CAPITOLO 8 - GIUGNO

Nel corso dell'anno che andiamo raccontando, giugno rappresenta senza alcun dubbio il mese cruciale. Per questo colpisce che, a pochi giorni di distanza da avvenimenti che avrebbero travolto il regime francese ed avrebbero visto il ritorno a Bergamo del dominio veneto, gli Anziani della città ancora non avessero compreso l'avvicinarsi di questi rivolgimenti decisivi. E una tale sottovalutazione non era da parte del governo francese, il quale avrebbe potuto avere interesse a sminuire la gravità della situazione, ma degli stessi uomini responsabili di una città che in vario modo aveva sofferto dell'oppressivo regime che la stava governando.

Non consta che per i primi giorni del mese il Consiglio si sia riunito, pur in presenza di segni evidenti che il regime francese stesse franando. Il 1° giugno gli oratori bergamaschi a Milano scrivono agli Anziani della città in questi termini [Lett. 9.3.3. # 136/28]:

Havemo receputa una di vostre Magnificentie circa le novità de Lovere et de la richiesta fata a Clixione, una cum altre littere directive alo ill.mo segnor Io. Iacomo et al ill.mo Generale. Le quale li havemo presentate, pregando sue Signorie voliano far le debite provisione. Le sue Signorie hano expedite molte littere et patente, et fano restituire le arme ali valeriani, ut scrivemo al signor Alexandro et al Capitano di guasconi, et circa ciò crediamo se farano conveniente provisione... Ulterius, el è de advertire che quando le Magnificentie vostre scrive a questi Signori, voliano far scrivere per personi apti a questo. La littera scrita era anchora mal collegata cum inscriptione grossissima et fata da ... sì che sua Signoria ne dise che uno suo fatore non sarebe ... Et veramente per la sua ineptitudine se contineva in la inscriptione s'el fosse stà altro tempo, et non tempo de guera, non la havessemo presentata....

Questa osservazione circa lo stile delle comunicazioni degli Anziani di Bergamo agli ufficiali francesi rispecchia probabilmente lo stato di frustrazione degli oratori che non riuscivano ad ottenere risposte precise ed è sintomatico del profilarsi di forti difficoltà nei rapporti con i loro mandanti. L'esistenza di divergenze è anche confermata da un'altra lettera, sempre del 1° giugno, degli oratori [Lett. 9.3.3. # 136/29]:

In quanto le Magnificentie vostre in sue littere a noy novissime portate per Zaneto corerio prende admiratione de noy, che essendo noy sul fato, et havendo piena information del tuto, et havendo quasi la opinione de tuti, rechiedamo le Magnificentie vostre expressa declaratione circa la quantità de denari quali se hano offerir a questi ill.mi Signori, respondemo che le Magnificentie vostre se fano maravilia de noy senza causa legitima, perché in questo caso così ponderoso se volemo haver la intentione de vostre Magnificentie.
Questo procede cum rasone, tanto più che non è cosa conveniente che le Magnificentie vostre se remetta in libertà de ambassatori, perché lo offitio de ambassatori è solum a exequir et intemar la voluntà de le communità sue, come le Magnificentie vostre sano; et li ambassatori, chi sono nuntii solum, non deno haver altra libertà se non de far el suo offitio, et questo naturalmente è introduto non senza gran causa et respeto. Et imperò noy più presto havemo causa de admirarse de le Magnificentie vostre che non me dagano resoluta risposta et sotoscrita de man propria, como è stà richiesto per noy.
Et deterius est che le Magnificentie vostre hano scrito littere senza inscriptione del zorno et del mese et del anno, sì che sapia quelli non si può far fermo fondamento; et alchuni de noy ha dito non voler creder a simile litere et non voler far altro fundamento sopra di quele. Non dimeno, se poteremo operar qualche cosa di bon, non mancharemo...
.

Che appare come un'ottima lezione di comportamento agli Anziani da parte dei loro oratori, mentre continua la polemica tra di loro sul modo come le lettere vengono scritte. Invece di risolversi, con il passare dei giorni la discordia si inasprisce, come si desume dalla risposta dei deputati del 2 giugno [Lett. 9.3.3. # 136/30]:

Havemo in questa hora receute vostre heri date in Milano. Et per che pare el fondamento dele nostre a voy scrite adì ultimo de mazo proximo senza zorno, mese et anno non poderse far fondamento né creder a quelle, questo fu error del scrivano, licet non fuse necessario per esser littere responsive ale vostre. Modo al presente ve replichemo, dicemo et cometemo secondo se contene in quelle nostre, le quale avete apresso de voy. Et così fareti como in quelle è scrito, date alo ultimo de mazo utsupra, licet non fusse tal giorno notato in dite litere. Quantum est a quello che diceti che dobiamo sotoscrivere ale nostre litere, dicemo esser superfluo, per non esser usanza. Imo speremo vostre solite prudentie farano talmente che haverano honore et la cità nostra haverà suo contento....

Riesce veramente difficile ad un osservatore distaccato comprendere perché, di fronte al disfacimento delle alleanze politiche e delle difese militari, i rappresentanti della città ed i loro ambasciatori si accanissero su questioni del tutto secondarie, quali lo stile delle comunicazioni. Le richieste avanzate dagli oratori non erano di certo irragionevoli, trattandosi di impegnare per la comunità una somma molto ingente. In ogni caso, gli eventi incombenti avrebbero richiesto maggior attenzione da parte di tutti.

Ecco allora gli ultimi sviluppi delle operazioni militari. L'ultimo giorno di maggio, in un consulto tenutosi ad Albarè tra i capitani veneti, si decide che tutto l'esercito si sarebbe mosso l'indomani, passando l'Adige e riunendosi con gli svizzeri calati da Trento e già stazionati intorno a Villafranca. Si andava profilando uno scontro campale tra l'esercito veneto-svizzero e quello francese, ma fra le truppe di Venezia serpeggiava un certo malcontento per il cronico ritardo delle paghe. I francesi si erano accampati tra Rezzato e Brescia, mentre tutte le valli lombarde erano insorte. Valcamonica, in particolare, aveva alzato le insegne venete e sollecitava l'avanzata delle truppe regolari. Il 2 giugno il governo veneto accetta le condizioni chieste dall'Imperatore per la firma della tregua, ma decide di tenere riservata la notizia. Quando essa viene ufficialmente comunicata dal Doge il 3 giugno, a Venezia si levano pubbliche preghiere per propiziare il felice esito delle guerra che è ormai in atto.

Il 1° giugno l'esercito veneto si insedia a qualche distanza dagli svizzeri nei pressi di Villafranca, per evitare il contatto diretto tra le truppe, ed il Capello decide che i due eserciti muovano insieme verso Valeggio, che è in mano ai francesi. Alcune lettere del signore de la Palice, indirizzate al re ed al Triulzi a Milano - e che erano state intercettate - inducono il provveditore generale Capello a ritenere che i francesi, avendo valutato la consistenza delle rispettive forze, abbiano deciso di abbandonare Valeggio e di ritirarsi verso Milano. Pare che la loro intenzione sia di arrivare a Pontevico, dove tenteranno di resistere. Il 2 giugno il Capello è a Valeggio e si prepara a passare il Mincio con le artiglierie; il 3 sta a Carpenedolo e tallona i francesi che si ritirano su Pontevico. Gli svizzeri sono a Castiglione e intendono arrivare l'indomani a Ghedi. L'accoglienza delle popolazioni locali alle truppe che avanzano è entusiastica e la riviera di Salò è in attesa dell'esercito. L'arrivo di nuovo denaro ha anche permesso di superare le difficoltà di alcuni reparti, circa 2500 uomini, che per protesta erano rimasti indietro ad Albarè e si sono finalmente mossi. A Venezia gli ambasciatori delle potenze in campo discutono tra loro sul modo di reperire denaro fresco per sostenere l'azione degli eserciti e la Signoria scrive il 5 giugno al suo provveditore esortandolo a perseverare e rassicurandolo sull'arrivo di nuovi fondi.

Ecco, secondo una lettera da Ghedi del Capello, come appare la situazione al campo il 4 giugno: Scrive in bataglione e squadroni sono zonti a quel lozamento, et cussì di zorno in zorno procederano; spera aver vitoria contro essi inimici. Tutte le castelle di brexana sono redute a la pristina obedientia de la Signoria nostra, et si oferiscono a' nostri comandi. Scrive, à mandato fuora tutti questi cavali lizieri nostri e sier Zuan Vituri, qual l'ha electo provedador di stratioti, aciò vadino a seguir dicti inimici, e lo avisi di hora in hora el successo [SAN, XIV, 288]. Si sta valutando la strategia da seguire: se assalire Brescia, come vorrebbe il Capello, oppure inseguire il nemico. Per parte loro, i mercenari svizzeri vorrebbero spingersi verso Milano per ricongiungersi con altri diecimila dei loro che stanno arrivando. A Venezia gli sforzi per reperire il denaro necessario a finanziare l'impresa, e l'opera di sostegno dello spirito dei confederati, soprattutto del Papa e del cardinale svizzero, sono incessanti.

Un'interruzione del flusso di informazioni dal campo tiene la Signoria in qualche apprensione, ma poi l'8 giugno arrivano due lettere del Capello datate 5. Anch'egli si lamenta per la mancanza di comunicazioni da Venezia. Scrive che in quel giorno è partito da Ghedi verso Pontevico, abbandonata dai francesi. Intenderebbe poi proseguire per Cremona, anche perché emissari di diversi luoghi di quel territorio (Brodolano, Casalbuttano) giungono al campo per prestare obbedienza. Egli è oberato di lavoro, ma lieto, perché l'azione si sta dispiegando favorevolmente: ...spera in Dio, presto etiam aquisteranno Milano e dischazerano li inimici fuor de Italia, perché sono in tanta fuga che desiderano esser in Franza [SAN, XIV, 293]. Ha dato ordine al Vitturi di inseguire i nemici con gli stradioti e la cavalleria leggera e domattina l'esercito li seguirà. Il Capello così valuta la consistenza del nemico in fuga: 8000 fanti e 900 uomini d'arme. Brescia è presidiata e viene fortificata da 2000 lanzichenecchi, 2000 fanti italiani e 800 cavalli francesi. Intenderebbe proseguire ed alloggiare a Manerbio, ma gli svizzeri vorrebbero raggiungere Cremona e metterla a sacco, una strategia che egli non approva, ritenendo preferibile imporre alla città una taglia di 25 o 30 mila ducati. I francesi in fuga sono presso i borghi di Cremona perché i cittadini non li hanno voluti far entrare. Il Capello ha mandato a Cremona per chiedere la resa ed il pagamento della taglia.

Non mancano, tuttavia, alcune divergenze tra la componente veneta e quella svizzera delle truppe in marcia. In una lettera del 6 data presso Cremona il provveditore informa che gli svizzeri sono a San Martino, insieme con il loro cardinale, e chiedono denaro. Il passaggio di tutto l'esercito sul ponte ha avuto termine ed hanno piantato il campo lì da dove scrive. All'arrivo è stato raggiunto dai rappresentanti di Cremona che hanno offerto la città a Venezia. Gli svizzeri hanno saccheggiato due castelli. I francesi sono a Pizzighettone; avrebbe voluto inseguirli, ma le artiglierie non possono passare sul ponte a Pontevico e devono essere traghettate. In un'altra lettera riservata ai capi dei Dieci informa che il cardinale era venuto in colera, dimanda ducati 80 milia per pagar gli sguizari per la paga nova, et 40 milia per conto di questa, dicendo il Re di Franza li vol dar ducati 200 milia etc., e non havendo li denari per tutto marti si leveranno [SAN, XIV, 302]. Venezia, allarmata e impotente di fronte al ricatto, si sforza di raccogliere altro denaro e, nel frattempo, chiede al Capello di moderare le pretese degli svizzeri, assicurandoli che sono in arrivo 20 mila ducati per loro, ed altri ne seguiranno per le genti venete. Nota intanto il diarista veneziano: Caravazo e Sonzin si rese al cardinal, qual li messe dentro milanesi, che di raxon, essendo stà lochi nostri, il provedador doveva ponerli governo, e dito cardinal non volse [ibidem]. Altri elementi di tensione, dunque.

Il 10 giugno nella capitale è festa grande per il Corpus Domini, anche perché le notizie che arrivano dal Capello in data 7 sono confortanti: certi castelli cremonesi (Castelleone ed altri) e Geradadda sono venuti alla Signoria, ma rimane grande il bisogno di denaro. Il taglione per Crema, fissato in 40 mila ducati, si sta pagando; nella città sono rimasti pochi abitanti perché molti sono partiti verso Milano ed oltre il Po. Il provveditore si sta attivando per mandarvi un presidio. Item, che a Bergamo è 200 lanze fiorentine, capo uno Savello ...Item, scrive che il cardinal voleva far levar in Cremona le insegne di la Liga, né li ha valso raxon habbi dito esso provedador, et dil brieve dil Papa che le terre nostre è di la Signoria [si tratta del già citato Breve del 4 ottobre 1511]. Item, par sia intrato in Cremona el vescovo di Lodi, fo fiol natural dil ducha Galeazo Maria Sforza, qual andò col cardinal in campo et fecese cridar a li soi: Ducha, Ducha! e alcuni pochi cremonesi cridono: Ducha, Ducha! ma la più parte cridava: Marco, Marco! Solicita esso provedador li danari di sguizari e di le zente nostre. Francesi sono zonti a Pizigaton; si dice anderano verso Alexandria di la Paia etc. [SAN, XIV, 308].

In un'altra lettera dell'8 da la Cavaliera il Capello riferisce che in mattinata, senza dir nulla, il cardinale è entrato in Cremona con alcuni dei suoi e ne ha preso il possesso per conto della Lega. Il grosso degli svizzeri è a Paderno e Pizzighettone. Egli ha ordinato di fare un ponte per passare verso Parma e Piacenza e l'indomani l'esercito veneto muoverà verso il ponte stesso. I francesi hanno passato l'Adda e si sono fermati. Per evitare complicazioni, chiede insistentemente denari per gli svizzeri. I militari spediti a Crema non si sono ancora fatti vivi, e ciò indica che la città non è ancora presa. Più tardi, lo stesso giorno, il provveditore informa che domattina partirà per Paderno, accostandosi agli svizzeri, ed andrà poi verso Pizzighettone, dove, di là dall'Adda, si stanno fortificando i francesi; si dice che essi stiano aspettando il Triulzi con 6000 fanti. Le truppe inviate a Crema non hanno preso la città perché i cremaschi, data la vicinanza dei francesi, non sono disposti a scoprirsi. Egli stesso allora, muovendo l'esercito, si accosterà a Crema per veder si la terra farà movesta, come mandono a dir voler far, et taiar quelli francesi sono lì a pezi [SAN, XIV, 313]. Il cardinale è andato a Cremona, dove intende levare le insegna della Lega.

