Ronchi, del 7: nulla di nuovo. Daniele Dandolo riferisce da Salò che gli spagnoli hanno saccheggiato Desenzano e fatto gran danno in quella riviera.
Vi sono diverse lettere da Roma tra il 26 novembre ed il 3 dicembre, date tutte in sommario, come segue. Il 26 novembre si narra la pubblicazione dei capitoli della Lega e si dice che l'Imperatore ha revocato il Concilio pisano "nè vi vuol più esser in quello, et si farà a dì 3 in Lateranense la quarta sessione di Concilio". Si riferisce che gli oratori svizzeri hanno parlato col Papa, cercando di convincerlo a non essere contro Venezia, che è loro amica e li ha aiutati a cacciare i francesi dall'Italia e potrebbe, sfortunatamente, farli rientrare. Zuan Stafileo è partito per Venezia per intimarle l'accettazione della Lega.
Il 30 novembre si dice che il Curzense siederà in Concilio il 3 a nome dell'Imperatore. Il 2 dicembre si riporta che domani nel Concilio il Curzense revocherà a nome dell'Imperatore i capitoli fatti nel Concilio pisano come iniqui ed ingiusti; loderà invece ed osserverà i capitoli di questo Concilio. Il Papa cerca di ottenere una qualche onesta composizione tra l'Imperatore e Venezia "e mal volentiera fa contra la Signoria, e desidera cazar spagnoli di reame".
Il 3 dicembre si riferisce che oggi in Laterano si è svolta la quarta sessione del Concilio. Il Curzense, che vi sedeva a nome dell'Imperatore, ha pubblicato il mandato di quest'ultimo "a revochar le cosse del conciliabolo di Pisa e a probare e confirmare quello è stà fato e si farà in questo romano". Poi il Curzense ha preso congedo dal Papa ed è immediatamente partito per Milano, dove gli verrà mandato il cappello cardinalizio.
Segue dalla col.
/ 384 / il testo dei capitoli della lega tra Giulio II e l'Imperatore Massimiliano pubblicato a Roma il 25 novembre, da consultare se necessario. Vi sono anche altre lettere del Lando, in cui si narrano le pressioni fatte sul Papa dai cardinali veneziani in favore della Signoria. Il Papa tuttavia pare irremovibile.
Lettere del Lippomanno da Bergamo del 3 e 4. Gli spagnoli sono a Seriate e chiedono vettovaglie. "Tutto Bergamo è in arme, li citadini vestiti a la curta con 4 o 6 homeni con arme drio; è sta mandato per 600 homeni di le valle per guarda di la terra,
etiam lui vol tor qualche homo drio. Il proveditor ha messo vino in castelo e vituarie". Si ha da Milano che anche colà sono in moto perché gli spagnoli pretendono 70 mila ducati. Gli spagnoli hanno sequestrato della polvere da sparo che veniva da Crema a Bergamo: di ciò si è avvisato il Guidotti. Il castellano di Trezzo ha ucciso dieci spagnoli e fatto 4 prigionieri.
10 dicembre, col. 391
Lettere del 2 e 4 del Guidotto da Soncino informano che il vicerè si duole che la Signoria non voglia aderire alla Lega e che egli debba quindi esserle nemico. La polvere sequestrata ai bergamaschi sarà restituita.
Il Caroldo da Pizzighettone dice che il cardinale svizzero è in viaggio da Cremona a Vigevano. Nicolò Cadepesaro da Crema, in data 7, chiede di poter lasciare la città e sollecita l'arrivo del capitano. Cerca denari. Nicolò Michiel dagli Orzi l'8 lamenta i danni degli spagnoli e narra del pericolo in cui si trova quella terra minacciata di saccheggio.
"
Di Bergamo, di sier Bortolo da Mosto proveditor di 6 et 7. Si duol non li e stà mai mandato castelan per meter in la Capella, e solo fa quello ch'el puol. Bergamaschi comenzano a dubitar e protestarli etc.
