CAPITOLO 6 - APRILE

Messa Brescia a sacco, domata la rivolta a Bergamo con il pagamento di sessanta mila ducati, riorganizzato l'esercito a Milano, il duca di Nemours si era rimesso in campo nelle Romagne, dove si era raccolto l'esercito spagnolo-pontificio. Il vicerè Raimondo di Cardona, per parte sua, era molto dubbioso sulla convenienza di esporsi in un confronto diretto con i francesi, perché si sentiva inferiore all'avversario. Egli attendeva l'arrivo delle truppe svizzere ingaggiate per la campagna d'Italia: solo allora avrebbe potuto pensare ad uno scontro campale. Riteneva anche che l'appoggio promesso alla Lega Santa da Enrico VIII si sarebbe presto concretizzato in una minaccia sulla Francia da nord, nel qual caso l'esercito francese in Italia avrebbe dovuto almeno in parte spostarsi per contrastare l'attacco. Esattamente queste erano tuttavia le ragioni che spingevano invece il duca di Nemours ad attaccare al più presto. Per provocare gli spagnoli allo scontro, verso l'inizio di aprile egli cinge d'assedio Ravenna, una mossa studiata per stanare e convincere il Cardona ad impegnarsi.

L'ordine del Collegio al provveditore Paolo Capello di contrastare i francesi sul Po e bloccare eventuali rifornimenti all'esercito regio da Milano, viene eseguito il 1° aprile. Alla stessa data, vengono a Venezia le prime voci da Chioggia su una possibile battaglia tra francesi e spagnoli. Arriva anche una valutazione dell'entità delle forze in campo: diciassette mila francesi al comando del Foys e quattordici mila tra spagnoli e papali, al comando del Cardona. Mentre giungono lettere dell'oratore veneto a Roma, con molte notizie sullo svolgimento delle trattative per l'alleanza tra gli spagnoli ed il Papa, continua tra i Savi la discussione sulle clausole dell'altro accordo tra Venezia e l'Imperatore. Nel Consiglio dei X si discute, su sollecitazione del Gritti, in merito ad alcune nuove proposte del Triulzi su un possibile accordo con i francesi. Ma alla fine la Signoria chiude alle proposte del Triulzi, decidendo di non insistere su quel progetto.

Le notizie che il Sanudo fornisce tra il 4 ed il 10 aprile durante la settimana santa sono scarse e poco interessanti. Ma l'11 aprile, giorno di Pasqua, arriva l'annuncio che la tregua con l'Imperatore è stata conclusa a Roma il giorno 6. I capitoli prevedono, in sintesi: una tregua tra l'Imperatore e la Signoria fino a tutto il prossimo gennaio; l'Imperatore dovrà sottoscrivere il trattato entro due mesi, al qual tempo la Signoria gli verserà 40 mila ducati, 20 mila subito e 20 mila all'arrivo del cardinale curzense a Roma; i denari sono da considerare a buon conto di quelli che la Signoria gli darà al momento della firma di una pace definitiva; il Papa garantisce l'accordo. Notizia della tregua viene spedita al Capello, al quale si affida l'incarico di ...comunichar col governador zeneral, e levar le ofese e mandarla a dir a Verona a li comessarii cesarei, fazino questo medemo [SAN, XIV, 87]. Il 12 aprile il Capello da Vicenza informa di aver eseguito e dice che, dopo la pubblicazione della tregua sulla piazza, sono seguiti festeggiamenti; ma restano impellenti le necessità di denaro.

Il primo segnale dello svolgimento di una battaglia campale a Ravenna tra francesi e spagnoli arriva dal podestà di Chioggia, con l'indicazione che questi ultimi avrebbero perduto, e che il de la Palice è stato condotto prigioniero a Cervia. Un'altra lettera dello stesso podestà, scritta due ore dopo, dice di avere appreso da testimoni oculari che Ravenna è in mano francese ed è caduta il 12 aprile: il duca di Ferrara è entrato in città ed il campo spagnolo è in rotta; i militari spagnoli ripiegano verso sud. Queste prime notizie, ancora molto confuse, vengono prese molto male in Pregadi.

Nei giorni successivi, tuttavia, l'evento consumatosi a Ravenna si va chiarendo, mentre si formalizza la separazione tra francesi e spagnoli con l'allontanamento dei rispettivi ambasciatori: siché horamai publice quelli do reali sono a la guerra. Ecco come il 14 aprile il podestà di Chioggia descrive la battaglia di Ravenna: ...a dì 12, in Rimano fu sonà gran campanò per esser stà roto el campo francese, et ch'el dito con spagnoli è stato a le man e taiose tanto a pezi che una parte et l'altra si messe in fuga; e francesi fuziteno a la volta di la Bastia, e spagnoli a la volta di Rimano; sichè una parte e l'altra sono roti. E che in questo mezo calò zoso li brisigeli con Babon di Naldo, erano a Faenza, e tolse tutte le artelarie di francesi, et il signor Marco Antonio Colona ussì etiam lui da Ravena e tolse il resto... Ravena si tien... Item, scrive, a Ferara non è stà fato festa alcuna, ch'è segnal francesi è roti... [SAN, XIV, 95]. Cominciano anche a giungere a Venezia alcuni militari feriti nella battaglia, ma la verità su chi sia davvero uscito vinto o vincitore nello scontro permane per molti giorni incerta.

