Capitvlare Consiliariae Venetiarum Sexterij Dorsi Dvri
ms. membranaceo sec. XVI (1551), cc. 46 e 4 bianche nn., 230x165x20 mm
segnatura
A 28 (già Delta 4 8)
Legatura del 1555 ca., eseguita a Venezia da Anton Ludovicus Flander
Marocchino rosso, decorato a secco ed in oro. Fasci di filetti concentrici a secco. Cornice a tre filetti dorati, decorata a piastrella (13x30 mm), raffigura fregi di tipo orientaleggiante entro due corolle allungate. Al centro del piatto anteriore, una cartella vuota. In testa ed al piede, una coppia di rosette a cinque lobi vuoti. Motivi aldini pieni ed a mensola, accantonati esterni ed interni. Sul piatto posteriore, al centro, un cartiglio di tipo orientaleggiante, costituito da una coppia di fregi addossati. Tracce di quattro bindelle in tessuto marrone. Dorso a quattro nervi rilevati. Cinque alette cartacee orizzontali di rinforzo. Un fiorone stilizzato al centro dei compartimenti. Capitelli grezzi e blu. Taglio dorato. Carte di guardia bianche. Rimbocchi del cuoio sui contropiatti, rifilati senza particolare cura; quelli laterali ricoprono i rimbocchi di testa e di piede. Carte di guardia bianche, caratterizzate da una filigrana con monogramma "LV", sovrastata da un trifoglio stilizzato.
Il motivo nella cornice
1, le rosette al centro dello specchio
2 sul piatto anteriore, il motivo aldino pieno
3 ed a mensola accantonati
4 esterni ed interni, autorizzano l'attribuzione al legatore fiammingo Anton Ludwig. Apparentemente meno frequente l'utilizzo del cartiglio al centro del piatto posteriore
5. L'ottima qualità del cuoio- marocchino
6- e la doratura abilmente realizzata, testimoniano la valenza di questo artigiano.
Anton Ludwig, un fiammingo che trascorse alcuni anni a Venezia, può essere identificato dalla sua firma in una legatura su testo di Enea Vico,
Omnium Caesarum verissimae imagines, Venezia, 1553, custodita nella Biblioteca nazionale di Vienna
7 (segnatura 22.N.2), "Antonius Lodoicus Flander Ligavit Venetijs". Il suo nome fu latinizzato come "Antonius Lodoicus". Esso appare nei registri tedeschi come "Anthoni Ludwig", ma il vero nome fiammingo potrebbe essere stato "Anthoni Lodewijk" o "Lowies". Sembra sia arrivato a Venezia non oltre il 1553. Nelle sue opere mature imitò lo stile del legatore veneziano Andrea di Lorenzo o "Mendoza binder" - questa biblioteca possiede un manufatto
8 di questo artigiano-, e del "Fugger binder", utilizzando tuttavia il suo gioco di ferri di gusto italiano. I suoi fregi si manifestano su esemplari di presentazione stampati da Giolito nel 1554, 1556 e 1557. Abbandonò probabilmente Venezia poco
dopo per Augsburg ove eseguì legature "alla greca"
9 e su testi a stampa per Johann Jakob Fugger ornandole con ferri italiani provenienti da Venezia. Sono legature con cornici di filetti interrotti agli angoli da fregi cuoriformi e, nella parte mediana, da compartimenti con fregi fitomorfi su fondo puntinato. Nel campo, l'impianto decorativo è costituito da singoli ferri con filetti curvi disposti a costituire una tipica, elegante cartella di aspetto orientaleggiante. Numerose sue legature prodotte a Venezia e ad Augusta si differenziano prevalentemente per la diversa decorazione del taglio. Eseguì anche legature del tipo "a mosaico"
10. Due esemplari di questa bottega, eseguiti verso il 1553, dal decoro essenziale (una cornice, un fregio accantonato ed una rosetta centrale a cinque lobi), rispettivamente custoditi alla Biblioteca Wittockiana di Bruxelles
11 ed alla Biblioteca
Queriniana