Di fronte all'atteggiamento chiaramente ostile del cardinale svizzero, Venezia decide di informare il Papa del fatto che il cardinal vol levar le insegne a Cremona di la Liga, et vi è uno sforzesco qual fa mal officio, e pertanto nui, fidi su el brieve di Soa Santità, qual havemo mandato la copia al cardinal, et soa Beatitudine voglii proveder [ibidem]. E ancora la Signoria invia in campo 26 mila ducati, variamente ripartiti. Il 9 giugno il Capello è a Grumello: tre miglia oltre l'Adda, a Pizzighettone, stanno i francesi. Le cavallerie dei due eserciti hanno ingaggiato alcune scaramucce e fatto alcuni prigionieri da ambedue le parti. Gli svizzeri invece non si sono mossi: chiedono denaro e attendono il cardinale che sta in Cremona. Appena arriveranno gli svizzeri, e insieme con loro, passerà l'Adda e poi si regolerà in funzione della tattica dei nemici, che gli svizzeri sono ansiosi di affrontare.

Siamo al 10 giugno. Il provveditore scrive da la Grota, sulla riva dell'Adda, dove ha avuto un consulto con Jannes di Campo Fregoso e con il cardinale. Poi stamani gli svizzeri hanno cominciato a sfilare davanti al campo veneto, una impressionante marcia durata tre ore. Egli ha piantato le artiglierie in luogo eminente ed ha cominciato a cannoneggiare i francesi che si vanno fortificando. A loro volta, gli svizzeri hanno buttato un ponte e passano per affrontare i francesi. Ma sono soltanto scaramucce. Oltre agli svizzeri, chiedono denaro anche gli uomini dell'esercito veneto, e molti disertano perché non sono pagati. Da altra lettera si apprende che è stato fatto un salvacondotto per le 200 lanze fiorentine che stanno in Bergamo e si spera che la città si sollevi.

Ecco come a Venezia si descrivono gli accadimenti a Bergamo, sulle informazioni del provveditore: Dil provedador Capello fo letere, di 10, hore 24, apresso Macastorna. Che havendo mandato verso Bergamo quel Bergamo da Bergamo contestabele nostro, fo rilievo di Latanzio, per veder di haver la terra con aiuto di le vallade, qual erano in arme, par che le 200 lanze fiorentine, erano partite fuora avanti habino auto il salvaconduto nostro e andate inver Brexa, e nostri intrati hanno auto la tera a nome di la Signoria nostra e la rocha; manchava la Capella, in la qual erano da fanti 1200, et speravano averla presto. Et scrive la comunità li mandò una letera, la qual manda a la Signoria, et aricorda si mandi provedador subito... Fu scrito subito, per Colegio, a sier Bortolo da Mosto provedador sora le vituarie per campo, era a Cologna, dovesse andar in campo, e de lì provedador in Bergamo a nome di la Signoria nostra. Etiam, fo scrito al provedador Capello di questo, e altre cosse in zifra [SAN, XIV, 316].

Descritto così in qualche dettaglio il progresso delle forze venete, com'esso appariva da Venezia, resta da narrare il modo come si giunse alla dedizione di Bergamo, sulla base della documentazione locale. Come si ricorderà, ancora intorno al 2 giugno nessun segno si poteva cogliere a Bergamo che la situazione stesse così radicalmente mutando. La prima notizia in questo senso si registra al 2 giugno nei diari del Beretta, preziosi per queste informazioni: Die mercurii 2 junii 1512 super regio novo publicati sunt sono tubarum ordines regii pro allodiamentis et impensis stipendiatorum, continentes bonam provisionem, sed Deus scit an erint observati. Missi sunt Luere 300 vascones, quia nonnulli Bergomenses et quamplurimi Brixienses, precipue Vallis Trompiæ illic minabantur depredationem et excursiones. Reddita sunt arma Valli Serianæ dicta de causa, ut se possint tueri. Ed ancora: ...die veneris (4 giugno) relaxati sunt plures Bergomenses detenti in civitatula, et eo die d.nus Leo cum suis sociis recessit, quia intellexerat Helvetios et Venetos venisse in agrum Brixianum contra Francos [BER, 101v].

Il giorno precedente, 3 giugno, gli ambasciatori della città che stavano a Milano avevano fatto ritorno, senza nulla aver concluso delle commissioni ad essi affidate. Forse, avendo avuto notizia dei primi segni del crollo, avevano preferito abbandonare la loro missione; o forse ritenevano inutile proseguire in assenza delle istruzioni richieste. Nulla si nota invece nel comportamento dei nove Anziani che si riuniscono il giorno 4 in presenza del luogotenente vicario [Az 11, 253v]. Ecco la lista dei provvedimenti presi da questo gruppo ristretto: innanzitutto, un'ingiunzione al prestinaio Furfanto, evidentemente renitente, di condurre al campo regio di Pontevico il pane che era tenuto a portare; poi, un ordine di procedere all'esecuzione contra qualsiasi debitore del comune, in particolare contro Cologno e Urgnano; alcuni atti finanziari di poco conto; la nomina di due provveditori per la festa del Corpus Domini; infine, un pagamento a favore del cancelliere del senatore regio Leo Belon, che forse desiderava riscuotere i suoi crediti prima di abbandonare la città.

Il giorno seguente, sabato 5 giugno, dictum fuit Venetos equites lævis armaturæ venisse Romanum, et stipendiati Gallici, qui erant Bergomi, multum trepidabant. D.nus Ludovicus Suardus doctor cum sua familia ivit Mediolanum, cum eo d.ni Iohannes Franciscus, Franciscus, Scipio, doctores, d.nus comes Ludovicus et d.ni Franciscus filius, Malatesta, et Hieronimus Suardi. (Si tratta dei ghibellini francofili, timorosi di rappresaglie.) Seguono alcuni giorni, durante i quali le informazioni cessano del tutto. Poi, Die martis 8 junii dictum fuit quod provisor Venetus erat in valle Seriana venturus Bergomum, et quod Mediolanenses concordes decreverant accipere ducem ab Maximiano imperatore, et Francorum jugo se absolvere; quodque Bergomenses relegati libertatem acceperant redeundi in patriam; et nocte subsecuta hora sexta omnes Vascones custodientes Bergomum, comes Alexander Triultius, Lucas Sabellus, ductores equitum Florentinorum et capitaneus arcis, recesserunt de Bergomo libere et quiete transeuntes per pontem Tricii in agrum Mediolanensem, nullo relicto gubernatore in Bergomo; postea relatum fuit quod ibant vocati in exercitu Francorum prope Pizigitonum; et cum discessent, hora quarta post, intraverunt Bergomum Bergomenses extorres, sine duca ac milite aliquo, quia non habebant nec erant stipendiati ulli extra exercitum Venetorum, sicut quædam inanis fama ferebatur. Civitas Bergomi officialibus et consilio penitus destituta, servibat ambigua et in fastidio, maxime quia obsides erant Mediolani. Extorres, qui redierant, invaserunt domos plurium civium, diripientes et usurpantes bona eorum, et nemo audebat resistere eorum insolentiis; solus d.nus Socinus Siccus eos reprehendebat, maxime Bernardinum Rivolam, Johannem Mariam Lupum, Morandinum de Sancto Ioanne Bergomum, Giorgium Brembatum, Guidonem de Medicis, Troilum Lupum, Hieronimum Bataliam, Fratrem de Bertolettis, Bassianum, Soccinum de Passis. (Nessuno di questi è tra coloro cui era stato ingiunto di presentarsi ostaggi a Milano il 7 maggio precedente.) Eo die in sero venit d.nus Carolus Mianus Venetus sine mandato aliquo Venetorum cum Cagnolo, et proclamari fecit quod iniuria aliqua non fieret in Bergomo; sed quod omnia ablata et capta præsentarentur et redderentur. D.nus Odettus, castelanus Capellæ Gallicus, exivit ad prædandum in montibus Fontanæ et arbitrio suo qui volebat ibat et redibat in Capellam, quia nemo poterat nec audebat resistere [BER, 102r].

Il Libro delle Azioni del Consiglio di Bergamo è - come di consueto quando le situazioni sono difficili - reticente ed avaro di notizie. Vi è solo da notare che il volume 11 di quella collezione si interrompe bruscamente con alcune pagine bianche dopo la seduta del 4 giugno. mentre con il 9 giugno inizia il volume successivo, quasicché la comunità volesse marcare anche in questo modo l'inizio di un periodo nuovo [Az 12, 1r]. A quest'ultima data, 39 persone, tutte identificate per nome, si riuniscono nella sala delle provvisioni della città, che, riferisce il minutante, si è oggi consegnata al dominio veneto. I presenti discutono a lungo sulla nuova situazione. Affinché le porte non rimangano incustodite si dà mandato ad alcuni cittadini di provvedere a presidiarle, raccomandando che il tutto sia eseguito cum fide et sollicitudine pro honore et conservatione status ill.me ducalis Dominationis nostre Venetiarum.

Un appunto in [R.99.23, 301v] ricorda l'arrivo in città di Carlo Miani: Die nono iunii 1512, qua die civitas Bergomi se dedit ill.mo Dominio Venetorum, intravit d.nus Carolus Zulianus nobilis venetus, qui se gessit uti Provisor Bergomi.

A parte questa, non vi sono apparentemente altre testimonianze documentali del passaggio della città ai veneti e di come si sia arrivati alla stesura ed all'invio della lettera di dedizione della comunità di Bergamo che il Capello menziona nella sua del 10 giugno. Nè pare che il testo di tale lettera sia stato conservato a Bergamo. Si tratta, presumibilmente, della lettera che fu ricevuta in data 13 giugno a Venezia, e così riassunta: Di Bergamo, di la comunità fo una letera drizata a la Signoria nostra. Come erano ritornati soto la pristina servitù e ringratiava Idio alegrandosi, et con desiderio aspectavano il suo provedador sier Domenego Contarini electo che 'l vadi; con altre parole in dita letera; la copia sarà qui avanti (ma non compare). E' da saper, lì se ritrova sier Carlo Miani qu. sier Anzolo, el qual andoe con li bergamaschi, e per li monti di Sallò è capitato de lì, et scrive a li soi di le feste e fuogi hanno fato bergamaschi; la Capella si teniva ancora per francesi [SAN, XIV, 321].

Vi sono testimonianze indirette, per esempio in [Lett. 9.3.2. # 22] là dove il vice-collaterale di Bergamo Silvio Taglioni dice ...1512, adì 9 zugnio. Scatiati li Francesi d'Italia le gente Venetiane recuperano la città de Bergamo et io Silvio per exercitar l'offitio del vice collateral intrai....

Esiste invece, in diverse copie, il testo della lettera che il provveditore generale Capello invia alla comunità di Bergamo dal campo presso l'Adda il 10 giugno, e che suona così [Lett. 9.3.6. # 3 ed altrove]:

Havemo inteso cum summo piacer per littere vostre la deditione spontanea facta per vui de quella città a li mandati nostri, la qual cosa così come cognoscemo proceder da quello ardentissimo desiderio et devotione vostra verso la ill.ma Signoria, che sempre seti stati soliti dimonstrar in ogni tempo, così etiam a nui super modum è stato gratissimo intenderla, collocandola al loco che si convene. Subito ne havemo data notitia a la ser.ma Signoria et recerchato vogli provedervi de uno grave et integerrimo Rector, come a la syncerissima et constantissima fede vostra è conveniente; et semo certissimi serà illico facta provision per quella al tuto. Interim, accadendovi cosa alcuna, non restate de rechieder perché nui non semo per mancharvi pro posse....

In effetti, è impressionante la rapidità con cui Venezia provvede alla nomina del provveditore per Bergamo. Riporta infatti il Sanudo [SAN, XIV, 321] alla data del 12 giugno: Fu scrito subito, per Colegio, a sier Bortolo da Mosto provedador sora le vituarie per campo, era a Cologna, dovesse andar in campo, e de lì provedador in Bergamo a nome di la Signoria nostra. Etiam, fo scrito al provedador Capello di questo, e altre cosse in zifra.Il nuovo provveditore impiegherà 12 giorni a raggiungere il suo nuovo ufficio.

Appunta in seguito il cronista bergamasco: Postea die 11 junii 1512 ex loco Aquæ Nigræ prefatus d.nus Provisor scripsit comunitati Bergomi ut custodiret civitatem nomine Sancti Marci, donec a Venetis mitteretur Rector; et quod expensis civitatis scriberentur pedites 150 sub comitiva Piatini cognomento Bergem de Bosellis, qui teneret eos pro tutela Bergomi, quo provideretur ne fierent violentiæ, prædationes et alia delicta in Bergomo [BER, 103r]. Copie di questi ordini del provveditore Capello dell'11 giugno alla comunità di Bergamo sono state conservate [R.99.23, 52r]. Dice la prima:

Magnifici et generosi amici carissimi,
habiamo riceuto hozi vostre, inseme cum algune del fidelissimo Contestabile vostro Bergomo da Bergomo, per le qual habiamo visto la optima et sincera fede hanno quelle verso la illustrissima Signoria. Donde da parte de quella ve ringraciamo et pregandole exhortamole et astringemole che vogliano perseverar nel bon et optimo loro proposito, come siamo certi la fede sua verso la illustrissima Signoria predetta non sia mai per manchar.
Preterea, per quanto aspetta ad alcuni maligni quali sono scandalosi et metteno tutta quella terra in rumoris, pregamo quelle che voglino exhortarli ad non far più simil inconvenienti, ma star tutti uniti cum l'animo et viver pacificamente. Habiamo etiam scripto a la ill.ma Signoria che la debi proveder a quella terra de uno Rector, qual la metti in assetto et ho hauto risposte da lei che subito la farà provisione de uno Rector, qual sarà per farvi rasone et mettervi in asetto, sì che quelle staranno di bona voglia. Tuttavolta, fino el ditto Rettor venirà de lì, le Magnificentie Vostre custodiranno quella terra cum meglior mezo et modo li parerà, a nome de San Marco, et a quelle mi recomando. Datum ex castris apud Aquam Nigram...
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E l'altra lettera così ordina:

Magnifici amici carissimi,
vi mandiamo la scriptione del strenuo Bergamo da Bergamo Contestabile nostro, quale volemo stia a la custodia de quella fidelissima cità cum la compagnia sua. Et per che hora non havemo in campo danari da pagarli, havemo favellato al presente lator Ambassator vostro, dal quale intenderete el tutto in questa materia. Et perhò non lo explicamo altramente, salvo pregamovi cum instantia vogliate pagar ditta compagnia, remettendoli fin al numero de 150 fanti in tutto, omnibus computatis. Et a voi ne offeremo paratissimi. Valete. Ex felicissimis castris apud Abduam...
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Lo stesso giorno 11 giugno si convoca il Consiglio della città, alla presenza di Carlo Miliano, in qualità di procuratore provvisorio del Dominio veneto, e di numerose persone [Az 12, 1v]. Al fine di togliere gli scandali che potrebbero verificarsi per la presenza dei militari che sono in città; per evitare che qualcuno sia costretto a sostenere un peso maggiore del dovuto e sia invece conservata in tutto l'eguaglianza; si incaricano verbalmente alcune persone a decidere sull'alloggio dei militari, con ogni libertà. Si ordina anche che nessuno ospiti militari senza un mandato di mano di Ludovico da Alzano, notaio e sindaco del comune. I deputati eletti agli alloggiamenti sono: G. Pietro Colleoni, Berardo de Vitibus, Matteo Albani, Francesco Girardelli, Antonio Chiurino de Rota. Inoltre, vista l'estrema neccessità di denaro per pagare i corrieri che si devono spedire e per altre spese immediate, i presenti, alla voce, obbligano i beni della comunità ed anche i loro propri beni nei confronti di Pietro Andrea del Cornello, che promette di prestare alla città 25 ducati.

