CAPITOLO 5 - MARZO

Con il ritorno delle città e territori di Brescia e Bergamo sotto la dominazione francese, par quasi che si vada esaurendo l'interesse di Venezia per l'area lombarda della Terraferma. Infatti, le menzioni di fatti riguardanti le due province nei diari del Sanudo diventano poco frequenti. Essendo Andrea Gritti prigioniero dei francesi e trasferito con Antonio Giustinian al castello di Pavia, è ora Paolo Capello ad informare la Signoria dell'evoluzione degli avvenimenti. Il 1° marzo egli si leva con l'esercito da Albeton e va ad alloggiare a Vicenza, dove ritiene che le truppe saranno più raccolte e sicure. Ma lì vi è penuria di ogni cosa: strame e granaglie, soprattutto, che sono state condotte a Padova per ordine della Signoria. Il Capello, riferendo del malcontento che serpeggia tra la truppa - 750 uomini d'arme - chiede denaro, e presto, a scapito di inconvenienti.

Il provveditore ha saggiamente dislocato spie nel veronese e nel bresciano per controllare l'evoluzione della situazione. E nei giorni successivi questi emissari riferiscono che i francesi hanno attraversato il Po a Casalmaggiore su ponti e barche e pare si dirigano verso Modena per saccheggiarla, proseguendo poi per Bologna, ove intenderebbero ricongiungersi con le truppe spagnole. Tien vadino per dar una streta a' spagnoli seguendo la reputatione auta, il che facendo, resteriano signori dil resto de Italia. E in questa sententia concore il signor gubernador, et hessendo inviliti spagnoli, dubita non li vadi fata: che Dio no 'l voia! [SAN, XIV, 13]. Un'altra spia riferisce che a Verona rimangono soltanto 1000 fanti, o poco più, circa 60 cavalli di stradiotti e alcuni altri pochi: tutti gli altri hanno attraversato il Po. La notizia dell'uscita delle truppe da Verona viene confermata a più riprese anche nei giorni seguenti. Questa pare ai capitani veneti una mossa di significato poco chiaro, sulla quale si svolgono consultazioni tra il Capello ed il Baglioni.

Da Ravenna si ha notizia che il campo tutto di spagnoli con tutto quello dil Papa esser solum lanze 1200, cavali lizieri 33 et fanti 6000 mal in ordine, et che volevano andar a campo a Rezo, ch'è tenuto per francesi, ma pativano assa' di fame... [SAN, XIV, 7]. Marin Zorzi, che è l'oratore veneziano presso il vicerè, conferma il 7 marzo la presenza dello stesso a Butri, vicino a Bologna. Lettere dell'oratore veneto a Roma del 26 febbraio informano che la notizia della caduta di Brescia è giunta anche al Papa, il quale ne ha avuto gran dolore. Egli sollecita la risposta di Venezia circa l'accordo con l'Imperatore e lamenta che gli spagnoli non abbiano fatto nulla. A Venezia, intanto, il 2 marzo ...fo dito Bergamo esser acordato dar a' francesi ducati 60 milia per la defetion fata a' francesi, et che domino Antonio Maria Palavicino, de chi era a Bergamo donatoli per il Roy, era intrato in la terra per tratar questo accordo, acciò non fusseno sachizati..." [SAN, XIV, 9]. Informazione davvero tempestiva perché nei documenti bergamaschi ancora non vi è notizia di un tale accordo.

Intorno al 5 marzo, dopo una rivista delle truppe venete, si decide di alloggiarle nei dintorni di Vicenza, nel tentativo di facilitare la disponibilità degli approvvigionamenti. Le truppe del Baglioni, in particolare, sono destinate a Malo, dove l'11 marzo si svolgono consultazioni tra il Capello ed il governatore delle truppe sulla situazione militare.

Questo per quanto si riferisce al quadro politico e strategico generale. Vediamo ora la situazione a Bergamo, sulla base delle informazioni del Libro delle Azioni. Procedendo per ordine di data, il 5 marzo [Az 11, 224r] il Consiglio è impegnato in deliberazioni di ordinaria amministrazione come il pagamento di bollette, il rifacimento dei tribunali dei giusdicenti di palazzo, della sala delle provvisioni e della cancelleria della comunità, che avevano subito danni nei recenti disordini. Si ribadisce anche un proclama del 27 febbraio, a che tutti i servitori, cavallari, conestabili, compagni e barocari della comunità, terrieri e forestieri e paesani, si presentino alla cancelleria della comunità e prestino garanzia di esercitare il loro ufficio in buona fede e legalmente e di sottoporsi a sindacato, secondo la forma degli statuti, in pena della privazione dell'ufficio, di 50 scudi e di tre tratti di corda. Il proclama viene pubblicato l'8 marzo sull'arengo.

Il 6 marzo, nella camera del Podestà ed alla sua presenza [Az 11, 224v], Francesco Suardi, tesoriere, Luca Brembati, Francesco Albani, Trussardo Calepio e Gerardo dela Sale, deputati autorizzati dal Consiglio maggiore, eleggono come oratore il cancelliere della comunità Francesco Bellafino, attribuendogli un salario di 5 lire al giorno. Egli si dovrà immediatamente recare a Milano per avvicinare il Gran Cancelliere Gian Giacomo Triulzi o chiunque altro, al fine di perscrutare eorum mentem erga civitatem et sollicite indagare si quid esset scriptum Regi contra civitatem et attente observare quid rursum veniat a Maiestate Regia et quotidie dare de omnibus notitiam ipsis dominis deputatis; et quod sine eorum mandato Mediolano minime recedat. Evidentemente, il Consiglio temeva le delazioni dei nemici della città e paventava le vendette del re per la sua infedeltà. L'oratore parte il giorno stesso e farà ritorno il 21 marzo. Esamineremo in seguito la corrispondenza che egli intratterrà con Bergamo.

Successivamente [Az 11, 225r], il Podestà ed altri 19 tra Anziani ed aggiunti discutono una petizione del capitano della rocca e di un nunzio del Generale di Normandia, incaricati dei fortilizi del Re, i quali chiedono, a nome dello stesso generale, che la rocca sia restaurata e munita a spese della comunità e venga rifornita di scorte di viveri e di artiglierie. Nel tentativo di stornare, o almeno di dilazionare, queste spese, si risponde che ci si consulterà con il Generale, il quale arriverà presto a Bergamo, e si eseguirà poi quanto egli ed il Luogotenente generale regio ordineranno. Intanto, si elargiscono al nunzio da parte della comunità fino a 10 scudi (o meno, se sarà opportuno, precisa il testo) perché egli faccia buona relazione al Generale di Normandia. Infine, si ordina a Oliverio Agosti di presentarsi al Luogotenente generale ed al Generale di Normandia, per conferire in merito alla spoliazione del commissariato della valle di san Martino. L'Agosti parte il giorno stesso, per tornare il 16 marzo. Anche su questo argomento, maggiori dettagli sono dati nel seguito.