Item, ha mandato certi danari a Crema. Dice starà lì in la terra nè mai si partirà; pur si fosse venuto altri si potria proveder etc,
ut in litteris.
Di la comunità di Bergamo, di 7. Come sono fidelissimi; ma senza pressidii non si potrano defender, et venendo il Curzense, come si aspeta, volendo quella cità, non sanno a che modo difendersi. Spagnoli è lì vicino e li daniza, et quelli di le valle non hanno voluto intrar in Bergamo; sichè si provedi,
aliter non sanno che farsi".
Lettere dal campo in Ronchi del 9. Ancora sollecitano denari per pagare i soldati ed informano che alcune compagnie sono in procinto di partire dal campo. Daniele Dandolo scrive il 5 da Salò di essere in difficoltà perché tutto il campo alemanno, più di 5000 persone, è venuto ad alloggiare in riviera già da 6 giorni e fa molti danni. Oltre a Desenzano, Pozzolengo, Rivoltella ed altri luoghi sono rovinati. I militari alloggiano a Moniga, Mantiba, San Felice e Portexa. Mercurio Bua con i cavalli leggeri sta a Sanzago, Bedizzole e Calcagexe. Stanno cercando di insediarsi a Salò e i locali hanno mandato a conferire con monsignor de la Rosa, che è il capitano dell'esercito cesareo. Costui ha consentito a non far entrare i militari a Salò, ma vuole denari: alla riviera di sopra 500 ducati in 5 giorni, pagati di giorno in giorno a partire da domani. Comunque, è meglio pagare che alloggiare queste truppe nel luoghi abitati. Vi sono minacce, bastonate, angherie. Dicono che Salò e tutta la riviera appartengono all'Impero e lo conquisteranno in pochi giorni. Il Paese è mobilitato ed in guardia. Domani si manderanno tutti gli spagnoli verso Anfo e dintorni.
Da Orzinuovi il Michiel, in data 7, manda a dire che sono spaventati ed in affanno e sotto minaccia di saccheggio.
"E' da saper, eri vene per via di Bergamo, drizata in campo, una poliza di man di missier Zuan Jacomo Triulzi, drizata a la Signoria, data a dì ... a ... portata per uno homo dil conte Trusardo da Calepio, è in prexon in Franza. Qual scrive, aver auto i messi di la Signoria e le letere drizate a sier Andrea Griti procurator, el qual è a la corte a Bles, in caxa di Rubertel, in libertà. Scrive aver 700 lanze, e altre particularità
ut in ea. La qual poliza et letera fo leta con li Cai di X, et
licet fusse drezata a la Signoria, per esser materia ancora non venuta in Pregadi, fo tirà nel Consejo di X. E leta questa letera, quelli di Colegio fonno molto aliegri; è stà spazà per 4 vie in Franza; si aspeta la risposta".
11 dicembre, col. 397
Il governatore inoltra domanda a Venezia, attraverso il suo segretario, di potersi allontanare dal campo per motivi personali. Gli si darà una risposta dopo aver consultato i savi.
Il Caroldo da Pizzighettone: il cardinale va a Vigevano. Il Duchetto ha licenziato il conte Alessandro Sforza, suo capitano, ed il Vitello ed ha preso per capitano Prospero Colonna. Non va d'accordo con il vescovo di Lodi ed i milanesi sono scontenti di questo. Il Ducheto va a Pavia ad attendere il Curzense. Pare che Zuan Cola governi il Ducheto, il quale tuttavia pare voler fare di testa sua e, dice il cardinale, "avanti che sia entrato in Stado etc".
Ancora il Capello da Ronchi informa che senza denari molte compagnie diserteranno. Leonardo Emo e Sigismondo Cavalli stanno partendo, e questo è male. Si spediscono al campo da Venezia 4000 ducati.
