news/catalogo della mostra: "Antichi testi di medicina e farmacopea (secoli XV – XVI)"/



Catalogo della mostra:
"Antichi testi di medicina e farmacopea
(secoli XV – XVI)"


I farmaci negli incunaboli e nelle cinquecentine della Civica Biblioteca "Angelo Mai"

L’arte della farmacia nasce molto addietro nel tempo; potremmo addirittura affermare che nasce con l'uomo, perché già i primitivi, all'alba della loro vita cosciente e raziocinante, dovettero avere una abbastanza chiara cognizione dell’esistenza nel loro habitat di sostanze vegetali, animali e minerali dannose o benefiche. Ma l'incapacità a comprenderne i meccanismi d’azione portò ad immaginare interventi soprannaturali, che solo maghi, sacerdoti o stregoni sapevano e potevano provocare; nacque così una sorta di terapia magica o demoniaca che ebbe vita fin verso il 500 a.C.
Sono di questo periodo anche i primi documenti scritti riguardanti i farmaci e il loro impiego - cinesi, egiziani, mesopotamici, indiani - ma solo nel mondo classico greco-romano la farmacologia incominciò ad acquisire una veste un po’ più scientifica, grazie agli inizi della sperimentazione ed alla razionalizzazione delle osservazioni empiriche. Tuttavia la scienza dei farmaci non si sviluppò autonomamente, ma rimase ancora per molti secoli vassalla della medicina.
La teoria dei quattro elementi (terra, aria, acqua, fuoco) e delle loro proprietà (secco, freddo, umido, caldo) enunciata da Empedocle nel V secolo, servì di base a tutta la medicina antica. Ippocrate di Chio - autore del famoso giuramento - la completò con il sistema dei quattro umori (sangue, bile gialla, bile nera, flegma) e descrisse alcuni medicamenti; ma la terapia da lui applicata era basata soprattutto sul regime e sulla somministrazione di alimenti e di rimedi aventi proprietà antitetiche rispetto al morbo che dovevano curare: sostanze secche contro le forme umide, calde contro manifestazioni fredde e così via.
Verso la meta del III sec. Teofrasto studiò sistematicamente le piante e le descrisse dettagliatamente nella sua Historia Plantarum; un paio di secoli più tardi Dioscoride compose un magistrale trattato sulle erbe ed altre sostanze semplici aventi efficacia terapeutica. La sua opera tradotta, illustrata e commentata dal Mattioli nel 1554, godette di enorme popolarità. Quasi contemporaneo di Teofrasto fu il celebre medico Galeno che ci lasciò fra l'altro un Metodus medendi nel quale sono citati numerosi medicinali, sempre in epoca romana Celso nel De re medica e Plinio nella Naturalis Historia riassunsero quanto era noto in materia farmaceutica.
Con l'arrivo a Roma dei riti orientali si affermarono nella pratica medica la magia, l'astrologia e l'oniromanzia, poi con l'avvento del Cristianesimo prevalse la concezione della cura dell'infermo come "charitas". La malattia era considerata un castigo o comunque una prova imposta dal Cielo, quindi per aiutare il malato non restava altro che accudirlo amorevolmente e invocare per lui l'intervento di Dio o dei santi. Lo studio della medicina e dei farmaci cadde in quell'epoca in grave abbandono; solo a partire dal VI sec. si verificò una limitata ripresa grazie al monachesimo. E' noto infatti che nei conventi si coltivavano erbe medicinali e che un frate erborista ne traeva farmaci e veleni.
Furono gli Arabi che in campo farmaceutico trasmisero all'Occidente nuove conoscenze mutuate in parte dai classici, ma anche dai Persiani e dagli orientali (Indiani e Cinesi); fu opera loro anche un primo fiorire delle scienze chimiche, che ebbero in Geber un notevole cultore, e che fornirono agli speziali molte nuove sostanze di origine minerale e non; si approfondì la conoscenza di sali, smalti, oli e profumi; grazie ai chimici e agli alchimisti si perfezionarono vecchie e nuove tecniche (dissoluzione estrazione, cristallizzazione, calcinazione e distillazione) mediante le quali si poterono utilizzare sempre più a fondo farmaci semplici e si arricchì la lista dei loro derivati, continuamente richiesti dalle scuole mediche che intanto andavano affermandosi in Europa: celebre fra tutte la nostra Scuola Salernitana.
Verso il secolo IX la farmacologia divenne di nuovo oggetto di studio. Mesue il Vecchio (+ 875) compose un considerevole trattato sugli effetti delle medicine composte e, nella stessa epoca, un copioso antidotario fu scritto da Sabur ibn Sahl, opera fondamentale per la farmacopea islamica; Abu Mansural Muwaffaq (fine del X Sec.) compose un Liber Fundamentorum Pharmacologiae dove erano descritti oltre 600 medicamenti provenienti dai tre regni della natura. Sono dei secoli XI e XII il famoso medico arabo Avicenna, autore del Liber Canonis, ove si tratta ampiamente di medicinali, e l'arabo-andaluso Averroe, che tornò purtroppo al dogmatismo aristotelico; contemporaneamente però fiorirono in molti luoghi gli studi medici e furono scritti numerosi importanti trattati, riguardanti più o meno da vicino la chimica e la farmacia come il De rebus metallicis di Alberto Magno, lo Speculum Alchimiae di Ruggero Bacone e il Regimen Sanitatis di Arnaldo da Villanova.
Nel Trecento la medicina riprese gradualmente ad essere una scienza sperimentale; si praticarono le prime autopsie per lo studio dell'anatomia e si sviluppò la diagnostica, basata particolarmente sull'uroscopia.
Con l'avvento della stampa, nel XV secolo, Teofrasto, Dioscoride, Plinio, Ippocrate, Galeno, Celso, Mesue, Avicenna vennero tradotti, commentati e pubblicati in numerose edizioni; ma comparvero anche nuovi studi, conseguenza delle scoperte geografiche: ai vecchi rimedi si aggiunsero quelli portati in Europa dal Nuovo Mondo: la coca, il curaro, l'oppio, il guaiaco, che entrarono nella pratica medica.
Questo breve excursus nella storia della farmacia prescientifica ci ha consentito di ricordare i nomi di coloro che informarono di sé la stampa medico-farmaceutica dalle sue origini fino a tutto il Cinquecento. I numerosi trattati ed opuscoli editi nei secoli XV e XVI non sono in genere che riedizioni o commentari o comunque rifacimenti e sviluppi dei lavori dei classici e degli arabi, con l'aggiunta negli ultimi decenni del Cinquecento delle novità provenienti dalle Indie e della descrizione delle nuove malattie come la peste e il morbo gallico.
Un chiaro riflesso della sopradescritta situazione appare con evidenza nel catalogo degli incunaboli e cinquecentine riguardanti la farmacia, custoditi presso la Biblioteca Civica "A. Mai" di Bergamo. Sono oltre duecentocinquanta volumi: 35 incunaboli, tutti editi in Italia, e 222 cinquecentine di cui 112 stampate a Venezia.
Le 39 edizioni di Plinio, le 13 di Dioscoride e le 8 di Mesue testimoniano l'ampia diffusione delle loro opere in quei secoli, soprattutto nei conventi, come risulta dalle note di possesso; ma sono anche molti i possessori privati, come Giovanni Antonio Barelli "fisicus ripaltensis" il cui nome compare su ben ventisei volumi, o come Antonia Suardi Ponti che applicò il suo ex-libris su una quindicina di volumi fra quelli schedati.
I testi esclusivamente farmaceutici sono ben pochi; accanto alle rarissime vere e proprie farmacopee sono presenti diversi antidotari nei quali sono indicati i rimedi relativi a ciascuna forma morbosa, non sempre con la descrizione della loro preparazione; alcune opere sono dedicate particolarmente ai vegetali o alle pietre e ne sono elencate le proprietà terapeutiche.