L'8 marzo il Consiglio adotta un'altra disposizione tendente ad ingraziarsi le autorità francesi [Az 11, 225v]. Infatti, i sei deputati, per buoni e convenienti rispetti (una locuzione spesso usata per giustificare decisioni moralmente o giuridicamente dubbie, ma tuttavia ritenute opportune) ordinano di elargire cento ducati al Podestà G. Maria Guasco, in riconoscimento delle sue benemerenze e fatiche a favore ed utilità della stessa città per quanto ha indefessamente fatto e farà in futuro. Poiché egli stava alla podestaria da poco più di un mese, compreso l'intervallo dell'incursione dei veneti, non si vede quanto di buono avrebbe potuto fare: si tratta verosimilmente di una regalia per propiziarsi il suo appoggio in futuro.

E si arriva all'11 marzo [Az 11, 226r], quando il Consiglio elegge sei oratori presso il Gran Cancelliere ed al Generale di Normandia, per difendere i diritti, l'onore e l'innocenza della città E si propone la parte seguente: Ut omnipotens, pius et misericors Dominus civitatem hanc nostram Bergomi in sua pace disponat, ab omnibusque periculis et adversitatibus protegere ed deffendere dignetur, utque sensus et corda christianissimi Regis nostri suorumque illustrissimorum agentium illuminet et dirigat ad cognoscendam ipsius civitatis sinceritatem, innocentiam et bonam fidem erga christianissimam regiam Mayestatem; vadit pars quod detur facultas magnificis dominis Antianis inveniendi et emendi somas centum frumentate errogandas amore Dei monasteriis, locis piis et pauperibus civitatis. prout eisdem convenire videbitur; qui etiam domini Antiani habeant libertatem obligandi bona comunis pro ipsa frumentate quantitate. A parte la solennità del tono, non è chiaro come l'elemosina ai luoghi pii cittadini - certo in sé meritevole - avrebbe potuto evitare l'ira francese, illuminando il cuore del re e dei suoi funzionari. Bergamo sapeva benissimo di essere incorsa nella disgrazia del dominio regio. Comunque, la parte viene approvata con 12 contrari e sarà fatta eseguire il giorno successivo.

Nella stessa seduta, cinque dei deputati eletti il 21 febbraio, incaricano Luca Brembati e Ludovico Suardo di recarsi a Milano ad accompagnare il Gran Cancelliere ed il Generale di Normandia che presto verranno in città per istruire un formale processo sull'invasione dei valligiani e sul comportamento della città nel corso degli avvenimenti recentemente intervenuti.

Alla medesima data dell'11 marzo, il diarista aggiunge alcuni dettagli non irrilevanti: ...in concilio majori deliberatum fuit quod dentur de bonis communis somæ centum frumentatæ pauperibus amore Dei, ut Bergomum custodiretur Dei gratia a pestilentia et aliis ingraventibus malis; et fuerunt deputati d.ni Socinus Siccus, Ludovicus Suardus, Franciscus Albanus, equites, d.ni Michæl Maldura, Girardus della Sale, doctores, et Scipio Suardus ad assistendum coram ill.mo d.no Generali Normandiæ, et cancellario Senatus Mediolanensis, viris Gallicis, et magnæ auctoritatis a Christianissimo Rege delegatis pro inquirenda veritate mutationis status proxime causa Montanorum facti, et pro declaratione innocentiæ civitatis et bonæ fidei erga Regem [BER, 95r].

Infatti, per la seconda volta, entra nel quadro il problema della peste. L'esistenza di un contagio è documentata anche in una lettera dei conservatori della sanità di Milano ai loro omologhi bergamaschi. La lettera, del 13 marzo, [Lett. 9.3.3. # 134] così si esprime:

L'aviso ne date de le cose de la peste novamente acadute a Seriate de vostra iurisdictione, et a Villa de Serio et a Molina, tute a voy suposte, et l'origine possete pensar si habino, non mancho la provisione de sequestratione scrivete haverli facto; resta solo ce avisiate subito se modo alcuno li havete prestato al brusare le pellettarie et altre cose quale non si possino purgare. Però che intendemo li mandate doy homini experti in similibus, quali habiano ad brusare le pellettarie et netare ogni cosa; e quando non habiate persone experte, li mandarimo de qua, et de quali si possiano prendere fede. Non manchate adunque de darni subito risposta, aciò ve possiamo drizar epsi ministri quanto più presto ad expedire il tutto....

Evidentemente, oltre a quelli di Casnigo del mese precedente, vi erano stati altri casi sospetti a Seriate e dintorni. A parte le denunce, non risulta, tuttavia che altre più concrete disposizioni siano state prese contro la minaccia del morbo, contrariamente a quanto avverrà nei mesi successivi.

Il 12 marzo gli Anziani ordinano a Francesco Bellafino, che già si trova a Milano, ed a Ludovico Suardo, che presto vi andrà, di provvedere a che ufficiali di Milano o del territorio bergamasco si attivino, come hanno fatto in questi scorsi giorni, per la conservazione della giurisdizione della città, del Podestà e degli statuti e privilegi. Si incaricano poi Gerolamo Colleoni e Antonio Bonelli di fare un inventario dei libri e delle altre scritture dell'Ufficio del Malefizio scampati all'incendio appiccato dai villici che avevano occupato la città [Az 11, 227r].

Due lettere da Milano del Bellafino agli Anziani e deputati di Bergamo alla data del 13 marzo sono di interesse. Nella prima [Lett. 9.3.3. # 124/19] egli riferisce di essersi occupato dei diversi incarichi affidatigli, non tutti di facile ricostruzione. Nell'altra lettera [Lett. 9.3.3. # 124/20], egli riporta, tra l'altro:

...Ho intesso la electione deli doi mag.ci Oratori destinati ad venir a compagnar questi ill.mi Signori. Parer deli defensori et protectori nostri è che non se debbano meter in via fino ch'el ill.mo Normando non sia gionto qui in Milano, per che gionto sarà non se partirà per venir cusì in pressa, ma se iudica starà 3 o 4 zorni avanti se poni a camino; et tancto più che il zorno non se intende precisse del venir, avengi se dica marti proximo. Tuta via sciano le Magnificentie vostre che li Signori sono suditi et serveno al tempo. Quelle tamen disponeno come gli pare; verum est che io credo poterli avisar del zorno certo, per che pur uno giorno avanti il se solle intender, et de ogni cose sarò vigilante in tempo darvene noticia....

Francesco da Fine, un personaggio nominato nella prima di queste lettere - evidentemente un bergamasco al servizio di qualche influente personaggio di Milano, scrive a sua volta il 14 agli Anziani dicendo [Lett. 9.3.3. # 135]:

...Non accade le Signorie vostre me ringraciano de cose per mi fate et che sia per far, per che reputo fare per mi stesso. E bene che sia infimo et indigno, me aricordo che sono citadino de quella mag.ca cità. Le Signorie vostre me comandi, le me atrovarano obedientissimo et fidele. Miser Francisco Belaffino, zentilissima persona, è invero solicito acoro (?) et accepto al preditto Signor mio et lo vede molto volontera, sì per rispeto de le Signorie vostre, quanto per la desterità sua. De quello ho saputo et posuto non son mancato né mancarò. In bona gratia de le Signorie vostre sempre me aricomando. Questa lettera, che era certo ritenuta importante, fu presentata e letta in Consilio il 17 marzo.