La città di Bergamo, per parte sua, ha problemi molto scottanti da risolvere. Innanzitutto, quello della peste. Nella riunione di Consiglio del 2 aprile [Az 11, 230v] la comunità prende atto che la minaccia di un contagio incombe e gli Anziani propongono di eleggere cinque cittadini di diverse agnazioni per imporre a tutta la città un prestito di 300 ducati, da riscuotere al più presto e da spendere come sarà necessario per combattere il morbo che si sta diffondendo, e per nessun'altra causa. Si eleggono per questo Gerolamo Agosti, Giovan Pietro Ceresoli, Bertolino Baniati, Galeaz de Vertua e Fermo Crotta. Anche il diario del Beretta fa riferimento a questa decisione del 2 aprile, aggiungendo altre informazioni, come segue: quia pestis pululabat in diversis vicinantiis, et civitas non habebat publicos introitus seu redditus sufficientes continuis impensis, positum est imprestitum ducatorum 300 pro succuriendo et providendo in casu pestis; et item, omnes pauperes redacti sunt in hospitali Sancti Marci in prato; et singulæ familiæ civitatis, ex eorum arbitrio et devotione, dabant singulis diebus certos panes defferendos per deputatos dictis pauperibus ut possent alimentari, et ne vagarentur in periculo pestis [BER, 98v].

Non si trattava solo di una minaccia: la mortalità specifica andava veramente aumentando, come si può desumere da certi documenti [MIA 1995] dove risulta che la comunità gia dall'8 aprile pagava salario e cibo ai becchini che aveva assunto. Altri deputati alla sanità (Gerolamo Colleoni, Gerolamo Agosti e Galeaz de Vertua) saranno eletti dal Consiglio il 4 aprile [Az 11, 231v], insieme con due revisori, per controllare le spese ordinate dagli stessi deputati.

Il secondo grave problema che occupa i bergamaschi è quello menzionato nella lettera degli oratori del 31 marzo, secondo la quale il Re intendeva privarli di ogni privilegio, immunità, esenzione e reddito da lui o da altri in precedenza concessi. L'ingiunzione agli oratori era di presentare entro tre giorni i privilegi originali veneti e francesi. Nella seduta del 2 aprile [Az 11, 230v] il Consiglio discute a lungo su questa richiesta e alla fine decide di trasmettere i privilegi originali agli oratori. Dice a questo proposito il diarista [BER, 98v] ...et postea tractatum fuit in concilio majori de mittendo oratores ad regem in Franciam pro declaratione innocentiæ et bonæfidei totius universitatis, quia Generalis Normandiæ et Cancelarius Parlamenti in Mediolano dicebant Bergomum fuisse rebellem, ita quod tota civitas erat in merore propter hoc; et quia plures cives erant detenti in Capella et quotidie fiebant orationes Deo ut liberaret ab his malis; et suprascriptus predicator (cioè fra’ Gerolamo da Piacenza, molto attivo in questi frangenti) continue omnes hortabatur ad confidentiam in Deo, si poeniterent, etc.

Con generosità e sollecitudine - com'era opportuno per ingraziarsi il dominio francese - il 5 aprile il Consiglio liquida le spese dei funzionari rimasti a Bergamo dopo la partenza dei rappresentanti regi, per un totale di 167 scudi. Il giorno stesso, alcuni dei cittadini catturati e detenuti all'arrivo dei francesi vengono rilasciati. Die lunæ 5 aprilis dimissi sunt ex Capella d.ni Leonardus Cumendunus, Johannes Albanus, comes Andreas Callepius, Nicolaus Bongus, Aluisius Passus, Augustinus Albanus, Franciscus de Ciserano, Baptista Zoncha, Venturinus Moronus; ex Citadella Suardus Coleonus [BER, 99r].

Con il passare dei giorni, la minaccia del contagio continua a crescere, tanto che riesce sempre più difficile radunare il Consiglio maggiore. Pertanto, il 13 aprile si decide di eleggere dieci probiviri che, anche a maggioranza di due terzi, possano discutere e decidere a nome dell'intero Consiglio circa quello che scriveranno e tratteranno gli oratori a Milano [Az 11, 232v]. I quali ultimi erano nel frattempo ritornati e si apprestavano a ripartire con le medesime commissioni già loro conferite. I probiviri eletti con titolo di deputati alle occorrenze della città [ibidem] sono: Soccino Secco, Fermo della Valle, Bartolomeo da Calepio, Gerardo dela Sale, Gerolamo Poncino, Nicolò de Bongis, Benedetto de Passis, G. Filippo de Mutio, Bertolino Baniati, Albertino de Vegis. Costoro vengono anche autorizzati a liquidare le spese dei cittadini che avevano ospitato le alte cariche francesi il mese precedente; a saldare i conti con il Tesoriere Francesco Suardo ed altri che avevano prestato denari alla comunità; ed a provvedere infine al pagamento degli oratori, con libertà di trovare i denari necessari mediante sovvenzioni, prestiti o altrimenti.

Ci è pervenuta [Lett. 9.3.3. # 137] una lettera all'apparenza abbastanza criptica di Iacobo Oliverio e Thomas Bolier ai Presidenti della città di Bergamo, data da Milano il 12 aprile 1512.

