Le legature storiche bergamasche (secoli XV-XX)
della Biblioteca civica "A. Mai" di Bergamo
di Federico Macchi


Introduzione

Attribuzione e datazione delle legature bergamasche

Le caratteristiche delle legature bergamasche dei secoli XV-XX
     A) Legature d'archivio (manoscritti) - generalità
          Secolo XV – seconda metà
          Secolo XVI
          Secolo XVII
          Secolo XVIII
          Secolo XIX
     B) Legature non d'archivio (manoscritti e libri a stampa)- generalità
          Secolo XV
          Secolo XVI
          La legatura "a placchetta"
          Secolo XVII
          Secolo XVIII
          Secolo XIX
          Secolo XX

Antonio Cantoni
Le legature di Antonio Cantoni

Riassunto

Bibliografia generale



Introduzione

In questo articolo viene riferita parte dei risultati inerenti al censimento iniziato nel mese di ottobre 2004 e portato a termine agli inizi del 2007, delle legature custodite alla Biblioteca "A. Mai" di Bergamo. Sono state visionate migliaia di legature e selezionate svariate centinaia di coperte realizzate dal XV al XX secolo in Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna. Riproduzioni e commenti saranno in parte disponibili a partire dal 2008 sul sito web della Biblioteca (www.bibliotecamai.org). Di queste legature, sono state prese in esame quelle storiche generalmente caratterizzate dalla coperta in cuoio e da una più o meno ricca decorazione, eseguite a Bergamo e nel circondario: sono in prevalenza costituite da legature d'archivio, eseguite tra la seconda metà del XV e l'inizio del XIX secolo, in minoranza da legature non d'archivio comprese nel periodo tra l'ultimo quarto del XV e la seconda metà del XX secolo. Questi due gruppi di coperte, espressione di una originale e fin qui pressochè sconosciuta produzione, formano l'oggetto di questa nota.
Per importanza e varietà, il materiale individuato, valutato grazie all'ausilio di oltre 8.000 riprese digitali, non può in questa sede trovare una definitiva trattazione: tuttavia, le informazioni e le numerose riproduzioni di legature e di decori, ne forniscono qui un primo ampio compendio.
Le indicazioni appresso indicate tra parentesi, si riferiscono, a titolo esemplificativo, alla segnatura di collocazione del volume, alle figure delle legature riprodotte ed alle tavole dei ferri, degli schemi e dei disegni.
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Attribuzione e datazione delle legature bergamasche

L'origine bergamasca dei manufatti è stata fondamentalmente basata sul confronto dei ferri impressi su manoscritti e documenti d'archivio locali e, per analogia, sulle legature di testi a stampa. Importante si è pure rivelata a questo scopo, la campionatura di ferri locali fornita da esemplari firmati eseguiti a Bergamo da Antonio Cantoni. Meno affidabile a questo scopo, il contributo dei testi a stampa: come è noto, sino a tutto il XVIII secolo i libri, costituiti da fascicoli sciolti, venivano inviati in tutta Europa dai grandi centri di produzione libraria sommariamente provvisti di una carta di protezione. I volumi non venivano quindi legati dall'editore, ma nel luogo di vendita, a cura dello stesso acquirente oppure dal libraio, col risultato che spesso, luogo di stampa e luogo di confezione della legatura non coincidevano.
È noto che gli stessi punzoni potevano essere copiati o realizzati da più artigiani e venduti in Italia a diverse botteghe. Il peculiare universo tuttavia dei fregi bergamaschi, rende improbabile l'ipotesi secondo cui fregi analoghi siano stati utilizzati in città diverse da quella orobica. Costituiscono inoltre elementi di riferimento per una origine locale dei manufatti, nelle legature d'archivio, i contrafforti fissati al piatto anteriore con nastri in tessuto bicolore ed in pelle allumata e su quello posteriore, talora rivestite da una sovraccoperta in tela grezza, inusuale ma efficace mezzo di protezione del materiale di copertura. Hanno contribuito alla determinazione dell'origine, anche le filigrane – specie ove recano il nome del capoluogo orobico, come è avvenuto per diversi manufatti del legatore e cartaio Antonio Cantoni (Consorzio dei Carcerati, Maestro II° F 1679-1688)-, gli umboni (AB 265, Inc. 1 56) e i cantonali dal bottone centrale con margine arcuato, caratterizzati da una serie di bottoncini e con margine interno a doppia zigrinatura parallela (MIA 556). Rafforzano la probabilità della provenienza locale, il possesso del volume a famiglie (Tiraboschi-Inc. 1 27) o ad enti religiosi bergamaschi (Biblioteca del Seminario-Cinq. 6 1517, Convento dei Servi predicatori di Bergamo-MA 622) e l'omogeneità del consistente "corpus" di manufatti, individuati in tutti i locali della Biblioteca. I censimenti recentemente portati a termine in diverse biblioteche lombarde dall'autore di queste nota, senza alcun reperimento di legature di provenienza bergamasca, sembrano dimostrare il carattere prevalentemente locale della produzione. Le puntigliose e diffuse ricerche di Francesco Malaguzzi, in relazione alle legature piemontesi, presentano un'analoga caratteristica.
Per quanto riguarda la datazione delle legature, viene qui assunta come data di esecuzione per semplicità espositiva, tranne evidenti casi di riutilizzo della coperta, quella del testo, anche se è noto che molti volumi sono stati legati anni, talvolta decenni dopo la loro pubblicazione. Per convenzione, si ritiene coeva una legatura eseguita entro una decina d'anni successivi alla stampa del libro: entro venti o trent'anni più tardi si parla di "legatura del tempo".
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Le caratteristiche delle legature bergamasche dei secoli XV-XX

Sino ad oggi una cinquantina di esemplari quattro- e cinquecenteschi erano stati segnalati da Tammaro De Marinis1, oltre a sei volumi, rispettivamente presenti in una biblioteca privata di Biella2, in quelle civiche di Bergamo3, Queriniana di Brescia4, di Monza5 ed in una collezione privata6. La presente nota amplia notevolmente le osservazioni fin qui rese note, poichè comprendono anche i manufatti prodotti nei quattro secoli successivi.
Le legature prese in esame sono 7067, realizzate tra i secoli XV e XX: sono in prevalenza di genere archivistico (550 ca.), con o senza ribalta e contrafforti, e rivestono in genere testi manoscritti cartacei; quelle non archivistiche (150 ca.), presentano la caratteristica struttura e la decorazione del tempo: coperta in cuoio, cuciture a nervi rilevati e decoro a secco ed in oro.
Lo stato di conservazione dei volumi varia da esemplari in buono stato (AB 51) che necessitano solo di un'inceratura, a volumi caratterizzati da materiale di copertura più o meno lacerato, da nervi spezzati alle estremità, spesso causa del distacco dei piatti dal blocco dei fascicoli (Cinq. 7 967), bisognosi quindi di radicali interventi di sostegno. Non pochi esemplari oggetto di restauro, presentano piatti (Inc. 1 168) e talora dorsi, riapplicati oppure dorsi rivestiti da un lembo di cuoio (Inc. 1 27) o da carta decorata. Gli esemplari bergamaschi della Biblioteca comprendono due distinti gruppi: il primo "A- Legature d'archivio (manoscritti)", il secondo "B- Legature non d'archivio (manoscritti e libri a stampa)". Per la presentazione delle legature è stata scelta la formula della suddivisione per secoli. La scansione secolare, anche se non del tutto corretta dal punto di vista storico, rappresenta un elemento di chiarezza ai fini didattici: occorre ricordare che ogni variazione di stile non avviene automaticamente alla scadenza di ogni secolo ma si annuncia e prosegue più o meno a lungo a cavallo di due secoli; questo divario si è amplificato nella tecnica di esecuzione delle legature, dato che questa dura in genere molto a lungo e viene modificata solo allorquando si affermano evidenti miglioramenti funzionali.
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A) Legature d'archivio (manoscritti) - generalità

Le legature d'archivio rappresentano un importante materiale della biblioteca "A. Mai": provengono in gran parte dal "Consorzio della Misericordia Maggiore" (MIA)8, ente caritatevole fondato nel 1265, in deposito presso la Biblioteca civica dal 1912. Notizie storiche su questa ed altre locali istituzioni di beneficenza si trovano su "Internet" e su un ampio lavoro monografico di Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII9. Le coperte rivestono documenti, anche delle seguenti istituzioni bergamasche: - la Congregazione di Carità; - l'Ospedale di Santa Maria Maddalena; - il Consorzio dei carcerati; - il Convento di S. Alessandro; -il Comune, in particolare i Collegi: alle liti, delle acque, delle affittanze e agli incanti e l'Ufficio Pretorio.
Presentano, in parte la classica tipologia delle legature d'archivio: copertura in cuoio con ribalta e bande di rinforzo, e in parte una copertura in cuoio o in pergamena, con o senza decorazione. Alcuni esemplari presentano forma oblunga, verticale. Il materiale di copertura ricopre un supporto di cartone che spesso per l'elevato peso delle carte, si è rivelato insufficiente a trattenere in sede il blocco dei documenti: questi, in corrispondenza del dorso presentano di conseguenza una più o meno evidente concavità, associata ad una corrispondente convessità sul taglio. La cucitura è realizzata con del cordame costituito da canapa o lino ritorti. I capitelli possono esistere o meno. I contrafforti in cuoio, sono cuciti sul piatto anteriore, con nastri in tessuto colorato, su quello posteriore con dei lacciuoli in pelle allumata bianca. Le bindelle di chiusura sono in tessuto colorato oppure in pelle allumata.
Sono talvolta presenti nel XVII secolo sulle coperte, piastre cuoriformi di aggancio dei fermagli. La decorazione, impressa a secco (non in oro), è generalmente costituita da un intreccio geometrico di filetti che delimitano ampi spazi entro cui vengono collocati singoli ferri. Nelle caratteristiche legature d'archivio, essi vengono impressi su entrambi i piatti, negli spazi liberi tra i contrafforti e sul dorso.
Tra le legature così decorate, spicca un gruppo di esemplari provenienti prevalentemente dal Consorzio della Misericordia Maggiore, caratterizzati sul taglio superiore, da una peculiare, ornamentazione floreale policroma attorno all'acronimo "MIA". Una analoga ornamentazione compare sul piatto anteriore in pergamena, attorno alla numerazione romana, propria di quasi ogni volume degli "Indici". Non sembra che alcuna decorazione di questo tipo sia stata fino ad ora segnalata su legature d'archivio.
Le legature archivistiche qui prese in esame, ricoprono documenti in prevalenza cartacei: sono non infrequentemente in mediocre stato di conservazione per la presenza di spellature e di più o meno ampie perdite di sostanza sui piatti e sul dorso. Efficace si è rivelata, per la loro conservazione, la presenza di sovraccoperte. Seguono particolareggiate informazioni sulle legature archivistiche, cronologicamente esposte.
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Secolo XV – seconda metà

Le legature d'archivio dei diversi secoli su manoscritti cartacei, sono in pergamena [rigida (MIA 4), colorata (MIA 466) e floscia (MIA 7)], e in cuoio, anche dal fiore scomparso (MIA 26), prive di decoro, di formato ristretto ed allungato verticalmente (MIA 3). La cucitura è in vista, direttamente sul dorso, realizzata con listelle attorcigliate applicate verticalmente, in pelle conciata con allume (sali di alluminio) che la rendono bianca ed elastica, ma non resistente all'acqua, che, sciogliendone i sali, ne causa il deconciamento, (MIA 3, MIA 4); assenti in genere i capitelli. Il sistema di chiusura del volume è assicurato da una banda orizzontale in pelle allumata, talora colorata in rosso (MIA 3) che cinge l'intera coperta: questa viene chiusa mediante l'utilizzo di una fibbia metallica, caratterizzata da due elementi costitutivi verticali, fissati in testa da due stanghette, quella sinistra girevole e munita di una sporgenza triangolare alla sua metà (MIA 1830), destinata ad essere inserita nel foro della bindella, di apparente realizzazione locale, oppure da una coppia di legacci destinati a collegare il piatto anteriore con la falda (MIA 4). Il taglio grezzo e le carte di guardia bianche completano le caratteristiche di questi volumi. In questo gruppo di legature compaiono i seguenti schemi ornamentali:
- uno specchio suddiviso in due rettangoli verticali, di analoghe dimensioni, dei quali quello a contatto con il dorso, è provvisto di due (MIA 1544) o quattro (MIA 1545) motivi circolari costituiti da ferri di foggia geometrica; - una coppia di rettangoli sovrapposti (MIA 1753) con una losanga interna ("a losanga-rettangolo"), provvisti di ferri di gusto moresco (MIA 1546); - una cornice che delimita un seminato di losanghe con una dozzina di cammei circolari per piatto (MIA 1349); - uno specchio entro una coppia di riquadri, caratterizzato da un umbone centrale circondato da una coppia di mazzi a losanghe e da triangoli negli angoli interni provvisti di una placchetta (MIA 556).