Evidentemente, lo stato delle finanze cittadine, doveva essere disastroso. Né erano migliori le condizioni dell'ordine pubblico, per le vendette dei fuorusciti e le insolenze dei valleriani presenti in città: ne fa fede la seguente lettera dei deputati e consoli di Albino, indirizzata gli Anziani di Bergamo l'11 giugno [Lett. 9.3.3. # 149]:

...intendemo che alcuni de vostri citadini se lamenta esser indebitamente oltrezati da alcuni de la terra nostra, seu se fano chiamar de la terra nostra. Per la presente sapereti che non è de mente nostra che ve sia dato molestia, ma debitamente honorarvi et far cosa laudabile, honor et reputatione vostra, et ne havemo singular dispiacer. Et haveremo summo piacer che li voliati far intender verbo et opere et farne tale effecto et experientia che sia in exempio de altri, per che noy semo et volemo esser vostri in tutto. Et di questo ne havemo scrito al capo de quelli se trovano esser a Bergomo, chi volia responder diti insolenti et proveder che non fazano cosa ve sia in dispiacere et a noy vergogna. Et se alcuni ge sia temerarii me lo debia notificar et mandarli cum Dio. Ben è vero che in una terra non è possibile tutti esser de bon voler che fano possa vergogna ali altri homini da bene, siché non voliati attender a simili che persuadati sia di nostri, ma voliatime tenir nel numero di vostri cari....

Pure in queste condizioni il Miani, che si descrive come vicegerente del Provveditore veneto, l'11 giugno prende qualche provvedimento amministrativo a favore di una valle del territorio e nomina Girardo de Lupis Vicario di val Gandino, fino a nuova decisione del Dominio [Lett. 9.3.1. # 713 e 714]. Poi, il 15 giugno emana il seguente proclama in materia di difesa di alcuni comuni, soprattutto della pianura [Lett. 9.3.1. # 726]:

...Comandemo a voi infrascritti comuni, homeni et vicini che soto pena de ducati vinticinqui da esser aplicati ala prefata mag.ca Comunità, voliati statim alozar tanti homeni come hè scrito de sotto; et quelli debano esser in ordine et armati per quanto ponno et apti ale arme, et debano andar et correr insema et uniti ali lochi dove serano venuti aut li voliano venir li inimici, quali hano comenzà in questo zorno arobare per li vostri territorii, et fare quelle guarde bisognia, et come serà necessario, secondo rechiede tal custodia e defesa del territorio. Et vi serà fato ogni favor et adiutorio per la cità nostra, essendo advisata, aliter. Bergomi die quintodecimo iunii 1512.
Et questi homini pagareti secondo el consueto per zorni tre proximi, et vadano al ponte de Sancto Vitor, et lì serano li capi nostri.
Comunia de quibus supra sunt, videlicet:
San Pietro, 9
Sedrina, fanti 18 Villa dal Me, 16 Almè, 5
Bre, 4 Orsaniga, 4 Paladina seu de Mozo, 2
Arceno, 4 Treviol, 10
Albenio, 3 Brembate de sopra, 5 Sforzadega, 3
Mariano, 2 Stezano, 5 Azano, 2
Colognola, 3 Lallio et Cornalba, 2 Grotullo (?), 2
Monte Sabio e Zanega, 2
Et insuper pagati al presente servidore soldi tre per comun qual verà da voi
. Firma il proclama Martino de Ficienis.

Alla data del 15 giugno il Capello sta ancora con l'esercito sulla riva orientale dell'Adda verso Acquanegra e provvede alla costruzione di un ponte di barche. I francesi hanno piazzato le loro artiglierie dalla parte opposta, ma il cannoneggiamento dei veneti li ha costretti al silenzio. Mancano soltanto poche barche e già alcuni stradiotti sono passati. Gente venuta da Milano informa che la città è in tumulto e molti notabili fuggono verso Asti. Ciò induce a sperare che quando l'esercito veneto arriverà sotto Milano, la città si arrenderà spontaneamente. Il Triulzi è tuttavia in città e dice di esser pronto a morire là dove è nato. Anche a Brescia il castellano francese, mostra esser italianado, et con partito potria esser desse il castello, et tratavano questo per certa bona via. Come riferiva il provveditore di Salò, intorno a Brescia stanno 15 o 16 mila persone delle vallate e della riviera del Garda che assediano la città, cercando di tagliare l'acqua.

Un'altra lettera del Capello, data nella notte dell'11, manifesta l'intenzione di traghettare l'Adda il giorno successivo. Intanto, i francesi, lasciata Pizzighettone, vanno verso Pavia ed Alessandria. Il cardinale svizzero aveva già inviato a Milano il generale degli Umiliati di Landriano, fuoruscito - un personaggio di cui si parlerà ancora in seguito - con 25 cavalli svizzeri, per vedere se la città fosse disposta alla resa. Il cardinale intendeva inseguire i francesi e impadronirsi di Asti.

In effetti, l'esercito comincia a passare l'Adda il 12, ma il ponte si rompe e deve essere riattato, mentre l'esercito attende. L'avanguardia degli stradiotti, che ha già attraversato, riferisce che i francesi hanno abbandonato il campo e vanno verso il Po: Intanto Pizzighettone è stata presa dal cardinale, che vi ha insediato gli svizzeri per conto della Lega. Lodi, Piacenza, Parma si sono date alla Lega e Milano è in armi. Il Capello sta cercando di prendere Crema, e vi spedisce Andrea Zivran ed Angelo da Sant'Angelo con truppe. Più tardi, lo stesso giorno, il Capello narra il passaggio dell'esercito sul ponte ad Acquanegra e l'arrivo a Codogno. Il giorno successivo intende inseguire i francesi che sono a Sant'Angelo. Tutto il paese è in armi. A Cremona si uccidono quante persone si trovano e gli svizzeri fanno prigionieri. Pavia non hanno voluto acetar francesi et meno Milano, et che eri, a hore 16, se partì di Milan missier Zuan Jacomo Triulzi, il zeneral di Normandia, missier Galeazo Visconti, missier Antonio Maria Palavicino e sono andati in Franza; hanno lassato al governo di la terra 24 zentilhomeni, li primarii di Milano. Item, eri, a dì 11, fo taiato a pezi in Milan tuti li francesi erano dentro, e fato retirar in castello quelli erano a la custodia di quello, et sachizato tutte le boteghe de' francesi, e gelfi et gibelini erano de una voluntà a destrution de' francesi; tamen non erano stà cridato né Ducha, né altro: aspetavano un trombeta dil reverendissimo cardinal legato per renderli la terra... [SAN, XIV, 327]. La situazione pericolante a Milano è confermata anche dal cronista di Bergamo. Dice: Die 12 junii 1512. Quia Mediolani erat timor tumultus adversus Francos propter exercitum adversariorum, dimissi sunt obsides Bergomenses et aliarum civitatum libere reverti in patrias suas [BER, 103v].

Del medesimo giorno abbiamo una lettera dei deputati di Milano a quelli che vengono chiamati Presidentes ad Negocia di Bergamo: evidentemente, nell'incertezza dei tempi e delle situazioni, nessuno sapeva più chi fosse responsabile di cosa. Dice la lettera [Lett. 9.3.3. # 151/1]:

Sì como noy et questa nostra inclyta cità sempre siamo stati desiderosi de vicinare bene con voy et vostri contadini et valleriani, et anche in le occurrentie passate a nostra possanza l'habiamo exequito, così se persuadiamo che vostre Magnificentie ne correspondano de benevolentia et amore. Hora in questi tumultuosi tempi habiamo presentito che insurgano molti de vostri contadini et valleriani et pensano passare Adda et invadere el territorio milanese. Però con dicta opinione c'è parso darni aviso a vostre Magnificentie, cum exhortarle ad farli condigna provisione, in modo che si abstenga da iniuria et violentia et non se dia materia ad noi et li nostri paesani propulsare la iniuria, da unde spesso nascono nove offese et mutui dispendii, et cusì provederemo anchora noi dal canto nostro. Il che facendo, vostre Magnificentie farà opera laudabile et conveniente alla benivolentia reciproca et a quello convene servarsi tra boni vicini. Ben le preghiamo che per el presente trombeta ne vogliano certificare de sua resoluta intentione, aciò sapiamo como governarsi....

Il Beretta riportando questo testo appunta: Suprascriptæ litteræ erant sigillatæ sigillo Sancti Ambrosii provisionis (?) Mediolani, et presentatæ in tumultuario consilio Bergomi die 13 junii 1512. E' interessante l'osservazione che il consiglio che si tenne il 13 a Bergamo fu tumultuoso. Dal resoconto che ci è pervenuto appare che questa asseblea [Az 12, 2v] si riunì nel luogo delle provvisioni, in presenza del provveditore provvisorio Carlo Emiliano, del comestabile Bergamo de Bosellis e di numerosissimi cittadini, convocati di porta in porta dai servitori del comune ...ut bonus ordo aliquis et regimen ipsi civitati, in presentiarum absque capite et regentibus existenti, condi et institui possit, et ut scandalis quamplurimis et inconvenientibus qui oriuntur, et in dies futuri sunt, occurratur... Nella difficile situazione descritta, si propone di eleggere dieci cittadini di diverse famiglie, con libertà di provvedere a tutto quanto sia necessario per la città e con ogni più ampia delega. La parte è posta ai voti tra coloro che hanno trovato posto a sedere, e solo tra quelli, perché molti stanno in piedi per l'angustia del luogo. Essa viene presa 90 a 5.

Poi nell'assemblea si fanno i nomi di molti maggiorenti e, senza alcuno scrutinio o formale proposta, per volontà dei presenti affinchè l'elezione avvenga al più presto per l'incombere del tempo, si eleggono i seguenti uomini: Luca Brembati, Leonardo Comenduno, Francesco Albani, Bartolomeo da Calepio, Fermo della Valle, Gerolamo Poncino, Pietro Rivola, Gerolamo Colleoni, Benedetto de Passis e Nicolò de Bongis. Non è difficile immaginare che in un'adunanza così disordinata qualche tumulto possa di fatto essere insorto.

Così il resoconto della seduta, ma il Beretta, dopo aver correttamente identificato gli eletti, aggiunge: ...sed dominus Leonardus solus abstinuit a dicta administratione. Il resoconto non fa cenno alla lettera dei milanesi, né alla risposta dei bergamaschi, la cui minuta porta la data del 13 giugno [Lett. 9.3.3. # 151/2]. Dopo aver preso atto delle dichiarazioni dei milanesi, il Consiglio smentisce le notizie e ribatte: ...vi significamo ad noi fin a quest'hora non esser venuto a notitia che alcuni paesani né valeriani nostri si raguneno per venir ad alchuni danni dil paese vostro. Anci, già gli habiamo fatto intender che maxime a li lochi nostri convicini vogliano conservarsi in la solita benivolentia cum il paese vostro, per che noi come amatori et desiderosi horamai di viver in tranquillità et bona quiete, siamo di ferma opinione di perseverar in quella amorevole convicinità che sempre è stà di costume nostro, quando non siamo provocati et non ne occorra esser coacti altramente.
Ma ben dinotamo ale Magnificentie vostre in questi dì proximi quelli de Trezo esser venuti nel territorio nostro convicino, et hanno sachizato grande quantità di vino et altre robe, et ala giornata minazano ad altri lochi circumvicini di Bergamascha, se non li danno victualie per loro et bestiami, che li meteranno a focho e sacho. Donde, per mantener la mutua bona convicinità, persuadiamo quelle ad farli le provisione conveniente, et che ne prometteno dal canto suo di fare aciò non ne sia datto causa che parturisca effetto contro l....a bona voluntà nostra


A questa, i deputati di Milano inviano una risposta di scusa che porta la data del 16 giugno e così recita [Lett. 9.3.3. # 151/3]:

...Inteso quanto per le vostre de 13 del presente ce haveti scripto con offerir de bene convicinare con nostri, che n'è stato gratissimo, et cusì vi confortamo ad volere perseverare a mutuo beneficio, che cusì anchora se farà dal canto nostro.
Circa le allegate novità scriveti esser facte alli giorni passati per quelli de Trezo in el territorio Bergomense, ne dispiace summamente. Et per obviare a simile caso in l'avenire, scrivemo de presente al Baron de Bergna che voglia contenere li homini de quello paese et soi, che non faciano damno né invasione in quello vostro paese. Et cusì existimiamo seguirà, como è desiderio nostro. Et quando seguesse altramente, ne dispiaceria et saria contra la mente nostra...
.

Il 14 giugno si riunisce a Bergamo un altro consiglio, in una situazione che continua ad essere provvisoria ed abbastanza drammatica [Az 12, 3v]. Sono presenti i Deputati appena eletti, tranne, in effetti, il Comenduno. Essi dispongono innanzitutto di convocare immediatamente tutti i consoli delle vicinie per tentare di por fine ai saccheggi ed alle violenze che si commettono in città da parte di diverse persone di mala condizione, contro la mente del Dominio, come viene riportato in Consiglio. Poi, i deputati eleggono Gerolamo Colleoni, il quale vada come oratore al Provveditore Generale Paolo Capello che sta nell'agro cremonese o oltre l'Adda con l'esercito. Egli dovrà salutarlo a nome dela città e dovrà descrivergli le condizioni in cui la città si trova, le violenze, i saccheggi, le ruberie ed estorsioni e gli altri molti delitti da parte di ...diversos male conditionis, non zelo status ill.mi Dominii, sed propter privatum odium et ut depopulentur in ea et per totum agrum bergomensem committunt. Dovrà inoltre pregare che venga inviato subito a Bergamo un provveditore per garantire il bene e la pace della città. Il Colleoni partirà il giorno 15 ed avrà un'indennità di 10 ducati d'oro per le spese della legazione e del viaggio. Un'altra spesa di 5 ducati - si noti l'esiguità delle somme - viene autorizzata per le spese degli esploratori e dei corrieri da inviare.

In quello stesso giorno i Deputati ricevono l'ordine del provveditore generale già riportato di provvedere al pagamento di Bergamo da Bergamo e dei suoi 150 fanti. Per rispondere alla richiesta, si decide di prendere a prestito da Francesco Albani 222 ducati, contro i quali i deputati si obbligano ad impegnare le rendite della seriola di Osio, di proprietà del comune, per tre anni.