Havendo de novo littere de la Christianissima Regia Maestà per le quale expressamente ne comanda che senza più differire circha la cità et territorio de Bergamo vogliamo exequir quanto per altre la Maestà sua ne ha comisso; et essendo impossibile per le continue occupatione che ne sopravengono che nuy possiamo vachare a questi effecti; mandiamo li d.ni Bartholomeo Frecero, Filippo Vesconte et Ludovico Picanto, cum comissione che vi faciano intender quanto circha la spitialità vostra la preditta Christianissima Regia Maestà ne ha ordinato; sì che vi confortamo ad prestarle indubitata fede, et crederli non mancho quanto se nuy proprii vi parlassimo....

Il significato del documento viene chiarito il 14 aprile, quando, appena ricevuto, esso (si tratta di fatto di un atto di credenziali) viene letto in Consiglio. In quella sede i tre commissari, a nome dei loro rappresentati, comandano ai rappresentanti della città e sobborghi, che entro quattro giorni paghino 40 mila ducati alla Camera regia, oltre ai danni subiti dai privati; e ciò a compensazione delle gravissime spese ed incomodi e danni subiti per spostare l'esercito francese da Bologna a Brescia, strappata in febbraio dalle mani dei veneti. Della riscossione viene incaricato il ragioniere fiscale Giovanni Zambelli. Il Consiglio prende atto della richiesta e si riconvoca per il giorno seguente. Per garantire un'assidua partecipazione, si stabilisce una pena di 10 ducati ai componenti che non si presenteranno.

Così il Beretta descrive questi fatti (con una piccola discordanza delle date, come si noterà): Die 13 aprilis 1512 venerunt in concilium Bergomi Bortolomeus Ferrerius et Philippus Vicecomes, magistri intratarum regalium Mediolani, multis verbis narrantes quod ipsa civitas propter rebellionem dederat causam Regi conducendi milites ex Bononia et aliunde, pro recuperatione Brixiæ et Bergomi; et petebant ducatos quadraginta millia pro impensis totidem in dicta causa militum tantum; et fuit eis responsum quod hæc civitas non fuerat rebellis nec inobediens Regi, sed quod culpa et defectu eorum qui nomine Regis debebant gubernare ac deffendere hanc civitatem et subditos occupata fuerat per montanos et alios; et quod petebant licentiam eundi ad Regem pro excusatione imputationis et declaratione innocentiæ et boneæ fidei erga Regem. Et sic die subsecuta [14 aprilis] facti sunt oratores ad Regem d.ni Franciscus Suardus thesaurarius, et Alexander de Tertio, doctores; et die subsecuta dicti domini vocaverunt ad se in civitaculam plurimos cives et singulis eorum mandaverunt nomine Generalis Normandiæ et Cancellarii Parlamenti ut per totam diem lunæ exhibuisse sibi deberent varias summas ducatorum. Sed ipsi miserunt Mediolanum d.nos Petrum Sonicam, Ludovicum Rotam, Lucam Brembatum et Hieronimum Coleonum, qui obtinuerunt litteras suspensionis, donec re melius intellecta, aliter super eam deliberatum fuerit [BER, 99r].

Il Consiglio del 15 aprile è - comprensibilmente - piuttosto burrascoso [Az 11, 235r]. Alcuni Anziani propongono che Ludovico Suardo e Francesco Albani già eletti oratori, si presentino al re in Francia per difendere l'innocenza della città, nonchè per altri incarichi che saranno loro assegnati dal Consiglio, oppure dalla maggioranza di due terzi dei dieci deputati eletti, partendo da Bergamo non appena ne riceveranno l'ordine. Ma la parte è rigettata per 21 a 31 voti. La proposta viene allora modificata nel senso che i due oratori, se necessario, vadano dal Re a scusare l'innocenza della città e per qualsiasi altra ragione di interesse pubblico. Essi non dovranno tuttavia partire fino a quando il Consiglio, oppure i due terzi dei dieci deputati, lo ordineranno. Questa nuova parte passa con 9 contrari.

Ma riemerge a questo punto la questione dei beni dei ribelli che tanti attriti aveva procurato a partire dal 1509. Si propone infatti la parte seguente:

Quoniam notorio experimento compertum est multas in preteritum ortas fuisse discordias in presenti civitate pro quodam capitulo bonorum rebellium in privilegiis regis inserto, et in futurum ipsas disensiones dicta de causa puluraturas et aucturas; ideo, ad tollendas discordias civitatis et ad conservandam bonam amicitiam inter cives, attento quod aequum non est ut civitas partem civium tueatur, alteram vero partem impugnet impensa ipsius civitatis; vadit pars quod de cetero nomine publico nullus orator mittatur ad aliquem locum neque aliqua impoensa fieri possit nomine ipsius civitatis pro deffensione contentorum in dicto capitulo loquente de bonis rebellium; sed illi qui in premissis bonis interesse pretendunt suis impensis se ipsos tueantur, non autem pecuniis nec favore ipsius civitatis; exceptis semper bonis Pietatis.

