IX, 1
(segnato A). Testamento del conte Gian Stefano Carli, nato a Capodistria l'8 giugno 1726, morto ivi il 10 novembre 1813
1810 marzo 7; consegnato al notaio il 16 giugno 1810; codicillo del 25 settembre 1811; aperto il giorno della morte
Vengono qui segnalati i passi di qualche rilievo storico o di costume. Il testatore non è sempre "compos sui".
Sia celebrata per il defunto una sola messa (£ 30 venete al celebrante). Funerali in "forma pauperum". Sia effettuata la vendita totale dei miei mobili, tranne i ritratti dei genitori. Con i denari ottenuti si fondi una Cassa; la rendita dei capitali investiti sarà versata al nipote Agostino, ma a rate, di tre mesi in tre mesi, e alle sue tre figlie. Alle due donne di servizio lascia il letto dove dormono e una piccola somma annua.
Dispone che sia edificata una libreria ad uso pubblico (della quale prescrive le misure e la disposizione dei quadri) per ospitare i suoi libri e i nuovi acquisti, che saranno di ogni lingua e cultura "escluso qualunque libro filosofico, teologico e poetico, i quali, per esser troppo seducenti, conducono alla miscredenza e all'ateismo".
Siano istituite 4 borse di studio per giovani di talento e buon costume, perché possano seguire studi universitari per 4 anni.
Si assicuri una dote di £ 100 venete a 4 ragazze povere ma di buon costume.
Se avanzeranno soldi, questi siano impiegati a beneficio delle pubbliche vie della città.
Alla signora Lucietta de Rin vanno le mie ferraglie e i cristalli di Boemia. Al signor Adamo Scher detto Gaiardo lascio un anello, una vera e lo stucchio d'argento dorato.
Istituisco mio erede il comune di Parenzo. Se ci fossero intoppi, la stessa eredità passerà alla città di Grenoble, antica patria della mia famiglia. Dispongo tutto ciò da solo, essendo l'unico erede dopo la morte di mio fratello Sebastiano.
Comincia una serie di allegati.
Allegato B: Due lettere da Capodistria di Gian Stefano Carli al nipote Agostino in Trieste, rispettivamente del 1806 dicembre 17 e 1808 novembre 26, in cui si chiedono testimonianze più concrete circa l'origine francese dei Carli (Charles) per "essere noi in qualche buona vista presso Napoleone".
Allegato C: 4 lettere da Capodistria di Stefano Carli al fratello Gian Rinaldo a Milano. Anni 1790-91. Dice: Siamo rimasti soli della nostra famiglia "conviene adunque raccomandarsi non a S. Antonio di Padova ma al sano equilibrio". I nostri beni, io li lascerò alla mia Patria.
Allegato D: Stefano Carli al nipote Agostino in Venezia 1811 giugno 2 "Sono entrato negli anni 87. Desidero leggere la vostra dissertazione sul corpo di S. Marco. Io, se fossi nel caso, ne farei una sul Corpo di Maometto".
Allegati E-F: 4 lettere ad Agostino in cui lamenta il pessimo stato di sua salute. Si dichiara unico possidente della casa paterna.
Allegato G: ad Agostino 1810 gennaio 27. Posso vendere meglio qui che a Venezia abiti e mobili di mio fratello [Sebastiano] che mi invierete.
Allegato H: ad Agostino, 1810 luglio 14 Capodistria. Siete stato poco bene. Doveste morire, penserò io a vostra moglie e alle tre figlie. Io godo di perfetta salute [è in età di anni 84].
Allegato I: d Agostino, 1813 gennaio 24 Capodistria [17 giorni dalla morte]. Ho contribuito con 1.000 ducati al prestito di 1.200.000 ducati voluto da Napoleone e non mi sono ancora stati restituiti.
Allegato K: Tommaso Gallino, Presidente della Corte d'Appello di Venezia ad Agostino Carli. 1808 giugno 2. Gallino precisa: il conte Stefano Carli non poteva vendere la sua porzione di casa paterna: Agostino ne sarebbe l'unico erede, ma deve prima disdire quell'atto di vendita.
Allegato L: 1815 maggio 20, Capodistria. Due medici giurano che il defunto conte Stefano Carli nel 1802 cadendo percosse il capo e ne riportò alterazioni di mente.
Allegato M: 1815 gennaio 10, Capodistria. Il notaio Lugnani che ricevette il testamento di Stefano Carli dichiara sotto giuramento: il testatore mi assicurò che io avrei tratto gran profitto con la copia del suo testamento che mi sarebbero state richieste da mezzo mondo.
Allegato O: due lettere di Stefano Carli ad Agostino in cui lo zio riconosce che il nipote può vantare diritti sulla sua libreria.
Allegati della comune di Parenzo:
Allegato 1: 1813 aprile 1. Il notaio Francesco Corner Maire nomina il procuratore giudiziario di Capodistria Carlo Combi esecutore testamentario della eredità di Stefano Carli a favore del comune di Parenzo.