Talora emergono isolati schemi decorativi: - a cornice di genere geometrico, pure presente lungo il margine rientrante nello specchio dei cantonali10; - a coppia di riquadri concentrici, rispettivamente ornati con losanghe dai lati concavi e coppie di triangoli affrontati, mentre lo specchio spicca per l'inserto di un lembo di cuoio conciato in giallo (fig. n. 2), a delimitare il rettangolo interno allungato con un motivo circolare centrale entro una coppia di rombi11.

Tra i caratteristici fregi di questo periodo, un filetto ondivago sormontato da tre palmette (tav. n. 1), una stellina entro una losanga caratterizzata da una foglia convessa lungo le porzioni mediane del margine (tav. n. 2), un motivo a cordame attraversato da un'asta (tav. n. 3) ed una serie di cerchielli entro un rombo (tav. n. 4).

Interessante una serie di 8 antifonari (Antifonario I-VIII) e di 5 corali (Corale A, B, C, D, L) quattrocenteschi in cuoio su assi, per i cantonali e gli umboni e per le inusuali bande orizzontali di rinforzo in pelle allumata o in cuoio lungo il dorso, richieste dall'elevato peso dei volumi.

MIA 1753 MIA 1753 MIA 1546 MIA 1544
tav. 1 MIA 1753 tav. 2 MIA 1753 tav. 3 MIA 1546 tav. 4 MIA 1544

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Secolo XVI

In questo secolo assume particolare importanza la legatura d'archivio, a ribalta riccamente decorata di cui è particolarmente fornito il fondo del Consorzio della Misericordia Maggiore di Bergamo. È il cartularius latino, eseguito per ricoprire documenti d'archivio o atti notarili legati successivamente alla stesura, oppure per registri su fogli bianchi prima dell'utilizzo. Si tratta di formati generalmente in-folio, anche se non mancano esempi di minore dimensione, stretta ed allungata verticalmente (MIA 559). Il materiale di copertura è il cuoio a grana tenera, verosimilmente della bazzana – non mancano peraltro esemplari in più pregiato cuoio di capra o marocchino (MIA 1357)-, oppure, più limitatamente, in pergamena. La cucitura dei fascicoli, di tipo secondario, tecnica secondo cui essa è realizzata su nervi singoli, parzialmente tagliati a metà nella porzione centrale e rinforzati con dello spago circostante avvolto, mentre il fissaggio del blocco dei fascicoli alla coperta è assicurato da stringhe frequentemente in pelle allumata che attraversano il dorso ed i contrafforti12 (tav. n. 5), a differenza del genere primario, caratterizzato dai fili della cucitura che fuoriescono dal fondo delle carte, poi fissati direttamente sul dorso o su di un supporto su di esso collocato (tav. n. 6). Compaiono anche nervi passanti in pelle allumata, fino a 5 di numero, che fuoriescono orizzontalmente dal dorso per essere inseriti in un foro praticato sui piatti ed esservi fissati (MIA 735). Questi ultimi evidenziano delle tracce di bindelle in tessuto di colore verde brillante, con un prolungamento nella versione a ribalta, dal caratteristico margine ondulato (MAD LMA 1584-1604), a copertura del taglio. Alcuni esemplari presentano un legaccio in pelle allumata che fuoriesce orizzontalmente alla metà dal piatto anteriore per essere condotto in un foro ivi praticato, uscire nuovamente ed essere poi annodato con un altro legaccio dall'analogo percorso, sulla falda (MIA 1514). Il formato spesso in-folio, il peso non indifferente, i supporti in semplice cartone e la limitata rigidità del collegamento tra il blocco del volume e la coperta, spiegano la tendenza di queste legature a non mantenere la posizione primitiva: in particolare; il debole contrasto dei nervi, causa una evidente distorsione del dorso (MIA 561), circostanza manifestatasi anche in esemplari quattrocenteschi (MIA 88) che tende ad arrotondarsi e, nei casi estremi, quasi a celare i nervi stessi.
Da tre a cinque, i contrafforti - bande orizzontali in cuoio- cuciti in vista con sottili nastri intrecciati in tessuto colorato (tav. n. 7) sul piatto anteriore, anche in pelle allumata su quello posteriore (tav. n. 8), tecnica di alternanza ripresa in corrispondenza del dorso. Il contrafforte centrale, prolungandosi fino al taglio anteriore, munito di una coppia di bottoncini metallici (MIA 1268) attraverso cui sono inserite le bindelle oggi generalmente scomparse e frequentemente sostituite da fettucce in tessuto bianco (MIA 1266), costituisce il sistema di chiusura. Nei volumi sprovvisti di contrafforti, compaiono lembi rettangolari in cuoio (MIA 3568), cuciti verticalmente sul dorso, sempre con listelle attorcigliate in pelle allumata.
Prosegue il rinforzo della legatura sotto forma di strisce di pergamena o di carta, applicate orizzontalmente, come è consuetudine nei manufatti italiani, e fissate con della colla di origine vegetale sul fondo esterno dei fascicoli, poi ricoperti dal cuoio. I capitelli grezzi o colorati (MIA 1277), possono mancare (MIA 561). Completano il volume, le carte bianche (MIA 465). Il decoro è quasi esclusivamente a secco - a piatto pieno sulla coperta anteriore, più dimesso su quello posteriore -, tranne per pochi esemplari, muniti di caratteri a foglia d'oro in testa del piatto anteriore, indicanti la data di esecuzione del manufatto (MIA 1270). Lo schema ornamentale comporta in generale, a partire 1560 ca., la suddivisione dei piatti entro due ampi rettangoli verticali, entro i quali sul piatto anteriore si avvicendano a sinistra, piccoli riquadri orizzontali provvisti di un fiorone centrale affiancato agli angoli da un motivo orientaleggiante, alternati a contrafforti in cuoio fissati con nastri in tessuto intrecciati a due colori (giallo e verde, bianco e azzurro), mentre a destra campeggia una cornice decorata a piastrella raffigurante viticci od arabeschi con più cartigli centrali disposti verticalmente. Il piatto posteriore si differenzia, a sinistra per una coppia di riquadri disposti verticalmente, ornati con un cartiglio centrale costituito da una coppia di fregi addossati, ripetuti o fiancheggiati da motivi di gusto orientale negli angoli, mentre a destra compaiono i contrafforti, curiosamente, anche fissati con lacciuoli di pelle allumata, alternati a rettangoli con i medesimi fregi dei rettangoli del lato sinistro. Nelle legature di rubriche e di registri provvisti di fogli bianchi ancora da compilare, la data della prima registrazione costituisce un termine "ante quem", utilizzabile per la datazione, mentre allo stesso fine nei libri a stampa, si utilizza la data di edizione come termine "post quem".

Mentre la congiunta impressione a secco ed in oro si diffonde nell'intera Penisola, nelle legature d'archivio di questo secolo, essa è a secco. Nelle cornici, la decorazione è effettuata con la ripetuta impressione di una piastrella.

Gli schemi ornamentali presentano delle caratteristiche composizioni: - foglie esalobate nello specchio, circondato da un riquadro a ferri cuoriformi, suddiviso da una coppia di filetti incrociati, impresse negli spazi così creati (fig. n. 5); - a cornici concentriche, provvisti di coppie di delfini affrontati, a delimitare il campo con nodi di genere moresco, disposti verticalmente (MIA 869); - a doppi riquadri dai motivi cuoriformi (MIA 465) oppure a cordame (MIA 735), disposti orizzontalmente, caratterizzati da una coppia di filetti incrociati oppure da mazzi di nodi di tipo moresco; - a due ampi rettangoli sovrapposti , affiancati da altrettanti riquadri allungati, tempestati di impronte di piastrelle raffiguranti motivi a cordame (MIA 1260); - a seminato di semplici filetti (MIA 1352).

I ferri sono impiegati isolatamente o a gruppi variamente disposti o ancora raggruppati nei compartimenti, delineati allo schema geometrico della decorazione. A questi possono associarsi numerosi fregi abituali dell'epoca di gusto veneto: è da ricordare che Bergamo fece parte della repubblica di Venezia dal 1428 al 1797, subendone l'influsso culturale.

Oltre al diffondersi di punzoni di foggia veneta quali: - rosette entro coppie di arabeschi affiancati (tav. n. 9); - una coppia di fregi orientaleggianti addossati13 (MIA 562), pure presenti in legature parigine14 eseguite verso il 1520 per il principe dei bibliofili, Jean Grolier (1489/90-1565); - viticci (MAD LMA 1584-1604)15; - boccioli di rosa stilizzati16 (MAD LMA 1584-1604); - una coppia di delfini affrontati17 (MIA 869) e, più rari, addossati (tav. n. 10), prendono piede motivi di gusto locale: - un'ampia foglia a cinque lobi con volute alla base ed un piccolo fregio stilizzato al centro (tav. n. 11), in uso sin dal tardo Quattrocento (Sala 1 D 9 22) e fino agli inizi del Seicento; - una rosetta costituita da un lungo stelo sormontato da quattro petali abbassati con uno verticale (tav. n. 12); - motivi cuoriformi intrecciati (tav. n. 13); - una coppia di motivi fioriti stilizzati dai margini frastagliati (tav. n. 14). Si manifestano ancora, anche se in misura minore, i motivi di gusto moresco (MIA 869). Solo in questo secolo compaiono le placchette (fig. n. 4).

Da segnalare il reperimento di 60 volumi ca., rivestiti da un'anonima sovracoperta in tela del XX secolo che ha protetto le coperte originali bergamasche su manoscritti compresi tra il 1532 ed il 1795 (Comune di Bergamo-Consiglio comunale- azioni).