Evidentemente, i bergamaschi ricorrevano ad ogni possibile appiglio, nel tentativo di volgere in loro favore una temuta sentenza di condanna da parte del governo francese. Fanno parte della medesima strategia di ricerca della benevolenza le disposizioni del 15 marzo prese in Consiglio [Az 11, 227v] al fine di approntare alloggiamenti degni del rango dei visitatori nelle case del tesoriere di Bergamo Francesco Suardi, uomo di sicura fede ghibellina. Vi sono anche segnali che la comunità di Bergamo avverta l'incubo di grandi pericoli. Alla data del 15 marzo, per esempio, ...frater Hieronimus Placentinus ordinis Servorum prædicabat Bergomi, et satagebat totis viribus ut omnes cives essent in concordia et mutua charitate, et processiones facerent ad placandam iram Dei, et gratiam impetrandam pro conservatione Bergomensium ab imminentibus periculis; et quia intellexerat quosdam iuvenes vilis conditionis comedisse carnes in hac quadragesima, et nonnullos dare operam ludis, ideo mandato d.ni Potestatis proclamatum fuit ut quicumque carnes sive lacticinia comederet in quadragesima, aut luserit, solvat ducatos 25 cameræ, et medietas sit accusatoris; ut quos Dei timor aut riverentia non tenet, poena mundana coherceat. Mirum certe fuit quod quasi quotidie multum pluit [BER, 95v]. E il cronista prosegue al 17 marzo: ...in concilio majori, persuasione suprascripti fratris Hieronimi, ordinatum fuit quod solemniter celebretur festum Sancti Joseph, et fiat devota processio ut eius precibus et intercessione hæc civitas concorditer et bene gubernetur, adversitates omnes avertantur et gratia Dei omnipotentis sit semper nobiscum. Amen. [BER, 96r].

Lasciando per un momento i bergamaschi a meditare su questi terribili future avversità, vediamo come andava evolvendo la situazione politica e militare. Il 10 marzo scrive lo Zorzi da Butri, dov'era il campo spagnolo: Come era stà fato le mostre di le zente de lì, et trovato esser lanze spagnole 900, cavali lizieri 1000, fanti 10 milia con li venturieri...Item, voleno far fanti 3000 a conto de la liga, per terzo. Item, che voleano passar Po e venir di qua; ma visto francesi tutti esser passati Po e venuti in parmesana, voleno restar et fortificarsi, e non li temeno; fanno stechadi, etc.... Quasi contemporaneamente, il cardinal svizzero Sedunense, legato papale in Lombardia, scrive da Ravenna ...come è lì, e vol venir a Venetia, et portar li ducati 16 milia auti dal Papa e Spagna per asoldar 6000 sguizari, et la Signoria etiam darà li ducati 8000 per la sua parte per questo effecto; però dimanda se li mandi pasazo securo... [SAN, XIV, 26].

Il 14 torna a Venezia e compare nel Collegio Domenico Contarini, nominato provveditore a Bergamo l'8 febbraio, che per l'inatteso ritorno dei francesi era rimasto per tutto quel tempo a Montagnana. Lui era vestito de negro, ma non referite..., appunta il Sanudo in uno dei suoi frequenti tocchi di costume. Il Capello invece informa che da Verona nulla ha, et perché de lì, in Verona, non sono grosse zente, però non è da temer. Scrive tutti i cavali lizieri sono extesi da San Zuan di la Rogna, San Bonifatio, Villa Nova et Archole, siché sempre si potrà esser advisati di la ussita de i nimici, e le nostre zente è fatte stringer tute in Schio e Montecchio con alcune altre ville propinque. Item, per uno venuto di Milan, partì domenega, a dì 6, dize lì si cominziava sentir sguizari prepararse per calar zoso, onde lui provedador à mandato uno suo fin a Como e Varese per certificarsi [SAN, XIV, 29].

Continuano le consultazioni tra il Capello ed il governatore delle truppe venete sulla situazione strategica, mentre le truppe spagnole si vanno ingrossando e si dirigono verso Ferrara e l'oratore degli svizzeri lascia Venezia per i suoi cantoni ad ordinare la calata di seimila armati, reclutati dalla Lega Santa. Intorno alla metà del mese, una lettera da Vicenza del Capello annuncia che, per ordine del governatore, tre compagnie di fanti, per un totale di 500 uomini, sono state dislocate a Montecchio; ma la situazione di Verona è calma. Altri informatori riportano che 3000 fanti francesi sono venuti per il Po ad Ostiglia e si dirigono verso Bondeno e Finale. L'esercito francese è numeroso e per tanto è necessario il Papa se ingrossi, et la Signoria fazi provisione di pagar queste zente (cioè le genti venete), si non voleno veder qualche gran ruina; et al modo si tien, non è da far guerra... nel nostro campo, è zente triste et valeno pocho, e sarìa meglio aver mancho numero et fosseno bone. L'ha scrito per più soe a la Signoria; non si vol far provisione: pacientia! [SAN, XIV, 32]. Alla medesima data, Matteo Sanudo scrive di sapere da Milano che gli svizzeri si stanno avvicinando. Tutte queste notizie sono puntualmente confermate nei giorni successivi.

A Bergamo i preparativi per l'imminente visita del Gran Cancelliere e del Generale di Normandia procedono con solerzia: il 15 marzo il Consiglio conferisce un formale incarico a Iacopo Benaglio di occuparsi degli alloggiamenti di questi personaggi presso il tesoriere di Bergamo, e di altre necessità connesse. Dando mandato, nel contempo ai rappresentanti a Milano di informare gli ospiti sui preparativi in corso [Az 11, 227v].

Da Milano l'oratore Bellafino puntualmente riferisce al Consiglio sulle mosse dei grandi ufficiali francesi attesi a Bergamo, e scrive alla data del 16 [Lett. 9.3.3. # 124/21]:

Habiamo riceputo le litere de vostre Magnificentie et intesso lo aviso dato al mag.co d.no Io. Tomaso dal ill.mo Gubernator circa lo allogiar in Vescovado deli ill.mi Signori nostri, et quanto ne comettono. Prefato ill.mo Gubernator et General non fez sono anchora gionti, se aspectano dimane. Gionti sarano, faremo quanto vostre Magnificentie ne cometteno. Faremo etiam intender al ill.mo signor Io. Iacomo la inobedientia dele litere de sua Signoria, et apresso quella et altri dove sarà bisogno. Daremo opera sia facto bona provisione....