Sempre da Venezia, si propone di scrivere al Capello circa la licenza chiesta dal governatore di negare il permesso, dicendo che questo non è tempo di partire, soprattutto quando il Curzense sta arrivando al campo spagnolo che sta sul bresciano. Ma il Collegio non riesce a decidere per la disparità dei punti di vista.
12 dicembre, col. 399
Si decide alla fine di chiedere al governatore, attraverso il Capello, di non allontanarsi dal campo "perché, andando, sarìa la ruina di le cose nostre dil campo in questi moti presenti".
13 dicembre, col. 400
Dal campo in data 11: la situazione è immutata. Si manda una lettera del Guidotto, il quale scrive da Soncino di colloqui intercorsi con il marchese dela Padula a proposito della Lega: pare che gli spagnoli non vogliano dare Brescia all'Imperatore senza ordini del Re spagnolo. Vi sono anche altre lettere del Guidotto, ma segrete, al Consiglio dei Dieci.
14 dicembre, col. 400
Leonardo Emo, venuto dal campo riferisce in Collegio circa il poco governo che vi regna, per colpa del Capello, e dei denari che si perdono.
15 dicembre, col. 401
Il Curzense arriverà al campo spagnolo il 16. Un tale Troilo, confidente del Consiglio dei X inviato in Francia, viene a Venezia con lettere in cifra di Andrea Gritti. Lette in Collegio segretamente, queste lettere lasciano i presenti di buon umore.
16 dicembre, col. 401
Tutti parlano della venuta di questo messo del Gritti ed auspicano una nuova alleanza con Francia. Lettere del Caroldo, da Milano, informano che il Sedunense è ivi giunto, dopo essersi separato "in poco amor" dal Ducheto, che agisce di volontà degli spagnoli. Zuan Cola sta a Cremona in attesa del Curzense. Vi sono anche lettere del Guidotto, che sta con il vicerè a Bergamo, dove è arrivato da Soncino. Il vicerè ha confortato il da Mosto ed i bergamaschi che se daranno vittuarie alle sue truppe, queste si leveranno da lì verso Geradadda. Si attende in campo il Curzense e si conferma che il vicerè non ha intenzione di cedere Brescia senza ordini del suo Re.
Il Capello comunica da Ronchi di aver letto al governatore la missiva della Signoria, cercando di persuaderlo a restare. Evidentemente, vi è rivalità tra il governatore ed il capitano delle fanterie; tuttavia, il Bajon ha acconsentito a rimanere per due settimane in attesa del Curzense; poi tornerà a chiedere licenza.
Da Salò scrive l'11 Daniele Dandolo: gli spagnoli hanno rovinato l'intera riviera, saccheggiato, e tuttora chiedono vittuarie. Salò è circondata da ogni parte da spagnoli e tedeschi ed essa stessa si trova sotto continua minaccia di saccheggio. Si fanno tuttavia provvisioni e si sta oculati.
Arrivano altre lettere di Andrea Gritti attraverso Ferrara e Padova. Dopo strette misure di sicurezza, si palesano alcune cose in esse contenute, rimandando il resto a domani.
Quattro lettere di Vittore Lippomanno del 7, 8, 9 e 12 da Bergamo. Esse comunicano la morte di Giacomo Secco a Caravaggio; un suo figlio, di fede marchesca, è venuto a Bergamo a dire al provveditore che gli spagnoli sono intenzionati a venire in Geradadda e ad offrirsi di informare del tutto.
Item, a Soncino si trova Sonzin Secho fuoruscito da Bergamo, uno dei capi della fazione ghibellina, che ha detto di voler tornare a Bergamo se la Signoria lo perdona. Sarebbe bene perdonarlo.
Item, si sono trovati 2000 ducati in prestito, che sono stati mandati a Crema: se la Signoria ne ha bisogno, se ne troveranno altri.
Item, i cittadini hanno trovato in Consiglio 3000 ducati per pagare i fanti a custodia delle porte e per fare altre provvigioni, intendendo difendersi se gli spagnoli li attaccassero.