12 di Brescia, risalgono probabilmente ai primi mesi della sua permanenza in Italia. Sembra che questo artigiano possedesse solamente un set di caratteri in maiuscoletto, come evidenzia l'iscrizione "BEMBI HISTO" dell'esemplare Queriniano. Le legature eseguite nel periodo 1554-1557, tra cui l'esemplare in parola, evidenziano una considerevole evoluzione stilistica. In breve tempo, i progressi conseguiti gli consentirono di realizzare legature di rilevante pregio artistico. Seguì poi Johann Jakob Fugger ad Augusta ove dimorò fra 1565 e 1573, dedicandosi alla decorazione dei volumi dell'illustre bibliofilo tedesco con i ferri già utilizzati a Venezia. I manufatti di Ludwig esercitarono grande influsso sul legatore tedesco Jakob Krause e sul suo successore, Kaspar Meuser. Sono legature con cornici di filetti interrotti agli angoli da fregi cuoriformi e, nella parte mediana, da compartimenti con fregi fitomorfi su fondo puntinato. Nel campo, l'impianto
decorativo è costituito da singoli ferri con filetti curvi disposti a costituire una tipica, elegante cartella di aspetto orientaleggiante. Vi furono anche altri maestri legatori che lavorarono per la famiglia Fugger. Ulrich Fugger, per esempio, commissionò legature, non solo ad artigiani di Augusta, ma anche a legatori ginevrini, tra cui il "Pariser Buchführer", il "Genfer Königsbuchbinder", il "Goldast-Meister" e francesi, come l'artigiano d'origine lionese "Schrimger- Meister". Pertanto, mentre esistono diversi "Fugger-Meister", tra cui Anton Ludwig, uno solo è l'ignoto "Venezianischer Fugger-Meister". Nel suo recente
Renaissance book collecting, Anthony Hobson ha stilato un elenco
13 di legature veneziane eseguite da questo Maestro, la maggior parte delle quali (58) in possesso della Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera. Volume pubblicato in letteratura
14.
1
Segnatura A 28, dettaglio
Cfr. Brescia, Biblioteca Queriniana,
Petri Bembi Cardinalis historiae venetae, Venetiis, apud Aldi filios, 1551, segnatura 10A U III 16;
HOBSON A. 1991, n. 14, pp. 42- 43.
2
Segnatura A 28, dettaglio
Cfr.
HOBSON A. 1991, n. 14, pp. 42- 43, Leonardo Bruni, Aretino,
Rerum suo tempore in Italia gestarum commentarius, Lyon, Seb, Gryphius, 1539; Londra, British Library, sito
www.bl.uk, Italy, segnatura Davis C 69.f.8;
MALAGUZZI 1998, p. 62, tav. 47, Dionigi Cartesiano,
Epistolarum ac Evangeliorum dominicalium totius anni enarratio, Paris, Oudin Petit, 1544, Biblioteca del Convento di Billiemme;
OLSCHKI 1914, n. 112, tav. LXXIV, Calisto da Piacenza,
Cento soliloqui del verbo di Dio, Fiorenza, Torrentino, 1550.
3
Segnatura A 28, dettaglio
Cfr.
HOBSON A. 1991, n. 15, pp. 44-45, Plutarco,
La seconda parte delle uite, nuovamente da M. Lodouico Domenichi tradotte, Venezia, Gabriele Giolito de Ferrari, e fratelli 1555;
DE MARINIS 1960, II, n. 2467,
L. Domenichi, Venezia, 1556, Besançon, Bibliothèque de la Ville, segnatura 273116; Londra, British Library, sito
www.bl.uk, Italy, segnatura Davis C 69.f.8;
LIBRAIRIE SOURGET 2007, n. 46, Pigafetta, Filippo,
Relatione dell'assiedio di Parigi. Col dissegno di qualla città et de luoghi circonvici. Alla Sta di N.S. Gregorio papa XIIII. Principe ottimo; Roma, Bartholomeo Grassi, 1591;
MALAGUZZI 1998, tav. 47, p. 62;
OLSCHKI 1914, tav. LXXIV, n. 112. Tale fregio è stato apparentemente
pure utilizzato da altri legatori veneziani quali il "Fugger-Meister", attivo tra il 1535 ed il 1555 ca., come testimonia una legatura custodita a Besançon, Bibliothèque de la Ville (
DE MARINIS 1960, II, n. 2469, B. Cavalcanti, Venezia, 1558, segnatura 13054) e da altri ignoti artigiani (
DE MARINIS 1960, II, n. 1879, tav. CCCLI,
Commissione per Marino Donato, 1557, Venezia, Museo Correr, segnatura III.250; ID., II, n. 1880, tav. CCCLIV,
Commissione per Francesco Justo, 1557, Venezia, Museo Correr, segnatura 683;
SCHUNKE 1964, tav. XXI,
Meister des Dolfin, Venezia, Biblioteca Marciana, segnatura Ms. It. VII, 1348 (8113).