Gianfranco Alessandretti

L’introduzione di G. Alessandretti, qui riprodotta, precede l’elaborato dal titolo I farmaci negli incunaboli e cinquecentine della Biblioteca “A. Mai” di Bergamo, dattiloscritto, Bergamo 1992-1995, che descrive circa 250 edizioni possedute dalla Biblioteca “A. Mai” di Bergamo, consultabile in Biblioteca, segnatura: Sala 24: Cass. 2. D.7.52.

Frontespizio della Farmacopea pubblicata a Bergamo nel 1580 (Cat. n. 19)

Frontespizio della Farmacopea pubblicata a Bergamo nel 1580 (Cat. n. 19)
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CATALOGO
a cura di Giuseppe Sangalli

Il presente catalogo, avendo una finalità divulgativa, si limita ai dati essenziali. Di ogni esemplare si dà una descrizione breve, con i dati necessari all’identificazione dell’edizione (si ringrazia Maria Giuseppina Ceresoli, catalogatrice delle opere antiche della Biblioteca “A.Mai” per il controllo delle schede descrittive). Quando le testimonianze lo consentono, si è cercato di collocare le opere descritte nel contesto storico locale da cui provengono, Bergamo e provincia. Per una esauriente disamina storica della professione dello speziale e della corporazione degli “aromatari” a Bergamo tra Quattrocento e Cinquecento si vedano gli ottimi studi di LEPORE e SILINI citati nella Bibliografia alla fine del Catalogo.
Per offrire al lettore un’immagine viva di come si presentava l’antica bottega di un farmacista bergamasco, riportiamo da LEPORE (Prima Parte, pp. 234-235) la descrizione, fedelmente desunta dai documenti, della bottega dei fratelli Alessandro e Gianbattista Grismondi di Gorlago, anno 1622: “La bottega (ubicata nella contrada di Carobbio degli Angeli) ci pare fornita di ben duecento composti, semplici droghe, ‘robe vive’: zuccari e conserve, trentuno specie di siropi, polveri seu spetie aromatiche, e pilole, trocisci, onguenti, ceroti, radici, semi, oli. Fa bella mostra di sé una doviziosa serie di vasi seu albarelli e vasetti di maiolica vetro terra rame; di mortari grandi e mezzani di bronzo pietra noce, con il pestone di ferro per il mortaio di bronzo grande (pesa libbre tre) e pestoncini da mortarini; il porfido per macinare fromenti, perle, corali e altre cose per il suo macinino. E ancora bilanze, una con la coppa di ramme qual cava da li grossi pesi, l’altra con doi coppe di ottone per pesare al banco, e bilanzine e contrappesi per spezie aromatiche.…Scorrendo di arredo in arredo, il documento descrive i banchi di pegara: l’uno con dentro cassettini per le erbe numero trenta; l’altro per mettere sotto olle, longo braccia cinque e mezza; il terzo con una coridorina et armaiolo per star a scrivere, con il banchetto da sedersi et doi bancaletti et l’armatura da dietro d’apozarsi: sul tavolo l’Antidotario volgare e il libro di Casori Durante de’ semplici”. L’Antidotario è certamente la Farmacopea pubblicata dal Collegio dei Medici nel 1580 e alle cui prescrizioni gli speziali bergamaschi erano obbligatoriamente tenuti (v. Cat. n. 19); mentre l’opera di Castore Durante, assai diffusa, è qui descritta al n. 21. Ogni esemplare è preceduto dalla segnatura con la quale è reperibile nella Biblioteca.
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EDIZIONI DEL SECOLO XV
  1. INC. 2 142

    NICOLAUS : SALERNITANUS: Antidotarium; Tractatus Quid pro quo; Synonyma. Venezia, Nicolas Jenson, 1471.