Allegati 2-6: Agostino Carli impugna il testamento dello zio Stefano e ne chiede la nullità. Il ricorso è respinto. Il testatore era in perfetta salute quando testò. Così nelle osservazioni allegate, che però rilevano la "stravolta fantasia" del testatore a proposito delle assurde misure indicate per la costruenda libreria e delle stolide affermazioni da miscredente (fornicare con misura).
Osservazioni sopra il testamento ed allegati.
Il notaio che ricevette il testamento nel 1810 assicura che Stefano Carli godeva buona salute fisica. Ma quella di mente? e di intelletto? Infatti pretendeva che il notaio testasse gratis. Si elencano appresso tutte le assurdità di certe affermazioni, come la negazione dell'immortalità dell'anima dopo essersi proclamato cristiano e l'ammissione che la fornicazione fa bene alla salute. Per non parlare delle cervellotiche e a volte inattuabili disposizioni per quando riguarda l'erigenda biblioteca pubblica. Conclusione: quando testò, Stefano Carli non era compos sui. Pertanto "questo testamento è un atto nullo".
IX, 2
(segnato B). Esame del testamento di Gianstefano Carli e riflessioni sopra di esso.
1813 novembre 10, Venezia
Fascicolo di pagg. 97+40 non numerate. Non è firmata, ma palesemente sostiene gli interessi di Agostino Carli Rubbi.
Questa analisi si propone di:
- Esporre partitamente il di lui testamento, analizzandolo alcun poco.
- Farvi sopra quelle riflessioni ed osservazioni legali che si crederanno del caso.
- Vedere l'analogia dei giudizi seguiti.
Il testamento è formalmente inattaccabile. Questa la prima osservazione. Ma poi si nota: il Carli "prende congedo da questo mondo come si andrebbe via da un caffè". "L'uomo che ha sale in zucca non pensa di scherzare con l'eternità". Insomma, vengono anche qui come nel fascicolo H rilevate con puntiglio le espressioni cervellotiche, bislacche e perfino blasfeme contenute nel testamento.
Segue una cronistoria dettagliata della eredità, dei beni Carli dopo la morte di Rinaldo [1758], padre di 4 figli, fra cui Stefano e Gian Rinaldo, il primogenito. Sono 50 anni di tribolate vicende legali.
Parte seconda, pag. 67.
Ci si richiama al diritto romano e alle leggi francesi vigenti là dove trattano il caso di testatari il cui equilibrio mentale appare incerto. E' il caso di Stefano Carli. Vedi l'assurda suddivisione dei beni fra i parenti e la preferenza accordata alla città di Parenzo. "Non si vede ragione di questa capricciosa predilezione". I fatti e le condizioni che l'accompagnano sono giudicati illegali ed assurdi. Fra l'altro la città di Parenzo non poteva ereditare. Questa la conclusione di una lunga e serrata critica condotta al testamento dell'inquieto e fantasioso ottuagenario Stefano Carli.
IX, 3
(allegato C). "Petizione e libello per la nullità [ma la città di Parenzo vi si oppone] del testamento del conte Stefano Carli presentato al Tribunale di Prima Istanza di Capodistria il 23 giugno 1815".
Fascicolo di pagg. 100+21 non numerate (quest'ultima parte comprende la risposta del podestà di Parenzo).
L'esiguità dei lasciti al nipote Agostino, alle due serve e ai poveri ha il senso di una umiliante elemosina. E via di questo passo per mettere in evidenza tutta la "serie di scimunitaggini" rilevate nel testamento.
Solo sentimenti di odio e "brutale avversione" possono aver indotto Stefano Carli a privare il nipote Agostino Carli dell'eredità che gli spettava. Tale atteggiamento viene giudicato immorale anche dal punto di vista della religione. Si irride apertamente alle condizioni e alle disposizione contenute nel testamento. Basti ricordare che il povero testatore non si rende conto che tra i sette ritratti dei Dragomanni, ve ne sono due che raffigurano donne. E si rileva che solo un demente può affermare che l'ateismo ebbe origine da Costantino il Grande.
Si dimostra in seguito (parte IV) con argomentazioni strettamente giuridiche che la città di Parenzo non poteva accettare l'eredità, e neppure poteva farlo la Biblioteca come ente morale, dal momento che alla data del testamento non esisteva. Né l'eredità può passare a Grenoble, se Grenoble non adisce. Conclusione: "Per tutte queste ragioni il conte Agostino Carli Rubbi implora che sia dichiarata la nullità del testamento di Stefano Carli... per l'effetto che restino illese le ragioni del sangue e gli effetti tutti di giustizia".
Il Tribunale respinge l'istanza di Agostino Carli Rubbi e lo condanna al pagamento delle spese. Il testamento dello zio è valido. Se Agostino lo desidera, può intentare causa al comune di Parenzo, che un decreto imperiale dichiara erede di Stefano Carli.