Il senso di questa proposta sembra molto chiaro: alcuni cittadini (presumibilmente la fazione filo-francese) si opponevano a che la comunità globalmente appoggiasse a sue spese la difesa di un privilegio che discriminava cittadini di parti avverse. Alla parte non si associa Paolo Benaglio, ma i voti che essa riceve non sono comunque sufficienti. Si svolge infine lo scrutinio per l'elezione dei due oratori approvati e si scelgono il Tesoriere Francesco Suardo e Alessandro de Tertio.

L'incarico affidato agli oratori era, come si è visto, abbastanza generico e non si riesce ad arguire nè dal testo delle Azioni né dalle informazioni che essi inviano a Bergamo da Milano nel corso della loro missione quale via d'azione essi stiano precisamente perseguendo. La prima informativa è del 17 aprile ed è diretta ai dieci deputati della città [Lett. 9.3.3. # 136/5]. Eccone il testo:

Hoggi, agionti fussemo a Milano, andassemo a trovare lo ill.mo Gran Cancelliere, et parlato havessemo a sua Signoria, ne remise che dovessimo essere cum Monsignor Generale di Normandia, al quale cossì parlassimo quanto occorreva. Et tandem, in su la sera, tutti duy che si ritrovorono insieme ne disseno che domane ale XX hore ne darano rissoluta risposta, quale Idio voglia che sia bona.
Ulterius, li mag.ci Vice Cancelliero et Leone, che erano per ritornar a Bergamo, per la venuta nostra ne hanno ditto de differire alquanto inanzi che venghino. Altro non vi possiamo di presente avisare. Alla giornata, secondo accaderanno le cose, ne daremo celere noticia a le Magnificentie vostre, ale quale se racomandemo. Insuper, se il mag.co Thesoriero potesse venire domane, ne piaceria summamente, perché credemo saria ad qualche cosa in buon proposito per la terra. Et quando non possa venire, richiedeti che ne mandi subito di qua la comissione nostra, che rimase apresso sua Magnificentia
.

Bisogna dire intanto - purtroppo la lettera non è firmata nominativamente - che il tesoriere bergamasco Francesco Suardo non faceva parte del gruppo degli oratori, benché egli fosse stato eletto a questo proposito il giorno 17; il che conferma l'informazione fornita sopra dal Beretta, secondo cui, nonostante fossero stati eletti Francesco Suardi e Alessandro Terzi, altri furono invece gli ambasciatori inviati a Milano. In secondo luogo, vi dovevano essere questioni circa l'autorizzazione degli oratori a trattare le materie loro affidate, se si rendeva necessaria la consultazione del testo preciso delle loro commissioni. Nulla si riesce a capire purtroppo dai documenti circa la sospensione dei pagamenti richiesti, alla quale fa cenno il Beretta.

Quanto alla progettata visita dei due deputati, che sembrava dover essere rimandata, essa ebbe invece luogo, se si deve prestare fede ad un'altra informativa del 18 aprile ed al fatto che, come si vedrà, essi si trovavano a Bergamo certamente il giorno 20. L'informativa in parola è del 18 aprile [Lett. 9.3.3. # 136/8] e dice:

Como vi havemo scrito per d. Ioanne Sedrina, questi do signori Delegati, videlicet, Monsignor Vice Cancellero e Monsignor Leone, domane a cena se trovarano a Bergomo, et hano eleto lo alozamento in casa del mag.co miser Ludovico Suardo. Et per che li havemo trovati molto favorevoli ale rason nostre, et in questa causa hano grandissima autorità, a noy non è aparso per hora de denuntiare quella conclusione quala fo fata in concordio, videlicet, che non se intendano di haver salario da la Comunità nostra per sua mercede [evidentemente la comunità aveva deciso di non sobbarcarsi le loro spese o il loro compenso]; immo crediamo essere aproposito nostro che a quelli Signori sia fato honore, et che siano carezati, visitati, et ge sia presta ogni reverentia. Pur le vostre Magnificentie sono sapientissime, le quale disponerano circa ciò tuto quello ge parerà, et secundo li successi nostri ala giornata se potrano governare. Bene valeant Magnificentie vestre, quibus nos plurimum se comendamus.
P.S. Insuper, el secretario di Signori prediti è stato in questa sera da noy, dicendome per nome de sue Signorie vi scrivessemo che sue Signorie sarano a cenar de lì e che li dovesti far preparare
.

Nella quale, in sostanza, oltre a dare notizie e disposizioni circa l'arrivo dei due delegati, gli oratori raccomandano di usare con loro ogni cautela e gentilezza per non indisporli. Evidentemente essi ritenevano che, nelle circostanze che si andavano preparando, fosse necessario avere quanti più amici possibile, perché il momento nel quale Bergamo avrebbe dovuto alla fine rendere conto dei suoi atteggiamenti passati al dominio francese si stava ormai avvicinando.

E veniamo al problema dei privilegi, questione di grandissimo momento perché su di essi si fondavano i diritti costituzionali ed istituzionali, nonché gran parte delle attività economiche e commerciali della città.