Schema di cucitura secondaria su legatura d'archivio (SZIRMAI 1999, Figure 10.23) Schema di cucitura primaria su legatura d'archivio (SZIRMAI 1999, Figure 10.3)
tav. 5 Schema di cucitura secondaria su legatura d'archivio
(SZIRMAI 1999, Figure 10.23)
tav. 6 Schema di cucitura primaria su legatura d'archivio
(SZIRMAI 1999, Figure 10.3)
MIA 1269, piatto anteriore, contrafforte, dettaglio MIA 1269, piatto anteriore, contrafforte, dettaglio
tav. 7 MIA 1269, piatto anteriore, contrafforte, dettaglio tav. 8 MIA 1269, piatto posteriore, contrafforte, dettaglio
MIA 959 MIA 560 MIA 1353
tav. 9 MIA 959 tav. 10 MIA 560 tav. 11 MIA 1353
MIA 1274 MIA 1353 MIA 652
tav. 12 MIA 1274 tav. 13 MIA 1353 tav. 14 MIA 652

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Secolo XVII

Le legature seicentesche non si discostano da quelle dei manufatti contemporanei: materiale di copertura in bazzana oppure in marocchino (fig. n. 8) su supporto in cartone e cuciture su nervi semplici o doppi, secondo il formato. Questi talora ancora in pelle allumata, di foggia rettangolare, sono posti entro due rettangoli in cuoio ricamati con fili vegetali (MIA 1171). Permangono piastre di aggancio cuoriformi, anche vistose (MIA 549), a volte sostituite da bindelle in tessuto verde brillante (MIA 1366) oppure verde e rosa congiuntamente (MIA 1216). I contrafforti fissati con nastri in tessuto colorato intrecciati (MIA 1171) oppure in pelle allumata (MIA 1155) sui piatti, tendono a scomparire nella seconda metà del secolo. Il dorso provvisto di lembi in pelle allumata attorcigliati, su di esso direttamente applicati (MIA 1150) o liscio (MIA 842), evidenzia talora lembi in cuoio di foggia rettangolare (MIA 741), destinati ad evitare possibili lacerazioni del materiale di copertura, applicati alternativamente con nastri in pelle bicolori intrecciati cuciti verticalmente. I compartimenti del dorso possono essere decorati (MIA 1199). Grezzi oppure colorati i capitelli. Si palesano inoltre: -il taglio grezzo oppure dipinto; - le carte di guardia bianche o grigie (MIA 592); - i rimbocchi rifilati con discreta cura, quelli laterali ripiegati su quelli con quelli laterali di testa e di piede; - l'impianto decorativo a secco, come ricordano talora le tracce di bruciature del cuoio (MIA 1150), che ricalca i moduli propri delle legature archivistiche cinquecentesche di gusto veneziano con falda arcuata fin verso il 1615 (fig. n. 9), mentre le coperte d'archivio rimanenti, sono caratterizzate da una cornice decorata a rotella dai motivi fogliati (AB 168) e fioriti (MIA 1223) che racchiudono un cartiglio centrale costituito da più fioroni.

Numerosi sono gli schemi ornamentali delle coperte archivistiche: - otto ampi rettangoli disposti orizzontalmente, caratterizzati da due filetti incrociati, centrati da un terzo verticale e da un quarto orizzontale (MIA 1204); - una coppia di rettangoli orizzontali, affiancati da un riquadro verticale, delimitano lo specchio ornato con foglie esalobate, ripetute in tutti gli spazi disponibili (MIA 842); - un seminato di rettangoli, decorati internamente da una coppia di fasci di filetti incrociati, nei cui compartimenti campeggia un motivo di gusto orientaleggiante (MIA 114); - un seminato di losanghe, ornate con una foglia trilobata azurrata stilizzata (MIA 1163); - coppie di cornici fogliate, dai festoni e quarti di ventaglio presenti nello specchio (MIA 549); - cornici concentriche che delimitano un seminato di losanghe (MIA 109); - un seminato di quadratini con una coppia di filetti incrociati interni oppure con motivi orientaleggianti, corolle stilizzate e ghiande (MIA 1167), talora affiancati da rettangoli (MIA 1156): - un reticolo di filetti bruniti, abilmente eseguito (MIA 1210), immagine monocroma uniforme contrastata dai vivaci dipinti in policromia del taglio (MIA 1154); - cornici concentriche, decorate a rotella con motivi fioriti, delimitano una losanga centrale a mazzo di corolle panciute (MIA 1172), ripetute nella variante a quattro rettangoli centrali disposti verticalmente (MIA 1175).

Continua l'impiego dei seguenti motivi di gusto veneziano, già in uso nel secolo XVI: - a bocciolo di rosa o "bud tool" (tav. n. 15); - a candelabro (MIA 1277); - a losanga dalle estremità a corolla stilizzata18 (MIA 1277); - un delfino19 (MIA 1200); - una coppia di delfini addossati (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° B 1611-1624); - un ramo fogliato avvinto attorno ad un'asta20 (tav. n. 16).

Prosegue pure l'utilizzo di ferri di provenienza locale o comunque non veneziana: - una rosetta a sei petali bilobati (MIA 1277); - un fregio fiorito stilizzato (tav. n. 17) - una foglia trilobata (tav. n. 18), utilizzata congiuntamente all'ampia foglia esalobata in uso sin dalla fine del secolo XV; - un motivo a due ampie foglie, sormontato da una piccola corolla a trilobata (tav. n. 19); - un'anfora panciuta da cui fuoriescono fregi di genere orientaleggiante (tav. n. 20); - una losanga dai margini concavi, entro quattro foglie, di foggia quadrata (MMB 553); - una ghianda (MIA 1214).

Compare in questo secolo, una quindicina di sovraccoperte21 in tela grezza nei colori verde (tav. n. 21), azzurro (MIA 1219) e rosa (MIA 1207), destinate a proteggere il materiale di copertura: lo scopo è stato egregiamente raggiunto, dato che negli esemplari protetti, il sottostante cuoio decorato a secco, non offre tracce di spellature particolari, presenti invece in altre coperte sprovviste di sovracoperte. Al periodo romanico (XII-XIII secolo) e gotico (XIV e XV secolo) risale l'uso di queste ultime in cuoio, indipendenti dalla legatura (coperte sciolte), poste a scopo protettivo come seconda copertura, o in seta preziosa come ostentazione di lusso, su piccoli libri di devozione. Sono state segnalate specie in Inghilterra, meno frequentemente nella Francia del Nord ("chemises") e in Spagna. Dei 14 esemplari noti di sovraccoperte in tessuti preziosi, 9 sono inglesi, 2 francesi, 2 spagnoli, 1 italiano. Sono pure note legature del XV-XVII realizzate in area nordica secolo con il solo dorso ricoperto da una seconda pelle.

Spicca in diverse legature il taglio dipinto, prevalentemente quello di testa in diversi manufatti del Consorzio della Misericordia Maggiore, prodotti tra il 1626 ed il 1743 ca, nelle quali compaiono le iscrizioni "MIA", in tinta unita (rosso, verde, nero), ed il numero in caratteri romani del registro, entro fiori e fogliami abilmente dipinti in policromia (tav. n. 22). Sono ampi motivi colorati, resi evidenti dal rilevante spessore dei volumi. La qualità esecutiva è di elevato tenore nei primi esemplari compresi tra il 1626 (MIA 1155) ed il 1644 (MIA 1159), per attestarsi su buoni livelli, per i manoscritti redatti tra il 1664 (MIA 1166) ed il 1697 (MIA 1176). La freschezza dei colori è in generale ben conservata, anche se alcuni volumi evidenziano un decadimento nella vivacità dei colori (MIA 1166, MIA 1169). È da segnalare la non comune abilità degli artefici di questi piccoli dipinti: hanno infatti saputo evitare, al pari dei miniatori, che la carta, per natura igroscopica, assorbisse le sostanze liquide vegetali e si spargessero lungo il margine interno dei fascicoli. Il taglio dipinto era già noto nel Trecento e non è così raro come si potrebbe immaginare22. Su pitture del XIV e XV secolo, specie in Italia e nei Pesi Bassi, sono spesso raffigurati apostoli e santi con in mano libri dai tagli colorati o decorati, di solito con motivi astratti, floreali o araldici, raramente figurativi, opera, pare, di miniaturisti più che di legatori. A partire dal Cinquecento, anche il taglio dorato e lucido che si prestava ad essere dipinto con la stessa facilità con cui si dipingevano altri fondi, fu dipinto a colori con motivi vari floreali e geometrici. Il caso più noto di taglio dipinto, davvero unico nel suo genere, è quello realizzato, sul finire del XVI secolo, nella straordinaria raccolta di volumi con decorazioni figurative della biblioteca Pillone. Il decoro degli esemplari orobici, talora anche di elevato livello, ha certamente richiesto l'intervento di più miniatori in aggiunta ai legatori, in considerazione sia del prolungato periodo lungo il quale compaiono i dipinti, 120 anni ca., sia in relazione alle diverse "mani" cui riferire i motivi riprodotti. Compaiono, isolati, anche tagli più usuali con il titolo dell'opera inchiostrato (MIA 1284).
La cura riposta nell'abbellimento dei registri del Consorzio, è ulteriormente testimoniato dagli "Indici" in pergamena, propri di alcuni volumi23: in testa al piatto anteriore, compare per ciascuna segnatura, l'indicazione "MIA" con il relativo numero di volume, talora in colore dorato, in prevalenza circondata da una cartella floreale e fogliata dipinta in policromia (tav. n. 23). Se la miniatura quattrocentesca bergamasca, nella seconda metà del secolo è monopolizzata dalla figura di Jacopo da Balsemo, nel Cinquecento sparute tracce sono presenti nelle persone di Giacomo da Novara, cui seguono nel Seicento, Alessandro Bilancia e Aurelio Manzanti, per concludersi nel Settecento, verso il 1730, con il frate Evangelista da Bergamo. I manufatti rinvenuti testimoniano la continuazione di questa antica arte, ad opera di uno o più miniatori, al momento non identificati.

MIA 1277 MIA 109 MIA 1166
tav. 15 MIA 1277 tav. 16 MIA 109 tav. 17 MIA 1166
MIA 842 MIA 1361 MIA 1223
tav. 18 MIA 842 tav. 19 MIA 1361 tav. 20 MIA 1223
MIA 1218 MIA 1155
tav. 21 MIA 1218 tav. 22 MIA 1155
MIA 1167
tav. 23 MIA 1167

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Secolo XVIII

Le coperte di questo evo non si discostano da quelle dei manufatti seicenteschi: - materiale di copertura in bazzana su piatti in cartone; - persistenza di borchie (MIA 1229) e di fermagli; - cuciture su nervi semplici (MIA 1187, MIA 1188), ricamati (MIA 1240) e in materiale vegetale, talora provvisti di listelle in cuoio lungo la loro intera lunghezza, posate sopra questi ultimi e legate congiuntamente con dello spago (MIA 1177), o doppi, a seconda del formato; - alette traforate (MIA 1187) di rinforzo del dorso, liscio (MIA 1289) oppure a nervi poco rilevati (MIA 1290); - capitelli grezzi oppure colorati; - compartimenti con mazzi di fregi orientaleggianti (MIA 1240) o floreali (MIA 1241), singoli fioroni o oppure vuoti; - il taglio grezzo oppure dipinto a volute (MIA 1236) in policromia oppure a festoni (MIA 1290); - le carte di guardia bianche (MIA 459) o grigie; - i rimbocchi rifilati con discreta cura, quelli laterali ripiegati sui rimbocchi laterali di testa e di piede.
Coesistono impianti ornamentali più misurati caratterizzati da: - due semplici filetti concentrici (MIA 1196), uno (MIA 118) o due di riquadri, talvolta ornati a rotella dai motivi fogliati oppure con frutti (MIA 1370) ed al più, un fiorone accantonato interno nello specchio (MAD LMG 1712 1731); - due cornici concentriche a motivi fioriti (MIA 1294) e corolle stilizzate, dai fregi floreali (MIA 1178) oppure orientaleggianti (MIA 1179) accantonati interni (tav. n. 24); - cornici concentriche di filetti, provviste di un rosone centrale costituito da corolle filigranate e da rosette (MIA 1182); - tre semplici fasci di filetti concentrici collegati agli angoli da un filetto obliquo (MAD LMH 1732-1748) e altri, di maggior ricchezza decorativa: - un seminato di rettangoli, decorati internamente con una coppia di fasci di filetti incrociati, nei cui compartimenti campeggiano fregi a corolla filigranata (MIA 1185) oppure cuoriformi (tav. n. 25); - cornici concentriche che delimitano una coppia di losanghe provviste di corolle filigranate (tav. n. 26); - quattro ampi rettangoli, due in testa ed altrettanti al piede, realizzati con soli filetti (MAD Y 1737-1785); - coppie di riquadri concentrici decorati a rotella con motivi floreali (MIA 1177) oppure fogliati (MIA 5037), delimitano una losanga centrale, contraddistinta da mazzi di fregi orientaleggianti (MIA 1191) o fogliati e fioriti (fig. n. 13).