    IGI 6855

    Edizione di particolare bellezza tipografica, impressa dai torchi dello stampatore francese Nicolas Jenson (Sommevoire, Champagne, 1420-Venezia c.1480), uno dei primi stampatori in Venezia, creatore di caratteri rimasti famosi per nitidezza e sobria eleganza. Di questa edizione, oltre alla Biblioteca Mai, solo la Biblioteca Casanatense di Roma possiede un esemplare (CHIODI, pp. 48-49). L’Antidotarium fornisce i rimedi per diverse malattie ed è stato adoperato come libro di testo nella famosa Scuola Salernitana; esso è composto di varie prescrizioni di uso comune che erano discusse dai maestri della Scuola, rivedute e corrette e quindi pubblicate per i medici e gli studenti, un libro straordinariamente pratico. Successive edizioni sono state aggiornate ed ampliate da Nicolò Salernitano (c.1140), per cui fu conosciuto con il nome di Antidotaria di Nicolò; gli Antidotaria erano basati sulla materia medica araba con i suoi pesi e le sue misure farmaceutiche, cioè, 20 grani=1 scrupolo, 3 scrupoli=1 dramma.

    La Scuola Salernitana è la più antica e importante scuola di medicina dell’Occidente europeo, in cui si fusero tutte le correnti di pensiero dell’antichità e del medioevo. La Scuola di Salerno, che Costantino Africano (c.1020-1087) aveva fondato nel 1075 prima di ritirarsi come monaco nell’abbazia di Montecassino ove trascorse il resto della sua vita traducendo in latino le opere arabe di medicina, esisteva già da un secolo. Inizialmente fu in stretta relazione con l’abbazia di Montecassino, essendo allora la cura dei malati una delle principali attività dell’Ordine benedettino. In seguito, grazie a privilegi e concessioni, acquistò gradualmente una propria autonomia e sviluppò un regolare curriculum ed ammise studenti di ogni nazionalità: la Scuola divenne famosa ed i suoi insegnanti rinomati. Dopo i grandi riconoscimenti di Federico II e Carlo d’Angiò, la scuola cominciò lentamente a decadere fino a che, nel 1811, il re di Napoli, Gioacchino Murat, ne decretò l’abolizione.


  2. INC. 4 267

    PLINIUS SECUNDUS, GAIUS: Historia naturalis, Treviso, Michele Manzolo, 1479.

    IGI 7883

    Esemplare splendidamente miniato. Le parti della Storia Naturale di Plinio dedicate alla medicina sono molte ed interessanti. Egli parla di rimedi derivati da alberi delle foreste e da piante selvatiche, da esseri viventi e da acque; essa offre un quadro interessante della pratica medica del tempo.

    Plinio il Vecchio (Como 23/24-Stabia, odierna Castellammare di Stabia, Napoli, 79 d.C.), storico e naturalista; vissuto sotto gli imperatori Nerone, Vespasiano e Tito, fu funzionario esemplare, storico coscienzioso ed erudito illuminato; all’attività pratica congiunse l’amore per lo studio accompagnato da un insaziato desiderio di sapere. Durante l’eruzione del Vesuvio nel 79, mosso dal desiderio di studiare da vicino il fenomeno, perì sotto una pioggia di cenere e di lapilli. Frutto della sua laboriosa e intelligente fatica furono opere importanti, tra cui i 37 libri, giunti fino ai nostri giorni integralmente, della Naturalis Historia, contenente anche nozioni mediche e farmaceutiche. Plinio, preferendo i medicinali semplici e popolari, disdegnò la polifarmacia, i medicinali esotici provenienti dall’oriente, tra i quali la teriaca (=triaca: composizione medicinale, la cui base era costituita dalla carne di vipera, considerata rimedio sovrano contro ogni veleno), introdotta nella corte di Nerone dal suo medico personale Andromaco di Creta.


  3. INC. 1 59

    AVICENNA: Canones medicinae, Padova, Johann Herbort, 1479.

    IGI 1117

    L’edizione in mostra è una delle prime della grande opera di Avicenna; essa ebbe rapida diffusione in Europa e fu testo di studio nelle università fino alla metà del XVII secolo.

    In questa sua opera monumentale Avicenna ha tentato di realizzare un libro che abbracciasse tutta la medicina seguendo le esatte regole della logica e di adattare ogni cognizione di anatomia, fisiologia, diagnosi e cura. Pur contenendo giustificate imperfezioni nella parte riguardante l’anatomia e la fisiologia (dovute solo al fatto che i medici islamici non praticavano la dissezione, perché era proibita dalla loro religione), il merito dell’opera è rimasto indiscusso per secoli; Tra le molte altre cose, tratta dei veleni minerali, animali e vegetali, della rabbia, della flebotomia, del cancro della mammella, dei tumori, delle malattie della pelle, del parto, della meningite, la nefrite, la paralisi facciale, la stenosi pilorica, l’ulcera dello stomaco, dell’ittero, dell’occhio.