Nel corso dell'assemblea del 20 aprile [Az 11, 236v], il Consiglio prende atto di una lettera - che non ci è pervenuta - degli oratori con la quale essi informano che il Gran Cancelliere ed il Generale di Normandia di nuovo richiedono tutti i privilegi originali concessi alla città, sia quelli veneti che quelli francesi. I due dignitari francesi hanno ordinato che i privilegi vengano esibiti al Vicecancelliere e a Leone Beloni, Delegati in depositum, i quali sono già arrivati a Bergamo. Si prende atto anche di una richiesta degli stessi Delegati - in base ad un ordine ricevuto a Milano in presenza dei medesimi oratori - che i privilegi siano loro affidati per essere presentati ad ogni richiesta del Re. Dopo molte dispute pro e contro, si conclude alla voce che i privilegi originali siano affidati ai delegati, accompagnandoli tuttavia dalla dichiarazione seguente [ibidem]:

Cum per ill.mos d.nos Magnum Cancellarium et Generalem Normandie pluries penaliter requisita sint oratoribus huius civitatis Bergomi originalia privilegiorum christianissime Regie Maiestatis et Venetorum huic civitati concessorum; idemque etiam per mag.cos d.nos Bartolomeum Ferrerium, Philippum Vicecomitem et Ludovicum Picantum commissarios predictorum illustrissimorum dominorum in pena ducatorum decem milium preceptum fuerit in Consilio huius civitatis, deliberaverintque hec civitas seu representantes eam non incurrere crimen inobedientie a quo semper aliena fuit, sed tanquam filia obedientie parere quibuscumque nomine christianissime Regie Maiestatis requirentibus; cum expressa tamen declaratione et protestatione quod per exhibitionem insertam non intendunt preiudicare aliquibus privilegiis nec iuribus suis, nec exequi nec exequtionem facere alicuius comminationis vel precepti quod crimen aliquod inobedientie vel alterius conditionis importaret ipsi comunitati; in depositum et omni utiliori et honorabiliori modo quo melius pro ipsa civitate fieri potest, actualiter exhibuerunt et consignaverunt infrascripta originalia privilegia ill.mis d.nis vicecancellario et Leoni Belono regio senatori ad ista subdellegatis, et maxime attenta promissione nostris legatis Mediolani facta de non disponendo aliter de ipsis privilegiis quam placuerit predicte regie Maiestati et ea repetita Bergomi nobis per predictos d.nos subdellegatos; et attento quod nostrum non est in dubio perquirere quid velit domini nostri disponere de ipsis privilegiis nec qua causa ea velint videre; et predicta omnia fecerunt et faciunt cum expressa reservatione omnium et singulorum iurium et beneficiorum huius civitatis.

Il testo della Azioni elenca quindi i privilegi che sono: i cosiddetti primo e secondo privilegio reale, dati rispettivamente da Caravaggio il 17 maggio 1509 e da Milano il 24 luglio 1509; ed otto privilegi veneti tra il luglio 1428 ed il febbraio 1459. L'atto di consegna risulta redatto il 21 aprile 1512 in casa di Ludovico Suardi, alla presenza dei due delegati citati i quali ricevono i documenti e promettono come nell'atto, in presenza di testimoni.

L'atto di consegna, di cui rimane traccia [Reg. Duc. A, 174v (anche in MMB 324 f. 8r)] era tuttavia stato preceduto da una ricognizione dei privilegi originali. Si tratta di un lungo testo, nel quale alcuni notai fanno un elenco degli originali esistenti a Bergamo, che sono:

Francesco Foscari... Comparentibus ad conspectum nostrum..., 9 luglio 1428;
Francesco Foscari... Semper consuevit ducalis nostra clementia..., 20 dicembre 1428;
Francesco Foscari... Ad nostram comparuerunt clementiam..., 24 settembre 1440;
Francesco Foscari... Per egregios iuris utriusque doctores..., 8 dicembre 1446;
Francesco Foscari... Spectabiles Oratores fidelissime..., 9 dicembre 1448;
Francesco Foscari... Coram nobis comparentes..., 7 luglio 1453;
Francesco Foscari... Per spectabiles Oratores..., 23 giugno 1454;
Pasquale Malipiero... Fuit ad presentiam nostram..., 16 febbraio 1459.

I testi di tutti questi documenti sono conservati alla Civica di Bergamo [nel menzionato Registro delle Ducali A]. I notai asseriscono di aver confrontato gli originali e di averli trovati concordanti con i testi trascritti in questo libro. Il tutto a futura memoria, nel caso in cui gli originali vadano perduti. L'operazione è del 20 aprile 1512. Si noterà che mancano dalla lista i due privilegi francesi, che si trovano tuttavia in copia alla stessa Biblioteca [rispettivamente, al Registro delle Ducali, f. 156r ed al Registro R.99.23 f. 17v].

Anche il Beretta narra della consegna dei documenti di privilegio nel modo che segue: Die 19 aprilis 1512 redierunt Bergomum d.ni Leo et Vicecancellarius ad perficiendum processus contra cives detentos in Capella, arce et civitacula, et die subsecuta [20 aprilis] nomine Regis petierunt a civitate sibi tradi omnia privilegia et indulta per Regem, tanquam si civitas indigna facta esset dictis privilegiis et omni beneficio Regio; et fuit responsum per cives quod destinaverant oratores ad Regem pro declaratione innocentiæ et bonæ fidei erga Regem, qui etiam defferrent ipsa privilegia; sed tamen necesse fuit ea tradere ipsis d.nis Leono et Vicecancellario; et oratores non iverunt in Franciam, quia tractatum fuit de componendo [BER, 100r].