Anche in questo secolo, si manifesta l'originalità della produzione bergamasca, come indicano tre coperte: - i piatti sono suddivisi in due ampi rettangoli, caratterizzati da motivi circolari a due filetti, con rosette interne e motivi cuoriformi lungo il margine esterno (MIA 1184); - due cornici concentriche a filetti ornate con foglie nervate, da cui si dipartono tre fasci di filetti obliqui incrociati, a formare porzioni triangolari in cui campeggiano motivi circolari e arcuati con ferri cuoriformi (MIA 1230); - sei filetti concentrici, inaspettatamente interrotti nelle porzioni mediane, da una losanga (MIA 1229).

Fin verso la fine del secolo, prosegue l'utilizzo dello schema "a losanga- rettangolo", sempre impresso a secco, di foggia tuttavia originale: una cornice ornata con motivi a maniglia alternati a caratteristici motivi floreali a corolla svasata (tav. n. 27), ripetuti questi ultimi sotto forma di cartella al centro dei piatti. Concomita un taglio dipinto con fogliami nei colori blu e marrone (MAD LGL 1787-1800).

MIA 1812 MIA 116 MIA 115 MAD LGK 1769
tav. 24 MIA 1812 tav. 25 MIA 116 tav. 26 MIA 115 tav. 27 MAD LGK 1769

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Secolo XIX

A differenza dei secoli precedenti, poche – una scarsa mezza dozzina - sono le legature d'archivio giunte oramai al termine del loro plurisecolare utilizzo: lo schema è di gusto settecentesco, caratterizzato da una semplice cornice fogliata (MIA 720). Scompaiono definitivamente i contrafforti, in uso dal Cinque- al Seicento, mentre sussistono alcuni volumi in-folio, ricoperti in cuoio di colore marrone su cartone, dai nervi poco rilevati. Il decoro, ancora rigorosamente a secco, conferma l'originalità ornamentale bergamasca (fig. n. 14): una cornice esterna raffigurante frutti e fogliami (tav. n. 28) si accompagna ad un riquadro interno a motivi fioriti avvolti ad un'asta, mentre nello specchio compaiono cinque curiose frecce dal fondo brunito, ottenuto con la prolungata impressione del punzone riscaldato, motivi a ventaglio, a 180°, lungo i margini mediani ed un rosone al centro (tav. n. 29); un fiorone nel dorso completa il decoro (tav. n. 30). Permane la tradizionale fragilità strutturale dei manufatti dovuta anche in questo secolo, al loro rilevante peso.

MAD LGM 1801-1808 MAD LGM 1801-1808 MAD LGM 1801-1808
tav. 28 MAD LGM 1801-1808 tav. 29 MAD LGM 1801-1808 tav. 30 MAD LGM 1801-1808

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B) Legature non d'archivio (manoscritti e libri a stampa)- generalità

Nel gruppo delle legature non d'archivio, rappresentate da 150 esemplari circa, compaiono in aggiunta ai vari tipi di decorazione del tempo, soprattutto di influsso veneto, ferri e schemi inusuali, caratteristici della legatoria locale.
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Secolo XV

Nei manufatti quattrocenteschi bergamaschi, ritroviamo le caratteristiche dei manufatti italiani del XIII e XIV secolo: generalmente di grande formato (Inc. 1 27), non mancano anche quelli di formato più contenuto (Inc. 2 18), gli esemplari sono caratterizzati da materiale di copertura in marocchino di colore marrone (Inc. 1 23) su supporti lignei (Inc. 1 56) oppure su cartone. Le cuciture sono su nervi in pelle allumata, ricamati, tagliati a metà, collocati entro fori rettangolari lungo il margine interno dei supporti lignei, per essere poi fissati con un cuneo alla loro estremità (Inc. 1 37). Nei piatti si notano il gioco, piccola scanalatura atta a favorire l'apertura del libro e l'unghiatura, parte interna della coperta che deborda sui lati. Frequente è l'uso di strutture metalliche sulla coperta: borchie, cantonali (fig. n. 3), talvolta affiancati da lunette (Inc. 1 56) metallici. Il dorso spesso rifatto (Inc. 1 23), presenta talora dei rinforzi esterni in pelle allumata (Inc. 1 203) sotto forma di bandelle orizzontali che lo avvolgono: queste sono presenti specie nei formati in-folio per sostenere il rilevante peso del volume. Nei capitelli grezzi, l'anima prosegue anche sui contropiatti entro un incavo obliquo e rettangolare (Inc. 2 2), per esservi alloggiata: tecnica tradizionale, in uso sin dal periodo romanico (secoli X-XIII). L'unghiatura è presente, di misura contenuta (4-5 mm), mentre il taglio si presenta grezzo. I fermagli, generalmente quattro (Inc. 1 56) sui formati maggiori, tre oppure singolo (Inc. 2 189) in quelli minori, sono caratterizzati da bindelle in cuoio oppure in pelle allumata, con una stanghetta metallica, provvista di un gancio all'estremità che si fissa ad una contrograffa di foggia lanceolata o esalobata (Inc. 1 37), dal margine zigrinato, con tre fori interni, privi di un'evidente aspetto funzionale, quindi meramente ornamentali. Le guardie sono in carta bianca, con filigrana di varia foggia: una coppia di frecce incrociate, rivolte verso il basso (Inc. 1 23), un sole (Inc. 1 37), un'ampia margherita ad otto petali (Inc. 1 59), una corona a cinque punte che si prolunga verso l'alto (Inc. 2 38). I contropiatti mostrano rimbocchi realizzati con discreta cura e, negli angoli, una linguetta in cuoio (Inc. 1 106) oppure angoli giustapposti (Inc. 1 56). La decorazione, a secco, è stata realizzata con punzoni in metallo, pieni, riscaldati e ripetutamente impressi nel cuoio inumidito lungo cornice e riuniti in una cartella al centro dei piatti.

Si afferma l'utilizzo delle mezze legature (Inc. 1 37), genere in cui il materiale di copertura in cuoio del dorso, provvisto di nervi rilevati poi fissati sui piatti, copre solo parzialmente le assi lignee, fino ad un massimo della metà circa: ciò per una evidente necessità di risparmiare la materia prima più costosa, che completano generalmente quattro fermagli con l'aggancio sul piatto posteriore. Il taglio grezzo, le carte di guardia in carta, talora provvisti di una filigrana, un sole (Inc. 1 37), e la presenza di un'unghiatura dai valori omogenei e contenuti, completano il profilo di questo genere.

Gli schemi ornamentali sono caratterizzati da: - filetti bruniti concentrici che delimitano una croce a base allargata, costituita da motivi a stellina entro losanghe dai lati concavi, talvolta caratterizzati da uno o più cerchielli alle estremità (figura n. 1); - foglie esalobate nella cornice, ripetute nello specchio, a circondare l'umbone e negli angoli24 (Sala 1 D 9 22); - corolle allungate nel riquadro, mentre nello specchio campeggia un cartiglio costituito da quattro nodi di foggia moresca con pendagli entro una losanga, a delimitare una placchetta raffigurante una testina di profilo sinistro negli angoli, decoro di genere "a losanga-rettangolo"25; - una cartella circolare entro una losanga ed un rettangolo a nastri ondivaghi, con sei impronte interne (Inc. 3 302); - una cornice a delimitare lo specchio caratterizzato da una borchia centrale entro un fascio circolare di filetti ornati con dischetti, ed arricchito da una serie di quattro placchette, ripetute singolarmente all'interno di un arco in testa ed al piede26; - una cartella circolare entro una losanga ed un rettangolo a nastri ondivaghi, con sei impronte interne (Inc. 3 302); - "a losanga-rettangolo", con una cartella circolare (Inc. 3 302) circondato da una losanga al centro dei piatti, ed una placchetta negli angoli interni dello specchio, entro una circostante cornice.

I caratteristici ferri utilizzati in queste legature sono:
- le ruote stellate entro volute fogliate (tav. n. 31), in uso anche nel secolo successivo (Cinq. 7 248); - corolle allungate (tav. n. 32), pure presenti nel Cinquecento, e nella versione panciuta (Inc. 1 23); - i ferri di cavallo: sono disposti in gruppi, a formare cartelle di foggia triangolare lungo i margini dello specchio (tav. n. 33); - un'urna entro due volute (tav. n. 34); - alla Fortuna (?), ad immagine intera (Inc. 2 18, Inc. 3 100); - un motivo a torciglione fogliato avvolto attorno ad un'asta (tav. n. 35), pure presente in legature rinascimentali bolognesi27; - coppie di triangoli affrontati; - un punzone quadrangolare con multiple barrette orizzontali di reminiscenza "mudejar"; - una losanga dai lati concavi, provvista di un cerchiello alle estremità (Inc. 4 271).
I motivi di foggia moresca o "mudejar"- riproducono la decorazione fiorita in Spagna dal XIII secolo agli inizi del XVI, contraddistinta, nelle legature, da piccoli ferri che imprimono linee dritte e curve a imitazione di un cordonetto, di un cordoncino a rigatura diagonale che riunite in una miriade di combinazioni, formano nodi, cordami, losanghe dai margini concavi (Inc. 1 168), croci a base allargata (Inc. 1 106), anelli, lacci, rombi, cerchielli (Inc. 1 168), croci decussate. Questi motivi moreschi non ricoprono tuttavia un ruolo predominante come nelle legature italiane del medesimo periodo. Il motivo è verosimilmente da ricercare nell'esecuzione tardiva, in questo secolo, dei manufatti individuati, in un periodo in cui si era già in atto l'avvento del decoro rinascimentale, caratterizzato prima, dall'affiancamento dei motivi di foggia orientaleggiante a quelli moreschi, poi dal prevalere dei primi rispetto ai secondi, quindi completamente soppiantati. Non si manifestano ancora i motivi i gusto veneziano che si affermeranno invece sui manufatti bergamaschi nel secolo XVI e XVII.

Inc. 1 186 Inc. 2 70
tav. 31 Inc. 1 186 tav. 32 Inc. 2 70
Inc. 1 23 Inc. 4 166 Inc. 2 2
tav. 33 Inc. 1 23 tav. 34 Inc. 4 166 tav. 35 Inc. 2 2

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Secolo XVI

Nel XVI e XVII secolo, si conta il maggior numero di legature di provenienza locale. Nel Cinquecento, dal punto di vista strutturale, si notano: - la progressiva diminuzione degli "in-folio" su assi (Cinq. 7 248), in favore di manufatti di minore formato con supporto in cartone; - il materiale di copertura a grana tenera - la bazzana - affiancato dal cuoio di capra o marocchino tinto in marrone (Cinq. 7 248) oppure in rari casi in bianco (MAB 28); - i nervi in pelle allumata, poi in lino o canapa, ricamati, alloggiati entro incavi di foggia rettangolare lungo il margine interno dei supporti (Cinq. 7 248); - il progressivo abbandono degli umboni e dei cantonali; - la sostituzione dei fermagli metallici con delle bindelle in tessuto talora vivacemente colorate. I capitelli sono grezzi e le carte di guardia bianche. Prevale, come per quelle d'archivio, il decoro a secco, mentre inizia l'associazione dell'ornamentazione a secco ed in oro.