Sembra di comprendere che gli ospiti preferirebbero alloggiare in vescovado. Poi, un'altra lettera dello stesso Bellafino da Milano il 17 marzo informa [Lett. 9.3.3. # 124/22]:

Questa matina siamo stati dal ill.mo signor Io. Iacomo et factoli intender le litere de sua Signoria non esser stà obedite. Subito ha facto rescriver, et manda uno suo trombeta a posta ad presentar dicte litere, per le qual comette che quelli capi de zente d'arme siano avanti sua Signoria sabbato proximo, per far restituir tuti li danari fusseno stà tolti a cadauno. Per tanto le Magnificentie vostre poterano far intender ali homini del territorio che mandano qualche uno di soi per dicto giorno sabbato, ch'el prefato ill.mo Signor ge farà restituir tuto quello ge sarà tolto.
Prefato trombeta mandiamo ale Magnificentie vostre: quelle ge ordinerano dove haverà ad andar per che tanto farà. Et ge useranno quella cortesia per la mercede sua ge parerà, havendo rispecto ala persona il manda, et sarà ben facto. Nec plura..
.

Il viaggio che il messaggero inviato per ordine del Triulzio compie sul territorio bergamasco è descritto in una lettera agli Anziani [Lett. 9.3.3. # 136/2] di Ludovico Suardo, Luogotenente in valle san Martino, data da Caprino il 18 marzo.

Subito che have disinato montay a cavallo e andete ala hostaria a levare il trombetta. Gionto che fui a Ponte Sancto Pietro, parlay cum el consolo, insieme con uno di fratelli de d.no Io. Philippo da Mozo, et li feci intendere il tutto del nostro andare, et li impose dovesseno andar per la val de Bre et avisar quelli homeni che erano stati oltregiati, che subito venessero a Bergomo a parlar cum vostre Spectabilità, et maxime cum d.no Obertino di Vegi et d.no Martino Ficieno, quali li drizariano per la via haveveno a fare; et così mi promiseno de far.
De poy anday a Prezate et trovay il consolo, el qual disse haver pagato un teston per cavallo al forero, aciò non alogiasse, che fureno 50 testoni; et li impose subito venisseno da vostre Spectabilità, utsupra.
Gionto poy a Terno, trovay el consolo, qual disse haver pagato ducati diese d'oro per fugere li alogiamenti di essi soldati; li comanday che subito venisse da vostre Spectabilità per intendere utsupra.
Dapoy scontray un da Carvico che veniva a Bergomo, et intese da luy che havevano pagato certa summa de dinari; li comanday venisse da vostre Spectabilità, utsupra. Gionto a Carvico, feci quel medemo comandamento a ditta terra, che venisse da voy.
Gionto che fuy a Villa, intendessemo la compagnia esser partita lunedì per andar a Como, per il che, essendo sera et piovando, ho condutto il trombetta a Caprino, dove giongessemo a hore 23. Et doman da maytina li darò una guida che lo condurà a Como. Et luy mi ha ditto voler tornar doman di sera qui a Caprino, sì che io lo aspetarò, et sabato damaytina veremo a Bergomo da compagnia...
.

E' veramente strano che le minute di un Consiglio di mercoledì 17 marzo non compaiano al Libro delle Azioni, e ciò tanto più perché la riunione fu di grande momento. Fortunatamente, tre diversi appunti permettono di ricostruire in dettaglio lo svolgimento della seduta. Innanzitutto, [Lett. 9.3.1 # 638] la lista dei partecipanti che, oltre al Luogotenente, al Podestà ed al Camerlengo furono - nominativamente descritti - 5 Anziani, 7 Deputati ed oltre 45 consiglieri. Poi, l'ordine del giorno dei lavori, nel corso dei quali venne letta, innanzitutto una lettera urgente dell'11 marzo del Generale di Normandia da Reggio, diretta al podestà Giovan Maria Guasco. La quale compare a tergo del medesimo documento [ibidem] e dice, tra l'altro:

...per la munitione de la rocha et capella de quella cità, quale sono state sachezate et consumate in la revolutione d'essa cità..., havendo inteso quanto n'ha esposto uno oratore venuto da parte dela cità predicta, volemo costrenzate la comunità dela cità predicta ad incontinente remetere el tutto de novo in ditte rocha et capella, dagando actione alla comunità predicta de agere contra li particulari delinquenti. Et così exequirete....

Letta la quale, come dice un altro documento [Lett. 9.3.1 # 636] ...volens dicta mag.ca Comunitas, ut par est, obtemperare preceptis prefati ill.mi d. d. Generalis, licet ipsa civitas iure merito ad predicta non teneatur, causis et rationibus iustissimis deducendis; ideo, premissa semper protestatione per spectabiles dominos Antianos prefate mag.ce Comunitatis ac Deffensores quod prefata mag.ca Comunitas de iure ad predicta non teneatur...; la Comunità stessa incarica i suoi oratori a Milano di scusarla presso il Generale e decide di eleggere alcuni uomini per dare esecuzione alle opere richieste. Inoltre gli Anziani approvano all'unanimità un'altra risoluzione:...quod de cetero sit feriata dies festi d.ni sancti Ioseph, et fiat publice proclamatum quod sit feriata ipsa dies festi d.ni sancti Ioseph in genere, et de die teneantur clause apotece; et ponatur in statutis noviter compilandis.... L'elezione dei deputati per dare seguito all'ordine del Generale ebbe luogo nel medesimo Consiglio. Di essa si conservano [Lett. 9.3.1 # 637] lo scrutinio delle votazioni e la risoluzione, che dice: D. Baptestinus Rotha, d. co. Ludovicus Suardus, d. Sipio d. Iohannis Iosephi Suardus, d. Iohannes de Albano ellecti fuerunt ad agendum et providendum et exequendum supra contentis in litteris ill.mi Generalis Normandie hodie lectis in Consilio in quibus continetur debere restitui seu reponi munitiones abrepte ex Rocha et Capella hiis diebus proxime preteritis, et faciendum exequtionem contra malefactores etc....

L'ultima risoluzione del Consiglio è quella cui il Beretta fa riferimento, come si è detto, alla data del 17 marzo. Le grida per l'osservanza della festa di san Giuseppe sono in [Lett. 9.3.1 # 633]. Eccone il testo:

Per parte et comandamento del mag.co et cl.mo d. Zoan Maria, dignissimo Potestà da Bergamo et suo..., si fa proclama et notification ad cadauna persona chi tene botega nela cità et nei borghi de Bergamo, soto pena de soldi vinti per cadauno, debano tenir serato el dì de sancto Iosep, qual serà domane, zoè adì XVIIII de marzo presente; et non serà perdonata.
Item, che el dì de sancto Benedeto, qual serà adì XXI del presente, se darà la elemosina de pani milli de frumento bianchi, de onzi XII per pane, a poveri mille; et si celebrerà la missa solenne ala capella del dito sancto in la gesia de sancto Vincentio, ala quale debeno venir quelli sono obligati, secondo le bolle papale et consueto. Et se notifica quel zorno esser feriato et suspenso in genere, come sono le altre ferie di altri sancti feriate in lo statuto.
Item, che chadauni quali sono sequestrati per li deputati contra la peste per esser suspeti, debeno star in casa, et segondo li è comandato per diti deputati; et se contrafarano, che li possa esser offesi in la persona impune cum balestri et altri armi et petre et bastoni; et ultra li sia pena scuti XXV doro, qual li serà tolta como se potrà intrar in casa sua senza suspeto.
Item, che quando se farà le procession, quali se farà como se conza el tempo, similiter se tengano serati le botege utsupra, et cadauno venga ad le dite ... et cum devotion et oration consueta, soto la dita pena, aciò che Dio omnipotente conservi questa cità da peste et guerra et de altri damni.
Item, che non sia alguno, de que età et condition se sia, qual ardischa de far batayole de alcuna sorte et quali sono in questi zorni comese in diversi logi della cità et burgi, sotto pena de liri dese imperiali; et se serano puti, debeno esser scorazati et li padri et patroni siano tenuti per i fioli et famey, et siano aplicadi al arbitrio nostro...
.