Ritornando infine brevemente all'importante seduta del 20 aprile [Az 11, 236v], il Consiglio, considerato che Iacopo de Redrizatis, ragioniere del comune, è sequestrato dai deputati alla sanità per sospetto di peste, gli si sostituisce nell'ufficio Alessandro Bresciani, con il solito salario. Il che rappresenta un'ulteriore informazione della continuazione del contagio.

Gli ambasciatori bergamaschi si rifanno vivi da Milano il 21 aprile con una lettera [Lett. 9.3.3. # 136/6] dalla quale si desume che i conti finali dei francesi riguardo alle materie finanziarie sono risultati addirittura pegggiori di quanto la città temeva. Per non parlare poi del trattamento loro riservato che pare, a dir poco, offensivo. Scrivono:

Ozi, secundo lo ordine a noy dato, fossemo a casa del ill.mo Generale, dove conviene lo Monsignor Cancellere e lo Monsignor Gubernatore nostro, et ne feceno richieder dal prefato signor Gubernatore ducati cinquanta milia. Al quale noy respondessemo che la cità may non pagaria un soldo per imputatione alcuna ge sia data per rebellione; dicendoli noy anchora cum admiratione che la summa era cresciuta. Qual ne respose che la adiuncta de ducati dece milia era per li XXVI milia ducati richiesti a particulari; et noy respondessemo che non parlavemo noy per particulari, ma solum per la cità.
Da poy sua Signoria fece la risposta nostra ali prefati ill.mi Signori, et da poy ritornò, dicendo che li prefati ill.mi Signori dicevano che noy eravamo venuti a delegarli. Et noi dicessemo voler parlar ale soe Signorie che il prefato signor Gubernatore me disse che non me volevano aldir altramente, ma che dovessemo venir a casa a far li fati nostri, che loro faceveno li soy.
Da poy longamente aspetassemo lo mag.co Cancelliero, al qual parlassemo asay cerca le cose nostre, et mi respose non poteva far altro, et che dovessemo mandar li oratori nostri ala Maestà Regia, et presto presto, et che havemo fato male a differir tanto. Dal quale per sua monitione sono per retornar domane a parlarli, ma credemo che questo non sarà lo ultimo refugio a mandar li oratori utsupra.
Seti sapientissimi, fareti tanto quanto vi parerà. Pur da po' che haveremo parlato cum el prefato signor Cancellero, daremo aviso del tuto et aspetemo bona licentia da vostre Magnificentie de venir a casa...
.

Come promesso, il giorno seguente essi compiono un ultimo tentativo di convincere il Cancelliere, e di questo vi è traccia in un'altra lettera da Milano del 22 ai deputati bergamaschi [Lett. 9.3.3. # 136/7]:

Questa mattina per el correro scrivessemo ale Magnificentie vostre come aspettavemo hoggi havere la ultima ressolutione de questi ill.mi Signori cercha la cose di la tera. Et cossì da po' disnar, havendo noy di ogni cosa parlato cum il Gran Cancelliero, ne fu finalmente datta risposta in nome di essi ill.mi Signori, certamente molto horribile et che asay ne è dispiaciuta, cioè, che per ogni modo sue Signorie intendeno volere da la cità nostra cum li borghi tutta la summa dimandata, videlicet, li ducati 50.000; et che se fra 4 zorni non se trovaveno, la cità nostra se ne pentirebe et gli provederiano loro; et che più non bisognava parlar d'altro accordo.
Il che essendo cossì risposto, a noy pare non debiamo più aspettar qua, dove non si trova buon rimedio ali fatti nostri, ma voressemo venir a caxa. Et cossì pregamo vostre Magnificentie ne diano bona licentia di venire, et quanto più presto sia possibile; altramente sabbato deliberamo esser a Bergamo, aut cum avixo vostro aut senza, non vedendo poter operar cosa bona per adesso, commo è preditto. Bene valeant Dominationes vestre
.

A questo punto le trattative tra Bergamo ed il dominio francese paiono proprio bloccate. Diamo allora uno sguardo all'evoluzione della situazione politico-militare sul piano generale. Le informazioni che continuano ad affluire a Venezia circa la battaglia di Ravenna permangono a lungo incerte. Ma a poco a poco si va chiarendo che lo scontro era stato cruentissimo, soprattutto perché il terreno piatto e scoperto non aveva consentito accorgimenti tattici o diversivi, ma gli eserciti avevano dovuto affrontarsi a viso aperto in furibondi corpo a corpo. Quando gli spagnoli si erano ritirati, avevano lasciato sul campo dell'ordine di diecimila morti, oltre alle artiglierie ed alle salmerie, che erano cadute in mano nemica. Il vicerè si era salvato rifugiandosi precipitosamente in Ancona. Tuttavia, ingentissimo era stato anche il numero dei francesi morti, ivi inclusi molti tra i più prestigiosi capitani di quell'esercito, e soprattutto lo stesso capitano generale, il duca di Nemours. L'esercito francese, anche se virtualmente vincitore, ne era quindi uscito disfatto ed acefalo: la classica vittoria di Pirro.