Il ferro aldino è un ferro impresso a secco o in oro, così denominato con riferimento a Aldo Manuzio, cui venne erroneamente attribuita l'introduzione di questo ferro nell'arte della legatura. I ferri aldini, chiamati anche Aldi, riproducono elementi decorativi ripresi dai motivi tipografici delle edizioni di Aldo Manuzio: foglie d'edera, un motivo di origine persiana, foglie di acero, piccoli arabeschi, rosette a sei petali, foglie di vite stilizzate. In particolare, l'origine di questo ultimo fregio si trova nelle iscrizioni greche e romane (
HOBSON A. 1989, pp. 12, 72). L'uso della foglia di vite nelle iscrizioni antiche, come segno d'interpunzione analogo alla virgola e all'asterisco, perdurò sino agli inizi del medioevo. Questo fregio comparve sulle legature non molto tempo dopo essere stato impresso come fregio tipografico in due testi:
L'arte di ben morire (Venezia, 1478) e il primo
Esopo illustrato (Verona, 1479); comunque
dieci anni prima che Aldo pubblicasse il suo primo libro. Uno dei più antichi esempi di decorazione con foglia di vite è visibile su una
Historiae naturalis di Plinio, che fu pubblicata da Jenson nel 1472 e rilegata nel 1483. L'errata attribuzione ad Aldo sembra dovuta al frequente riscontro di questo ferro su edizioni aldine del Cinquecento, specie su quelle legate per il cardinale de Granvelle. La foglia di vite costituisce un caratteristico elemento decorativo del secolo XVI. I ferri più antichi, in cui l'intero motivo è impresso a secco o in oro, sono conosciuti come ferri aldini "pieni". Comparvero poi i ferri "azzurrati", con l'interno del motivo tratteggiato con linee orizzontali e parallele, come quelle che in araldica rappresentano il colore blu, e i ferri aldini "vuoti", più tardivi (seconda metà del XVI secolo), di derivazione francese, delineati soltanto dal contorno, inciso in rilievo. Una tradizione priva di fondamento attribuì l'invenzione di quest'ultimo ferro a Geoffroy
Tory (stampatore e legatore francese) e a Tommaso Maioli, celebre bibliofilo. In senso lato, sono chiamati aldini tutti i piccoli ferri ripresi generalmente dai motivi tipografici delle edizioni aldine, anche se ispirati ad altre forme vegetali (acero, edera ecc.), nonché i piccoli fregi (fiamme, stelle e arabeschi vari), essi pure ripresi da motivi xilografici che ornano i testi. Questi ultimi furono largamente in uso lungo tutto il XVI secolo.
4
Segnatura A 28, dettaglio
Cfr.
HOBSON A. 1991, n. 15, pp. 44-45, Londra, British Library, sito
www.bl.uk, Italy, segnatura Davis C 69.f.8;
MALAGUZZI 1998, tav. 47, p. 62
OLSCHKI 1914, tav. LXXIV, n. 112. Motivo frequente nella prima metà del Cinquecento, specie nelle legature veneziane e romane; ma anche, in anni successivi, in quelle francesi e tedesche. Di forma triangolare, ha disegni ad arabeschi ed è posto a mensola - di qui il nome - negli angoli interni delle cornici che delimitano lo specchio.
5
Segnatura A 28, dettaglio
Cfr.