Quanto all'ordine di scrivere agli oratori a Milano, non vi è dubbio che così fu fatto, e rapidamente. Infatti, al 18 marzo, gli oratori bergamaschi, che hanno avuto notizia a Milano della risoluzione presa circa la munitione di la Rocha et Capella, riferiscono [Lett. 9.3.3. # 136] di aver parlato con il Governatore.

...Et per che Monsignor Generale è persona iustissima, multis consideratis, a nuy pare che le Magnificentie vostre non debano ultimar questa cosa, ma aspectar che sua Signoria sia là, dove se potrà far intendere le resone de la cità, et de poy si farà tanto quanto parerà a la Signoria sua.
Dal ill.mo signor Gubernatore havemo inteso che sabato il prefato ill.mo Monsignor generale, Monsignor Vice Cancelero et Monsignor de Mons, Capitanio di Iustitia, andarano a Casano et dominica verano a disnar a Bergamo, in compagnia de li quali verrà il prefato ill.mo Gubernatore. Et per che sue Signorie voleno stare più unite et più vicine che ponno, però le Signorie sue circa li logiamenti me ha ditto: che Monsignor Generale sarà in casa dil mag.co Thesorero, Monsignor Vice Cancellero et la Signoria sua in casa de miser Piero et miser Galeazo Suardi, et monsignor Capitanio in casa de mi Ludovico. Però le Magnificentie vostre farano che al tutto sia posto bon ordene, aciò non si habbe vergogna. Et sarà bene mandar uno a Casano sabato, per poter melio sapere el numero de le persone et il tutto accaderà, quali anchora sabato di note ritorni a Bergomo...
.

Aspettando la delegazione francese, si svolge a Bergamo il 19 marzo una riunione del Consiglio, della quale però il Libro delle Azioni - ancora una volta - non fa parola. Traccia di questa riunione rimane tuttavia in una minuta di verbale [Lett. 9.3.1 # 635], dalla quale si può arguire che le decisioni prese in quell'occasione dal Luogotenente, dal Podestà e da nove o dieci Anziani non furono di grande momento. Innanzitutto, un rimborso di 5 lire ad Andrea Gallo, che era stato mandato dalla comunità a Caravaggio ed era stato derubato; poi, l'elezione di Gerolamo Colleoni e Lazzaro Barilli all'ufficio delle Vettovaglie; la revisione di un conto presentato dal massarolo; l'elemosina di un ducato ai frati di san Domenico di Brescia; e infine, la sospensione di una esecuzione giudiziaria.

L'attesa che era andata montando a Bergamo per l'arrivo di tutti i dignitari annunciati finalmente va verso il suo compimento. E così Die dominico 21 martii 1512 venerunt Bergomum cum multa comitiva ill.mi d.ni Thomas generalis regius vicecancellarius, capitaneus justitiæ Mediolani, d.nus Leo Senator Regius, Antonius Maria Pallavicinus cum aliis nobilibus; hospitati sunt in domibus Suardorum; proclamari fecerunt nomine regio ut die crastina (22 marzo) hora 15 omnes patresfamilias, seu capita familiarum, civitatis et burgorum Bergomi sint in platea, omnes absentes compareant in termino dierum octo sub poena furcæ et rebellionis [BER, 96r]. Anche il Bellafino fa evidentemente ritorno con loro, perché le sue lettere si interrompono dopo il 18. Prima di descrivere gli avvenimenti a Bergamo, è tuttavia necessario rivalutare la situazione dell'esercito, perché si vanno profilando eventi fortunosi.

Alla data del 17, Matteo Sanudo da Vicenza riferisce a Venezia che i francesi meditano di passare il Po. Questa mossa lo preoccupa perché potrebbe significare la perdita di Padova. Il 18 riferisce ancora che la guarnigione di Verona si va ingrossando; che le truppe venete si concentreranno tra Padova e Vicenza e rimarranno unite. E manda informazioni sul numero delle truppe francesi, che intendono attaccare. Marin Zorzi aveva scritto da Butri il 15 che vi era penuria di vettovaglie al campo spagnolo e che i francesi si andavano ingrossando, accampandosi presso Parma. Infine, il 18 marzo l'oratore veneto presso il vicerè invia dati sulla consistenza degli spagnoli, i quali si sono spostati a Gelpho, a 10 miglia da Butri.

Il Capello informa il 22 da Verona che le zente erano lì si partiva per brexana e parte andava a Milan, per rispeto che intendeno sguizari voler calar zoso; siché in Verona poche zente è rimaste [SAN, XIV, 47], notizie confermate contemporaneamente da Matteo Sanudo. Passano intanto per Venezia gli ambasciatori svizzeri diretti a Roma, dove intendono stringere una confederazione con il Papa contro i francesi. Un messo venuto da Milano informa la Signoria circa alcune mosse per un eventuale accordo tra il re francese e Venezia, con proposte specifiche. Di questo si avverte il Papa e si ragiona molto, in discussioni che continuano fino al 24 marzo. Gli organi decisionali di Venezia meditano sulla politica delle eventuali alleanze, con relazioni dei Savi circa le possibili condizioni di un accordo.

Il campo veneto è fermo a Vicenza, e da lì il 25 il Capello informa: ...lo campo di francesi, da numero persone 20 milia passate et 500 venturieri, ritrovarsi et tuti alozano al Final e verso il Panaro... et che li spagnoli alozano a la Pieve di là dil Ren, e sono bon numero e non temeno dicti soi inimici, ma che ogni zorno molti de quelli sguazano el dito fiume et assalta qualche francese, i qual stanno con grandissima paura, et maxime de esser asaltati la note, et per questo fanno grandissime custodie, maxime la note.... Riferisce anche di scaramucce tra i due eserciti. Il 26 arriva a Venezia il cardinale Sedunense svizzero che viene accolto con grandi cerimonie sulle quali Marin Sanudo a lungo si sofferma. Nei giorni successivi il porporato viene ricevuto dal Doge in Collegio, dove apre trattative formali con la Repubblica [SAN, XIV, 54].