    Avicenna (Abù Alì al-Husayn Ibn Sinà (Afshana, Buchara, 980-Hamadhàn c.1037)), filosofo e famoso medico persiano; intraprese da autodidatta gli studi di matematica, fisica, filosofia, ma in particolare di medicina, dedicandosi assai presto alla cura dei malati. Tra le molte sue opere spicca il Canone, che per 600 anni rimase il codice più autorevole della medicina pratica e della farmacologia, studiato e commentato nelle facoltà mediche di Bologna e Montpellier attraverso la traduzione latina fatta nel XII secolo da Gherardo da Cremona (1114-1187). Dante elenca Avicenna tra gli scienziati ricordati nell’Inferno (IV, 143).


  4. INC. 4 218bis

    AVERROES: De medicina, Ferrara, Lorenzo de’ Rossi e Compagni, 1482.

    IGI 1107

    Volume con numerose annotazioni marginali.

    L’autore, dopo una breve descrizione dell’anatomia del corpo umano, disserta delle malattie in generale, in merito alla dieta, ai rimedi, ai veleni, ai bagni, agli esercizi fisici, al massaggio. Trattando del vaiolo fa l’interessante osservazione che “questa malattia colpisce l’ammalato una sola volta”.

    Averroè (Abùl Walìd Muhammad Ibn Muhammad Ibn Rushd (Cordova 1126-Marrakech 1198)), filosofo, medico e giurista arabo di Spagna; è celebre per i suoi Commentari ad Aristotele, onde fu chiamato nel medioevo il “Commentatore” per antonomasia, e come tale è ricordato anche da Dante: “Averoìs, che ‘l gran comento feo” (Inferno, IV, 144); indubbiamente fu anche uno degli uomini del suo tempo più esperti nella scienza medica.


  5. INC. 3 12

    CELSUS AULUS CORNELIUS: De medicina, Venezia, Giovanni Rosso, 1493.

    IGI 2676

    Celso scrisse un’enciclopedia che comprendeva diversi trattati, come faceva il suo contemporaneo Plinio. Della sua vasta produzione si è salvato il libro della medicina; perduto per più di 14 secoli. Il manoscritto, in otto libri, venne scoperto da papa Niccolò V, che lo fece stampare a Firenze nel 1478: fu il primo libro di medicina uscito a stampa. Il testo è considerato uno dei grandi classici della medicina, e del suo vasto contenuto citiamo alcune trattazioni: parla della dieta e dell’igiene, dell’etiologia, sintomatologia e prognosi, delle febbri, del tetano, dell’asma, dei medicamenti delle ferite (con l’uso di antisettici come l’olio di timo, il catrame, la trementina, l’arsenico) e loro trattazione mediante suture o morsette), dei purganti (l’aloe, l’elleboro), delle malattie della pelle e delle ulcerazioni, della chirurgia (molte delle operazioni descritte da Celso sono lungimiranti e anticipatrici di terapie moderne).

    Celso Aulo Cornelio (23/25 a.C.-50 d.C. ?), vissuto ai tempi di Tiberio è soprannominato l’Ippocrate latino; nella sua opera sostiene la personalizzazione della terapia e classifica i rimedi semplici secondo le loro proprietà (emostatici, cicatrizzanti, suppurativi, purgativi, corrosivi, ecc.); se alcuni fra i rimedi semplici descritti hanno carattere magico ed altri sono privi di qualsiasi azione, altri vennero tradizionalmente usati per secoli. La De medicina ebbe diffusione nel XVI secolo in Italia e in Francia.


  6. INC. 4 345

    KETHAM, JOHANNES : DE: Fasciculus medicinae, Venezia, Giovanni e Gregorio de’ Gregori, 1493.

    IGI 5300

    Esemplare con splendide figurazioni acquerellate. SAMEK LUDOVICI p. 90: “[la resa delle illustrazioni] mostra una sommessa analogia col festoso particolarismo pittorico dei grandi pittori coevi veneziani (Giambellino segnatamente) coi quali sembra condividere una più accentuata attrazione per l’elemento paesistico e una progressiva riduzione dell’episodio (storico o anche religioso) ai suoi termini naturalistici ed umani. Del resto non va dimenticato che proprio a Venezia si danno i primi esperimenti di xilografia a colore, ottenuta da uno o più blocchi debitamente inchiostrati con inchiostro tipografico: esperimenti che hanno il loro protagonista, se non inventore, nel Ratdolt, con lo Igino. Poeticon astronomicon, 1482, così anche Joh. Ketham, Fasciculus Medicinae”.

    Il primo testo anatomico a stampa con illustrazioni è il Fasciculus medicinae del Ketham, pubblicato a Venezia nel 1491. Le successive edizioni del 1493, come quella esposta, del 1495 e del 1507 contengono la ben nota rappresentazione del celebre anatomista bolognese Mondino de’ Luzzi (c.1270-1326) mentre presiede a una dissezione. Il Fasciculus contiene una trattazione di anatomia, di chirurgia, di ginecologia ed ostetricia, dell’orina, della flebotomia e della peste.

    Ketham Johannes (Kirchheim, Wurttemberg, notizie dal 1480), medico, raccoglitore diligente di testi e di disegni anatomici; il libro del Ketham è considerato uno dei monumenti più importanti dell’arte tipografica italiana e segna un’era nuova nella storia degli studi anatomici.