Gli sconfinamenti di Trezzo già descritti preoccupavano non poco la città, la quale non disponeva di uomini armati per proteggersi. In tali condizioni, i deputati bergamaschi decidono di far ricorso al capitano e provveditore nell'agro bresciano Pietro Longhena, perché egli soccorra la città con un piccolo numero di militari di cavalleria leggera. A lui è presumibilmente diretta la richiesta, non intestata, che porta la data del 15 giugno [Lett. 9.3.3. # 152]:

Magnifice et generose domine singularissime, secondo la relacion fata per el sp.le d.no Pezol Simon Zancho, qual dice haver parlato cum vostra Magnificentia circha di servir a questa cità de quelli cavali et homeni d'arme bisogniasse per defension de epsa citate nostra, per il che rengraciemo vostra Magnificentia. Et perché al presente l'è di bisognio haver cavali legieri XXX vel circa per guarda del piano contra le manaze fate per el castelano da Trezo di transcorer per questa valle del piano, pregemo vostra Magnificentia di mandarli quanto più presto sia possibille inanzi ch'el faza el danno. Ala qual Magnificentia si recomendemo, offerendose.

La risposta del Longhena scritta da Rovato alla medesima data dice [Lett. 9.3.3. # 148]:

In questa hora ho receuta una vostra ad la quale non farò altra risposta, salvo che de maxime mi parto andar al mio primo logiamento verso Bressa per assecurar questo territorio. Per tanto dogliomi in questa hora non poservi compiaser de li cavalli ne rechiedeti, et più di la persona mia non potermi transferirme de lì. Ma giunto subito che sia al logiamento, farò ogni opera de mandar mio fratello, onvero uno altro capo de balistreri, per satisfar ad quanto me ricercati. Et così in questo mezo cercareti modo de conservar il paiese cum qualche numero de homini de pide. Né altro, ad voi me recomando. E subito dopo, stessa data e luogo, il Longhena replica a sua volta con la richiesta di invio di quattro cavalli carichi di polvere pirica [Lett. 9.3.3. # 150].

Preoccupati della situazione al confine occidentale del territorio, i bergamaschi decidono di provvedere da soli con fanterie raccogliticce, come il Longhena aveva consigliato, accollandone la spesa ai comuni del piano. Possediamo il testo di un documento [Lett. 9.3.1. # 727] del 21 giugno 1512, con una lista di Provisionati da mandar contra el castel de Trezo, et come bisognarà. In esso sono elencati i militari che toccano ai diversi comuni. Si tratta di un numero oscillante tra 1 e 9 provisionati per ogni comune, per un totale di 101 persone.

Conviene tuttavia ritornare ai progressi dell'esercito, che il 13 giugno è arrivato a Filateria sotto una pioggia battente, la quale ha ritardato di due giorni il trasporto dell'artiglieria. Scarseggia il denaro, sia per le truppe venete che per quelle svizzere. Pavia si è rifiutata di accettare i francesi, i quali sono allora entrati per la via del Barcho (così era chiamata la zona che si estendeva a nord tra il castello di Pavia e la Certosa). Il 14 ad un'ora di notte il Capello scrive presso le mura di Pavia, appunto dal Barcho. Riferisce di essere partito con l'esercito stamani presto da Villanterio sotto la pioggia e, insieme con gli svizzeri che sono giunti da Sant'Angelo e da San Colombano, di essersi avviato verso Pavia. Dopo un consulto tra i capi, ha deciso di avvicinarsi alle mura. Vorrebbe piazzare le artiglierie e conquistare la città, anche se alcuni dicono - ma egli non crede - che essa ospiti 1200 lanze. Il provveditore farà il possibile, con tutto l'esercito, per vincere e scacciare i francesi e si scusa di non riuscire a scrivere due volte al giorno: ma cavalcando sempre sotto il vento e la pioggia, arriva a sera più morto che vivo. Tutti sono però animati dalla speranza di vincere. Il provveditore ritiene che i nemici usciranno dalla città attraverso il ponte di pietra durante la notte. Anche le lanze fiorentine che stavano a Bergamo con il Savello sono ora in Pavia e chiedono un salvacondotto per allontanarsi; il Capello lo concede, a patto che marcino di giorno, siano seguiti a vista, e promettano di non ritornare a combattere contro la Lega per i prossimi quattro mesi.

Tuttavia, contrariamente alle previsioni del Capello, i francesi si fortificano in Pavia: il provveditore scrive infatti il 15 che le porte sono state murate. Sono giunte al campo le artiglierie leggere e, non appena arriveranno anche quelle pesanti, si darà battaglia. Il cardinale svizzero medita di fare un ponte di barche sul Ticino per traghettare l'esercito e di rompere il ponte di pietra, cosicché i francesi non possano fuggire. A tal fine, il vescovo di Lodi, sforzesco, sta cercando di raccogliere le barche necessarie. Tuttavia, informa il Capello, costui fa mal officio verso la Signoria. In una successiva lettera del 15 il provveditore comunica che l'artiglieria leggera ha cominciato a sparare sulla città e quella pesante arriverà l'indomani. Le truppe di stanza hanno molti cavalli e carri, ma poco strame. Nel Collegio, a Venezia, si mormora che le lettere del Capello siano troppo scarne e nulla dicano di Milano. Ma per altra via si apprende che il Capello sta male.

A Venezia giungono anche lettere di Gerolamo Cocai da Salò, secondo il quale i francesi escono da Brescia e provocano danni nel territorio. Prega che la Signoria mandi un provveditore per Salò ed il territorio bresciano perché la gente disponibile è sufficiente, ma mal governata. Queste notizie sono confermate anche il giorno successivo quando un uomo partito da Brescia riferisce che i francesi al presidiano della città bruciano paesi, ammazzano centinaia di persone del contado, tra i quali anche 50 cittadini bresciani di fede marchesca. Si discute di nominare, invece che un provveditore nel territorio bresciano, un secondo provveditore generale.

Giungono dal campo presso Pavia due lettere del Capello, entrambe in data 16, una delle ore 19, l'altra dell'una di notte. Dice la prima che finalmente le artiglierie pesanti sono arrivate e saranno subito piazzate. Chiede ancora il denaro per gli svizzeri, che tarda ad arrivare. Riferisce dei suoi problemi di salute perché soffre di incontinenza urinaria. La seconda lettera informa che i francesi in Pavia hanno distrutto le case presso le mura, segnalando così l'intenzione di resistere; ma, d'altro canto, hanno anche allestito tre ponti, il che indica che potrebbero prepararsi fuggire. Dopo un consulto tra i capi veneti e svizzeri, si decide che questi ultimi si occupino delle artiglierie e battano la città, mentre i veneti si prenderanno cura del ponte che si costruirà sul Ticino. Pare che i francesi attendano rinforzi di fanteria. Dice che il generale di Landriano è giunto a Pavia; e chiede denaro. A Venezia si decide, alla fine, di eleggere un altro provveditore generale presso il Capello. Lo scrutinio favorisce Cristoforo Moro, che accetta. Egli partirà da Venezia il 21 con una provvista di denari da portare al campo. Intanto, si scrive al Capello come li danari parte è stà mandati e si manderà li altri, et voi usar ogni modestia col cardinal reverendissimo, pregando lo vogli exortar a far che sguizari stagino contenti... [SAN, XIV, 396].

Alla data del 16 vi è un'importante ducale di Leonardo Loredan alla comunità di Bergamo, che il Sanudo non menziona, e che così si esprime [Duc. Orig. n° 22]:

...Quello che continuamente habiamo expectato, et se habiamo promesso de le Magnificentie vostre ne è sta' locupletissime significato per vostre lettere de nuove del presente mese: per le qual perspicue vedemo quanta iucundità de animo le hanno receputo esser liberate da oppression et iugo tyrannico et retornate a la pristina sua libertà et a la vera et legittima matre sua. La qual sempre vi ha abbraciato et racolto pientissimis uberibus, né maj per alcuna revolution de fortuna ha dubitato de la vera et candida fede de le Magnificentia vostre, cum le qual per lo amore portamo a tuti quelli charissimi et fidelissimi nostri se ne congratulamo et tanquam devotissimos filios complectimur. Et vedendo el desiderio suo de haver per proveditore el nobel homo Dominico Contarino, ve habiamo satisfacto de la persona sua per far doj effecti, l'uno per gratificarne, l'altro acciò habiate uno zentilissimo prudente et a vuj affecto, el qual certamente tenimo governerà talmente quella Magnifica Comunità et fidelissimi nostri, che sarà cum beneficio commune et satisfaction del cor nostro; el qual verso quella fidelissima Communità in ogni tempo è per demonstrar et tenir quel optimo conto che recerca la immaculata fede vostra. Datum in nostro Ducali Palatio, die XVI iunii, Indictione XV, 1512. La ducale arrivò a Bergamo il 21.

Come si ricorderà, il Contarini era di fatto stato eletto l'8 febbraio provveditore a Bergamo, ma, preso in mezzo all'azione francese di quello stesso mese, non vi era mai giunto. Appunta il Sanudo in data 14 a questo proposito: Vene in Colegio sier Domenego Contarini alias electo provedador a Bergamo, e richiesto di andar a Bergamo, rispose esser preparato, ma se li dia cavalli; e cussì anderà. Il 16 poi ...fu mandato per sier Domenego Contarini, va provedador a Bergamo, ch'el vadi via, qual disse sier Anzolo suo fratello era pezorato e volea veder 3 over 4 zorni come el staria [SAN]. Lo stesso Contarini scrive da Venezia ai deputati di Bergamo il 16 giugno una lettera (poco leggibile per l'impossibile grafia) che dice, approssimativamente [Lett. 9.3.3. # 154/1]:

Anchora che mi atrovi ochupatto in non picol fastidio per la malatia de mio fratello miser Anzollo, non ... fare ale Magnificentie vostre ... ringratiandole infinite ... che quella ha dimostrato portarmi, come per sue publiche litere ... fatto manifesto a tuti di qui, cosa che ... perpetua obligatione, sì vero come le Magnificentie vostre riprexentado quella mag.ca et deg.ma et non mancho fidelissima zità, come universalmente ... oferendomi in ogni tempo dimostrar con opere quanto ... a tuti esser dexideroso farli cossa agrata ... anchora che mi trovi ochupatto come ho dito in gran fastidio et de fazende ... tanto cargo quanto alchuno altro zentilhomo de questa zità ho tolto ... i dixideri de ... et chusì son per fare de ... sperando in la bontà del signor Idio che le opere mie sarà a satisfazion de tuti, che esso Idio m'en conzedi gratia et che mio fratello miser Anzollo presto stia bene, come spero seria. Non altro. Idio sempre le conservi. La lettera arrivò a Bergamo soltanto il 21 giugno.

Evidentemente vi fu una risposta dei bergamaschi perché il 27 del mese - quando ormai da qualche giorno il nuovo provveditore di Bergamo Bartolomeo da Mosto, aveva preso possesso della città - il Contarini scrive ancora da Venezia ai deputati [Lett. 9.3.3. # 154/2]:

Ho receputo hozi lettere di vostre Spectabilità iocundissime a risposta de le qual non accade mi sforzia persuadervi la affection et mutua benivolentia, per che son certo vuy, cognoscendo io esser sempre prontissimo a benefitio di quella mag.ca Comunità et che ... particularmente; et solum duolmi non haver potuto acellerar la venuta mia per la gravissima infirmità de mio fratello.
Unde, se l'omnipotente Idio permetterà epso sia alquanto alleviato, subito me transferirò de lì ad vostre Magnificentie per vostro ... et non mancho mio et per obedir a li comandamenti de nostra ill.ma Signoria. Per il che le Spectabilità vostre haveria notitia del agionger mio de lì sì presto per ... come per l'altro messo. Ale qual de continuo mi offerisco
.

Ancora al 16 giugno, appunta il Beretta [BER, 103v]: Die 16 junii præfatus provisor (si tratta del provveditore generale Capello) per litteras suas ex Papia scripsit deputatis Bergomi quod civiliter et criminaliter gubernarent Bergomum quousque veniret provisor aliquis venetus. Ecco il testo della lettera che il provveditore indirizza alla comunità dal campo presso Pavia [Az 12, 6v]

Magnifici viri, amici carissimi, habiamo inteso cum piacer grandissimo la exposition factane in nome di quella mag.ca Comunità per d.no Hieronymo Coleono, stato a la presentia nostra cum lettere credential di quella; ed circa ad ellezer nove de quelli zentilhomeni cum omnimoda libertà de governar quella terra et territorio fin che iunga de lì el proveditor già elletto per la ill.ma Signoria, quello ne è stà grato. Et cussì per tenor de le presente volemo habino el governo et authorità in civil et criminal, aciò quella terra sii tenuta pacifice et quiete. Ulterius, circa li 300 ducati da esser dati al strenuo nostro contestabile Bergamo da Bergomo, questo ne è gratissimo, et volemo che li debiati recuperar de quelli datiarii che havevano li datii ad affitto da Francesi, sequestrandoli in man qualunche altra summa de danari se ritrovassero sin al gionger de lì el mag.co Proveditor già elletto. Confortandovi preterea ad ben et quiete governar quella cità. Bene valete. Ex felicissimis castris apud Papiam, die X°sexto iunii 1512.

Il provveditore invia anche altre istruzioni alla città. Così in una lettera dal campo datata 17 giugno mandata ai deputati e governatori di Bergamo [R.99.23, 52v] il Capello, al posto dei 25 stradiotti che aveva ordinato di mandare, vuole ora che siano mandati 25 balestrieri a cavallo, da mettere a disposizione del latore della lettera, cioè Maffeo Cagnolo, pagando al più presto i balestrieri con i denari dovuti dai daziari dei francesi. Contemporaneamente [R.99.23, 53r] essendo a conoscenza del fatto che diverse persone del territorio hanno beni e denari dei francesi e molti sono debitori dei francesi, manda una lancia spezzata, Luca da la Marcha, per prendere in consegna i beni e denari che saranno ritrovati. Al detto Luca si dovrà prestare ogni aiuto, facendo proclami per la consegna del tutto entro otto giorni, con un accurato inventario. Ciò sotto pena di ribellione, confisca ed impiccagione. I deputati certamente provvedono in tal senso, come fa fede una lettera dei consiglieri ed Anziani di Lovere del 23 giugno [Lett. 9.3.6. # 13] dal testo come segue:

Hozi in exeqution dele littere dele Spectabilità vostre de dì XX del instante a noy presentate, neli logi publici et consueti havemo fato proclamar che cadauna persona, de che conditione et grado esser se voglia, che se ritrovasse haver on vero sapesse chi havesse alcune robe, beni, dinari et debitori de franzese, aut fosse debitor de esse franzese, debia fra el termine de zorni octo proxime subsequenti haver manifestato et consignato al strenuo d.no Lucha dela Marcha, lanza spezata, comissario a questo effecto per el mag.co d.no Paulo Capello proveditore generale alla ill.ma Signoria nostra de Venetia et nela cità de Bergomo, sotto pena de rebelione et confiscatione de loro beni, et prout in prefatis litteris legitur.