Mentre si prolungano le discussioni politiche, verso la fine del mese il Capello scrive che il campo francese, alloggiato a Bentivoglio, è stato assalito dagli spagnoli; i francesi hanno chiesto rinforzi e pare che siano in arrivo da Milano 10 mila fanti. Il duca di Ferrara ritorna alla sua città dopo essere stato malmenato dagli spagnoli in uno scontro tra francesi e spagnoli in cui questi ultimi avevano avuto la meglio.

Due lettere del Capello del 31 da Vicenza riferiscono di uno scontro a Butri avvenuto il 27 tra francesi e spagnoli, che ha visto prevalere gli spagnoli. Pare che costoro siano molto forti e sarebbero sicuramente vincenti in uno scontro campale; i francesi chiedono soccorsi a Bologna, Ferrara e Milano. Anche secondo un altro militare, Baldisera Scipion, che ha visitato i due campi gli spagnoli sono più forti. ...Item, disse, che tra alemani et francesi è comenzato a venir gran discordia, e che l'Imperador ha fato 8 dimande al re di Franza grandissime, e questo fo per trovar occasion di rompersi con lui... [SAN, XIV, 72]. Come si vede, l'intera struttura delle alleanze si sta disfacendo.

Può essere utile fornire anche qualche valutazione quantitativa dello sforzo bellico messo in atto da Venezia. Secondo dati del Sanudo [SAN, XIV, 65], intorno alla fine di marzo. la consistenza numerica ed il costo delle truppe venete sul fronte occidentale (che è quello che qui interessa), sono così ripartiti:
Gente d'arme 720 corazze 7500 ducati
Balestrieri 604 balestrieri 2671 ducati
Stradiotti 498 stradiotti 1729 ducati
Fanterie 4804 provisionati 14958 ducati
Altri militari (bombardieri, aiutanti, carrettieri, bovari) 70 uomini 304 ducati
Spese di stato maggiore 706 ducati
Il totale ammonta a 26858 ducati al mese + 150 ducati di spese straordinarie. A questo si deve aggiungere una spesa (pure essa dettagliata, ma incompleta) per i militari impiegati nel Friuli.

E ritorniamo ora a Bergamo dove finalmente, dopo una lunghissima attesa e grandi timori, drammaticamente si apre la scena sul processo del dominio francese alla città e territorio. Ecco la descrizione che di questa vicenda ci ha trasmesso il Beretta: Die lunæ 22 martii hora 15 vel circa sedebant sub palatio suprasripti ill.mi d.ni Proceres regii, et ibi per mag.cum d.num Potestatem Bergomi, coram capitibus familiarum Bergomi in maximo numero, lecta fuit longa narratione quædam querela qua in effectu imputabatur civitas universaliter, quod fuisset rebelles Christianissimo Regi; et concludebat de punitione inferenda; quare omnes esse conscientia dicebant unus erga alium non fuisse rebelles, sed coactos fuisse cedere armis et viribus montanorum, et tunc non affuisse officiales nec magistratus regios qui providerent deffensioni civitatis, et alias rationes allegabant, et cum surrexisset reverenter d.nus Michael Maldura responsurus cum aliis deputatis, fuit ei responsum pro tunc nolle aliam responsionem; sed cives secum consulerent quid melius pro civitate faciendum. Post prandium autem, d.ni Deputati et alii numero quindecim convenerunt in loco concilii et, re disputata, fecerunt responsionem in scriptis pro declaratione innocentiæ et bonæfidei civitatis erga Christianissimum Regem; et cum præsentassent ea omnia ill.mo Generali non fuit acceptata, sed eos admonuit ut die octavo compareant Mediolani coram Suæ Dominationi, et d.no Cancellario, ad allegandum quicquid vellent. Eo die post prandium ducti sunt in Capellam detenti d.ni Trusardus comes de Callepio, Leonardus Comendunus eques, Galeas Columbus doctor, d.ni Iohannes Albanus, Andreas comes de Callepio, Aluisius Passus, Nicolaus Bongus, Stephanus Vianova, Federicus Rivola, et successive plures alii, videlicet, Isnardus Colleonus, Augustinus Albanus, Baptista Zoncha, Franciscus de Ciserano, Zaccharias Passus, Iohannes Franciscus Bellafinus, Venturinus Moronus [BER, 96v]. Forse, dopo tutto, i bergamaschi non avevano avuto torto a spaventarsi.

Come di consueto, il Libro delle Azioni non porta alcun riferimento preciso a questa riunione. Solo, alla data del 22 [Az 11, 229r], un elenco di 16 persone elette dal Consiglio alla voce ed all'unanimità a difendere le ragioni della città, come e dove sarà necessario. Ecco i loro nomi: Francesco Suardo, tesoriere, Michele Maldura, Trussardo Calepio, Benedetto Gislandi, Luca Brembati, Gerardo dela Sale, Soccino Secco, Pietro Assonica, Ludovico Suardo, Oliverio Agosti, Francesco Albani, Clemente Vertova, Leonardo Comenduno, Alessandro de Tertio, Fermo della Valle, Scipione di Eleuterio Suardi.

L'arresto e la detenzione in Capella del conte Trussardo Calepio e di una ventina di altri gentiluomini bergamaschi è confermato dallo stesso Calepio nel suo diario [CAL] che comincia così:

...notum sit qualiter io fui condutto in Capella in man del castelan qual si chiamava monsignor di Cosenz, qual hera vascon et per lì fu conduto per el capitano de giustitia de Milano con circa fanti 50 et lì fu condutto adì 22 marzo 1512 dove gli erano altri citadini da Bergomo nel ditto loco numero circa 20 et stetti in dita Capella fin a 7 del mese de zungo del suprascripto anno, che furno giorni 78, computato il giorno dela retention et el zorno de la partita mia.... Si è già accennato al fatto che il 29 marzo il conte Trussardo fu sottoposto ad un interrogatorio nella fortezza della Cappella [CAL, C. 15, fasc. g, alla fine del fascicolo] del quale tuttavia egli non fa menzione del suo diario. Questo diario è stato pubblicato nella sua interezza in [SILINI e ZONCA, 2001].

Alla data del 23, poi [Az 11, 229r] - e si noti che queste due registrazioni sono fuori sequenza nel testo delle Azioni - tre dei sei deputati incaricati nella risoluzione 21 febbraio, decidono di dare 50 scudi del denaro pubblico a Bartolomeo Isabello, segretario di Antonio Maria Pallavicino, in riconoscimento delle sue fatiche e pericoli per essersi recato (a nome del Governatore e della stessa comunità) a Brescia presso il Luogotenente Generale Regio al tempo in cui quella città era stata saccheggiata, e di essersi adoperato perché Bergamo non fosse essa stessa depredata de quo valde timebatur, quod omnipotentis Dei gratia effectum est. Come si noterà, si tratta nel complesso di notizie piuttosto scarne ed irrilevanti, rispetto all'importanza ed alla drammaticità delle materie che si agitavano in città: ancora una volta, gli atti ufficiali della comunità si dimostrano inadeguati a fornire un quadro informato e veritiero della situazione a Bergamo. Pare tuttavia verosimile che la nomina di questi difensori civici sia precedente alla riunione descritta dal Beretta nel corso della quale fu proclamata la ribellione della città, perché il testo del cronista fa riferimento al discorso di Michele Maldura con gli altri deputati; ed anche perché tra i deputati nominati si descrivono Trussardo Calepio e Leonardo Comenduno, che sono tra coloro che furono portati prigionieri in Capella.