Item, è arrivato lì il Guidotto "qual mostra esser tutto spagnol".
Item, sa che i milanesi sono di malanimo e fanno guardie ai passi di Adda; il cardinale svizzero e il Visconti si sono partiti dal Ducheto in inimicizia. Gian Giacomo Visconti sta dagli svizzeri e si dice che avrà 14 mila grisoni o quanti ne vorrà. Gli svizzeri sono in una dieta e il Triulzi dimora lì appresso. Gli spagnoli sono sul bergamasco; "hora fanno bona compagnia, e quelli è alozati al castel Goro, che è dil vescovado, non li fa alcun danno e lassa portar vin in Bergamo...".
Nota il Sanudo che Verona non è affatto sicura delle intenzioni del campo veneto che sta sul suo territorio di là dall'Adige. Il vescovo di Trento ed altri consiglieri cesarei stanno provvedendo la città di vettovaglie. Nota anche che i due esecutori Alvise Bembo e Sigismondo Cavalli stanno tuttora al campo, non ostante abbiano licenza di rimpatriare: il primo si trova a presidio del ponte di Albarè per garantire il passaggio delle vettoveglie verso il campo; il secondo sta provvedendo alle vettovaglie.
Segue dalla col.
/ 404 / un elenco dettagliatissimo, con i rispettivi nomi, delle forze in campo della Signoria nel mese di dicembre. Per la nona paga vi sono 787 e mezza lanze, 884 balestrieri, 8838 fanti. Si elencano anche i fanti per la decima paga. I denari relativi sono dati: fare le somme, se necessario, per paragonare le spese con quelle riportate in precedenza.
17 dicembre, col. 407
Vi sono consultazioni tra i savi per dare una risposta ai francesi.
18 dicembre, col. 407
Lettere dal campo del Capello in data 16. E' in corso un sindacato delle spese dell'esercito da parte di due sindaci inviati da Venezia. Egli non intende muovere il campo se non nei seguenti quattro casi: se la signoria con il Senato lo comanda; se il governatore se ne va; se gli spagnoli e alemanni entrano in Verona; se mancano vettovaglie. Di nuovo chiede denaro.
Il provveditore Dandolo da Salò riferisce che gli spagnoli se ne stanno andando di là dall'Oglio per prendere Trezzo, che sta in mano francese. Hanno preso le artiglierie che erano in Brescia e posto a sacco la piazza; a Brescia non sono rimasti che 40 spagnoli. Il passaggio dell'Oglio da parte degli spagnoli è confermato anche per altre fonti.
L'oratore spagnolo a Venezia prega la Signoria di non precipitarsi a stipulare un'alleanza con Francia, mettendo l'Italia di nuovo in mano dei barbari, ma di attendere piuttosto l'arrivo dello Stafileo, che avrà nuove commissioni, dalle quali forse potrebbe seguire un buon accordo, dal momento che il Re spagnolo è ben disposto verso Venezia. Il vicerè lo ha informato che il Triulzi si trova al confine del novarese con 500 lanze francesi e che gli spagnoli si sentono in pericolo. Il Doge risponde e dice che non tocca a Venezia far ritirare il Triulzi.
Informa il Caroldo da Milano che di nuovo i francesi sono entrati a Novara e ne hanno conquistato la rocca. I milanesi auspicano l'arrivo dei francesi perché soltanto sotto il loro dominio correva il denaro: ma non tutti sono di questa opinione.
Si leggono in Pregadi le lettere di Andrea Gritti, dopo di che si fa riunione segreta e tutti sono contenti, Con grande segretezza si spedisce il Troilo in Francia, forse con lettere per concludere l'accordo. Un altro messo viene spedito per altra via.