  7. INC. 1 47

    SELVAGGIO, MATTEO : Liber pandectorum medicinae, Venezia, Boneto Locatello, ed. Ottaviano Scoto, 1498.

    BMC V, 499

    Volume con alcune annotazioni a margine. Nota di possesso: “Dni Antonii Coleoni / Co. Febus Colleo anno 1677”. Ex libris “Antonia Suardi Ponti”. Prima di far parte della preziosa libreria di Antonia Suardi Ponti, pervenuta in Biblioteca nel 1958 con l’acquisto del fondo Giuseppe Locatelli, l’esemplare esposto appartenne alla nobile e rinomata famiglia Colleoni di Bergamo.

    Contiene un dizionario merceologico-farmaceutico, con le qualità e le virtù di singoli medicinali, intercalato con sinonimi.


  8. INC.4 262

    MONTAGNANA BARTOLOMEO: Opera medica, Venezia, Simone da Lovere, ed. Andrea Torresani, 1499.

    IGI 6700

    Volume con numerose annotazioni a margine. Nota di possesso: “Est Conventi Sancti Stephani de Bergomo 1541”. Il Convento domenicano di Santo Stefano, eretto in Bergamo nel XIII secolo, venne abbattuto nel 1561 per far posto alla cinta muraria veneziana. La libreria del Convento è pervenuta nella Civica Biblioteca nel 1797 a seguito della soppressione napoleonica dei conventi.

    Simone da Lovere è tra i più famosi stampatori bergamaschi che fecero fortuna a Venezia.

    Bartolomeo Montagnana fu professore di medicina a Padova dal 1422 al 1441.
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EDIZIONI DEL SECOLO XVI

  1. CINQ 3 923

    ARNALDO : DE #VILANOVA: De Virtutibus herbarum, Venezia, ed. L. A. Giunta, tip. Crist. Pensi, 1502.

    Nota di possesso: “Liceo di Bergamo”. L’esemplare, anticamente appartenuto al Liceo Dipartimentale (poi Imperial Regio Liceo) di Bergamo, oggi Liceo Classico “Paolo Sarpi”, è pervenuto in Biblioteca, con tutta la libreria del Liceo, nel 1825.

    Il volume presenta di ogni erba trattata la corrispondente figura, ne indica le singole virtù e per quali malattie sono da impiegare come rimedi di cura.

    Arnaldo di Villanova (Villanova, Valencia, c.1235-davanti a Genova c.1311), medico catalano; fornito di vasta erudizione, praticò la medicina in molti luoghi, in particolare a Montpellier e a Parigi; fu medico di Bonifacio VIII, di Clemente V e di vari sovrani.


  2. CINQ 2 1795

    PREZZATI, GABRIELE: De preservatione ac curatione pestis, Pavia, ed. Bart. Morandi, tip. Gia. da Borgofranco, 1504.

    L’opera è preceduta dal ritratto, a penna, dell’autore, Gabriel de Prezate, documentato nel registro del Collegio dei Medici e Fisici di Bergamo conservato nella Civica Biblioteca alla segnatura AB 391 (Liber Collegi Medicorum Pergami, 1477-1584). Nel 1485 Gabriel de Prezate venne aggregato al Collegio (c.7r), del cui Consiglio direttivo fece poi parte per molti anni; il suo nome compare nel registro sino all’anno 1508. Nel secondo registro del Collegio (AB 391) a c.3r è annotato: “Gabriel Prezatus, Bononiae Rector scholarium”. Giusto nel1’anno 1504, quando appare l’opera del Prezzati sulla prevenzione della peste, a Bergamo si prende la decisione di costruire il lazzaretto, come luogo di ricovero e segregazione per gli appestati.

    Nota di possesso: “Ant. Lodetti”. Antonio Lodetti è documentato come “aromatario” in Borgo San Leonardo a Bergamo nel 1571 (LEPORE, Seconda parte, p. 66).

    Vi sono trattati i rimedi di come prevenire e curare la peste.

Il medico farmacologo Pietro da Montagana nel suo studio, circondato dalle opere dei classici della medicina e della farmacopea antica; pazienti in attesa di un consulto muniti di contenitori d’ispezione; (da: Johannes Ketham, Fasciculus Medicinae, cat. n. 6)

Il medico farmacologo Pietro da Montagana nel suo studio, circondato dalle opere dei classici della medicina e della farmacopea antica;
pazienti in attesa di un consulto muniti di contenitori d’ispezione;
(da: Johannes Ketham, Fasciculus Medicinae, cat. n. 6).

  1. CINQ 6 21

    SELVAGGIO, MATTEO : Opus pandectarum medicinae, Pavia, ed. Luigi da Castello, tip. Ia. da Borgofranco, 1508.

    Note di possesso: “Conventus Sancti Stephani de Bergomo” e “Conventus Sancti Dominici de Bergomo Ordo Predicatorum”.

    Vi sono descritti in ordine alfabetico, e con le spiegazioni degli antichi, i diversi medicinali semplici e le loro virtù curative.