Alla data delle sue due ultime lettere, il 17 giugno, il provveditore Capello è ancora trattenuto a Pavia e confrontato con una situazione difficile. I francesi in città minacciano di resistere ad oltranza e di fare una strage; gli svizzeri insistono per avere denaro e minacciano di abbandonare l'impresa; vi è difficoltà a trovare le barche per fare il ponte; polvere e munizioni scarseggiano. Contemporaneamente, scrive anche dal campo il protonotario Mocenigo, che sta presso il cardinale, ai capi del Consiglio dei Dieci. Come era venuti di Milan in campo zercha 20 zentilomeni milanesi et dito a soa signoria che per li tempi che occoreva il suo consejo non si havia potuto adunar e dar risposta a la soa letera di volersi dar a la Liga, tamen haveano bon animo a la Liga. Item, voleano che Brexa, Bergamo, Crema e Cremona ritornaseno soto Milan come prima, e altre richieste. Il cardinal si la rise, dicendo questo tochava a la Liga e a li signori confederati e che volea volesseno darsi a la Liga, aliter, si partirano, fusse loro il danno. Li quali tolseno do zorni di tempo di tornar da Milan con la risposta di quello milanesi voleano far... Solicita dito abate li danari per li sguizari, et si avrà contra francesi vitoria [SAN, XIV, 401].

Il giorno 18 il ponte sul Ticino è finalmente in ordine e viene attraversato da mille fanti italiani e duemila svizzeri. Di fronte ai quali i francesi se partino e sono andati via di Pavia in la malora; non si sa ancora che volta tegna. La cavalleria leggera li segue per vedere dove si dirigono. Rimangono in città 1500 lanzichenecchi tedeschi, che rifiutano di seguire i francesi e desiderano ritornare in Alemagna. Dil levar di l'exercito e seguirli non pol scriver quando; ma dize li seguiremo con ogni presteza, scrive il Capello, e intanto sollecita denaro, sia per i veneti che per gli svizzeri. Alla città di Pavia è stata chiesta una taglia di 40 mila ducati.

I Consigli che si tengono a Bergamo il 16 e 17 giugno [Az 12, 4v e 5r] sono senza storia: trattano per lo più di nomine di funzionari comunali (tesoriere, massarolo) o di provvedimenti finanziari, in particolare il reperimento di 1255 lire e mezza per pagare Bergamo Boselli contraendo prestiti con alcuni cittadini volonterosi, in cambio di impegni su future entrate del comune (affitto di mulini, dei banchi grandi).

E' stato conservato [Lett. 9.3.1. # 723] l'atto con cui il 17 giugno i deputati della comunità provvedono al pagamento dei soldati del Boselli:

...Per sp.les d.nos Deputatos mag.ce Comunitatis Bergomi, de pecuniis eiusdem, solutum fuit pro paga una strenuo Bergomo de Bosellis capiti peditorum (sic) 150, deputati ad custodiam Bergomi, cuique eorum actualiter numeratis ut infra, ad computum ducatorum 15 pro eius persona, ducatorum 9 pro quoque caporali cum rogatio, ducatorum 6 pro uno banderario, et ducatorum 3 pro quolibet alio provisionato, qui capiunt in totum, omnibus computatis, summam provisionatorum 150 et ducatorum 483, solutis ut infra, facta prius scriptione et monstra cum pilis et signis coram predictis sp.bus d.nis Deputatis per Silvium Tayonum vicecollateralem Bergomi. Et hoc in exequtione litterarum diei XI iunii 1512 cl.mi equitis d.ni Pauli Capello, dig.mi Provisoris generalis ill.mi ducalis Dominii nostri Venetiarum, animo consequendi ipsos ducatos 483 a predicto ill.mo Dominio, iuxta promissionem factam per ipsum cl.mum d.num Provisorem, ex relatione d.ni Pezoli Simonis de Zanchis. A questo testo fa seguito una lista dettagliatissima dei nomi e dei denari versati, firmata da Silvio Tayoni, dalla quale si possono identificare singolarmente i fanti del contingente.

Poco chiaro il significato di una lettera del 17 giugno di Martino de Ficienis ad una persona sconosciuta [Lett. 9.3.1. # 626], ma interessante il commento generale che essa contiene:

Magnifice et generose singularissime,
vedemo al presente la iustitia de Dio ha fato per nuy tuti tribulati de questi nostri inimici maligni, quali li ha fato quello loro hano fato a nuy. Il che ringracemo sempre Dio Omnipotente...
.

Il 18 arriva in Consiglio [Az 12, 6v] la risposta del Capello all'ambasceria della città ed i deputati ordinano che essa sia immediatamente resa pubblica per informazione di tutti. Null'altro aggiunge il resoconto del minutante nel Libro delle Azioni, ma presumibilmente il Consiglio decise altri provvedimenti perché il Beretta annota ...et sex ipsi deputati die 18 super regio proclamari fecerunt quod quilibet injurians posset impune offendi ab iniuriato, nemo teneret domi aliquos armatos nec famulos nec arma ultra consuetum; tamen, non erat oboedientia [BER, 104r]. A significare, verosimilmente, che i deputati cittadini non erano in grado di controllare l'ordine pubblico.

Da questo punto di vista, non era migliore la situazione nel territorio. Una lettera del 18 da parte dei deputati alla sanità di Terzo ai loro colleghi di Bergamo avverte [Lett. 9.3.3. # 153/1]:

Ve avisemo como in el logo da Grone è la peste et è morti doy personi et uno malato, et veneno ognia zorno a Bergamo et simel mente ge vene molti da Vigano. Item, havemo in la terra nostra da Terzo alcuni inobedienti per le quale pregemo le Magnificentie vostre cum vostre litere far che me sia prestato ognia debita obedientia circha la sanità. Non altro. Dio ve conservi.

A questa, segue un'altra informazione analoga del 19 [Lett. 9.3.3. # 153/2]

Aviso de novo che in questa matina habiamo visto una dona a Lussana, qualla la habiemo per suspecta de peste; et anchora habiamo molti personi quali non voleno stare in obidientia, et maxime el filiolo de maystro Alexandro ciroycho, quale ha salassato quella dona, non obstante che per noy li fosse fato comandamento, in pena de lire 25, non dovesse sallassare né medegare senza licentia. Sì che provediti aziò che li altri siano obedienti, et molti altri quali al presente non vi posso scrivere.
Anchora me scriveti che solvatur nuntio s. 20; a questo vi rispondemo che non habiemo noy salario alcuno, et toliti uno qualche cavalante, aziò sia satisfato et servitore. Noy non habiamo dinari, et se voliti, mandati li comandamenti per messi di nostri fidati, aziò non sia spessa ali povereti noy, quali semo strossiati da li soldati francesi. Non altro, se recomandemo ali Spectabilità vostre
.

L'intera comunità di Borgo di Terzo ed Uniti, sempre il 19, così si rivolge cito, cito ai governatori di Bergamo [Lett. 9.3.3. # 155] in tono veramente commovente:

Per dare aviso ale vostre Magnificentie de insolentii et insulti et robarie le quale veneno esser fatti ognia dì ali nostri subditi dali infrascritti, li quali sono venuti in valle Cavalina per voler far presoni et altri insolti cum arme et sciopeti et hano descargato uno sciopeto per volerne amazare alcuni de noy, et hano etiam ferito alcuno de li nostri in el Borgo de Terzo, et etiam ne fano grandissime menaze de volerne sachezare et meter la terra a frachasso et far presoni. Avisando etiam vostre Magnificentie che el frate dicto Spagniollo de Monestarollo del ordine de santa Maria dal Lavello, di Zovane Maria Lupo, et el Lupeto, el fiol de Felisio de Rota, et molti altri compagni armati cum la sua compagnia, sono quelli che hano fatto questo insulto et menaze.
Noy, havendo respeto ale Magnificentie vostre, non havemo voluto fare alcuno male, ma solum se semo deffesi cum li prede. Et pregemo vostre Magnificentie che voliate far qualche bona provision a questo, azò non escha mazor schandalo, per che a noy pare essere fatto torto in questo. Sì che pregemo che ne voliate dar aviso per vostre littere quello che debiamo fare per el presente latore, senza mandar altro messo né darne altra spesa. Non altro; se recomandamo a vostre Magnificentie
.

Qualche segno dell'inizio di una pestilenza si nota anche in città, dove in Consiglio, il 19 giugno [Az 12, 7r], nove Deputati eleggono Giovan Andrea Marchesi notaio del Malefizio, in luogo di Matteo Albani, che è sequestrato per sospetto di peste. Essi eleggono ancora Alessandro Dorathini de Beronis in notaio del detto ufficio. Poi, stranamente, i resoconti delle sedute del Consiglio cessano fino al 6 luglio.

Scrive da Pavia a Venezia il Capello in data 19 giugno che i francesi si dirigono verso Alessandria. Milano si governa in ordine ed ha circa 12 mila persone in armi. Oggi o domattina i milanesi dovrebbero venire a Pavia per giurare fedeltà. Se dipendesse soltanto da lui, avrebbe già inseguito i francesi, ma deve accordarsi con gli altri della Lega, e poi i denari sono in ritardo. E riferisce il Sanudo: E' tanto molestado che da importunità diventa fuora di sè: Idio li doni bona pacientia! Né mancha di diligentia e solicitudine, ancor che a Venecia sia murmurato etc. Post scripta. Intende che la Capella di Bergamo do fiate ha levato el foco dimandando socorso, e spera presto la si averà etc. [SAN, XIV, 408]. Il Capello chiede ancora insistentemente denari per gli svizzeri, i quali di continuo minacciano di disertare e di mettere ogni cosa a sacco.

Molto interessante per i suoi risvolti politici il contenuto della lettera che il Capello scrive a Venezia da Pavia il 20 giugno. Riferisce che i milanesi sono venuti a Pavia dal cardinale a prestare obbedienza e giurare fedeltà. Anche Vigevano si è data al cardinale. Oggi, dice il provveditore, scadono 20 giorni da quando l'esercito veneto ha passato l'Adige; i progressi sono stati grandi, ma tuttavia ciò non lo rallegra, perché vorrebbe avere già annientato i francesi; alla fine sarà così, ma intanto il cardinale rifiuta di muoversi fino a quando non saranno giunti i denari. Le truppe francesi sono decimate; Alessandria non le ha volute accettare ed ora puntano su Asti. Appena saranno giunti i soldi che sono in viaggio egli intende levare il campo e proseguire al loro inseguimento. A Domodossola sono scesi 6000 svizzeri. Il condottiero Renzo di Ceri ha avuto un parossismo ed il provveditore sopra le vettovaglie ha una terzanella : saranno ambedue portati dentro Pavia. Anche il pagatore Sanudo si è ammalato presso Acqua Negra ed è stato portato agli Orzi. E così Zuan Forte.

Il giuramento di fedeltà alla Lega è avvenuto a Pavia in cattedrale. Avendo i milanesi chiesto al cardinale chi fosse la Lega, questa è stata la risposta: Il sanctissimo Papa Iulio II, il Catholico re di Spagna, la Illustrissima Signoria di Venecia con intelligentia e voler dil serenissimo re de Ingaltera; è lassato locho a intrar al serenissimo Imperador electo, qual presto sarà [SAN, 410]. Si discute anche circa una taglia da imporre a Milano per evitare che gli svizzeri la saccheggino. E' morto, dopo la sua partenza da Milano nel corso del viaggio per Francia, il Generale di Normandia. La mancanza di denaro esaspera gli svizzeri i quali potrebbero scontrarsi con i veneti. Anche il protonotario Mocenigo riferisce che il saccheggio della città da parte degli svizzeri è stato evitato con una taglia di 40 mila ducati. Cremona ha avuto una taglia uguale, Lodi 30 mila, Milano 60 mila, Piacenza e Parma 20 mila ciascuna. Dieci mila bresciani marcheschi sono raccolti intorno a Brescia; essi hanno tagliato le strade e bloccano le uscite della città.

Al campo, gli inconvenienti creati dalla scarsità di denaro per pagare le truppe svizzere prendono una piega drammatica, come scrive il 21 giugno il Capello. Gli svizzeri sono stati sul punto di assalire lui stesso, il loro cardinale ed i militari veneti. Se il cardinale non fosse riuscito a stornare questa ribellione, ne sarebbe inevitabilmente seguita la fine della collaborazione con gli svizzeri, che sarebbero ritornati in patria. Come riferisce il Sanudo, il Capello ...scrive mai à auto il mazor affano di quello l'à al presente e pericolo; e tuti questi signori condutieri nostri stanno di malissima voglia etc. ....scrive molto su questi danari e si provedi, aliter seguirà grandissimo inconveniente. Sguizari minazano assai, sono bestiali etc. Item, hanno, quelli di le val di Como si hanno dato a la Liga e taiato a pezi 50 lanze francese erano, e fato prexon monsignor de Grue. Item, altre cosse, et come era intrato in Milan, a dì 19, il vescovo di Lodi, fo fiol dil ducha Zuan Galeazo natural, a nome di la Liga mandato con hordine dil cardinal, qual fo honoratamente ricevuto, cridando: Liga et Maximiano Sforza sopra tutto, sonando campanò e altri segni de letizia. Francesi sono in castello, non trazeno a la terra, ma se li dà di vituarie quello li bisogna [SAN, XIV, 415]. Il denaro però sta arrivando, come informa da Asola Nicolò Michiel: Pietro Longhena con alcuni cavalli leggeri partirà di là stanotte per consegnarlo. Se tuttavia i francesi uscissero da Brescia, il trasporto del denaro sarebbe molto insicuro.

Lettere del Capello da Pavia del giorno seguente riportano che il cardinale ha deciso di usare i soldi del taglione di Milano per pagare gli svizzeri, in attesa dell'arrivo del denaro da Venezia. I francesi sono andati ad Asti, ma non sono stati ricevuti, ed anche il marchese del Monferrato si è dimostrato propenso alla Lega. I francesi vanno quindi alla volta di Saluggia, dove intendono fortificarsi. Novara si è data alla Lega.

Bartolomeo da Mosto, che si sta portando verso Bergamo per assumere il provveditorato della città, scrive il 22, riferendo che ad Orzinuovi è morto di febbre il pagatore Matteo Sanudo ed anche il capitano delle fanterie non sta bene. Egli stesso con 20 cavalli si dirige su Bergamo e spera di avere 7000 persone. A Brescia vi sono 2500 fanti tra cui 1000 lanzichenecchi, 100 lance francesi, 200 gambaresche e 100 fiorentine: tutti costoro chiedono un salvacondotto per andarsene.