SCHUNKE 1964, tav. CXLVI, p. 211, segnatura Stamp. Barb. K I 51.
Questo motivo è stato ripreso anche in legature eseguite in Germania da Jakob Krause ad Augsburg (
SCHUNKE 1943, p. 47;
ZIMMERMANN 1888, BAND I, n. 22, Johann Brentius,
Wie man sich Christlich zu dem sterben bereyten sol etc., s.d, s.l.).
6
Pelle di capra originaria del Marocco e in genere dell'Africa settentrionale islamizzata. Ha preso il nome dal Marocco per la presenza in tale paese di una antica e importante attività artigianale per la concia delle pelli di capra. Conciata con tannino di sommacco (arbusto della famiglia delle Anacardiacee ricco di tannino che, impiegato nella concia, conferisce al marocchino una particolare tonalità chiara, atta a ricevere tinture brillanti), e tinta in vari colori, ha grana regolare ben evidente, più o meno grossa. Può essere considerata la pelle migliore ai fini della legatura: morbida eppure compatta, è la più resistente e facile da lavorare. Questa pelle di qualità superiore e di alto costo, che riceve e ritiene bene l'oro della decorazione, venne impiegata prevalentemente nelle legature di gran pregio per messali, Settimane Sante, libri di pietà, o per opere di autori importanti. Il marocchino fu impiegato in Italia e in Spagna sin dalla fine del XV secolo; in Francia, importato nella
regione lionese alla fine del XV secolo, si affermò nell'uso corrente verso il 1530 circa. La tradizione vuole che in Occidente il primo a impiegarlo nelle legature sia stato Mattia Corvino, re d'Ungheria (1443-1490), ma in realtà furono i Maestri veneziani a introdurlo nell'uso comune. Pare infatti che i primi marocchini siano stati importati in Europa occidentale attraverso la Turchia e Venezia. Durante tutto il XVI secolo il marocchino fu poco usato negli altri paesi europei; il suo impiego si diffuse in Europa soltanto a partire dal XVII secolo, allorché queste pelli vennero importate con regolarità dai mercati del Levante. Attualmente non sono più disponibili marocchini di importazione dai paesi nord-africani; quelli oggi utilizzati in legatoria sono generalmente prodotti in Europa, particolarmente in Francia.
Quanto alle preferenze per le tinte, il marocchino venne usato perlopiù nei colori naturale, rosso e oliva, nel XVI e nel XVII secolo; nei colori più vari, nel XVIII e nel XIX. Rare le legature in marocchino bianco: benché segnalate già sin dal XVI secolo, pare siano state eseguite prevalentemente per le biblioteche delle nobildonne. In questo colore, nel mondo occidentale simbolo di femminilità, vennero legati molti almanacchi del XVIII e XIX secolo, rivolti a un pubblico prevalentemente femminile; e sul bianco di queste legature l'oro della decorazione spicca per bellezza ed elegante discrezione. Il marocchino presenta una grana particolare, molto evidente, che costituisce di per sé un elemento decorativo; quella dei marocchini antichi è in genere meno evidente di quella di marocchini impiegati nei secoli XIX e XX, quando si preferiva una grana più grossa e un rilievo più marcato.Nel XIX secolo, dapprima in Inghilterra dove era noto sin dal 1765 circa e successivamente in Francia e negli
altri paesi Europei, venne di moda il marocchino a grana lunga, grana ottenuta artificialmente durante la lavorazione, stirando la grana naturale in una sola direzione o mediante l'impressione di una placca o di un rullo incisi; lo scopo era quello di conferire un effetto più raffinato a cuoi sovente mediocri e di aspetto grossolano. Proprio il tipo di grana è ciò che distingue sia i marocchini moderni sia quelli antichi dai cuoi delle capre comuni che hanno in genere una grana naturale meno evidente o addirittura vengono trattate per ottenere, secondo il tipo di lavorazione, una grana schiacciata e levigata.
7
DE MARINIS 1960, II, n. 2269, tav. CCCXCI.
8
Segnatura
Cinq. 3 256.
9
HARTHAN 1984, n. 23, p. 43.