Nicolò Michiel da Orzinuovi il 15 scrive riferendo di movimenti di soldati e della richiesta di vettovaglie per il castello di Brescia
19 dicembre, col. 410
Dal campo si chiedono insistentemente denari. Arrivano due corrieri da Roma con lettere dell'oratore Foscari tra il 5 ed il 14 dicembre, che sono lette dai savi. Il contenuto è che il 5 il Curzense è partito per la Lombardia con il Lando; il 6 è partito lo Stafileo per Venezia con un'intimazione ai veneziani di ubbidire entro un mese, entrando nella Lega. Ma il Papa appare scontento della Lega appena stipulata e rimprovera il Curzense di aver mancato alle promesse fatte. Gli altri componenti della lega appaiono confusi. Seguono altre lunghissime lettere da Roma, abbastanza confuse. Poi si riporta la copia della revoca che il Curzense aveva letto in Concilio, con cui dichiara irrita e cassa ogni conclusione del Conciliabolo pisano.
21 dicembre, col. 414
Dal campo in data 20 il Capello manda a dire che gli spagnoli, compresi quelli che stavano a Bergamo, sono andati ad alloggiare in Geradadda. A Verona vi sono pochissime truppe alemanne ed il vescono di Trento ha lasciato Verona per la sua città con i forzieri carichi.
Da Bergamo scrive il 17 il Lippomanno: "Come, a dì 14, scrisse quelli citadini voleano far fanti per mantenir la terra,
etiam la comunità voleano far 1000 fanti per difendersi in caso spagnoli o milanesi volesseno Bergamo,
etiam lui di danari del vescovado volea farne 30, ma vede non si farà nula perché li citadini è sferditi, e voriano tutti fosse sì che non si farà. Lui non si pol né vol partir, perché partendosi metaria la terra in confusion, che quando el vedeno stal lì non temeno. Scrive, spagnoli
tandem è levati di quel territorio e andati in Geradada.
Item, hanno nove da Milan: come è zonti do oratori uno cesareo e l'altro di Spagna lì a Milan, e dicono zonto sia il Curzense, il Ducheto intrarà in Milan. Et parlano honoratamente di la Signoria nostra, e cussì sguizari, quali per niun modo voleno guerra con la Signoria. Si dice missier Zuan Jacomo Triulzi è a li confini con 600 lanze, et suo fiol missier Camilo arà 10 milia fanti.
Item, scrive è scampati 12 nostri stratioti di quelli di domino Constantino Paleologo in Trezo da franzesi, et hanno corso sul bergamasco, e fanno danno di animali e altro, per più di ducati 1000, et
/ 415 / questo è stato per non averli pagati; et dubita il resto farano il simile si fino 4 zorni non ariano li loro danari, et lui li ha tenuti con bone parole, etc".
22 dicembre, col 415
Il Caroldo da Milano: il 23 il Ducheto entrerà in città; gli svizzeri vogliono 5000 ducati dai milanesi e gli spagnoli 20 mila; non vedono quindi di buon occhio la venuta del duca.
Il Guidotto da Lodi il 21 conferma l'entrata del Duchetto per il 23, insieme con il Curzense, il vicerè, Prospero Colonna ed altri.
Il Lando da Mantova il 16: racconta che, avuto licenza della Signoria, si è separato dal Curzense, che va a Milano ad insediare il Ducheto.
Il Sanudo annota che la Signoria sta trattando una lega con Francia e che a Venezia è arrivato segretamente un nunzio del Triulzi.
Il Dandolo da Salò il 19 riferisce come gli spagnoli stiano sempre sulla riviera del Garda "e atendeno di continuo a robar et fano pezo che i pono". Lui è in buoni rapporti con il Caravajal, il capitano generale degli alemanni Ronchadolfo e monsignore de Roys. Si dice che i tedeschi andranno a Verona e gli spagnoli dal vicerè.
23 dicembre, col. 417
Pare che si sia vicini ad un accordo con Francia e si leggono i capitoli, ma per qualche ragione questi vengono rimandati in Pregadi.
Il Capello scrive dal campo il 22 che i militari sono in tumulto perché non avranno denari per le feste. Si mandano in campo 8000 ducati. Nicolò Cadepesaro da Crema avvisa che gli spagnoli sono andati in Geradadda.