Continua l'utilizzo delle mezze legature (Cinq. 6 807), talora dal taglio sorprendente: in rosso la porzione mediana, in blu quelle circostanti (Cinq. 7 966), tripartizione verosimilmente destinata a facilitare e rendere più rapida l'individuazione della sezione prescelta. Questo genere evidenzia l'unico stemma, prelatizio, rinvenuto (Cinq. 7 968), caratterizzato da uno scudo bipartito con una coppia di teste equine per campo, una coppia di lettere "P. L." al piede, entro una coppia di bastoni pastorali, sormontato da una mitra.

Per quanto riguarda gli impianti ornamentali, compaiono in queste legature caratteristiche composizioni: - "a losanga-rettangolo", con un fregio ("yhs"-AB 51; nodo moresco- MA 192 ) circondato da una losanga al centro dei piatti, ed un motivo (foglia aldina- AB 59) negli angoli interni dello specchio, entro una circostante cornice; - a cornice provvista di urne entro una coppia di volute, dallo specchio del piatto posteriore provvisto della lettera "T", realizzata con fasci di filetti arcuati (A 34). Compaiono alcuni motivi orobici: un'urna entro una coppia di volute caudate (A 34); - una coppia di rosette, ciascuna costituita da cinque cerchielli pieni entro un cerchio pieno (Cinq. 6 1540/2); un giglio entro una coppia di uccelli a figura intera (Cinq. 1 464); un'urna entro una coppia di volute caudate (tav. n. 36), una palmetta entro due filetti ondivaghi (tav. n. 37); una rosetta dalle estremità lanceolate entro un cerchio (AB 25). Permangono motivi di gusto moresco, anche se in varianti inconsuete (tav. n. 38).

Non manca una sorpresa: la protome canina (Cinq. 7 968), testa di cane a fauci aperte in uso nella prima metà del XVI secolo, ritenuta appannaggio quasi esclusivo delle legature bolognesi28.

MA 192 AB 25 AB 326
tav. 36 MA 192 tav. 37 AB 25 tav. 38 AB 326

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Le legatura "a placchetta"

La placchetta costituisce un motivo prevalentemente posto al centro dei piatti: reca motivi figurati a rilievo (perlopiù scene mitologiche, allegoriche e ritratti), talora colorati, ottenuti mediante impressione a secco od in oro, di placchette bronzee incise in cavo. L'impiego della placchetta in legatura, ha inizio in Italia verso la fine del XV secolo per fiorire nella prima metà del secolo successivo: evidente è il rapporto con la passione umanistica per medaglie e cammei, tanto da costituire uno dei generi più ricercati ed anche più costosi di legatura rinascimentale. Non è un caso che le più significative legature a cammeo siano di scuola italiana: lo comprova la quantità di falsificazioni che ne sono state eseguite. La più antica placchetta conosciuta compare sulla legatura eseguita da Felice Feliciano sul Codex lippomano verso il 1471. Sono opera di artisti quali il Riccio, fra' Antonio da Brescia e il Maestro che si firma "I.O.F.F."; numerose e splendide sono quelle eseguite all'inizio del XVI secolo a Milano, Venezia, Roma e, soprattutto, Napoli dove si modellano cammei con i ritratti del Sannazzaro e del Pontano. Le piastrelle che compaiono sulle legature bergamasche rappresentano una testa virile, di raro impressa isolatamente, comparendo contemporaneamente in più scompartimenti.
L'elevato numero di placchette su volumi d'archivio e non, ha richiesto uno specifico capitolo, qui collocato, per la prevalenza in volumi non d'archivio. 36 le legature individuate, così suddivise:
Inc. 4 120 MAD LGA 1584-1604 MIA 1270 MIA 1515
tav. 39 Inc. 4 120 tav. 40 MAD LGA 1584-1604 tav. 41 MIA 1270 tav. 42 MIA 1515

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Secolo XVII

Spicca isolato, un esemplare riccamente ornato con fregi in oro, del genere "a ventaglio" (Sala Prima D 11 10), opera di Antonio Cantoni, legatore bergamasco (cfr. infra). Una legatura influenzata dal gusto barocco, vivo specie a Roma, dal 1650 al 1680: rappresentato da manufatti di monumentale solennità, specie sui grandi libri liturgici, contraddistinti da piatti divisi in numerosi compartimenti di varia forma, occupati da reticolati, da seminati, da ventagli e da tipici putti alati accollati agli stemmi, talvolta arricchiti da una decorazione a mosaico. L'esemplare bergamasco evidenzia la grande fantasia delle coperte di questo periodo che si esaurirà agli inizi del Settecento per cedere il passo ad una sobria, poco invasiva decorazione limitata al bordo dei piatti. L'abbandono della parte centrale della coperta ed il recupero della cornice, segna il passaggio dal barocco allo stile rococò.
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Secolo XVIII

Il Settecento si qualifica per la varietà dei materiali di copertura su supporti in cartone: spaziano dal marocchino (AB 492), al cuoio marmorizzato31 (Salone Cassapanca III L Fila IV 64) ed alla seta (Sala Prima Cassapanca C 2 25 (1)). I fascicoli sono cuciti su nervi semplici o doppi in materiale vegetale, mentre i capitelli sono in cordame (Salone Loggia Picc. 16 9 1) oppure grezzi e colorati (Sala R 6 26). Il dorso, con tassello in pelle e titolo in oro, suddiviso in scomparti, è riccamente decorato (MMB 215); nel secondo compartimento di testa, campeggiano il nome dell'autore e/o il titolo dell'opera, impressi in oro direttamente su di un tassello in cuoio; in quelli rimanenti, compare un fiorone centrale. Il taglio è grezzo e l'unghiatura ha valori contenuti. Le carte di guardie sono bianche, talora a filigrana: un monogramma entro un cerchio sovrastato da uno stelo con un trifoglio stilizzato (Salone R 6 26). Compaiono sui contropiatti e sulle guardie libere, le carte colorate con grandi volute a "turbinio" in policromia (Sala Prima Loggia O III 60), destinate a mascherare l'eventuale trasudamento della colla vegetale o animale impiegata per far aderire i rimbocchi in cuoio ai supporti della coperta. Trovano spazio anche le carte xilografate policrome, a raffigurare motivi fogliati (Salone R 6 26). Il taglio può essere grezzo, dorato e cesellato, oppure dipinto (Sala Loggia V 8 64 (6)). Le legature di questo periodo, pur destinate ad un utilizzo meno corrente (MMB 215) rispetto alle coperte d'archivio, manifestano sobrie strutture decorative, anche se accentuate dal decoro dorato: sono costituite da uno o due riquadri ornati a rotella, con un motivo ondivago interrotto da un motivo floreale, avvolto attorno ad un'asta (AB 56). Lo specchio evidenzia al centro, una cartella, anche riccamente ornata (Salone R 6 26) costituita da fregi raggruppati, talora ripetuti singolarmente negli angoli. Viene talvolta ripresa la predisposizione ornamentale propria delle copertine tipografiche32 (Sala Prima Cassapanca C 2 25-1, Sala Prima Cassapanca C 2 25-2). Non manca un inusuale esemplare del genere "post-fanfare"33 (Salone Loggia Picc. 16 9 1), con decoro realizzato a mano libera, tecnica in uso in Francia durante il regno di Enrico II, verso la metà del XVI secolo, contrassegnata da complessi intrecci di nastri eseguiti impiegando singoli filetti dritti e curvi, in genere senza ferri figurati, a differenza della legatura qui proposta, in cui compaiono motivi a filigrana, di gusto seicentesco. In questo tipo di decorazione vi è una totale inadempienza rispetto ai modelli prestabiliti: le combinazioni, eseguite con l'aiuto di disegni a mano libera, meno preordinate, meno metodiche, più ardite e anche più sontuose: ancorché raro, non costituisce un unico esempio settecentesco riferibile all'Italia settentrionale, come testimonia un altro esemplare, custodito nella Biblioteca nazionale di Vienna34.
A Bergamo nel XVIII secolo, l'iconografia ornamentale si affranca definitivamente dalla pedissequa ripresa dei motivi veneziani, tanto in voga nei secoli XVI e XVII, come testimoniano:
- i motivi a base quadrata, caratterizzati da tre fiori stilizzati interni (tav. n. 43);- le cartelle a quattro ferri ad estremità convessa alternate alle punte a sfondo azzurrato (tav. n. 44); - i fiori stilizzati dallo stelo e dai rami mossi (tav. n. 45); - i girasoli (?), addossati in gruppo, a formare una cartella centrale, impressi con foglia d'oro su cuoio marmorizzato (Salone Loggia V 8 64 (1), oppure con foglia d'argento, oggi ossidata, su pergamena (tav. n. 46); - i fioroni a filigrana (AB 492); - i cartigli costituiti da piccole corolle filigranate alternate a stelline, ad archetti dai margini convessi zigrinati e ad una coppia di corone (MM 181); - le due coppie di cuori contrapposti (MIA 116); - le foglie mosse, dai margini frastagliati (AB 56); - i fioroni dalla corolla base svasata (Sala Prima Loggia O III 60); - le volute fogliate e grappoli d'uva (MIA 1231).
Poche le legature alle armi: una coppia di esemplari impressi su seta rosa e gialla, provvisti delle insegne araldiche della famiglia Martinengo (Sala Prima Cassapanca C 2 25-1, Sala Prima Cassapanca C 2 25-2).
Il XVIII secolo riserva qualche sorpresa con riguardo a due botteghe bergamasche. La prima utilizza una rotella con motivi antropomorfi, inusitatamente impressa a formare una coppia di triangoli affrontati nello specchio (Estimo IV), consuetudine lombarda sin dal secolo XV35. La seconda, definibile "bottega del cuore" (fig. n. 11), per la presenza in ciascuno dei compartimenti nei quali è stato suddiviso il piatto, di quattro piccoli cuori. Non si affievolisce l'originalità ornamentale nemmeno in questo periodo, come evidenzia una singolare legatura (fig. n. 12) decorata in oro, in argento ed a mosaico: l'ampia cornice a reticolo di quadratini ciascuno alternativamente ornato con quadrati striati interni, su sfondo verosimilmente realizzato in pasta di cera marrone e cerchielli, delimita il cartiglio centrale costituito da quattro testine classiche addossate, su sfondo raggiato dipinto in azzurro; le carte volanti dorate e goffrate36, impreziosiscono il volume.

Salone R 6 26 Salone Cass 3 L 4 64 MA 369 Sala Loggia V 8 64(6)
tav. 43 Salone R 6 26 tav. 44 Salone Cass. 3 L 4 64 tav. 45 MA 369 tav. 46 Sala Loggia V 8 64(6)

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Secolo XIX

Uno dei pochi manufatti di questo periodo presenta alcune caratteristiche delle legature romantiche, in auge nella prima metà dell'Ottocento: materiale di copertura di colore cioccolato, colore mai utilizzato precedentemente, di aspetto lucido o "glacé", il dorso a nervi poco rilevati e la custodia il cui decoro a secco, è stato impresso a placca. Di gusto locale la cornice (tav. n. 47). Un altro esemplare si caratterizza per il cuoio a grana lunga, dalla cornice fogliata entro nastri ondivaghi (tav. n. 48). È inoltre da segnalare una coperta dallo specchio in cuoio marmorizzato, delimitato da una cornice a coppie di motivi a goccia (tav. n. 49) con un inusuale dorso liscio a squame di pesce. Ancora da catalogare, una raffinata coperta in velluto con un'ampia cartella in seta sul piatto anteriore, in cui spiccano uno stemma ricamato con fili policromi e la iscrizione "SOZZI DE CAPITANI VIMERCATE DI BERGAMO"; su quello posteriore, compare pure a ricamo37, il motto entro motivi floreali "Le mérite/ pourtant/m'est toujours/ précieux". Una coperta su un manoscritto del XIX secolo (MA 640), è curiosamente provvista di una caratteristica rosetta a cinque lobi impressa nell'unica legatura firmata di Antonio Cantoni fino ad oggi pubblicata38. Compare in un esemplare su manoscritto ottocentesco, il secondo legatore individuato (MMB 704), Luigi Marcassoli attivo in Seriate, il cui timbro campeggia nel verso, al piede, della carta di guardia anteriore "LUIGI MARCASSOLI/LEGATORE DI LIBRI /IN SERIATE": su questo artigiano, non è stato possibile reperire alcuna informazione. La legatura evidenzia una cornice a rotella fiorita, mentre spicca al centro dei piatti un cartiglio costituito da otto inediti fregi ad ampolla, sormontati da una corolla stilizzata. Le greche del dorso richiamano i motivi neoclassici dell'epoca.