E' rimasta [Lett. 9.3.1. # 639] un'interessante minuta di un bando datato 23 marzo 1512, che contiene in sommario le accuse formulate dal governo francese a carico della città e del territorio, in ordine al loro comportamento al momento in cui i veneti avevano fatto la loro rapida incursione in città. Dice il testo:

Opositiones contra civitatem et districtum facte et publicate sub palatio Bergomi ad Tribunal factum in instantia per mag.cos d.nos Vicecancellarium Bergomi et Generalem Normandie et nostrum Gubernatorem, sub die XXIII marci 1512, hora XV vel circa, astante populo magno.
Quod vocaverunt rusticos;
Quod admisit rusticos totius territorii venientes sine ...mentos et cum aliquibus capitulis male conditionibus(?);
Quod dederat auxilium et favorem ipsis rusticis;
Quod posuerit insignia inimicorum, deletis prius insignis Regis;
Quod clamaverit nomen divi Marci;
Quod etiam fecerit demonstrationes letitie campaneis et igne;
Quod apperuit civitaculam et arcem;
Quod munitiones regias derubaverit;
Quod fecerit novum Consilium, eligendo inimicos Regis;
Quod miserit cives Brixiam pro obtinendis privilegiis et pro petendis presidiis et copiis auxiliantibus;
Quod era solemniter publicaverit;
Quod multa alia comiserit.


Si tratta, in tutta evidenza, di un dettagliatissimo, anche se stringato, atto d'accusa, nel quale nulla viene risparmiato ai bergamaschi. Formulato il quale, ...Die 26 martii 1512 ill.mi d.ni Generalis, Capitaneus justitiæ, Antonius Maria Pallavicinus abierunt ex Bergomo et iverunt Mediolanum; et dictum fuit quod Helvetii volebant venire in Italiam per vallem Augusta pro subsidio Pontificis. Bergomi autem remanserunt d.ni Vicecancellarius et Leo Senator ad formandos processus contra suspectos de rebelione [BER, 97v]. Un appunto di Luigi Chiodi dal titolo "Una cena per il Generale di Normandia" [Bergomum, 52, 187-189, 1958] trascrive una lista dettagliatissima delle spese sostenute dal tesoriere Suardi per la venuta dei dignitari francesi (in tutto, 30 cavalli) in occasione della visita a Bergamo tra il 21 ed il 25 marzo [il documento è all'Archivio Grumelli nella Curia vescovile di Bergamo].

Alla data del 26 marzo, il Beretta riferisce [BER, 97v] dell'elezione di oratori presso il dominio francese a Milano, elezione che è invece meglio descritta al Libro delle Azioni, ma in data 27 [Az 11, 229v]. In quell'occasione il Consiglio, alla presenza del Luogotenente G. Tomaso della Torre, del Podestà, di dieci Anziani e di numerosi aggiunti propone di eleggere sei cittadini i quali, secondo la citazione del Generale di Normandia, si rechino a Milano per dichiarare e difendere la sincerità, innocenza e buona fede della città verso la cristianissima Maestà, contro le imputazioni che le vengono mosse. Se necessario, gli ambasciatori potranno valersi dell'opera di avvocati e dovranno abitare tutti insieme. La parte viene presa con cinque voti contrari. Dopo una lunga disputa su quanti componenti e di quali famiglie debba comprendere l'ambasceria, si passa all'elezione a bussole e balle e risultano eletti il Tesoriere Francesco Suardo, il cavaliere Francesco Albani ed i dottori Michele Maldura, Oliviero Agosti, Pietro Assonica e Alessandro de Tertio. Costoro lasciano Bergamo il 29 e tornano il 9 aprile; ed ancora ripartono il 16 e ritornano il 24 aprile.

Ma intanto è ricomparsa la peste: Gerardo della Sale e Gerolamo Colleoni vengono incaricati (26 marzo) di raccogliere tutti i poveri che non hanno abitazione in città, di rinchiuderli in luogo isolato, e di trovare loro del cibo. Quanto alla riparazione delle fortezze, un'azione rimasta in sospeso in attesa dell'arrivo degli ufficiali francesi, Luca Brembati e Antonio Bonelli (al posto di Giovanni Albani, carcerato nella Cappella, e di Ludovico Suardi, commissario a Caprino, impediti ad esercitare il mandato) vengono incaricati di provvedere.

Infine, sciolto il maggior Consiglio, rimangno gli Anziani ed a loro il Luogotenente Giovan Tomaso legge una lettera del Generale di Normandia con cui si ordina alla comunità di risarcire allo stesso Giovan Tomaso i danni da lui patiti ed i beni depredatigli al tempo in cui i valligiani avevano invaso la città. Nulla viene però deciso in proposito. Il testo di questa lettera [Lett. 9.3.1. # 632] è in un bel documento con firma autografa e sigillo datato da Bergamo il 26 marzo, cioè poco prima della partenza del Generale, e dice:

...Essendo noto a ciaschuno li danni ha patito miser Iohan Thomaso de la Torre, Locotenente de lo ill.mo signore Antonio Maria Pallavicino Gubernatore nostro, il quale in questa revolutione è stato sachezato et spoliato de tutti li suoi fornimenti, paramenti et utensili di casa, formento, vino, cavalli et altre robe et biave; et del damno suo non è stato resarcito; parendone che del tutto sia restaurato adciò possa cum meliore corre perseverare ne la fede et servitù sua verso la Christianissima Regia Maestà; ve commettamo et mandemo che per quanto haveti caro la gratia Regia, li pagati in continenti tutte le preditte robe integralmente, ita che resti ben satisfacto, facendoli anchora conzare tanti loci in Citadella che comodamente possa rehabitare al loco suo; riservando però a voi potere havere actione contra de qualuncha di coloro che l'hano sachezato et ruinati dicti loci. Havendo però bona informatione del tutto et intervenendoli li agenti per la predicta Comunità, li quali sieno insema anchora cum li fiscali de la Regia Camera....

La questione del risarcimento dei danni al della Torre trova conclusione nel Consiglio del 27 [Az 11, 229v], allorquando i partecipanti, udita un'allocuzione dello stesso danneggiato, eleggono Paolo Benaglio ed Antonio Bonelli, insieme con il sindaco del comune Ludovico da Alzano, a svolgere indagini presso tutti coloro che sono stati depredati dei beni, al fine che questi si possano recuperare; per i beni mancanti si potrà risarcire il richiedente. Si ordina poi alla voce, sempre bonis et decentibus respectis, di dare al della Torre sui beni comunali 100 scudi per risarcimento delle cose e dei mobili a lui depredati, senza pregiudizio per i diritti della comunità, con l'intenzione di recuperare il tutto dai malfattori e depredatori dei beni stessi.