10
BAYERISCHE STAATSBIBLIOTHEK 2006, Michael Psellus,
Versus in Canticum canticorum. Georgius Pisides,
Hexameron. Constantinus Manasses,
Compendium Chronicum, Augsburg, Hieronymus Trugudistes, 1558, segnatura Cod. Gaec 189
11
Leonardo Bruni,
Rerum suo tempore in Italia gestarum commentarius, Lyon, Seb. Gryphius, Valerius Probus,
De notis Romanorum, Venezia, Giovanni Tacuino, 1525, volume recentemente posto in vendita (
CHRISTIE'S LONDON 2004, n. 24, pp. 44-45).
12
Petri Bembi Cardinalis historiae venetae, Venetiis, apud Aldi filios, 1551, segnatura 10° U III 16.
13
HOBSON A. 1999, Appendix 9, pp. 260-261:
- Per clienti vari
1 Leonardo Bruni, Rerum suo tempore in Italia gestarum commentarius, Lyon, Seb. Gryphius, 1539; Valerius Probus, De notis Romanorum, Venezia, Giovanni Tacuino, 1525; Bruxelles, Bibliotheca Wittockiana, (HOBSON A. 1991, n. 14);
2 Dante, La Comedia, Venezia, F. Marcolini, 1544, Londra, British Library, segnatura G.10793;
2A Leuwis, Dionysius de, Carthusianus. Epistolarum et Evangeliorum dominicalium totius anni enarratio, Paris, Oudin, Petit, 1544 (Vercelli, Biblioteca del già Convento Francescano di Billiemme (MALAGUZZI 1998, tav. 47, p. 62);
3 I salmi di David per Lodovico Pittorio da Ferrara moralmente in forma di Omeliario volgarizati, Venezia, al segno della Speranza, 1547, Oxford, Bodleian Library, segnatura Broxb. 25.14;
4 Calisto da Piacenza, Cento soliloqui del verbo di Dio, Firenze, Lorenzo Torrentino, 1550 (OLSCHKI 1914, tav. LXXIV);
5 Caesar, Commentarii, Venezia, G. Giolito, 1553. Iscrizione "C. ALFONSO" sul piatto anteriore, "VILLA CHIARA" su quello posteriore, Perignano, conte Orazio Sanminiatelli (DE MARINIS 1960, II, n. 2487);
6 Enea Vico, Omnium Caesarum verissimae imagines [Venezia], 1553. Sul piatto posteriore, l'iscrizione "Antonius Lodoicus Flander ligavit Venetiis", Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, segnatura 22.N.2 (ES 86) (DE MARINIS 1960, II, n. 2269, tav. CCCXCI; GOTTLIEB 1910, tav. 22, p. 43);
7 Cornelio Musso, Prediche, Venezia, G. Giolito, 1554. Copia di dedica dello stampatore a Vittoria Farnese della Rovere, duchessa di Urbino. Iscrizione "ALLA ILLMA ET EMA SIGRA LA SRA VIT. F. DVCHESSA D'VRBINO" sul piatto anteriore e "PREDICA DI MONSIGNOR CORNELIO" su quello posteriore. Londra, British Library, segnatura C.69.f.8 (DE MARINIS 1960, II, n. 2488, fig. 80);
8 G. B. Ramusio, Primo volume, e seconda edizione delle navigationi et viaggi, Venezia, eredi di Lucantonio Giunta, 1554, Praga, Universitní Knihovna, segnatura XIX.B.22 (Tresor Nb. 39) (HAMANOVÁ 1959, tav. 51, p. 74);
9A) Plutarco, La prima parte delle vite………… … nuovamente da M. Lodovico Domenichi tradotte, Venezia, G. Giolito e fratelli, 1555. Con placchetta contraffatta di Apollo e Pegaso applicata al centro dei piatti. Monte Carlo, Sotheby's, Cartier sale, 28.11.1979, 1366 (DE MARINIS 1960, III, n. 3146, tav. 14);
9B) Plutarco, La seconda parte delle vite…………, Venezia, G. Giolito e fratelli, 1555, Bruxelles, Bibliotheca Wittockiana (HOBSON A.1991, n. 15);