MMB 704 MMB 168 Sala Prima C 7 23
tav. 47 MMB 704 tav. 48 MMB 168 tav. 49 Sala Prima C 7 23

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Secolo XX

Nel XX secolo domina la decorazione astratta, associata all'uso di una grande varietà di materiali nuovi quali metalli laminabili, madreperla, legni preziosi, avorio, galalite, da parte dei legatori, che già dagli anni tra le due guerre seguono percorsi estremamente diversi, associandosi via via a movimenti culturali quali il cubismo e il futurismo e collaborando con gli esecutori di "maquettes" e con gli illustratori. I legatori, aprendosi a nuove forme d'arte e a nuove tecniche, diventano così creatori, e la legatura, da manufatto eminentemente funzionale, diventa anche un mezzo di espressione artistica. La coperta divenne una specie di frontespizio sul quale doveva figurare il titolo, il nome dell'Autore. La decorazione del libro doveva costituire una composizione continua piuttosto che la somma della decorazione delle due coperte e del dorso. É emerso un unico esemplare (fig. n. 15), dal decoro floreale a foglia d'oro, affiancato dalla raffigurazione dell'Orsa minore che allude alla natura astronomica del testo. Volume di fattura piuttosto corrente se raffrontato alle raffinate realizzazioni transalpine del periodo, opera di Pietro Brena a Bergamo, come conferma il timbro blu "LEGATORIA/P. BRENA/V. RUGGERI 40/BERGAMO", tuttora vivente anche se non più in attività, noto per i suoi restauri di legature, solo oppure in associazione con C. Valli.
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Antonio Cantoni

Particolare attenzione è stata riservata ad Antonio Cantoni. L'individuazione dei suoi manufatti, generalmente di tipo archivistico, come talora capita, è stata casuale. Nell'esaminare una legatura seicentesca, inizialmente ritenuta di fattura romana, un'occhiata distratta ma fortunata, individuava lungo il margine esterno del contropiatto, in un piccolo rettangolo, la dicitura "ANT. CANTONI F.". Non era tuttavia ancora la traccia risolutiva: i decori, infatti di gusto romano, non erano stati ancora riscontrati in altri manufatti. La via era tuttavia segnata: si trattava di un legatore locale, artefice dell'unica legatura segnalata del genere "a ventaglio", abilmente ornata. Una sistematica ricerca lungo i margini dei contropiatti confermava la presenza di suoi numerosi manufatti firmati nei fondi del Consorzio della Misericordia Maggiore, del Consorzio dei Carcerati e dell'Ospedale di Santa Maria Maddalena di Bergamo ed archivistici del comune di Bergamo. Non solo sono stati accertati in quanto firmati - curiosamente, le tre "N" presenti nella firma, sono state generalmente impresse rivoltate (tav. n. 50), tranne per un esemplare39 dai caratteri dorati-, 2440 nuovi manufatti ornati a secco ed in oro, ma è stata anche confermata la città in cui lavorò, Bergamo (tav. n. 51), grazie ad un'iscrizione impressa su 741 legature. Il reperimento di questa scritta, circostanza inusuale (specie su legature d'archivio destinate ad un utilizzo corrente), dato che si ha notizia in proposito dei soli Gregorio e Giovanni Andreoli42, legatori vaticani della seconda metà del Seicento, non è priva di importanza. Il catalogo Gumuchian che aveva segnalato nel 1929, l'unica coperta di questo artigiano, riportava il nome di "Ant. Gantoni", mentre quello corretto è Cantoni. La firma impressa (4x 52 mm) dimostra infatti, che la "G" di Bergamo è incompatibile con la presunta "G" di Gantoni: l'errore è dovuto alla grafia della "C", in carattere capitale, usata nei secoli passati analoga a quella delle moderne maiuscole "G". È poi da rilevare che il patronimico Cantoni è comune nell'area bergamasca. Da questo "corpus" iniziale firmato, per successivi raffronti, sono state selezionate 64 legature riferibili a questo artigiano, così suddivise: Antonio Cantoni alterna l'attività di legatore a quella di produttore di carta, documentata da carte con filigrana recante la dicitura "CANTONI" e la voce "BERGAMO", poste rispettivamente, sopra e sotto una coppia di triangoli concentrici entro un cerchio, sormontato da un trifoglio stilizzato (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° F 1679-1688). Questa doppia occupazione, naturale ampliamento dell'attività libraria, destinata ad accrescere le possibilità di guadagno della bottega, è tutt'altro che infrequente: nella lista dei Legatori di libri sulla Guida Generale del commercio e dei recapiti di Milano del 1837, figurano ad esempio, Righini Santo, legatore, cartolajo, fabbricante di parafuochi, cornici, e galanterie in cartone, mentre i fratelli Ubicini sono bibliopegi, cartolai e negozianti di stampe.

Maestro I° F 1679-1688 Maestro II° G 1688-1705
tav. 50 Maestro I° F 1679-1688 tav. 51 Maestro II° G 1688-1705
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Le legature di Antonio Cantoni

Il materiale di copertura su supporto in cartone, è abitualmente in cuoio a grana morbida, verosimilmente della bazzana, pelle conciata e lasciata al naturale come grana e colore, il cui fiore, liscio e morbido, si presta a lavori di sbalzo e a decorazioni a secco e in oro, oltre a facilitare la tintura con qualsiasi colore; si tratta di un cuoio liscio e delicato, fragile e facile alla spellatura, classificato tra le pelli di seconda qualità, usato nelle legature di minor pregio. In un limitato numero di esemplari, viene adottato il marocchino47. Il dorso a tre o cinque nervi, si caratterizza per l'assenza dei capitelli. Lungo la sua parte esterna, compaiono talora tre rettangoli in cuoio bruno cuciti mediante quattro lembi di pelle attorcigliata, fissata verticalmente. I compartimenti possono recare una coppia di fasci di filetti incrociati, un cartiglio costituito da quattro rosette fogliate o da altrettanti fioroni. Le carte di guardia sono grigie e bianche, queste ultime anche con una filigrana con la scritta "BREMBATA" entro una "tabula ansata", sormontata da un trifoglio stilizzato. Il taglio, grezzo, può essere dipinto in testa, con volute e fiori rossi e verdi (MAD LMF 1688-1712). Le bindelle, ove presenti, in tessuto di colore verde, azzurro o rosso, terminano generalmente in una punta metallica che ne preserva l'integrità.
Vari sono gli impianti ornamentali: - a "losanga-rettangolo", a secco ed in oro (AB 110); - a cornici concentriche, a secco (AB 280); - a cornici concentriche, a secco ed in oro (Sala I D 8 8); - a ventaglio decorato in oro (fig. n. 10). I fregi ricalcano alcuni moduli romani, come evidenziano la testina classica (tav. n. 52), pure adottata dalla bottega vaticana Andreoli48, attiva dal 1630 ad almeno il 1700 ca., oppure la losanga costituita da quattro corolle stilizzate addossate (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° L 1792-1801). Per quanto riguarda i ferri, è in prima istanza da segnalare in generale, la netta distinzione tra quelli in cavo per il decoro a secco e i fregi in rilievo per il decoro a foglia d'oro. I primi sono impressi nei manufatti del genere "a losanga-rettangolo" ed a cornici concentriche, mentre i secondi si manifesta nell'unica coperta impressa a foglia d'oro, del genere "a ventaglio".
Varia è pure la loro tipologia: nella decorazione a secco comprendente gran parte dei manufatti sussistono ancora in questo periodo, fregi a mensola (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° E 1673-1679) – motivi orientaleggianti di forma triangolare-, hanno disegni di genere orientaleggiante e sono posti a mensola negli angoli interni delle cornici che delimitano lo specchio, spesso aggregati al centro del piatto a formare una mandorla. Di maggiore attualità sono le rotelle a rosette alternate a fogliami trilobati (tav. n. 53) e le foglie polilobate entro volute- (tav. n. 54), le più diffuse nei lavori di questo artigiano, affiancate da singoli punzoni quali rosette quadrilobate entro una coppia di motivi cuoriformi (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° L 1792-1801), fregi a torciglione (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° G 1688-1705) e a losanga dai margini frastagliati (Consorzio dei Carcerati, Maestro I° L 1792-1801).
Nella decorazione con ferri in oro riservata ai manufatti più pregiati (Sala Prima D 11 10), si rivela una notevole varietà di ornamentazioni, costituite da rosette quadrilobate entro una coppia di volute cuoriformi (tav. n. 55), staffe (tav. n. 56), garofani dalla corolla abbassata (tav. n. 57), arabeschi, volute stilizzate, grottesche, fioroni, lancette affiancate a formare un rosone, tutti a filigrana, ferro caratterizzato da tratti punteggiati, conformemente al dettame stilistico transalpino che si afferma nel Seicento in tutta Europa. Nella ricca iconografia compare anche un satiro (tav. n. 58).
Non sorprenda la longevità nell'utilizzo dei ferri, a lungo impiegati per il loro alto costo: la rotella a foglie polilobate entro volute, riveste ad esempio, manoscritti redatti tra il 1659 ed il 1792 ca. La presenza di coperte realizzate da A. Cantoni nei Fondi della Misericordia Maggiore, dell'Ospedale di Santa Maria Maddalena, del Consorzio dei Carcerati ed archivistici del comune di Bergamo, dimostra la molteplicità delle committenze: è molto probabile che altri suoi manufatti siano presenti in altre biblioteche bergamasche.