Infine, si ordina agli oratori che partiranno per Milano lunedì 29 di attivarsi perché la città stessa, la quale ha sofferto molti danni per l'invasione dei rustici, sia autorizzata a farsi risarcire dai responsabili dei danni sofferti. La supplica inoltrata dagli oratori al Generale di Normandia in esecuzione di questo mandato è stata conservata in copia [R.99.23, 51r (anche in MMB 324 f. 8r)].

In questa atmosfera grave e preoccupata, continuano le cerimonie propiziatorie della comunità contro i paventati pericoli, nelle quali si distingue il solito fra Gerolamo da Piacenza, che trova così il modo di far costruire una cappella e di fondare una congregazione intitolate a san Giuseppe. Die dominico 28 martii 1512 frater Hieronimus de Placentia ordinis Servorum, post prædicationem producto quodam vexillo in quo erant imagines beatæ Virginis Mariæ et Sancti Joseph, hortatus est totum populum ut acceptaret in patronum et protectorem civitatis Sanctum Joseph et capellam fabricaret in ecclesia Sancti Gotardi, et attentis periculis imminentibus bellorum, pestis, carestiæ et captivitatis maximus numerus hominum utriusque sexus, præcedentibus fratribus Sancti Gottardi cum cruce et dicto vexillo cantantibus hymnum "Iste Confessor Domini", exiverunt ad dictam ecclesiam; et coepta est schola seu societas sub nomine Sancti Joseph [BER, 98r].

Appena giunti a Milano, gli ambasciatori inviati dal Consiglio bergamasco si attivano. Si colloca a questo punto, infatti, la loro supplica al Generale di Normandia, data da Milano il 30 marzo [R.99.23, 51r] di cui è interessante l'inizio. Dice che havendo in questi dì proximi la cità di Bergomo per la invasione et occupatione novissimamente fatta supportado molti gravi danni, così per la destructione de loci publici, come per altri modi, al restauro deli quali per ogni debito di ragione debbeno li malfactori esser constretti, si chiede al podestà di Bergamo di perseguire i colpevoli e costringerli al totale risarcimento, procedendo contro di loro sommariamente. Al testo della supplica segue l'ordine esecutivo del Generale in data 30 marzo.

Il giorno seguente, gli ambasciatori sono già in grado di mandare agli Anziani della città da Milano [Lett. 9.3.3. # 136/3] le prime notizie interlocutorie:

Segondo l'ordine, in questa matina a hore XV semo stati a la audientia de li ill.mi Signori Gran Cancellero et Generale, et li è stà exposto per nome de questa mag.ca Comunità tute quelle excusation debite parevano convenir al caso nostro in deffensione universale de la cità. Tandem, pluribus hinc inde dictis, le sue Signorie hano risposto che in questo caso loro sono puri ministri, et come nudi ministri ne hano significà la mente de la Christianissima Maestà esser questa, videlicet: che la cità sia privà de ogni privilegio, immunità, exception, redditi et perventi havuti da la Regia Maestà et che prima haveva; et dapoi ne hano comandato che infra triduum dobiamo presentarli tuti li privilegii concessi per la Maestà Regia et de Venitiani.
Al che per nui è stà repplicato la cità nostra esser innocentissima, et che firmamente credevemo esser de mente de la Regia Maestà che in questo caso se deba assumer le information de la innocentia nostra, et che da po' se deba iudicar secundo la iusticia; dicendo anchora che la cità nostra voleva destinar soi oratori a la Christianissima Maestà per deffension de essa cità, et a ciò che in hoc sia fata la iusticia. Et a questo le sue Signorie resposeno che loro non impediveno che non mandassemo da la Regia Maestà; et de poi anchora subiunxeno che li soi delegati quali se trovano de là per tuto luni se deno ritrovar a Milano, et che anchora meglio intenderano da diti delegati la verità.


Da prudenti consiglieri, gli ambasciatori consigliano anche di inviare la missione al Re cristianissimo ...remetendose però a la prudentia de le Magnificentie vostre.... Subinde, non mancharà che al termine predito ne siano mandati li originali privilegii diti, aciò li possiamo presentare a li prediti Signori, secondo lo comandamento suo, quali perhò presentaremo non simpliciter, ma cum le nostre protestation et debite reservation. Da poi anchora, vederà per ogni via de mandarne le copie de le cride fate de deponendis remisatis (?) adì 5 de febraro, quale fu scrite per Io. Antonio da Assolaro. Ulterius, mandemo a le Magnificentie vostre la littera del ill.mo Signor Generale circa li danni patiti per la città in questa novità, quale cum ogni diligentia et celerità farete exequir. [si tratta verosimilmente dell'ordine del Generale di Normandia sopra citato, in calce alla supplica degli oratori del 30 marzo].

L'ordine regio circa la privazione dei privilegi e la consegna materiale dei documenti originali viene impartito per iscritto. Infatti, sono del 31 marzo certe lettere consegnate dal re francese ad alcuni ambasciatori bergamaschi [CALVI, I, 388]. In base ad esse, la città viene privata di tutti i privilegi in precedenza concessi ed invitata a presentare a Milano gli atti originali, insieme con quelli delle concessioni venete.

Ed il giorno stesso Michele Maldura, uno degli oratori, scrivendo a Martino de Ficienis, cancelliere della comunità di Bergamo, accusa ricevuta di alcuni privilegi. Pare tuttavia di capire che siano alcuni di quelli concessi dal re francese, presumibilmente quelli del 24 luglio 1509, essendo i primi privilegi regi quelli del 17 maggio del medesimo anno. Dice il testo [Lett. 9.3.1. # 671]: ...in questa hora dal presente latore havemo riceuta la copia deli secondi privilegii, dil che vi ringratiemo, et tanto più averlo mandato senza spesa. Havemo scrito ali mag.ci Anciani il tutto. Domani saremo in audientia....

Con il ritorno dei francesi, anche Martinengo deve subire gravissime taglie e persecuzioni degli uomini che avevano parteggiato per Venezia. Il podestà Orabono viene sostituito da Antonio Pallavicino e la comunità tenta invano di ingraziarsi i francesi con regalie [CAPRONI et al., 1992].

Il governo francese tenta di imporre un qualche ordine nei territori riconquistati, ma le condizioni del commercio e dell'agricoltura rimangono precarie. La situazione dell'ordine pubblico degenera: in alcuni casi il sopraggiungere delle truppe francesi riesce a riportare un minimo di normalità e d'ordine; in altri casi sorgono iniziative di autogoverno locale; in altri ancora i giusdicenti che erano fuggiti fanno ritorno e riprendono le loro funzioni. Il disordine pare essere la regola dovunque.