Allo stesso da Mosto che sta ancora in viaggio, il doge indirizza una ducale [Lett. 9.3.1. # 721] con istruzioni urgenti dopo il suo arrivo a Bergamo. Eccone il testo:

...Havemo ricepute le lettere vostre de heri date a Cologna, et credemo che al ricever di queste, over poco da poi, sareti in Bergomo, iuxta l'ordine vostro. Unde, havendo noi al mandar de qui il danaro in campo quella difficultà che voi medemo havete visto per tanti zorni, che danari sopra danari havemo mandati a Vicenza lì hanno convenuto dimorar expectando la scorta de campo, cosa che ad queste grande et felice occasione mandate dal Signor Dio è molto contraria; et perhò, confisi ne la grande affectione et exemplar fede de quelli nostri dilectissimi zentilhomeni et citadini de Bergamo, et non ge siamo per manchar in queste urgentie et opportunità de liberarli perpetuamente da lo insupportabile iugo de barbari; siamo divenuti a scrivervi le presente, comettendovi che, atrovatovi cum tutti quelli carissimi nostri che vi pareranno, li debiati in nostro nome cum ogni dolce forma de parolle exhortar et pregar che i vogliano per sì fatta necessità servir la Signoria nostra de nove o dese milia ducati, o quella maior summa possono, da esser per voi immediate transmissi tutavia cum securissima scorta al Proveditore generale, che li promettemo a fargeli boni in li datii loro proximi, overo immediate in tanti altri dinari contadi; et teniremone tal conto che i cognosceranno la gratritudine nostra cum sua grande satisfactione....

E sempre al da Mosto scrive anche il provveditore generale dal campo presso Pavia, il 22 giugno. Preoccupato per l'ordine pubblico nel territorio bergamasco, egli invia le seguenti istruzioni [Lett. S.3.1, 173]

Mosso da ogni debito de iustitia et rasone, convengo far la presente a la Magnificentia, significandoli come, retrovandose de lì alguni ladroni quali vano ad depredando quanti ne trovano, tra li quali el presente lator qual fu sachizato et depredato da li infrascripti. Et havendoli io facto uno mandato che dovesseno restituir el tuto, non hanno voluto obedir; immo, quod peius est, hanno squarzato el mio mandato et hanno ferito el prefato lator. Per la qual cossa V. M. subito et immediate farà retenir li dicti et farà restituir el tuto, et poy farali impichar per la gola si l'haverano meritato. Ma quella fazi tal demonstration verso loro che sia ad exemplo de tuti li altri, et in similibus la farà de tuti li altri la se atroverà de lì. Et a quella me ricommando.
Alvise fiol de Carlo da Cenate; Alexandro fiol de Iacomo da la Zoncha; Hieronimo Pazaya; Zuan fiol de Guidai et altri quali se notificherano
. Questa lettera fu ricevuta a Bergamo soltanto l'ultimo di giugno.

Due bergamaschi, Alessandro Comenduno e Prospero Vitalba, inviati incontro al provveditore da Mosto, mandano da Chiari ai reggenti di Bergamo il 23 giugno istruzioni sul di lui arrivo [Lett. 9.3.3. # 160]:

Debite comendationi premisse,etc., siando noy mandati per la Magnificentia de d.no Paulo Capello Providitore, per littere lo mag.co Providitore et quale vene ad Bergamo che a nome de Bartolomeo Cadamosto, et hora siamo gionti a Chiari et damaytina vederemo messa et poy faremo colazione, poy montaremo ad cavallo et veneremo verso Bergomo; et ciò li Magnificentie vostre faciano lo debito solito. Faciamo adviso ad vostre Magnificentie ale quale se recomandemo, etc. Venerano con sua Magnificentia circa balastreri vinti, ali quali bisognarà dare lo logiamento.

Paolo Capello non cessa intanto dal mandare istruzioni ai deputati di Bergamo. Una del 18 giugno da Pavia [Lett. 9.3.6. # 10, copia anche in R.99.23, 53r] dice:

Per diverse littere de alcuni de lì hozi riceute habiamo inteso molti manchamenti commessi per certo Lanza Busa et altri soy compagni per quel territorio e vallade, cossa che ne è stata molestissima. Et per che desyderamo la indennità de quella cità et territorio, vi mandamo qui alligato uno mandato dirrectivo in qualunque loco dove se ritrovasse dicto Lanza Busa, che sotto pena de ribellion debbino prehenderlo insieme con li soy compagni et darlo in le forze nostre. Voy adunque incumbereti a questo totis spiritibus, et havendolo in le man lo costringereti a la restitution del tutto integralmente, perché questo è la mente nostra. (Da notare che il Lanzabusa sarà impiccato nel luglio ed il comestabile del provveditore, Francesco da Zeffalono, riceverà in dono 25 lire per averlo catturato [Az 12, 11v].) Ad notitiam nostram, haveremo grato faciati quelli balestrerii che heri ve scrivessemo, et quelli ponereti sotto chi vi piacerà. A conforto vostro, ve significamo ch'el exercito inimico è fugito da questa cità e va ala volta de Alexandria. Nuy lo seguitaremo tanto che aut lo dissiparemo aut li daremo la fuga fin ali monti. Valete.

Al di là del contenuto specifico per l'ordine pubblico, la lettera appare interessante soprattutto per l'informazione sui progressi dell'esercito e le intenzioni del provveditore generale. In un'altra lettera del 22 [Lett. 9.3.6. # 11, copia anche in R.99.23, 53r] il Capello si occupa della sostituzione di un guardiano alle porte di Bergamo, che sollecitamente i deputati insediano il 24 giugno. Il Capello si preoccupa anche di dissipare le preoccupazioni che i bergamaschi gli avevano espresso per la sorte di certi vicariati del territorio, in particolare a Lovere, che egli aveva assegnato a Zaccaria Priuli in pregiudizio dei diritti della città. Dice la lettera [Reg. Duc. A, 177r, anche altrove]:

...habbiamo veduto quanto ne richiedeti per vostre lettere hora ricepute circa li offitii et altre dignità concesse per noi a diversi loci de quel territorio contra li statuti vostri. Noi che intendemo voler quello che è il voler de la illustrissima Signoria, tenore presentium revocamo qualunche concession havessemo fatta contra ditti statuti vostri. Circa le altre cose ne dicete averne richieste per altre vostre, noi non se le ricordemo, perhò datine aviso, che possendo saremo contenti compiacerve. Valete. Ex felicissimis castris nostris apud Papiam, die XXIII iunii, 1512. Difficile credere alle affermazioni del Capello che, in quella particolare circostanza, era stato convinto da una cospicua donazione dei loveresi per assicurarsi un podestà di loro gradimento [SILINI, 1994].

Al provveditore eletto di Bergamo, Bartolomeo da Mosto, cominciano anche ad arrivare le prime segnalazioni e richieste di favori. Per primo, gli si rivolge dal campo della santissima Lega presso Pavia (si noti la precisazione) in data 23 il cardinale svizzero legato in Lombardia [Lett. S.3.1, 160], informandolo di aver conferito nei giorni passati due canonicati ed una parrocchiale al reverendo Francesco Chieregato auditor et secretario nostro, de li quali a questa hora lui ha conseguito la possessione. Et per che desideramo che da li subditi sui el sia cognosciuto pro posse et etiam ch'el sia satisfato de tuti li fructi percepti da la collatione in qua, per tanto pregamo la M. V. che, achadendo ali procuratori sui auxilio in tal cosa, voglii haver le cose del prefato miser Francesco tanto raccomandate quanto se fusseno nostre proprie, per che non li reputamo altramente. Et achadendo astringer qualche uno de li parrocchiani sui, pregamo la M. V. che lo voglii auxiliar cum quelle pene che a quella parerà. Et questo ne sarà gratissimo. Offerendone nui per la M. V. a maior cosa. Que in Domino bene valeat.

Poi è la volta del Capello, il quale indirizza al da Mosto il 24 una lettera [Lett. S.3.1, 188] a favore di uno sconosciuto. Dice la lettera che certi tristi hanno imprigionato un cittadino, affermando che è ribelle, come se l'accertamento di ciò spettasse a loro. Voglia quindi il provveditore fare le provvisioni opportune, castigando quei ribaldi e costringendoli a liberare il prigioniero, perché a lui tocca la decisione in quelle materie. Analogo tenore ha un'altra lettera della stessa data [Lett. S.3.1, 184] secondo la quale parecchie persone si sono lamentate per alcuni assassinii. Allo scrivente è stato molesto intendere come molti fedelissimi siano struxiati e sopra tutti Boneto di Ruperti, che era contestabile in una porta di Bergamo. ...Par dicto Boneto vegni cerchato per esser retenuto da quelli capi de fantarie, come è el Bergomo, Cagnolo et altri; et voleno far trar la gente per questo mezo, dicendo loro detto Boneto esser franzese. La qual cossa ve havemo voluto advisar che, intermissa omni mora, debiati proveder de simel inconvenienti et ministrar rason et iustitia, non havendo algun respecto né a Bergamo, né a Cagnol, né altri.

Ma il nuovo provveditore della città non è ancora arrivato. Nell'attesa, Bergamo continuava a rimanere nella responsabilità di Carlo Miani, al quale dalla procuratoria di san Marco in Venezia scrivono in data 21 i procuratori Antonio Grimani e Andrea Venier, [Lett. S.3.1, 187] raccomandandogli Giovan Antonio da Cantù che veniva in città per far residenza nell'abbazia di sant'Egidio di Fontanella, dove era già stato per quindici anni. Essi pregano di prestargli ogni favore perché possa officiare e curare l'abbazia.

Da diverse parti del territorio bergamasco si vanno però moltiplicando le segnalazioni di disordini. Eccone alcune.

Innocenzo Rota, scrivendo a Bertono Rota, suo affine e governatore della valle di san Martino, da Caprino, 21 giugno [Lett. 9.3.3. # 156] riferisce:

Sta matina ho receuto una vostra de dì 20 del instante, et ho inteso il tuto, et fina hora 15 queli capi de squadra non sono anchora zonti qua. Ma a questa hora acade che alchuni di soy fanti sono venuti in ela cava per sachezar quelo Iacobino melanese, zovè la matre, del quale per voy fo intromeso li soy beni. Et subito che ho inteso questo, ho mandato per alchuni homini di questa vale là et ho trovato che sachezaveno et ne ho fati retegnir quatro de loro, zovè doy homini et doy ragazii, li quali ho nele mane; et aspeto li soy capi de squadra qua per conferir con loro.
Ulterius, Andrea trombeto è stato qua et a Calolzo et ha fato le cride et ha publicato in tuto prout iacet in ipsis litteris d.rum Deputatorum Bergomi, et li ho fato registrar. Ulterius, de queli argenti che ho nele mane, li tegnarò nele mie mane fina a rason cognoscenda. Item vi digo de novo che fina horii d.no Zohan Francesco è pasato de là d'Ada et ha fato render Ulzinate et è andato fina a Ogion, et spero andarà a più inanzi ozi. Non altro, vi aspeto più presto che posseti
.

I Consoli e Deputati di Romano scrivono ai Deputati di Bergamo il 22 giugno [Lett. 9.3.3. # 158] :

Havendo za più zorni passati la Comunità nostra mandato soy oratori a far le debite reverentie al cl.mo signor Proveditor generale, qual per sua solita clementia li viste voluntera; et inter alia dite a dita Comunità libertà et autorità de ellegere uno Podestà aut Deputati al governo de questa terra, sin a tanto gli fesse provisto de altro Rector; et così aparse a questa Comunità et homini di ellezerme a tal officio.
Et perhò in questo zorno habiamo visto et inteso quanto vostre Magnificentie scrive circa il saccomano fato del sale de questi daciari, et quanto quelle rechiedono per la autorità a vostre Magnificentie per el prefato signor Proveditor atttribuita, et la copia dela qual habiamo vista. Circa la recuperatione de ditto sale, significamo a quelle haver hauto grandissima molestia del dito saccomano, et se possibille a noy fusse stato, non l'haveressemo tollerato. Denotando a vostre Magnificentie che la minor parte de epso sale è rimasta in questa terra. Et de quanto ge n'è rimasto Paolo Maldura ... de epsi daciari ne ha nota, per quanto ne ha refferto. Sì che se li prefati daciari, over altri eorum nominibus, ne dimandarano ragione, non gli mancharemo. Se altro per vostre Magnificentie possiamo, se offerimo et a quelle se riccomandamo, quae bene valeant
.

In una lettera di Giorgio Passo, Vicario di val Seriana inferiore, ai Governatori di Bergamo, da Nembro, il 22 giugno [Lett. 9.3.3. # 159] si trova:

Post infinitas comendationes, receveti una vostra adì 20 del instante subdate, quale per ordine me commetteno debia in questa iurisditione a mi commessa far fare publica proclama che caduna persona de che conditione, grado e stato voglia si sia che si retrovasse haver, over sapesse chi havesse, alchune robe, beni, dinari e debitori de Francessi, debia fra 3 zorni manifestar, sub pena etc., et prout in esse se contiene; et ultra per commission a bocha data circa li baniti, etc.
Respondo et notifico ha Magnificentie vostre como, per reverente executione d'esse litere et commission, haver ditte litere e commissioni exequite et ditte proclame facte far, sub die 20 del presente et hozi, in li luogi publici et soliti a fare per publici nuntii de la iurisdictione mia, per executione de antedicte littere et commission de prefate Magnificentie vostre; ala gratia de le quale de continuo me recomando. Recordando ha Magnificentie vostre, et quelle prego voglia far qualche provision circa le monete, quale et como se debiano et possano spender, per levar ogni suspiction et li poveri possano viver, et cum quella celere expedition parerà ha Magnificentie vostre dar aviso
.

Sempre Bertono Rota ai Deputati di Bergamo, da Caprino il 22 giugno [Lett. 9.3.3. # 157/1]:

A mi pare de haver ozi inteso che uno Zorzo da Brembato cum una compagnia de 150 personi vole andar a Chareno et in altri logi dela val Sancto Martino et ge ha mandato a dir che vole andar a sachezar li diti homini de Careno et altri; et così anche mi pare che al sia anche qua in questa terra di Caprino molti homini de Valbrembana chi vano robando et manzando, chi in qua chi in là, et fano molti insolentii et robarie. Per tanto prego vostre Magnificentie che quele talmente voliano proveder a tali inconvenienti et robarie et punirli como son certo fareti, azò che al sia exempio ad altri, perché non è intention di nostri Signori che così sia fato. Avisando vostre Magnificentie che li diti de Zonio hano tolti certi muli a certi nostri vicini, et prego voler provederge a farli restituir; io non so chi sono per nome. Et così anche mi farò tuto quelo poterò in queste bande. Non altro per hora.