AB 110 AB 126
tav. 52 AB 110 tav. 53 AB 126
Maestro I° E 1673-1679 Sala Prima D 11 10
tav. 54 Maestro I° E 1673-1679 tav. 55 Sala Prima D 11 10
Sala Prima D 11 10 Sala Prima D 11 10 Sala Prima D 11 10
tav. 56 Sala Prima D 11 10 tav. 57 Sala Prima D 11 10 tav. 58 Sala Prima D 11 10

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Riassunto

Fino ad oggi sono state segnalate circa 50 legature bergamasche: nel 1960, T. De Marinis ne aveva messo in evidenza la peculiarità di alcuni schemi e di alcuni motivi: "La originalità delle decorazioni di alcune legature conservate nella Biblioteca Civica di Bergamo ci dimostra che in questa città fiorirono nel secolo XV botteghe di artigiani che non seguirono la corrente comune: infatti, in parecchie di esse appaiono disegni inconsueti: anche i ferri veneti, quando vi si trovano, sono adoperati in modo del tutto indipendente........"49. Il recente censimento ha consentito di delineare le caratteristiche strutturali e ornamentali di oltre 700 esemplari eseguiti a Bergamo dal XV al XX secolo, con i seguenti risultati: la maggior parte di questi è costituito da coperte d'archivio, 550 ca., caratterizzate da gruppi strutturalmente ed ornamentalmente omogenei, munite oppure sprovviste di una caratteristica copertura con ribalta e contrafforti e più o meno riccamente decorate a secco (non in oro) con ferri locali. Sono ampiamente descritte nella sezione "A) Legature d'archivio (manoscritti)- generalità". Una ventina di queste, specie del secolo XVII, sono contraddistinte da una decorazione del tutto inusuale in questo tipo di manufatti: motivi fioriti entro arabeschi in policromia, prevalentemente sul taglio di testa ed in alcune di esse, gli "Indici", in testa al piatto anteriore.
Una particolareggiata descrizione di queste legature compare nel capitolo "A)Legature d'archivio (manoscritti)- secolo XVII". Nel gruppo di coperte meno numeroso, 150 ca., non d'archivio, costituito da legature su manoscritti e testi a stampa, compendiato nella sezione "B) Legature non d'archivio (manoscritti e libri a stampa)- generalità", compaiono, come su quelle d'archivio, tipici ferri locali. Caratterizzano entrambi i gruppi, alcuni originali schemi decorativi. Due sezioni sono rispettivamente dedicate alle legature "a placchetta", motivo ottenuto mediante l'impressione a secco od in oro, di placchette bronzee incise in cavo, considerata la loro importanza nella storia della legatura e ad Antonio Cantoni, legatore attivo a Bergamo dal 1659 al 1715, verosimilmente affiancato da un successore, il solo artigiano bergamasco di cui si conoscano esemplari firmati. Il censimento delle legature bergamasche alla Biblioteca "A. Mai" ha confermato su un più consistente numero di esemplari, la testimonianza di T. De Marinis sulla originalità di alcune decorazioni e fregi delle legatoria orobica. L'articolo costituisce un primo contributo alla rivalutazione di un patrimonio di legature in gran parte sconosciute: ulteriori ricerche, specie in biblioteche locali, ne potranno migliorare la conoscenza.
Sono debitore al dottor Giulio Orazio Bravi, Direttore della Biblioteca, e a tutto il personale: in particolare alla signora Egilde Severi ed ai signori Bruno Caglioni, Fabio Poli e Giuseppe Redolfi, per la disponibilità dimostratami. Un ringraziamento a Livio Macchi per i suggerimenti e la revisione critica del testo.
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Note:
  1. DE MARINIS 1960, III, cap. XIV-Bergamo, tav. CCCCXCVIIII-DIV bis, n. 2862-2908, pp. 61-64.
  2. MALAGUZZI 1996, VIII, tav. 8, pp. 129, 134-135, Alberto Patavino, Evangelia totius anni dominicalia, Torino, Antonio Ranoto, 1529.
  3. CODICI E INCUNABOLI 1989, n. 55, p. 155, Statuta Vallis Brembanae Superioris 1468, latino, ms. membranaceo sec. XVI-XVIII (1468-1797), Sala I D 8 8.
  4. MACCHI 2006, figura 1, figura 2, Bernardino Colleoni, De conceptione immaculatae virginis, ms. del secolo XV, cartaceo tranne la prima pagina membranacea, dedicato a Lorenzo Gabrieli, vescovo di Bergamo negli anni 1484-1512, provvisto del suo stemma, Ms. A VII 8; MACCHI 2006, figura 9, figura 10, Legittimazione di Lodovico Viviani, figlio spurio di Michele e Viviana, eseguita per autorità dei conti palatini Davide, ms. membranaceo sec. XVI, Ms. Fé 64.
  5. Rime di mess. Francesco Petrarca riscontrate e corrette sopra ottimi testi a penna coll'aggiunta delle varie lezioni e d'una nuova Vita dell'autore. In Firenze: nella Stamperia all'Insegna d'Apollo, si vende da Giuseppe Pagani libraio dirimpetto alla chiesa di Sant'Apollinare, 1748, 60 F 23.
  6. GUMUCHIAN LIBRAIRE 1929, tav. LXIII, n. 153, p. 76, Lupis, Antonio, Il Conte Francesco Martinengo nelle guerre della Provenza, et altre attioni Militari, Bergamo, Figlivoli di Marc'Antonio Rossi. 1668; volume pure riprodottto in COLOMBO 1952, tavola XXII.
  7. Segnature A 34, A 81, A 96, A 97, A 100, A 101, A 102, AB 16, AB 25, AB 28, AB 51, AB 56, AB 57, AB 59, AB 75, AB 85, AB 88, AB 95, AB 105, AB 110, AB 126, AB 167, AB 168, AB 211, AB 256, AB 265, AB 280, AB 319, AB 326, AB 327, AB 336, AB 341, AB 358, AB 359, AB 392, AB 404, AB 436, AB 455, AB 470, AB 476, AB 492, AB 499, AB 501; Cassaforte: Codice Grumello; Cinq. 2 1544-1545, Cinq. 3 993, Cinq. 3 1357, Cinq. 4 53, Cinq. 4 712, Cinq. 4 994, Cinq. 4 1252, Cinq. 5 10, Cinq. 5 367, Cinq. 5 866, Cinq. 6 13, 6 338, Cinq. 6 343, Cinq. 6 347-348, Cinq. 6 359, Cinq. 6 708, Cinq. 6 807, Cinq. 6 873, Cinq. 6 1074, Cinq. 6 1356, Cinq. 6 1374/1-2, Cinq. 6 1379, 6 1517, Cinq. 6 1540/1, Cinq. 6 1540/2, Cinq. 6 1540/3, Cinq. 6 1540/4, Cinq. 6 1647, Cinq. 6 1655, Cinq. 7 109, Cinq. 7 241, Cinq. 7 248, Cinq. 7 400, Cinq. 7 943, Cinq. 7 955-956, Cinq. 7 957, Cinq. 7 958, Cinq. 7 964, Cinq. 7 965, Cinq. 7 966, Cinq. 7 967, Cinq. 7 968; Comune di Bergamo- Consiglio comunale- azioni: 1532-1537(19), 1538-1541(20), 1541-1545(21), 1545-1547(22), 1550-1551(24), 1554-1557(26), 1557-1559(27), 1560-1562(28), 1562-1565(29), 1565-1567(30), 1567-1569(31), 1569-1570(32), 1570-1572(33), 1574-1576(35), 1576-1578(36), 1578-1580(37), 1580-1582(38), 1583-1584(39), 1584-1586(40), 1586-1588(41), 1589-1590(42), 1590-1592(43), 1592-1594(44), 1596-1598(46), 1598-1600(47), 1600-1603(48), 1603-1606(49), 1606-1608(50), 1608-1610(51), 1610-1612(52), 1612-1614(53), 1614-1616(54), 1616-1619(55), 1619-1622(56), 1622-1624(57), 1627-1629(59), 1634-1638(62), 1638-1641(63), 1641-1644(64), 1648-1650(66), 1650-1652(67), 1652-1655(68), 1659-1665(69), 1665-1670(71), 1686-1691(75), 1692-1697(76), 1697-1702(77), 1703-1709(78); 1709-1713(79), 1714-1718(80), 1719-1724(81), 1731-1736(83), 1736-1744(84), 1745-1751(85), 1760-1768(87), 1768-1777(88), 1778-1784(89), 1784-1789(90), 1789-1795(91); Collegio alle liti: 1589-1637; 1612-1681; 1682-1728; 1728-1787; 1787-1796; Collegio della Milizia-azioni: 1521-1530, sottosezione.1, 1; 1560-1620, sottosezione 1, 2; 1701-1797, sottosezione 1, 3; 1601-1614, sottosezione 4, 1; sottosezione 4, 4; 1687-1737, sottosezione 5, 13; Comune di Bergamo 1428-1809- Azioni del Consiglio-Registro delle votazioni delle nomine e delle elezioni: 1591-1737-unità 1.2.3.5-2, 1726-1775-unità 1.2.3.5-3, 1730-1800-unità 1.2.3.5-4; Elenco dei Consiglieri: 1521-1800-unità 1.2.3.6-1, Capitoli: 1581-1711-unità 1.2.3.8-1; Comune di Bergamo 1428-1809-Deputazioni e collegi ordinari-Deputati e collegio delle acque-azioni: 1561-1614-unità 1.2.8.9.1-1; 1561-1700-unità 1.2.8.9.1-2, 1700-1724-unità 1.2.8.9.1-3, 1729-1775-1.2.8.9.1-4, 1775-1796-unità 1.2.8.9.1-5; Comune di Bergamo 1428-1809-Deputazioni e collegi ordinari-Deputati e collegio delle affittanze e agli incanti 1434-azioni: 1696-1729-unità 1.2.8.1.2-2, 1729-1780-unità 1.2.8.1.2-3; 1780-1799, unità 1.2.8.1.2-4; Comune di Bergamo 1428-1809-Deputazioni e collegi ordinari-Deputati e collegio delle affittanze e agli incanti 1434- Locazioni e fideiussioni: 1696-1773, unità 1.2.8.1.4-1; Comune di Bergamo 1428-1809-Deputazioni e collegi ordinari-Deputati e collegio delle affittanze e agli incanti 1434-Registri degli incanti: 1515-1530-unità 1.2.8.1.3-4, 1588-1616, unità 1.2.8.1.3-10; 1634-1644 unità 1.2.8.1.3-11; Comune di Bergamo 1428-1809- Archivi di contrade e vicinie, Vicinia di Sant'Antonio "Intus e Foris"-Azioni:, 1595-1779; Comune di Bergamo 1428-1809, Atti dei Cancellieri Comunali-Instrumenti: 1702-1740, unità 1.2.12.3-2; 1743-1788, unità 1.2.12.3-4; Inventario cure e tutele: sezione 55, sottoserie 2: 1548-1552, tomo3; 1552-1557, tomo 4, 1557-1560, tomo 5; 1560-1563, tomo 6; 1564-1567, tomo 7; 1567-1570, tomo 8; 1574-1577, tomo 11; 1577-1580, tomo 12; Ordini e delibere, 1780; Registri de Instrumenti e Testamenti; 19, 1659-1662; 20,1663-1666; 21, 1666-1671, 22, 1671-1673; 23, 1673-1676; 24, 1676-1679; 25, 1679-1685; 26, 1680-1683; 27, 1683-1690; 28, 1690-1694; 29, 1694-1699; 30, 1699-1704; 31, 1704-1708; 32, 1708-1713; 33, 1713-1719; Registro del tesoriere del collegio delle Acque: 1560-1561, unità 1.2.8.9.7; 1597-1623. unità 1.2.8.9.7-4; 1749-1774, unità 1.2.8.9.7-16; 1777-1800, unità 1.2.8.9.7-18; Repertori: 1479-1519, unità 1.2.8.9.6-4;1.2.8.9.6.