Il nuovo capitano francese, il signore de la Palice, che aveva il doppio dell'età e dell'esperienza del suo successore, ma non pari coraggio e rapidità di decisione, aveva occupato Ravenna, dove era seguita un'orgia di uccisioni, stupri e ruberie, tale da oscurare perfino quella recente di Brescia. Poi, si era ritirato a Bologna, portando con sé il feretro del suo giovane predecessore, in attesa di nuovi ordini. E' possibile che lo stato di demoralizzazione e di apatia delle truppe non permettesse ai francesi altro corso d'azione, ma è ancor più certo che ciò conferì nuovo slancio ai veneziani ed al Papa.

Il 16 aprile, in base a dettagliati rapporti sullo svolgimento della battaglia, nonché sui nomi ed i numeri delle perdite subite da ambedue le parti, dopo consultazioni con gli ambasciatori residenti spagnolo e pontificio, il Collegio della Repubblica decide di inviare al vicerè in Ancona il segretario Vincenzo Guidotti, per invitare il vicerè a riorganizzare l'esercito, dal momento che i veri perdenti erano stati i francesi. La Signoria invia anche al Cardona Giovan Battista Spinelli, conte di Cariate, ambasciatore spagnolo a Venezia, con sovvenzioni in denaro. Fino al 20 aprile, tuttavia, si susseguono nei diari del Sanudo nuove e più particolareggiate relazioni sullo scontro di Ravenna, a testimoniare l'importanza che quell'evento cruciale aveva assunto per la politica delle alleanze.

Anche la situazione di Verona viene tuttavia seguita attentamente, dal momento che, dopo la stipula della tregua intervenuta con Massimiliano, non erano seguite colà concrete azioni per implementarla. A più riprese il Capello cerca di agganciare le truppe imperiali, che si trovano in città insieme con soldati francesi, inviando loro messaggi di conciliazione, ma la loro risposta è di grande cautela, dal momento che non vi sono ordini precisi dall'Imperatore. L'incertezza, resa più acuta da informazioni circa preparativi bellici, truppe che entrano ed escono dalla città, segni di allegrezza dal significato poco chiaro, non verrà risolta fino ai primi giorni di maggio.

Sul fronte meridionale, l'esercito del Cardona si va intanto riorganizzando e rafforzando con truppe spagnole fresche sbarcate a Napoli. Dopo settimane di quasi assoluta assenza di notizie dalla Lombardia, si riporta a Venezia che tutto el bergamasco è in arme et aspectava sguizari, perché zonti, volevano far gran cosse contra zerti milanesi, li quali li hanno destruti da poi si deteno ala Signoria nostra e ritornorno soto Franza [SAN, XIV, 143]. Notizie che purtroppo non possono essere confermate dalla documentazione locale. A proposito degli svizzeri, vi sono contatti con il cardinale sedunense loro rappresentante che sta a Venezia e dice di voler andare in persona da loro per farli muovere li quali doveano, poi la octava di Pasqua, far la dieta e risolversi et venir zoso, e promesseno esser per tutto il mexe presente nel stato de Milan, maxime li 6000 conduti per la liga nostra.... [SAN, XIV, 144].

Proprio per fronteggiare un'eventuale calata di queste truppe, si muove anche l'esercito francese. Il 25 aprile, secondo informazioni da Chioggia, pare che i francesi si vadano ritirando verso la Lombardia per affrontare gli svizzeri. Contemporaneamente, anche il Capello informa da Vicenza ...come à aviso monsignor di la Peliza con 400 lanze, a dì 23, passò per Modena e va ala volta di Milano; e questo ha per molte vie. Item, ha letere in questa sera, di Mantoa, di Paulo Agustini. Come il resto dil campo francese vien alozar al Final, ch'è alozamento ad ogni loro proposito sì per Ferara come per Bologna e tutta la Romagna, e ponno esser immediate in Lombardia [SAN, XIV, 161]. Il 26 pare che i francesi stiano facendo un ponte sopra il Secchia per passare verso Milano e il giorno seguente si apprende che i francesi, 300 lanze, hanno passato il fiume e poi hanno demolito il ponte.

Poco o nulla di questi movimenti degli svizzeri, e in generale, degli avvenimenti che si susseguono sui diversi fronti, traspare dalle risoluzioni che il Consiglio di Bergamo va discutendo ed approvando sullo scorcio del mese di aprile. Nella seduta del 23 [Az 11, 238r] il Consiglio, tra l'altro, decide a stretta maggioranza di dare libertà ai dieci deputati di recuperare sui beni della comunità quella maggior somma che sarà possibile, da spendere per l'invio degli oratori a sua Maestà e per soddisfare ai debiti che la comunità continua ad avere nei confronti del Tesoriere Francesco Suardo, di Ludovico Suardi e Galeaz de Vertua. Evidentemente, i bergamaschi erano ancora intenzionati a ricorrere direttamente al re per vedere riconosciuta la buona fede della città e per evitare in tal modo il pagamento delle pene minacciate. Il Consiglio del 24 va deserto e si riconvoca il giorno successivo.

In quest'ultima occasione [Az 11, 239v], si propone che nelle urgentissime necessità che la città sta attraversando si dia facoltà ai dieci Deputati (con una maggioranza di sette) di imporre prestiti e di reperire tutto il denaro possibile, da inviare agli oratori a Milano per difendere l'innocenza della città e per pagare i creditori. Pare di comprendere, da questa risoluzione, che il nuovo proposito sia quello di limitarsi a difendere la causa della città a Milano, senza accedere al Re. I prestiti da imporre saranno restituiti dalla comunità appena possibile, senza pregiudizio e senza che una tale procedura sia presa come esempio per il futuro. La parte viene approvata con dieci contrari, cioè con una buona maggioranza. Ma il Consiglio viene riconvocato per l'indomani.