    L’opera è preceduta da una incisione raffigurante i santi Cosma e Damiano, protettori dei medici e dei farmacisti. Secondo la tradizione, Cosma e Damiano, fratelli, arabi cristiani e medici, esercitarono tra i poveri in Cilicia e patirono il martirio durante la persecuzione di Diocleziano (303). Subito si diffuse il loro culto con la costruzione di chiese a Costantinopoli e a Roma, dove furono trasportate le reliquie. I Medici, nel secolo XV, li vollero protettori di Firenze, mentre a Parigi la Confraternita dei chirurghi fondò il Collège de St. Come. Dopo la loro canonizzazione divennero i santi patroni della medicina e della farmacia. In Bergamo ai due santi era dedicata una cappella nella Chiesa di San Pancrazio, dove il Collegio dei medici e fisici teneva le proprie adunanze (BRAVI, p. 86). Il Collegio degli aromatari si riuniva invece presso il Convento di San Francesco (LEPORE, Prima parte, p. 236ss).


  2. CINQ 3 751

    GALENUS, CLAUDIUS: Recetario de Gaglieno, Milano, ed. Nic. Gorgonzola, tip. Rocco da Valle, 1519.

    Nota di possesso: “Conventus Sancti Augustini Bergomi”. Nel convento bergamasco di S. Agostino degli Eremitani Osservanti della Congregazione di Lombardia vi era una ricchissima e scelta biblioteca, espressione della vasta cultura di alcune grandi personalità, quali Ambrogio Calepio e Giacomo Filippo Foresti, autori di note opere storiche e lessicografiche. La libreria è passata alla Civica Biblioteca nel 1797 a seguito della soppressione napoleonica dei conventi.

    Ricettario riguardante la scelta e l’applicazione dei medicamenti e tecniche per la preparazione.

    Galeno Claudio (Pergamo c.130-Roma ? c.200), medico greco; perfezionati gli studi della medicina alle scuole di Smirne e Alessandria, fu medico dell’anfiteatro dei gladiatori in Pergamo e, successivamente, medico personale di Marco Aurelio e dei suoi successori. Pur conservando tecniche e concezioni tradizionali , come quella Ippocratica dei quattro umori (secondo cui il corpo umano è costituito dal sangue, proveniente dal cuore, dalla flemma, originata nel cervello, dalla bile gialla, prodotta nel fegato, e dalla bile nera, elaborata nella milza), innovò notevolmente nell’impostazione della diagnosi e della prognosi e nella terapia, non più generica per tutto il corpo, ma specifica degli organi malati. Le sue teorie mediche-farmacologiche hanno dominato per secoli nelle conoscenze mediche e sull’azione dei medicinali. Per quanto la pratica di Galeno fosse soprattutto medica, egli esercitò anche la chirurgia scrivendo delle fratture del cranio, della trapanazione, della cura delle fratture, delle amputazioni, degli ascessi, delle ernie, ecc.. Anche Galeno è posto, da Dante, nel castello degli spiriti magni (Inferno, IV, 143).


  3. CINQ 5 773

    DIOSCORIDES, PEDANIUS: De medica materia; De letalibus venenis, Colonia, Io. Soter, 1529.

    Ex libris “Ranutij Aloysij Scarpacci”. Nota di possesso: “Est monasterij Sanctae Justinae de Padua”. L’esemplare è anticamente appartenuto al famoso Monastero di Santa Giustina di Padova della Congregazione benedettina cassinese. Molto probabilmente è passato poi a un monastero bergamasco della stessa Congregazione, prima di pervenire nel 1797 nella Civica Biblioteca. Presso il Monastero padovano era attiva una rinomata farmacia, il cui antico arredo è oggi conservato presso la Farmacia privata “S. Giustina in Prato della Valle” (MASCHIETTO, tav.IV)

    Argomenta soprattutto di botanica officinale, tratta della preparazione, della conservazione, della purezza, dell’uso, delle dosi e degli effetti dei rimedi semplici e descrive circa 600 piante; descrive ampiamente anche dei rimedi impiegati nella pratica medica - validi tutt’oggi - tra questi si possono ricordare: l’acacia, l’aloe, l’aceto, l’allume, l’ammoniaca, l’amido, le galle, l’argento, la cannabis, la cassia, la cerussa (piombo), la cicuta, la genziana, l’elleboro, il mercurio, l’oppio, la mandragora, la menta piperita, la senape, il sale, il timo, e tantissimi altri ancora.

    Pedanio Dioscoride (Anazarba, Cilicia, c.44-90 d.C.), chirurgo militare e medico greco; viaggiò molto, al seguito di eserciti, interessandosi particolarmente di botanica officinale. Scrisse, al tempo di Nerone, il grande trattato sulle qualità e virtù delle erbe De medica materia, in cinque libri, che ebbe notevole considerazione fino ai tempi moderni, in cui descrisse tutte le droghe allora conosciute, provenienti dai tre regni della natura, classificandole in ordine sistematico e non alfabetico e indicando le loro virtù e il loro uso nelle diverse malattie. Dante lo pone nel “nobile castello” con i sapienti antichi (Inferno, IV, 140).


  4. CINQ 4 243

    FRACASTORO, GIROLAMO <1483-1553>: Syphilis sive morbus gallicus, Verona, [fratelli da Sabio], 1530.

    E’ l’opera più conosciuta di Fracastoro, pubblicata per la prima volta nel 1530, di cui vediamo un esemplare in mostra. Questa fu dedicata all’amico cardinale Pietro Bembo e fu straordinariamente lodata per lo stile e per la ricca inventiva. Nel testo sono indicati i medicamenti utili alla cura della terribile malattia, fra i quali il mercurio e il guaiaco (albero tropicale il cui legno è il più duro e pesante del mondo). Il poema, in tre libri di esametri, fu tradotto in italiano, francese, tedesco, inglese.

