Legature storiche nella biblioteca "A. Mai" - CINQUECENTINA 1 67
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Cinquecentina 1 67


Marulic, Marko, De institvtione bene vivivendi, Venezia, Fr. Consotri Lucense, 1506 167x110x40 mm
segnatura Cinq. 1 67
Provenienza: Verona, S. Nazario.
LE CINQUECENTINE 1973, p. 222.

Cinq. 1 67 piatto anteriore Cinq. 1 67 piatto posteriore

Legatura della prima metà del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia, del genere "aldino"

Marocchino marrone dal fiore parzialmente scomparso e limitata perdita di sostanza, decorato a secco. Angoli dei piatti ricurvi. Tre cornici concentriche. La cornice decorata a piastrella, raffigura un motivo arabescato. Una mandorla al centro dei piatti. Una fiamma accantonata. Tracce di quattro bindelle. Dorso dal cuoio scomparso in testa, a tre doppi nervi rilevati. Capitelli grezzi. Una lunga etichetta longitudinale lungo il dorso, richiama l'autore ed il titolo dell'opera. Taglio grezzo, blu. Carte di guardia bianche, con una filigrana tagliata che raffigura la parte superiore di una balestra entro un cerchio a due filetti. Rimbocchi rifilati con cura; quelli laterali sono collocati sopra i rimbocchi di testa e di piede.

Un'iscrizione calligrafata in data 1566, costituisce la data di esecuzione "ad quem" del volume. Il genere di cornice1 suggerisce un'origine veneziana2 del manufatto. La mandorla3, eseguita con la duplice impressione di un "mezzo" ferro, testimonia il loro elevato costo in quel tempo. Di dimensioni maggiori rispetto al consueto, le fiamme accantonate4.
Le edizioni che uscirono a Venezia dall'officina tipografica di Aldo Manuzio sono chiamate aldine; tale denominazione fu tuttavia applicata impropriamente anche a legature dell'epoca, eseguite su edizioni non aldine di piccolo formato, caratterizzate da una decorazione tipica per la sua sobrietà, come quella impiegata per i libri di formato in-ottavo stampati da Aldo. Queste legature, eseguite generalmente in marocchino bruno con supporti di cartone, presentano ai piatti una doppia cornice di filetti a secco e una singola dorata, con piccoli ferri a motivo vegetale (foglie d'edera, rosette) all'esterno e all'interno dei quattro angoli, e un semplice fregio al centro dei piatti stessi. Sul piatto anteriore sono impressi in oro, a lettere capitali, il nome dell'autore e il titolo dell'opera; in basso compaiono ora il nome del possessore ora la data d'esecuzione della legatura: elementi che talvolta figurano inseriti al centro del piatto, in un cerchio o in un piccolo cartiglio. T. De Marinis attribuisce ad Aldo stesso l'idea di questo schema: è la grande semplicità, forse suggerita da un raffinatissimo Aldo Manuzio, a dare il tono a gran parte delle legature veneziane del primo ventennio del secolo XVI. La decorazione non potrebbe essere più sobria: cornici dritte di filetti a secco, una dorata, agli angoli una foglia piena, che per trovarsi in legature di edizioni aldine, ne prese il nome; oppure rosetta a sei lobi, sul piatto anteriore in alto, e il nome dell'autore impresso in lettere capitali. Questo semplice schema, in uso nei primi decenni del XVI secolo, si modifica in seguito per la sostituzione delle sobrie cornici dorate con una fascia decorata con motivi vegetali e arabeschi di gusto orientale; a partire dal 1530 circa compare l'impiego di una losanga o di un fregio a contorni mossi e variati. Il dorso presenta nervi rilevati, talvolta alternati a nervi piatti. A dispetto dell'aggettivazione attribuita a queste legature, è accertato che Aldo Manuzio il vecchio non ebbe un suo proprio laboratorio di legatura adiacente alla tipografia di Campo San Patermian. Le edizioni a stampa provviste di legatura da lui stesso regalate hanno il carattere coerente alle contemporanee legature veneziane. La legatura cosiddetta aldina si afferma soltanto dopo la morte di Aldo (1515); la sua grande diffusione - dapprima negli ambienti universitari di Padova, Bologna, Ferrara, Pavia, Firenze e Roma, poi in tutta Europa, specie a Lione - è posteriore agli anni Venti del XVI secolo. Manuzio può certamente aver dato grande impulso all'elaborazione di questo nuovo stile, sviluppatosi lentamente nell'ambito di più botteghe veneziane, con la sua edizione di classici in-ottavo; tuttavia esso non gli appartiene pienamente, essendo il risultato di una elaborazione collettiva. Si dovrebbe pertanto parlare non già di legature aldine bensì di legature "di tipo aldino", per indicare un genere e non una bottega. A queste conclusioni è infatti giunto Gabriele Mazzucco5, dopo l'esame di 25 aldine della Biblioteca Marciana di Venezia: "risulta evidente come i diversi manufatti non siano opera di un solo legatore o di un'unica bottega. Notevoli differenze sono infatti emerse sia nella confezione che, in particolare, nella decorazione impressa sulle coperte. Non è possibile pensare che un'unica persona abbia operato o suggerito le tecniche e i motivi decorativi utilizzati. Sarà dunque da abbandonare l'ipotesi di un coinvolgimento determinante dello stesso Aldo nella scelta delle legature. Si dovrà ripensare anche la denominazione di legatura "aldina", per assumere piuttosto quella di una "legatura veneziana" la cui storia potrà essere delineata solo attraverso ulteriori, pazienti, indagini di biblioteca e d'archivio". Le aldine, manufatti di buona qualità e di costo non eccessivo, rappresentavano l'alternativa al lusso delle legature orientaleggianti in uso a Venezia nella prima metà del Cinquecento. Giova qui riportare il giudizio di Marius-Michel: "generalmente sobrie, sono malgrado ciò di un eccellente effetto decorativo: anche le più semplici, caratterizzate da doppi filetti ‘a secco', con semplici fregi al centro ed agli angoli, sono di un gusto perfetto"6. La parziale assenza di cuoio in testa e lungo il dorso, consente l'osservazione delle catenelle7 e dei doppi nervi ricamati8. Secondo le aspettative per le coperte del periodo, i rimbocchi laterali collocati su quelli di testa e di piede9.