E ancora Bertono Rota, sempre da Caprino il 23 giugno [Lett. 9.3.3. # 157/2]:

Havendo sta note a hore 4 vel circa receuto littere dal mag.co conte Alexandro de val Clavena, lo quale è comissario de la Santa Liga, nele quale contene che uno Zorzo da Brembato con compagnia de numero 60 sono finti de andar in soccorso del dito d.no conte Alexandro a la volta dil tereno da Lecho, et hano fato certe violentie, et de femene et robarie, et hano fato uno grando botino contro la voluntà dil prefato d.no conte Alexandro. Ita me pare scriver molto corozatamente et mi prega che io volia darge aiuto, idest, a non lassar passar di qua el predito botino, ma aiutar a fargelo restituir.
Perché el me pare ch'el non sia intention di la Santa Liga che così sia fato, io farò quela provisione dal canto mio chi è possibile a questo, et ho proveduto. Sì che anche le vostre Magnificentie debano proveder a questo et far ch'el dito Zorzo cum sua compagnia restituisca et dito botino a coloro a chi lo hano tolto, altra mente le cose non andarano tropo bene. Avisandovi ch'el dito Zorzo fece le mostre là et ge fu dato alozamento a Mazanicho et in altri logi, et poy ha fato lì il botino. Et s'el pare a vostre Magnificentie me dareti libertà de posser comandar et proveder a tali excessi, et farò tuto quelo poterò. Non altro, mi recomando a vostre Signorie...
P.S. "Die predicto in mane facta fuit responsio".


Infine, i Governatori e Deputati della terra di Lemine ai Deputati di Bergamo, da Almenno il 24 giugno [Lett. 9.3.3. # 161]:

Le prefate Magnificentie vostre sieno certe che li executione de littere vostre XX del instante - executive de littere del cl.mo miser Paol Capello proveditore de XVII del instante sopra il fato de chi se retrovasse haver, on vero sapesse chi havesse, alcune robe, beni, dinari et debitori de Francesii - sono fate heri le cride et proclame more solito, segondo el tenore de prefate littere vostre, in del loco de Almeno cum ... de otto ... Et fu mandata la copia a miser Iacomo di (?), sindico di Valdimania; et una altra a Iacomo di (?) sindico de Palazago; aziò che ancora essi facesseno la simile proclama in predicti lor comuni. Bene valeant Magnificentie vestre, quibus nos plurimum comendamus.

Tutta la corrispondenza citata configura l'esistenza di una situazione gravissima dell'ordine pubblico in tutto il territorio, situazione che, come si vedrà, il da Mosto faticherà a controllare nei mesi seguenti.

Mentre i francesi battono in ritirata, il Capello rimane a Pavia, da dove scrive il giorno 23 alla Signoria. Egli si cruccia perché il ritardo nell'arrivo del denaro non gli ha ancora permesso di sbaragliare i francesi. Nell'attesa, gli svizzeri stanno oziosi. I francesi in Brescia sono in procinto di andarsene, forse verso Mantova, dove intenderebbero consegnarsi al marchese, piuttosto che ai veneti. Genova si è data alla Lega ed i francesi si sono arroccati nella fortezza. Jannes di Campo Fregoso, condottiero veneto, è a Genova con 4000 partigiani e fanti a nome della Lega.

Finalmente, il 24 giugno i denari giungono al campo, ma sono troppo pochi. A Venezia si elegge provveditore nel territorio bresciano Leonardo Emo, che era esecutore in campo, ordinando al Capello di insediarlo immediatamente. Nicolò Michiel, che aveva recapitato i denari al Capello, informa che il provveditore lo ha eletto provveditore ad Orzinuovi, dove si recherà. Il Capello ha anche eletto Gabriele Barbo castellano a Bergamo, dove si recherà con buona scorta. Il cardinale Sedunense, in un accesso d'ira violentissimo, ha rimproverato aspramente il Michiel per il ritardo nella consegna dei denari, accollandogli la responsabilità di gravi perdite militari e finanziarie.

Il 24 giugno, due settimane dopo che la città si è data a Venezia, arriva finalmente a Bergamo il provveditore. Die 24 junii 1512 venit Bergomum d.nus Bartolomeus Mustus pro provisore donec alius veniret, quia d.nus Dominicus erat impeditus morbo Angeli fratris, qui ea ægritudine decessit Venetiis. [BER, 104v]. Anche un appunto in [R.99.23, 301v] conferma questa informazione: Magnificus d. Bartholomeus de Musto intravit die 24 iunii 1512. Il giorno stesso del suo arrivo Bartolomeo da Mosto scrive a Venezia, riferendo che è giunto in città ed è stato ricevuto onoratamente; che nella Capella vi sono una sessantina di francesi che accendono fuochi in richiesta di aiuto; e che cercherà di raccogliere le artiglierie necessarie per espugnare la fortezza.

Molto sensibile all'eventualità di una pericolosa frattura con gli svizzeri, Venezia ricorre ad ogni mezzo per tentare di rabbonire il cardinale e le sue truppe. Appunta il Sanudo: Noto. In questo mexe, per deliberation dil Consejo di X, fo mandato ducati 2000 a donar al cardinal sguizaro, el qual non li volse aceptar, imo lo disse a Vigo di Campo San Piero. Etiam, fono mandati a donar alcuni rasi a li capitani sguizari et tratato con loro di tuorli a provision, maxime con domino Jacobo Stafer. Etiam, fo preso di donar Caravazo al cardinal sguizaro si ne deva le terre nostre. Anche il Capello tenta di separare le truppe svizzere dal loro cardinale e scrive il 26 al Capi del Consiglio dei Dieci: In materia de' sguizari etc. e de li capetanii, quali non si portano ben con il cardinal e sarìa bon condurli, e altre particularità; le qual letere fo secretissime. Etiam fono letere di l'abate Mocenigo a la Signoria nostra [SAN, XIV, 429].

Infatti, il protonotario Mocenigo, che sta presso il cardinale informa sulle di lui mosse: come il cardinal fa mal oficio; e zercha darge le terre nostre, mostra non aver auto letere di Roma di questo. Poi dice fa a nostro proposito a non l'aver adesso Milan; e altre terre pagino li taioni dati etc., ut in litteris. E' da saper, per il Consejo di X fo mandato a donar ducati 2000 a dito cardinal, et cussì il provedador ge li mandò e lui non li volse, dicendo non vol sguizari sapi, e lo dise a Vigo da Campo San Piero, ch'è lì in campo per nome dil marchexe di Mantoa, dicendo la Signoria crede con darmi ducati 2000 far li dagi ste terre etc. [SAN, XIV, 435].

E trattative segrete sono anche in corso per ottenere pacificamente la fortezza di Brescia, come nota sempre il Sanudo al 28 giugno: In Colegio, per tempo fono li cai di X, e feno introdur certi frati. Intesi erano pratiche in Brexa e maxime di aver il castello; e quel castelan francese à una moier italiana e vol darsi a la Signoria, ma vol intrata come l'à in Franza e danari etc [SAN, XIV, 434].

Una lettera ducale diretta al nuovo provveditore di Bergamo da Mosto porta la data del suo insediamento [R.99.23, 53v] e contiene istruzioni simili a quelle già inviate in precedenza. Il da Mosto, dice approssimativamente il testo, conosce l'importanza di tenere fornito di denaro il Provveditore generale per tenir quegli exerciti nostri ben contenti in cussì prosperi successi. Riesce difficile fare ciò da Venezia a causa della distanza e del pericolo che i denari vengano intercettati. Questa è la ragione della presente richiesta di denaro. Et perché cognoscemo questa sola causa del danaro et la difficultà de mandarlo da qui potria parturir qualche cosa contraria ali presenti progressi et bisogni nostri et al incontro cum cellerità provedendovi per ogni mezo la victoria esser certissima, cerchi il da Mosto di esercitare il suo ingegno nell'indurre i cittadini laici ed ecclesiastici a contribuire. Nui semo per tenir etiam questa operation et demonstration, et colocarla nele viscere et centro del cor nostro. Ma faccia presto, e mandi il denaro sotto scorta al Provveditore tenendo de hora in hora la Signoria nostra certificata et il Proveditor nostro generale de quello succederà de lì, aciò el tutto ne sia noto.

Uno dei primi atti del nuovo provveditore di Bergamo, il 26 giugno, è quello di sospendere lo ius nella città e territorio [Lett. 9.3.3. # 162]. Contemporaneamente, Die 25 junii de mandato prefati mag.ci d.ni Bartolomei proclamatum fuit quod datia consueta solverentur; et die subsecuto (26 giugno) etiam fuit proclamatum quod nec verbo nec facto inferatur alicui injuria; et omnes munitiones exceptæ ab arce et civitacula restituantur; consules civitatis et territorii defferant omnia maleficia officio Maleficiorum Bergomi, secundum formam statutorum et privilegiorum; et approbavit præfatus provisor omnia ordinata et proclamata ante per decem deputatos suprascriptos [BER, 104v].

Una valanga di problemi irrisolti si presenta al provveditore appena insediato. A parte quelli riguardanti l'amministrazione della città e dell'ordine civile illustrati sopra, ve ne sono altri che concernono il territorio. Eccone illustrati alcuni.

Alcune azioni del provveditore si rivolgono nei confronti dei luoghi confinanti, cominciando da Milano. In una lettera che il da Mosto invia da Bergamo ai deputati di quella città, datata 28 giugno, sempre a proposito delle minacce di Trezzo [Lett. 9.3.3. # 151/4], dopo aver ricordato la buona disposizione dei milanesi verso i confinanti bergamaschi, confermata in una loro precedente lettera, il provveditore aggiunge: ...non possiamo non dolersi che ditti da Trezo non solum non si abstengono da solite turbatione et insuportabili danni nostri comandando ogni zorno ad bergamaschi circiter centum per operar in ditto castello in taliar diversi legnami nostri et farsi condur essi legnami et feno a ditto logo da Trezo, ma etiam di novo non pocho minazano a cadauno comune de Isola et altre ville bergamasche se non li conduce ogni zorno una cariga de vino et una cariga di biava, ben che si offeriscano ad pagarla, cosa ad epse ville non solum di grande iactura ma verum impossibile per la incredibile penuria et fame, quale per la calamità di presenti tempi patiscono, come crediamo sia noto a vostre Signorie.
Pregiamo adoncha quelle vogliano cum la loro authorità et prudentia, per conservatione de la mutua benivolentia bona convicinità ne le sue littere utsupra promessa, talmente operar quam cellerime quam amplius ditti nostri pauperimi bergamaschi non siano da alchuno di preditti indebite vexati né lacessiti ad far cosa che a vostre Signorie et a noi dispiaceria...
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A questa si accompagna la minuta di un'altra lettera, sempre del giorno 28, indirizzata ai medesimi deputati, forse da parte dei deputati di Bergamo [Lett. 9.3.3. # 151/5], sempre nel tentativo di evitare le minacce del castellano di Trezzo.

Ma tutto il territorio continua ad essere mal sicuro sui confini occidentali. Ecco il testo di una lettera riguardante la valle di san Martino [Lett. S.3.1, 189], indirizzata al da Mosto dagli uomini di quella valle il 24 giugno.

Havendo questi vostri fidelissimi subditi de valle de sancto Martino preinteso per litere et nontii del Comissario da Bripio, loro vicino e confinante con essa valle, como alchuni francesi quali erano et se retrovano hal presenti hala custodia dela tera et forteza da Lecho - et sono per la informatione habiamo cercha il numero de 100 vel circa - voleno questa notte levarsi del ditto loco da Bripio et andar, onver nel castello da Trezo, onvero in la Capella da Bergomo. Et subito habiamo ordinato per questa valle de far diligente custodia ha tuti li passi dove podessaro passar, et così sarà fatto per quanto aspetta ha questa valle. Ma perché potrebeno passar per molti altri logi, ni è parso de darvi notitia hala E. V., la quale saperà far tal provisione et guardia che non intrarano in la Capella, non siano retrovati como meglio saperà proveder essa V. E. Hala gratia dela quale continue se recomandemo.

Un altro episodio di cui restano tracce riguarda la rapina di certo bestiame da parte di bergamaschi che avevano passato il confine con il milanese, in merito ai quali frate Iacobo Sicco de Aragona scrive il 24 giugno da Caravaggio a Gerolamo Landracio, Generale dell'ordine degli Umiliati [Lett. S.3.1. 191] per ottenere la restituzione, anche attraverso le autorità bergamasche. Lo stesso cardinale svizzero viene coinvolto in questo fatto e scrive a Paolo Capello da Pavia il 25 giugno [Lett. S.3.1, 190]:

...Ogni dì quelli vostri bergamaschi fanno novi miraculi, et provisioni non se ce fa nesuna. Prego V. M. che la voglia far restituir al presente lator li soi bovi; et non mancha, se desiderate farce cosa grata. Questa alligata de poi l'haverà vista V. M. ce la voglia remandar. Bene valete.

Seguono poi, in ordine di data, i testi di altre lettere pervenute al da Mosto da diversi interlocutori subito dopo il suo insediamento. Esse testimoniano della complessità e varietà delle questioni che si pongono al nuovo provveditore.

Il Capello scrive dal campo presso Pavia il 26 giugno [Lett. S.3.1, 183]:

La ill.ma Signoria ha mandato qui in campo el spectabile Galante da Axola et li strenui comestabili Bartholamio da la Barba, Francesco da la Porta et Vicenzo da Matalon, persone certo di inzegno, valorosità et fede grandissima, aciò de l'opera de quelli se usasse in le occurrentie nostre. Io, vedendo che de lì V. M. ha bixogno de simel vallenthuomeni per ogni respecto, li ho voluti indrizar de lì aciò quella usi de l'opera sua ne li bixogni occorente. A li quali prego V. M. facia che quella mag.ca Comunità subvegna et li dia una paga, aciò possiano viver et servir come sono soliti. Né di questo V. M. volgia far altramente, per meritar cussì le condicion sue. Ala quale mi offero. De novo se ha come certi francesi passano i monti né fanno testa in alcun loco. Nui leveremo de qui dapoi domani, cum el nome de Dio. Troveremo in seguito questi militari impiegati nel tentativo di piegare la ribellione di Lovere.

Francesco Moro, commissario, scrive da Malgrate il 26 giugno [Lett. S.3.1, 1] informando che gli uomini di Cereto (?) si sono lamentati perché dopo la loro resa alla Serenissima Lega sono stati oltraggiati e derubati di bestiame ed altri beni. Gli autori di queste offese sono apparentemente delle compagnie di Giorgio Brembati e Giovan Francesco Scaramuzzi. Si fanno diversi nomi come gli uomini stessi vi informeranno. E siccome ...non è onesto che ai sudditi e fedeli si faccia oltraggio alcuno; voglia il Da Mosto far restituire le bestie ed il bottino e le cose rubate perché quando se facesse altramente sarìa causa di far seguire uno grandissimo schandolo, del che ne poressemo haver molte imputatione, attexo che la mente de lo rev.mo Monsignor Legato non è che sia fatto oltragio alchuno ali subditi...

Sul tema della difesa dei benefici ecclesiastici, scrivono i deputati di Milano il 26 giugno [Lett. S.3.1, 175] che il prete Tomaso de Capitanei da Vimercate vanta buone ragioni sulla chiesa parrocchiale di san Biagio a Caprino, al possesso della quale è stato per oltre tre anni, lasciando poi la cura di detta chiesa pacificamente. Ora, dubitando costui che gli sia fatta qualche novità e molestia, e sapendo gli scriventi quanto per la buona natura del da Mosto debbano dispiacergli le cose indebitamente fatte contro qualcuno, sollecitano che non si facciano cose pregiudizievoli al prete Tomaso o gli siano usate violenze, cosìcché possa continuare nel suo solito pacifico possesso. E se qualcuno dovesse avanzare diritti sulla detta chiesa, voglia perseguire i suoi interessi per via di ragione.