10 Antonio de Guevara, La prima parte del libro chiamato Monte Calvario, Venezia, G. Giolito e fratelli, 1556, l'Aia, Royal Library, segnatura 141.E.7;
11 Lodovico Domenichi, Historie di detti et fatti notabili di diversi principi, et huomini privati moderni, Venezia, G. Giolito, 1556, Biblioteca Apostolica Vaticana, segnatura 273116 (DE MARINIS 1960, II, n. 2467, tav. CCCCVII);
12 Remigio Nannini, Orationi militari … raccolte da tutti gli historici greci e latini, antichi e moderni, Venezia, G. Giolito, 1557. Copia di presentazione a Antoine Perrenot de Granvelle, vescovo di Arras. Sul piatto anteriore, l'iscrizione "ORATIONI MILITARI", su quello posteriore "ALL ILL ET REVER D'ARAS", Biblioteca Apostolica Vaticana, segnatura 50825 (DE MARINIS 1960, II, n. 2468; PIQUARD 1951, fig. 7);
- Per Johann Jakob Fugger
13-41 Monaco di Baviera, Staatsbibliothek, segnature codd. graec. 6, 23, 44, 78, 92, 106, 154, 179, 184, 192, 201, 211, 222, 225, 230, 256, 266, 274, 282, 286, 287, 288, 297, 299, 303, 308, 311, 314, 317;
42-55 Monaco di Baviera, Staatsbibliohek, codd. hebr. 20, 28, 43, 46, 49, 68, 83, 92, 274, 278, 281, 301, 302, 303;
56-66 Monaco di Baviera, Statsbibliothek, Clm. 112, 113. 115, 117, 118, 119, 120, 121, 165, 166, 176;
67 Varino Favorino, Lexicon Magnum, Roma, Zacharias Callierges 1523, Monaco di Baviera, Staatsbibliothek, segnatura 2° L. gr. 60;
68 Menaion, Dicembre, Venezia, G. A. dei Nicolini da Sabbio e fratelli per Damiano de Santa Maria, 1528, Gennaio, Venezia, Stefano dei Nicolini da Sabbio per Damiano de Santa Maria, 1533; Febbraio, Venezia, Stefano dei Nicolini per Damiano de Santa Maria, 1536, Monaco di Baviera, Staatsbibliothek, segnatura 2° Liturg. 178.I;
69 Euchologion, Venezia, Nicolas Sophianus, Marcus Samariarus & Nicholas Eparchus, 1545, Monaco di Baviera, Staatsbibliohek, segnatura 4° Liturg. 222;
70 Horologion, Venezia, Nicolas Sophianus & compagni, 1545, Monaco Staatsbibliothek, segnatura 8° Asc. 2439.
A tale lista, si aggiungono quattro ulteriori esemplari custoditi il primo a Monaco di Baviera, Staatsbibliothek, su testo Precationes aliquot celebriores e sacris Bibliis desumptae, Paris, Martin Le jeune, 1554, segnatura Asc. 3905° (GELDNER 1958, p. 30, tavola LIII, figura 69), il secondo ed il terzo nella Biblioteca civica "A. Mai" di Bergamo, rispettivamente su testo Capitvlare Consiliariae Venetiarum Sexterij Dorsi Dvri, ms. membranaceo sec. XVI (1551), segnatura A 28 – esemplare qui proposto- e Tomo primo delle divine lettere del gran Marsilio Ficino, Vinetia, Gabriel Giolito de Ferrari, MDXLIX, segnatura Cinq. 2 627, individuati in occasione del censimento delle legature storiche, l'ultimo a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, su testo Josephus Unicornus, Liber de utilitate mathematicarum artium, Venezia, Domenicus de Nicolinis, 1561,
segnatura 72.L.31 [ES 87] (ÖSTERREICHISCHE NATIONALBIBLIOTHEK WIEN 1990, n. 102, p. 71).
Schema di legatura eseguita da Anton Ludwig ad Augsburg verso il 1570 (
MACCHI F. - MACCHI L. 2002, p. 273).
14
DE MARINIS 1960, II, n. 1864 bis;
MACCHI 2005, fig. 6, p. 43.