"Fu posto certa parte in materia gallica, con gran credenza".
24 dicembre, col. 418
Giunge a Venezia lo Stafileo e subito manda a dire al Doge di essere latore di buone notizie. Con lui arrivano anche due oratori svizzeri. Il Michiel da Orzinuovi, in data 20, informa su certi movimenti di militari.
25 dicembre, col. 419
Si descrivono le cerimonie di Natale, cui partecipano tutti gli oratori.
Il Capello informa dal campo che gli sono giunti i denari. Il Dandolo da Salò dice che sostanzialmente nulla è cambiato e i soldati appaiono tranquilli, anche se fanno ogni sorta di danni. Il Guidotto da Lodi scrive il 22, dove si trova con il vicerè, attendendo il Curzense. Genti spagnole al comando di Silvio Savello vanno all'impresa di Trezzo.
27 dicembre, col. 421
Lo Stafileo e gli oratori svizzeri vengono ricevuti in Collegio. Lunga arringa del primo, riportata in copia alla col.
/ 423 /, con la quale cerca di dissuadere i veneziani dallo stringere l'imminente accordo con Francia. Anche gli ambasciatori svizzeri, più brevemente, si associano. Il Doge ringrazia il Papa per voler mettere buon accordo ed assicura che anche Venezia non desidera altro che la pace ed il recupero delle sue terre.
Da Milano il Caroldo avverte che il Duchetto sta a Chiaravalle e prepara la sua entrata: sarà poco onorifica, perché i milanesi sono divisi e vi sono motivi di dissenso tra le varie potenze coinvolte. I novaresi hanno scritto in Francia per la resa. Si dice ora che il Ducheto entrerà il 27.
28 dicembre, col. 426
Nuova udienza dello Stafileo e degli oratori svizzeri. "Fo dito el voleva lassar a la Signoria Vicenza e il Friul, e dar il passo di poter andar in Lombardia a le nostre terre, zoè Lignago e Paschiera, e conzar con l'Imperador questo, con darli più summa di danari con tempo". Ma pare che la proposta non sia molto gradita. Viene in appoggio anche l'oratore spagnolo, dicendo di dare ascolto allo Stafileo e di accordarsi con il Papa, l'Imperatore ed il Re spagnolo, evitando così che di nuovo i barbari entrino in Italia. Il doge insiste nel dichiarare che Venezia vuole sì la pace, ma anche le sue terre.
Si convocano i Pregadi per sentire le relazioni di Cristoforo Moro e Leonardo Emo che sono tornati dal campo: l'Emo "cargava molto su le piaze sier Polo Capello el cavalier proveditor di campo, dicendo el farà recuperar 37 milia ducati". Si leggono lettere del Caroldo da Milano del 22, che riferiscono dei preparativi per l'entrata del Ducheto che vuol entrare per ora astrologica.
Lettere da Bergamo del 25 a proposito di Trezzo, dal cui castellano si è appreso che i francesi di Novara hanno scritto in Francia per arrendersi. Il castellano ha sempre avuto cura dei rapporti di buon vicinato con il provveditore di Bergamo. Gli spagnoli hanno abbandonato il territorio, anche se certi luoghi del bergamasco hanno avuto ordine dal vicerè di trovare vettovaglie da mandare al campo in Trezzo.
Da Crema il provveditore Cadepesaro informa che il capitano delle fanterie chiede 250 guastatori per fortificare la città, dopo di che essa sarà sicura contro ogni esercito. L'Agostini da Mantova informa che il Ducheto farà l'entrata il 1° gennaio con il Curzense ed il vicerè, ed ha voluto scegliere un'ora astrologica.
Il Guidotto da Marignano, dove si trova con il vicerè, riferisce che il Duchetto è a Chiaravalle Il Curzense da Modena si è spostato a Parma.