Frequenti sono anche le note inviate al da Mosto dal Capello. In una di queste [Lett. S.3.1, 2] del 26 giugno il provveditore generale interviene per ordinare al provveditore di Bergamo di far risarcire certi danni e ruberie che sono contro la volontà del cardinal legato e per il futuro provveda affinché simili inconvenienti non accadano. In un'altra, sempre alla stessa data, il Capello invia istruzioni di carattere militare [Lett. S.3.1, 186]:

Ho receputo le lettere di V. M. de heri et visto per quelle quanto mi rechiede. Li significo io esser per ritrovarme cum lo ill.mo signor Gubernator et capitanei nostri i quali non sono insieme... io per manchar a quella de tute le provisioni serano opportune, pregandola in questo interim vogli esser advertita in far custodir quella terra et passi che recercherà el bisogno. Le littere che V. M. ha scripto a la ill.ma Signoria subito sarano mandate. Et a quella me ricomando.

In un'altra lettera ancora, in parte mancante, ricevuta il 30 giugno [Lett. S.3.1, 172] il Capello interviene su materie criminali, ordinando di far catturare certi ladri di bestiame, identificati per nome, costringerli a restituire il mal tolto e, se lo meriteranno, ...farli impichare per la gola....

Informative diverse che giungono al da Mosto riguardano la situazione del territorio. Per esempio [Lett. S.3.1, 185], i consiglieri di Martinengo in data 27 giugno mandano a dire:

In questa hora habia receputo una de V. M. data sub die 25 iunii, per la qual ne significa dovemo mandar da quella quatro homeni de questa terra de Martinego (?) cum ogni libertà a loro per lo Consilio nostro atribuita per bone cose spectante al stato de la ill.ma Signoria nostra. Per tanto notifichamo ala M. V. lì dove concerne utile et honore de la ill.ma Signoria nostra esser sempre paratissimi a star bene, et che de qui havemo uno Proveditor mandato per lo mag.co d.no Pavolo Capello, Proveditor Generale de Campo, qual à nome d.no Baldesar Minio. Del che, essendo alchuna cosa necessaria iuxta el scriver de quella V. M., volgia per sue dar notitia al prefato Proveditor nostro, ad ciò essendo alchuna cosa de proveder se possa...

Ed il 30 giugno [Lett. S.3.1, 182] Innocenzo Rota, luogotenente di Bertono Rota governatore della valle di san Martino, informa da Caprino che si trova nella sua giurisdizione tale Marcon da Valdimagna con alcuni compagni forestieri. Essi hanno commesso insolenze, saccheggiato molte persone e rubato, contro i suoi comandamenti. Marcon non vuole ubbidire e merita di essere impiccato. Prega il da Mosto di voler provvedere, facendolo arrestare con i compagni, per farli condurre in sua presenza e punirli.

Una delle preoccupazioni dei bergamaschi, subito dopo il loro ritorno a Venezia, era quella di non lasciarsi sfuggire il controllo del territorio, che era minacciato dalla voracità di personaggi diversi i quali, accampando meriti veri o presunti, cercavano di ottenere cariche, uffici, regalie, vantaggi insomma, impadronendosi di diritti che Bergamo riteneva da sé assolutamente inalienabili. Subito la città aveva provveduto con la mobilitazione di suoi ambasciatori ad evitare tali eventualità. Ecco il testo di una lettera che due emissari di Bergamo, Giovan Antonio Assonica e Taddeo Albani, scrivono ai Deputati della città al 29 giugno da Venezia [Lett. 9.3.3. # 163]. Dice:

Per Augustino de Zanchi sabatto de sera havesemo la vostra de XXI instantis, insieme cum una de vostre Magnificentie adrita ala ill.ma Signoria nostra, per la quale ne cometeti presentiamo la ditta vostra ala prelibatta ill.ma Signoria, fazendoli intender como a questi tempi molte persone, tere et comuni et altri dela cità nostra et teritorio, soto protesto de grandissimi meriti, porzeno diverse suplicationi et domande che poterano esser a grandissimo preiuditio et danno dela ditta nostra cità, et contra li privilegii, statuti et hordeni de quella. Et etiam che li sono alcuni zentilomeni de Venexia, quali par siano andati propria auctoritate, et alcuni per concessione fatali per la ill.ma Signoria aut per el mag.co Proveditor generale de campo, al poseso de vicariadi et offitii de fora, et maxime al loco de Lovere, contra ogni dover.
Et cossì sapia le Magnificentie vostre como heri matina prima fosemo dal mag.co miser Steffano Contarini, che al presente si ritrova Conseyer, et lo acompagnasemo a Palatio; al qual fo dechiarato tuta la intention vostra, et credo sua Magnificentia fece grandissima demonstration in favor dela cità nostra, et ne introduse in Colegio, et apresentasemo la vostra al serenissimo Principo, dal qual avessemo gratissima haudientia, ala qual fo exposto la comission vostra; destintamente suplicandoli che non vogliano far alchuna concesion che abia a esser preiudicial né dannosa ala città nostra; et che le piazesse schriver cossì al cl.mo Proveditore de campo, che se concesion alchune fosse stà fatte siano per nulle.
Quale benignamente, tuti de uno voler, ne rispose che omnino volevano servar li privilegii et statuti de essa Comunità, et havere quella in grandissima protection et amor; et che cognoscevano molto ben la fideltà sua et il susetto dele cosse che sono seguite questo tempo pasato, et che so voy havem la littera vi fo per loro schrita questo febraro pasato bolata in bola, haverà volevano quelle servarni in tuto et per tuto, et che non fariano concesion alchuna che avesse a tornar preiuditio a essa comunità. Et ne domandorno se sapevemo el nome de quel zentilomo che hera andatto al loco de Lover. Si maravigliorno che non lo avesti schrito, digando non achadeva pigliasti ... al presente de mandar ambasadori per questo, per che loro benisimo disposti ad non manchar a quella in cossa alchuna.
Et cussì ano schrito una littera ale Magnificentie vostre in risposta dele vostre, nel tenor vedereti, la qual prima ne l'ha fatta lezere et speremo vi satisferà, atento che conchludono che vogliono che li privilegii e statuti vostri ve siano observati, comomorando la bona litera per loro a voy schrita questo febraro pasato, in voler che quella in tuto e per tuto abia effetto; et se caso fosse che non avesti tal littera, che per li andamenti pasati fosse smarita, dandone avixo si farà replicar. Et apresso anno schrito una littera al mag.co miser Bartholomeo da Mosto, al presente Proveditor de quela cità, che subitto debia far remover et levar quel zentilomo hera andatto auctoritate propria al loco de Lover, et che voi siati li patroni et mandar chi vi piaze, sechondo el solito, al governo de ditto loco, sechondo la forma di privilegii vostri...
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Segue poi nel testo della lettera la gustosa descrizione di uno scontro con i cancellieri di palazzo circa gli oneri loro spettanti per la bollatura delle lettere ducali.

Le due ducali menzionate nell'informativa degli oratori bergamaschi sono, rispettivamente, le seguenti. La prima (29 giugno) è diretta alla comunità di Bergamo [Duc. Orig. n° 28]:

...Per el prudente fidelissimo citadin nostro Zuan Antonio de Pasin habiamo cum la solita nostra satisfaction recepute lettere de le Magnificentie vostre, date a dì 21 del presente, in resposta de nostre scritte li superiori giorni, in declaration de la summa contenteza nostra receputa per haver inteso che quella magnifica cità fusse ritornata alla charissima madre sua; né sopra questo useremo longa serie de parole, perché, essendo nuy certi de la inconcussa fede vostra verso el stato nostro, sapemo versa vice esser sculpito ne le viscere nostre el paterno affecto et syncerissimo animo nostro verso cadauno de vuy, et in genere et in particulari piacene che vostre Magnificentie mediante l'auxilio divino siano liberate da la tyrannide oppressione et speramo cum la gratia sua le harano ad perseverare et potrano goder quieta et ... el suo; né circa ciò se extenderemo più oltra.
Restane responder alle parte contenute in esse lettere vostre quanto specta al proveditor desiderate, ma fin mo differito per la egritudine del fratello, ma iudicamo fra breve spacio el serà de lì; interim autem, acciò quella charissima cità vostra non patischa, habiamo de lì mandato el dilectissimo nobel nostro Bartholomio da Mosto, quale per la dexterità et virtù sua non dubitamo se deporterà secundo el comun desiderio de le Magnificentie vostre.
Quo vero attinet alla confirmation di privilegii et concession de quella magnifica cità, de i quali non è facta mention in queste ultime lettere nostre, extimavemo che le lettere scripte el mese de fevrer preterito havesseno satisfacto al bisogno, essendo precipue questa la firmissima nostra intentione; at tamen, per mazor expression del animo nostro, dicemo et affirmamo ale Magnificentie vostre nuy esser de constantissimo proposito che tuti essi privilegii indulti et concessione siano ad unguem et inviolabiliter observati; siché vostre Magnificentie perseverino nel consueto bon animo suo, che non semo per manchar in alcun tempo dal paterno affecto nostro, immo sempre promptissimi de farli in ogni tempo cognoscere che nuy li habiamo collocati in mezo de le viscere nostre, come charissimi et dolcissimi fioli...
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La seconda ducale, che porta la medesima data, è diretta al provveditore da Mosto [Reg. Duc. A, 177v] e dice:

...Per relation del prudente fidelissimo cittadino vostro Zoan Antonio del Pasino, nuntio di quella fidelissima et charissima communità nostra, non senza admiration et molestia habbiamo inteso che un gentilhomo nostro de potentia absoluta è andato a Lover et vuol governar quelli fidelissimi nostri, come se ordinarie el fusse a questo deputato; la qual cosa quanto sia aliena da la mente nostra potete benissimo considerar per la prudentia vostra. Perhò vi comettemo che subito questo imponiate per nome nostro al ditto gentilhomo, che immediate el se levi de lì, perché intention nostra è che ditta fidelissima communità habbi ad deputar li suoi iusdicenti secundo la forma di privilegii et concession sue, qual volemo siano inviolabiliter observate et exequite....

Possediamo anche un documento [CAL, f. 21r] con il quale il provveditore Paolo Capello conferma i privilegi alla famiglia Calepio, dato dal campo presso Pavia il 28 giugno 1512.

Infine, conviene riassumere la situazione sul campo verso la fine del mese di giugno, come si può desumere dai diari del Sanudo.

Il 30 giugno giungono a Venezia lettere del Capello ai Capi del Consiglio dei Dieci, a seguito delle quali il Consiglio si ritira per deliberare. Altre lettere del 27 informano che l'indomani, cioè il 28, il cardinale si leverà per seguire i francesi. i cui capi sono già in Francia, ed il Triulzi è con loro. Il marchese del Monferrato è entrato in Asti a nome della Lega con 5000 persone. Gli svizzeri hanno fatto gran danni a Pavia, che è mezza saccheggiata. Savona si è data alla Lega. Quelli che sono in castello a Milano sparano sulla città e mostrano di volersi difendere, avendo vettovaglie assai. A Venezia il 30 si nomina Daniele Dandolo provveditore a Salò, Filippo Basadona pagatore in campo, Piero Gradenigo castellano di Pontevico.

Scrive il Capello dal campo presso Pavia in data 28 a 3 ore di notte ed informa che i francesi sono a Villanova d'Asti e vanno verso la Francia. Nella notte anche le truppe venete leveranno il campo ed andranno oltre il Ticino a Gravellona, dove attenderanno gli svizzeri per inseguire i nemici. Dice Dio perdoni a chi è stà causa di tanto deferir; aricorda si mandi danari e danari. Pavia ha pagato agli svizzeri i 40 mila ducati di taglia, ma il cardinale ne vuole altri 20 mila. Conferma che la città è mezza saccheggiata. Manda truppe ed artigieria a Crema e spera che la città si arrenderà. A Venezia si decide di scrivere segretamente al Papa circa le controversie con gli svizzeri. L'opinione della Signoria, considerando che i francesi sono ancora in Italia e tengono i castelli di Brescia e Crema, è favorevole a che le truppe d'oltralpe vengano confermate, rimettendosi tuttavia al volere del Papa. La Repubblica è pronta a dare agli svizzeri altri 15 mila ducati per la sua parte, ma avanza lamentele nei confronti del cardinale, il quale ostacola il recupero delle terre venete e si è opposto all'invio di artiglierie pesanti a Crema. Pregano che il Papa provveda.

Lettere dell'ambasciatore veneto a Roma confermano che il Papa è d'accordo a che la Signoria recuperi tutte le sue terre, come del resto ha scritto nel breve; per questo manda un messo al cardinale svizzero (tale Marchiò) per sollecitare la restituzione. Secondo un'altra informativa, parrebbe che il cardinale non voglia dare le terre alla Signoria acciò quelli ducheschi non si sdegnano.

Il 29 luglio il Capello scrive da Adorno in Lomellina che i francesi passano i monti per andare in Francia. Pare che il Triulzi abbia lasciato i francesi e si trovi a Casale Monferrato con tutte le genti italiane. I bresciani hanno raccolto fondi per prendere la città, ma non hanno un capo. Per lettere dello stesso del 30 si intende che Leonardo Emo partirà il 1° di agosto per andare provveditore nel bresciano. Il de la Palice è entrato in Francia. Egli provveditore, d'ordine del cardinale, ha mandato 400 cavalli leggeri contro il Triulzi, che è stato circondato. Il castello di Milano bombarda la città e tuttavia il cardinale vuole andare a Milano con gli svizzeri per riscuotere il taglione.

A Roma ed a Venezia si ordinano festeggiamenti per il recupero di Genova. Si apprende anche che il Papa è d'accordo per pagare agli svizzeri attraverso un banco milanese 8000 ducati. A Crema si sta trattando per ottenere la città ed il Consiglio dei X approva. Si decide anche di scrivere al Capello ed al Moro circa il messo che il Papa invia al cardinale, con ordine di dare a quest'ultimo 2000 ducati, per ingraziarselo.

Come si vede, nonostante i problemi che rimangono in molti dei territori occupati, come la persistenza dei presidi francesi a Brescia, Crema, Trezzo, Bergamo e Milano; nonostante il preoccupante stato dell'ordine pubblico, documentato soprattutto per Bergamo; e nonostante le difficoltà dei rapporti con lo scomodo alleato svizzero; la spinta realizzata dall'esercito veneto tra maggio e giugno è stata risolutiva per allontanare il nerbo della forza francese da tutta l'Italia settentrionale. Sul piano politico e strategico, poi, giugno si è dimostrato veramente un mese trionfale per la Repubblica veneta. Purtroppo però i problemi descritti non sembrano destinati a rapide soluzioni.