    Fracastoro Girolamo (Verona c.1483-Incaffi, Verona, 1553), umanista e scienziato; la medicina fu la sua principale passione, ma studiò anche astronomia, matematica, fisica, geologia, geografia, botanica, e compose versi; entrò nell’università di Padova, ove fu allievo del noto filosofo-medico Pietro Pomponazzi ed ebbe come compagni di studio: Andrea Navagero, studioso e storico, Pietro Bembo e Gaspare Contarini, che divennero cardinali, Copernico, colui che inaugurò una nuova èra nell’astronomia. Paolo III lo nominò medico del Conciclio di Trento.


  5. CINQ 6 681

    BRUNFELS, OTTO <1488-1534>: Herbarum vivae eicones, Strasburgo, Io. Schott, 1532.

    Raro e prezioso testo ricco di illustrazioni di erbe e di piante con la descrizione dei loro usi. L’alta qualità dell’edizione è esaltata da due commenti, in francese, espressi sul risguardo anteriore del volume: “Cette Edition est recherchée et préférable a celle / de 1530. Osmont 7. I. p.a 139.” e “Bonne edition, et celle qu’on préféra. Dict / Bibl. 7. I. p.a 203.”. La qualità dell’opera di Brunfels segna un’epoca nella storia delle illustrazioni botaniche ed i disegni sono tanto belli quanto fedeli alla natura.

    Brunfels Otto (Magonza 1488-Berna 1534), medico e botanico; fu da principio monaco a Strasburgo, poi abbracciò il luteranesimo e predicò la Riforma per parecchio tempo, da ultimo abbandonò anche l’ufficio pastorale per dedicarsi alla medicina; si laureò a Basilea e venne nominato medico della città di Berna nel 1533. La qualità delle illustrazioni contenute nell’Herbarium del Brunfels, prese dal naturale con grande abilità artistica, diedero inizio ad un nuovo periodo di illustrazioni botaniche; il celebre naturalista svedese Linneo chiamò il Brunfels “padre della botanica”.


  6. CINQ 7 777

    VESALIUS, ANDREAS <1514-1564>: De humani corporis fabrica, Basilea, Giovanni Oporini, 1543

    Straordinaria edizione di capitale importanza sia nella storia tipografica sia nella storia delle conoscenze mediche. Le famose tavole sono dovute al pittore fiammingo Jan Stephan von Calcar (1499-1546/1550), allievo di Tiziano.

    Vesalio Andrea, nome italianizzato dell’anatomista fiammingo André Vésale (Bruxelles 1514 - Zante 1564); discendente da una famiglia di medici, laureatosi all’Università di Padova, divenne professore di medicina e di anatomia nel 1537 presso la stessa Università. Nel 1543, l’anno in cui fu pubblicata la Fabrica, Vesalio lasciò Padova per divenire medico di corte dell’imperatore Carlo V. La sua opera straordinaria De humani corporis fabrica, di cui vediamo in mostra l’eccezionale edizione posseduta dalla nostra Biblioteca, contribuì in modo determinante al rinnovamento della scienza anatomica. Di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, fu sbarcato sull’Isola greca di Zante perché colpito da un grave morbo che gli procurò la morte.


  7. CINQ 7 726

    MATTIOLI, PIETRO MARIA: In libros Pedacii Dioscoridis De medica materia, Venezia, Vincenzo Valgrisi, 1554.

    Splendida edizione del più noto e classico testo botanico-farmaceutico in cui sono trattati i rimedi curativi naturali. Lo spunto è dato dai sei libri di Dioscoride, opportunamente indagati e commentati. Le numerose illustrazioni sono disegnate da Giorgio Liberale da Udine (MORTIMER II, 429). Questo lavoro, che comparve per la prima volta in latino nel 1554, procurò al Mattioli grande reputazione. Nel 1557 Valgrisi pubblicò il volgarizzamento dell’edizione latina.

    Mattioli Pierandrea (Siena, c.1500-Trento 1577), medico e naturalista; addottoratosi in medicina a Padova esercitò in diverse città italiane e presso la corte imperiale di Ferdinando e di Massimiliano II a Praga; nel 1562 fu elevato alla nobiltà; mori a Trento di peste. Il Mattioli scrisse libri sulla sifilide, sulla pratica della medicina, di terapia, ma nessuno eguagliò per valore e popolarità il suo commento di Dioscoride, che ebbe un grande numero di edizioni latine e fu tradotto molte volte in italiano, francese, tedesco, ceco.


  8. CINQ 3 641

    AVICENNA: Artis chemicae principes Avicenna atque Geber, Basilea, Peter Perna, 1572.

    Nota di possesso: “Capuccini, Bergamo”. Sulle ultime pagine, numerose note a margine di mano sec. XVI. I libri del Convento dei Cappuccini di Bergamo (Borgo Palazzo) sono pervenuti in Biblioteca nel 1810.

    Si tratta più che altro di un testo di alchimia, accompagnato da una serie di illustrazioni che ci offrono la visione di una officina farmaceutica medievale.


  9. CINQ 2 1512

    COLLEGIO DEI MEDICI : Pharmacopea, Bergamo, ed. Giu. Pigozzi, tip. Comin Ventura, 1580.