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segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
Segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
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SCHUNKE 1964, tav. IX, Venezia, Biblioteca Queriniana, segnatura Inc. 76
SCHUNKE 1964, tav. IX, Venezia, Biblioteca Queriniana, segnatura Inc. 76, testo a stampa del 1497, legatore veneziano "Tiepolo-Meister". Cornici analoghe si manifestano anche su legature rinascimentali eseguite a Roma (DE MARINIS 1960, I, n. 473, tav. LXXXVIII, Zach Ferreri, Hymni, Roma, 1523, Roma, Biblioteca Angelica, segnatura rari, I, 5.II). Questa Biblioteca possiede legature rinascimentali italiane così decorate (cfr. ad esempio, le segnature Cinq. 1 576-578, Cinq. 1 2533, Cinq. 2 1912-1913).
Fregio apparentemente diffuso, come testimonia una legatura rinascimentale polacca eseguita a Cracovia dalla bottega del Cherub's Head Binder per Piotr Wedelicki, professore di medicina presso la locale università e suo fratello Jakub, Canonico di Poznán (HOBSON A. 1989, fig. 102, p. 129, L. Celsius Rhodiginus, Antiquarum lectionum commentarius, Venezia, Aldo, 1516, Leningrado Biblioteca Saltykov-Shchedrin).
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segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
Segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
Bene visibile l'imperfetta impressione della mezza mandorla. Questa Biblioteca possiede una legatura rinascimentale italiana con segnatura Cinq. 1 494, così caratterizzata.
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segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
Segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
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5
MAZZUCCO 1994, p. 177.
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6
MARIUS 1880 p. 28.
Cfr. HOBSON 1997, pp. 237-245; QUILICI 1992, p. 385.
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segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
Segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
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segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
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segnatura Cinq. 1 67, dettaglio
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