Si legge in Pregadi il breve papale alla Signoria con cui la esorta alla pace, breve che viene riportato più avanti. Poi Cristoforo Moro fa la sua relazione, abbastanza concisa in cui sostanzialmente difende l'operato suo e del Capello. Il Doge lo loda. Sale poi all'arengo l'Emo che fa una lunghissima relazione nella quale accusa tutti, ma in particolare in Capello, delle più gravi nefandezze, anche in fatto di facile maneggio del denaro. Il figlio del Capello, Filippo, che sedeva in senato, sale all'arengo per difendere il padre, ma il Doge lo interrompe. Poi prega l'Emo di presentare una relazione scritta, ma senza lodarlo. Il Sanudo fa tuttavia notare che il Moro ha lodato molto l'Emo per la sua diligenza nel reperire cibarie nel bresciano.
29 dicembre, col. 430
La relazione dell'Emo ha fatto una qualche impressione e vi è una proposta, molto disputata, di eleggere un provveditore generale presso il Capello, che abbia cura particolare del denaro. Ma pur essendo passata la proposta, non si trova che voglia andare.
30 dicembre, col 434
Leonardo Emo presenta in collegio la sua relazione scritta, che viene spedita ai sindaci del campo che stanno a Cologna.
Il Guidotto scrive da Milano il 24 confermando l'entrata del Ducheto per il 27. I francesi nel castello di Milano bombardano la città. Pare che il Curzense abbia mandato un oratore cesareo dal vicerè, chiedendogli di prepararsi a muovere guerra ai veneziani, ma l'opinione di Prospero Colonna è stata che prima di rompere con la Signoria ci vogliono ben altri ordini ed altre genti in campo.
Dal campo il Capello invia le lettere del Guidotto sopra menzionate e chiede che fare. Chiede ancora denari per i militari.
31 dicembre, col. 435
Sigismondo Cavalli, che era stato al campo come provveditore esecutore riferisce quanto è successo dopo la dipartita del Moro e dell'Emo, soprattutto in merito allo scontento delle fanterie. Poi difende il suo operato contro la relazione dell'Emo. Il Doge dice che il tutto sarà sottoposto ai sindaci e si deciderà alla fine.
L'oratore papale riferisce che gli spagnoli ed alemanni vorrebbero assaltare il campo veneto con l'aiuto di quelli che stanno in Verona. Il Doge deplora che il Papa voglia fare questo a Venezia. Tuttavia, i savi si sonsultano sul da farsi e, in attesa di ordini precisi, si scrive al campo che stiano in guardia. Si riesce finalmente a trovare qualcuno che voglia andare come provveditore generale in campo: si tratta di Domenico Contarini. Si scrive al campo di stare all'erta ed uniti e di mandare esploratori per spiare le mosse dei nemici, tenendo informata Venezia.
Lettera di Daniele Dandolo da Salò del 27: gli spagnoli ed alemanni stanno ancora sulla riviera e fanno strage dei beni di quegli abitanti. Si ritiene che partiranno stamani. Ronchadolfo, capitano generale alemanno, è andato a consultarsi con il vicerè e tornerà solo tra 8 giorni. Il capitano spagnolo Caravajal ha mandato a dire allo stesso provveditore che voleva incontrarlo: di fatto, gli chiede di poter avere vettovaglie per rimanere sulla riviera fino a quando tornerà l'alemanno. Il provveditore si è riservato di rispondere dopo essersi consultato con gli abitanti, che stanno sotto minaccia.
Nuove lettere del provveditore da Salò in data 30 mandano una lettera da Verona del vescovo di Trento riguardante certi boemi che sono stati spogliati dei loro beni a Gavardo e con i quali si vorrebbe una composizione.
Dalla col.
/ 441 / si riportano la composizione dei cantoni che formano la lega degli svizzeri, i nomi degli oratori inviati da questi al Papa nel dicembre 1512, ed il numero di persone che i vari cantoni e leghe (tra le quali figura la Liga Grisa) potrebbero fornire.