Di fatto, alla data del 26 aprile si registrano due sedute del Consiglio. Nella prima [Az 11, 240v], si propone che la medesima libertà data ieri ai Dieci sia data anche ai sei oratori già eletti che sono andati a Milano, cosicché i sedici insieme, a maggioranza, abbiano gli stessi poteri del maggior Consiglio; e quanto faranno abbia valore come se fosse deciso dal Consiglio stesso e nonostante altre risoluzioni contrarie. La parte passa con tre voti contrari. Nella seconda seduta poi [Az 11, 241r], dodici dei sedici eletti - Fermo della Valle, Michele Maldura, Bartolomeo Calepio, Gerardo dela Sale, Oliverio Agosti, Gerolamo Poncino, Alessandro da Terzo, G. Filippo da Mozzo, Nicolò de Bongis, Albertino de Vegis, Bertolino Baniati e Benedetto de Passis - discutono degli avvenimenti correnti, senza nulla decidere. Gli oratori a Milano, che nel frattempo hanno fatto ritorno a casa, presentano la loro relazione. Alla fine, si eleggono a sorte Fermo della Valle e Albertino de Vegis per controllare i conti presentati dai sei oratori, ivi inclusi il compenso e le spese sostenute a favore della comunità. Come si noterà, si tratta di decisioni abbastanza criptiche, che nulla dicono, al di là delle formule ufficiali, su quali siano di fatto i problemi, gli umori e gli orientamenti del Consiglio e della città.

Più esplicite risultano invece le decisioni del Consiglio alla data del 28 aprile [Az 11, 241v], anche perchè nel frattempo i problemi si sono fatti molto più gravi ed urgenti. Infatti, vista l'urgente necessità di finire la fabbrica del lazzaretto per il contagio che va crescendo - come è noto a tutti, aggiunge il minutante - si decide che la comunità sborsi duecento lire per la fabbrica stessa, conferendo libertà ai presidenti alla fabbrica di esigere denaro liquido dai debitori del comune, senza possibilità di compensare i debiti con i crediti. I denari saranno presi in carico dal Tesoriere del comune e da lui sborsati ai presidenti. Si decide ancora di liquidare le spese per la riparazione dei tribunali (del Giudice della Ragione e dei Dazi, Consoli di Giustizia, Giudice dei Danni dati e Giudice delle Vettovaglie) e del palazzo di città, lesionati durante i fatti del febbraio passato, per un totale di 68 lire. Si procede infine all'estrazione della bina per i mesi di maggio e giugno.

Nella riunione del 29 [Az 11, 242v], il Podestà e 13 dei 16 deputati dibattono a lungo gli affari della comunità e poi ordinano a tre oratori di partire immediatamente per Milano al fine di incontrare il Gran Cancelliere ed il Generale di Normandia, per dare esecuzione alle commissioni già loro date. Gli oratori sono: Franceco Suardo, tesoriere (che tuttavia non andrà), Francesco Albani (parte il 1° maggio, poi torna e riparte), e Oliverio Agosti (parte il 2 maggio e torna il 7 giugno).

Il 30 aprile, il Consiglio decide [Az 11, 243r] che gli oratori da eleggere alla cristianissima Maestà al posto di Francesco Suardo e di Alessandro de Tertio (come si ricorderà, essi erano stati eletti nei giorni scorsi, ma non erano mai partiti) lascino entro otto giorni in pena di cinquecento ducati. Si fa scrutinio e risultano eletti Michele Maldura e Oliverio Agosti: il primo rifiuta e si elegge allora Francesco Albani, che chiede di pensarci fino all'indomani; Oliverio accetta. Le cause della difficoltà nella scelta degli oratori non sono spiegate, ma sono confermate anche dall'ulteriore decisione di delegare ai sedici deputati la scelta degli oratori da inviare l'indomani a Milano al Gran Cancelliere e al Generale di Normandia per le necessità della città. Pare probabile che, delegando la selezione ad un gruppo ristretto, si sperasse di superare le difficoltà di un accordo sui nomi delle persone, o per le discordie all'interno del Consiglio oppure per l'indisponibilità degli uomini scelti, come indurrebbe a ritenere la minaccia dell'ingentissima pena comminata ai singoli. Dalle annotazioni riportate sopra e dalle lettere che gli oratori scriveranno - esse saranno esaminate nel capitolo successivo - si può concludere che alla fine furono l'Albani e l'Agosti a partire, ma per Milano, non per la Francia. Il Consiglio approva infine le disposizioni per rifondere a Ludovico Suardo le spese incorse nell'ospitare il Vicecancelliere e Leone Beloni ed altri a nome della città.

In conclusione, a parte l'aggravamento della situazione sanitaria, durante il mese di aprile, nelle materie istituzionali e nei rapporti con il dominio francese, la posizione di Bergamo rimane sospesa. Pende tuttavia su tutti la minaccia degli svizzeri che si preparano a scendere da settentrione.