    Poderoso compendio, di 422 pagine, dei medicinali allora conosciuti. I farmaci sono suddivisi in sciroppi, succhi, elettuari, pillole, polveri, pastiglie, colliri, oli, unguenti; vi sono stabilite le dosi, i metodi di preparazione, e, nella parte conclusiva, vi è un indice assai dettagliato. L’opera, che vide il concorso in fase di elaborazione di medici, chirurghi e speziali dei Collegi di Bergamo, fu pubblicata con l’autorizzazione dei Rettori veneti e del Consiglio comunale della Città (LEPORE, Seconda Parte, pp 38-39). Bergamo venne a porsi con quest’opera tra le prime città d’Italia (preceduta dalle sole Firenze e Bologna) che diedero vita ad una Farmacopea modernamente intesa, “ un libro cioè che, scritto per ordine della Autorità e da essa con le debite sanzioni ratificato, indichi i medicamenti da tenersi nelle officine farmaceutiche, e ordini le regole da seguirsi nel prepararli, formando così una specie di codice, che mentre tutela la salute pubblica serve di guida a medici e farmacisti” (CORRADI, p. 131). In fine al presente esemplare è inserito un foglio a stampa recante “Tariffa per le visite de’Signori Medici, e Chirurgi di Bergamo, e suo distretto” con data 21 luglio 1751.

    Comino Ventura (Sabbio Chiese, Brescia, 1550-Bergamo 1617); nella rinomata attività dello stampatore, cittadino onorario di Bergamo, la Pharmacopea occupa un posto di rilievo; quest’opera per la sua importanza nel campo della medicina e della farmacologia e per il razionale schema compositivo adottato dal Ventura, a vantaggio dei consultatori, venne ristampata l’anno seguente con ulteriori aggiunte e ricchi indici.


  10. CINQ 2 367

    ORTA, GARCIA : da : Dell’historia de i semplici medicamenti pertinenti all’uso della medicina, Venezia, Fr. Ziletti, 1582.

    Nota di possesso: “Johannes Franciscus Serrantonius phisicus”. Numerose annotazioni.

    Il libro lo si può ben definire un catalogo delle tipiche droghe importate ad uso della farmacia del tempo: lacca, tamarindo, benzoino, aloe, l’”arbore del sandalo”, acque aromatiche, canfora, chiodi di garofano, ecc..

    Garcia de Orta (Elvas, Alentejo, c.1490-1570), medico e naturalista portoghese; nel 1534 si imbarcò, come medico di corte, su una flotta inviata alle Indie Orientali e descrisse per primo il colera asiatico.

Pagina 169 del commento di Mattioli ai libri di Dioscoride, Venezia 1554 (cat. n. 17): cattura delle vipere, delle cui carni sono descritte le virtù terapaeutiche

Pagina 169 del commento di Mattioli ai libri di Dioscoride, Venezia 1554 (cat. n. 17):
cattura delle vipere, delle cui carni sono descritte le virtù terapaeutiche

  1. CINQ 7 124

    DURANTE, CASTORE <1529-1590>: Herbario nuovo, Roma, Bartolomeo Bonfadini e Tito Diani, 1585.

    Esemplare mutilo del frontespiszio. In fine sono inseriti alcuni fogli con annotate diverse ricette di mano sec. XIX; inserite anche tre foglie essiccate. L’esemplare reca evidenti segni di usura dovuti certamente ad una prolungata ed assidua consultazione. L’Erbario del Durante era uno dei testi che stava sempre sul banco degli antichi speziali.
    Le figure sono 965 silografie incise da Leonardo Parasole da Sant’Angelo di Visso, detto Leonardo Norsino, incisore e commerciante di stampe in Roma, su disegno della moglie Isabella; tra esse è anche il ritratto del Durante (PESENTI, pp.105-107)
    Castore Durante (Gualdo Tadino, Perugia 1529-Viterbo 1590), laureatosi in medicina a Perugia, si trasferì a Viterbo dove approfondì soprattutto gli studi di materia medica, ossia di botanica applicata alla medicina. La fama di semplicista e medico gli valse l’ufficio di archiatra di papa Sisto V e soprattutto la cattedra di botanica nell’Archiginnasio romano.
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BIBLIOGRAFIA

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CHIODI LUIGI, La Biblioteca Civica di Bergamo “Angelo Mai”, Bergamo, s.n.t.
CORRADI A., Le prime farmacopee italiane, Milano 1887.
LEPORE GIOVANNI, Note sugli antichi aromatari di Bergamo congregati nel chiostro minore di S. Francesco. Prima Parte, in “Archivio storico bergamasco” n. 3, 1982, pp. 231-250; Seconda parte. Documenti, in “Archivio storico bergamasco”, n. 4, 1983, pp. 37-66.
MAJOR RALPH H:, Storia della medicina, 2 volumi, Firenze 1959.
MASCHIETTO Fr. L., Biblioteca e bibliotecari di S. Giustina di Padova (1697-1827), Padova 1981.
MORTIMER RUTH, Harvard College Library. Department of Printing and Graphic Arts. Catalogue of Books and Manuscripts, 2 voll., Cambridge 1974.
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SAMEK LUDOVICI SERGIO, Arte del libro. Tre secoli di storia del libro illustrato, dal Quattrocento al Seicento, Mialno, Edizioni Ares. 1974.
SILINI GIOVANNI, Herbe pincte, Gorle 2000.
Storia delle scienze, 5 volumi, Torino, Einaudi, 1991-1995.

Pagina 272 dell’Herbario Nuovo di Castore Durante (cat. n. 21)

Pagina 272 dell’Herbario Nuovo di Castore Durante (cat. n. 21)