-7, 1697 e ss.; Stride serie 19: 1621-1626,1; 1682-1703; 4; 1745-1758, 5; 1766-1775, 6; 1775-1782, 7; 1782-1786, 8, 1786-1790, 9; Ufficio Pretorio: Registro Dati, 1568, C 371; Ufficio Pretorio, 1569, n. 355; Ufficio Pretorio Registro delle sentenze, 1726-1729, A 2218; Vicario Pretorio: 1560, 40; 1562, 241; Consorzio dei Carcerati-Maestro: A 13 1611-1624, I° 1511-1611, I° A 1611-1624, I° B 1624-1647, I° C 1647-1666, I° D 1667-1673, I° E 1673-1679, I° F 1679-1688, I° G 1688-1705, I° H 1705-1726, I° I 1727-1747, I° K 1747-1792, I° L 1792-1801, I° M 1801-1811, II° B 1624-1647, II° C 1647-1666, II° D 1666-1673, II° E 1673-1679, II° F 1679-1688, II° G 1688-1705, II° H 1705-1726, II° I 1726-1747, II° K 1747-1792, II° L 1792-1801, II° M 1801-1808; Consorzio della Misericordia Maggiore-MIA: MIA 3, MIA 4, MIA 7, MIA 26, MIA 88, MIA 109, MIA 110, MIA 111, MIA 114, MIA 115, MIA 116, MIA 117, MIA 118, MIA 242, MIA 459, MIA 465, MIA 466, MIA 549, MIA 555, MIA 556, MIA 559, MIA 560, MIA 561, MIA 562, MIA 575, MIA 576, MIA 577, MIA 592, MIA 593, MIA 713, MIA 714, MIA 720, MIA 731, MIA 733, MIA 734, MIA 735, MIA 741, MIA 842, MIA 868, MIA 869, MIA 870, MIA 911, MIA 937, MIA 959, MIA 1149, MIA 1150, MIA 1151, MIA 1152, MIA 1153, MIA 1154, MIA 1155, MIA 1156, MIA 1157, MIA 1158, MIA 1159, MIA 1160, MIA 1161, MIA 1162, MIA 1163, MIA 1164, MIA 1166, MIA 1167, MIA 1168, MIA 1169, MIA 1170, MIA 1171, MIA 1172, MIA 1173, MIA 1174, MIA 1175, MIA 1176, MIA 1177, MIA 1178, MIA 1179, MIA 1180, MIA 1181, MIA 1182, MIA 1183, MIA 1184, MIA 1185, MIA 1186, MIA 1187, MIA 1188, MIA 1189, MIA 1190, MIA 1191, MIA 1192, MIA 1193, MIA 1194, MIA 1195, MIA 1196, MIA 1197, MIA 1198, MIA 1199, MIA 1200, MIA 1201, MIA 1201, MIA 1202, MIA 1203, MIA 1204, MIA 1205, MIA 1206, MIA 1207, MIA 1208, MIA 1209, MIA 1210, MIA 1211, MIA 1212, MIA 1214, MIA 1215, MIA 1216, MIA 1217, MIA 1218, MIA 1219, MIA 1220, MIA 1221, MIA 1122, MIA 1123, MIA 1124, MIA 1125, MIA 1126, MIA 1127, MIA 1128, MIA 1229, MIA 1230, MIA 1231, MIA 1232, MIA 1233, MIA 1234, MIA 1235, MIA 1236, MIA 1237, MIA 1238, MIA 1239, MIA 1240, MIA 1241, MIA 1242, MIA 1243, MIA 1244, MIA 1255, MIA 1256, MIA 1257, MIA 1258, MIA 1260, MIA 1261, MIA 1263, MIA 1264, MIA 1265, MIA 1266, MIA 1267, MIA 1268, MIA 1269, MIA 1270, MIA 1271, MIA 1272, MIA 1273, MIA 1274, MIA 1275, MIA 1276, MIA 1277, MIA 1278, MIA 1279, MIA 1280, MIA 1281, MIA 1282, MIA 283, MIA 1284, MIA 1285, MIA 1286, MIA 1287, MIA 1288, MIA 1289, MIA 1290, MIA 1291, MIA 1292, MIA 1293, MIA 1294, MIA 1295, MIA 1296, MIA 1297, 1MIA 298, MIA 1299, MIA 1300, MIA 1301, MIA 1302, MIA 1347, MIA 1348, MIA 1349, MIA 1350, MIA 1351, MIA 1352, MIA 1353, MIA 1354, MIA 1355, MIA 1356, MIA 1357, MIA 1358, 1359, 1360, MIA 1361, MIA 1362, MIA 1363, MIA 1364, MIA 1365, MIA 1366, MIA 1367, MIA 1368, MIA 1369, MIA 1370, MIA 1371, MIA 1372, MIA 1373, MIA 1374, MIA 1476, MIA 1477, MIA 1513, MIA 1514, MIA 1515, MIA 1516, MIA 1517, MIA 1518, MIA 1519, MIA 1526, MIA 1544, MIA 1545, MIA 1546, 1549, MIA 1551, MIA 1714, MIA 1721, MIA 1753, MIA 1754, MIA 1762, MIA 1763, MIA 1801, MIA 1804, MIA 1806, MIA 1810, MIA 1811, MIA 1812, MIA 1821, MIA 1822, MIA 1830, MIA 1901, MIA 3066, MIA 067, MIA 3568, MIA 5036, MIA 5037, MIA 5042; Antifonario 1, Antifonario 2, Antifonario 3, Antifonario 4, Antifonario 6, Antifonario 7, Antifonario 8; Archivio: 1207 D, 1209 D, 1210 D; Corale 1, Corale 2, Corale 3, Corale 4, Corale 6; Cantoria, Convento S. Mariae Gratiarum, Hymni, Ordo Hymnorum Dominicae, Pro festo semplici; Registro: 1, 2, 3; Convento di S. Alessandro: B; Estimo: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11, 12, 13, 14, 16, 19, 20, 21, 22; Inc. 1 23, Inc. 1 27, Inc. 1 37, Inc. 1 56, Inc. 1 59, Inc. 1 66, Inc. 1 106, Inc. 1 130, Inc. 1 156, Inc. 1 168, Inc. 1 186, Inc. 1 203, Inc. 2 2, Inc. 2 18, Inc. 2 38, Inc. 2 70, Inc. 2 83, Inc. 2 172, Inc. 2 189, Inc. 2 204, Inc. 2 259, Inc. 2 275, Inc. 2 359, Inc. 2 376, Inc. 3 2, Inc. 3 73, Inc. 3 100, Inc. 3 111, Inc. 3 223, Inc. 3 224, Inc. 3 247, Inc. 3 271, Inc. 3 302, Inc. 4 4, Inc. 4 27, Inc. 4 39, Inc. 4 41, Inc. 4 42, Inc. 4 43, Inc. 4 44, Inc. 4 88, Inc. 4 95, Inc. 4 120, Inc. 4 128, Inc. 4 166, Inc. 4 177, Inc. 4 259, Inc. 4 271, Inc. 4 298, Inc. 4 299, Inc. 4 338, Inc. 4 339, Inc. 5 21, Inc. 5 110; Libro Maestro "E" della Mia, Registro Bonduri, 1715-1743; Mastro della Scuola del comune di Vicinia, 1625-1660; Mastro non comunale 1795-1808; Mendicanti: Maestro I° 1633-1646, Maestro I° 1647-1653, Maestro I° A 1654-1668, Maestro I° B 1669-1696, Maestro I° C 1697-1701, Maestro II° B 1669-1696, Maestro II° D 1701-1766, Maestro II° F 1793-1808; MA 19, MA 60, MA 82, MA 113, MA 120, MA 148, MA 163, MA 192, MA 200, MA 213, MA 259, MA 262, MA 284, MA 321, MA 353, MA 367, MA 369, MA 373, MA 374, MA 380, MA 383, MA 50, MA 460, MA 508, MA 567, MA 622, MA 626, MA 639, MA 640; MAB 17, MAB 24, MAB 28, MAB 35, MAB 37, MAB 38, MAB 39, MAB 46, MAB 47, MAB 64; MM 43, MM 126, MM 181, MM 182, MM 183, MM 611; MMB 34, MMB 215, MMB 252, MMB 490, MMB 553, MMB 574, MMB 704, MMB 808, MMB 899, MMB 949, MMB 950, MMB 951; Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LG/+ 1575-1584, MAD LG/A 1584-1604, MAD LG/B 1604-1617, MAD LG/C 1618-1637, MAD LG/D 1637-1656, MAD LG/E 1656-1687, MAD LG/F 1688-1712, MAD LG/G 1712-1732, MAD LG/H 1732-1747, MAD LG/I 1748-1769, MAD LG/K 1769-1787, MAD LG/L 1787-1800, MAD LG/M 1801-1808, MAD LM/+1575-1583, MAD LG/C 1618-1637, MAD LM/A 1584-1604, MAD LM/D 1637-1656, MAD LM/E 1656-1688, MAD LM/F 1688-1712, MAD LM/G 1712-1731, MAD LM/H 1732-1748, MAD LM/I 1748-1769, MAD LM/K 1769-1787, MAD LM/L 1769-1787, MAD LM/L 1787-1801, MAD LM/M 1801-1818, MAD X 1737-1785; MAD Y 1737-1785; Sala 2 P IX 8; Sala 41 C 10 10(5); Sala 41 C 10 11 (3); Sala 41 C 10 11 (4); Sala Prima C VII 23, Sala Prima D 4 4, Sala Prima D 8 8, Sala Prima D 8 24, Sala Prima D 9 22, Sala Prima D 11 10; Sala Prima Cassapanca C 2 25-1, Sala Prima Cassapanca C 2 25-2, Sala Prima Cassapanca C 2 25-3; Sala Prima Loggia O III 60; Salone Loggia Q 4 10 (2), Salone Loggia V 8 64 (6), Salone Loggia V 8 65 (1); Salone R 6 26; Salone Cassapanca III L Fila IV 64; Salone Loggia Picc. 16 9 1, Salone Loggia Picc. 21 8 2, Salone Loggia Picc. 25 6 4; Specola Doc 679.
  8. CHIODI 1965, pp. 3-96.
  9. RONCALLI 1912.
  10. DE MARINIS 1960, III, tav. CCCCXCIX, n. 2864, Dante Alighieri, Comedia, ms. membranaceo del 1402, codice Grumelli in Cassaforte.
  11. DE MARINIS 1960, III, tav. DIV bis, n. 2908, Postille super Job., ms. membranaceo sec. XIV, MA 622.
  12. PICKWOAD 2000, pp. 119-167; SZIRMAI 1999, pp. 304-317.
  13. MALAGUZZI 1998, XIX, tav. 27, Costantino Lascaris, De octo partibus orationis liber primus, Venezia, 1512, Museo Leone di Vercelli, 656.
  14. HOBSON 1931, Tafel 28, Abb. 1.
  15. DE MARINIS 1960, II, tav. CCCXCVIII, n. 2272, Ovidius, Venezia, 1515,New York Pierpont Library, Tooley Collection.
  16. HOBSON 1999, fig. 48, p. 100, Rhetorica ad Herennium, Venzia, 1521, Manchester, John Rylands University Library.
  17. HOBSON 1989, fig. 54, p. 67 , Aelius Aristides, Orationes, sec. XII, Venzia, Biblioteca nazionale Marciana, gr. VIII 7.
  18. DE MARINIS 1960, II, tav. CCCLV, n. 1917 o, Commissione per giorgio Emo, ms. membranaceo, 1596, Venezia, Museo Correr, III, 133.
  19. GORRERI 1997, n. 5, p. 160, Cajus Julius Caesar, Commentariorum de bello gallico libri viii (et alia), Venezia, Aldo Manuzio e Andrea suocero, 1519, Ed. Ald. E.20.
  20. HOBSON 1991, n. 3, pp. 16-17, Francesco Petrarca, Il Petrarcha Sprituale, Venezia, Francesco Marcolini, 1536.
  21. Segnature MIA 1155, MIA 1156, MIA 1157, MIA 1159, MIA 1168, MIA 1169, MIA 1170, MIA 1171, MIA 1207, MIA 1213, MIA 1216, MIA 1217, MIA 1218, MIA 1219.
  22. FOOT 1993, pp.439-454.
  23. Segnature MIA 1160, MIA 1161, MIA 1164, MIA 1167, MIA 1168, MIA 1169, MIA 1174, MIA 1175, MIA 1176, MIA 1178, MIA 1179, MIA 1180, MIA 1181, MIA 1182, MIA 1183, MIA 1184.
  24. DE MARINIS 1960, III, tav. D, n. 2874, Statuta Paratici mercatorum Bergomi, ms. membranaceo del 1486, Sala Prima D 9 22.
  25. DE MARINIS 1960, III, tav. DIII, n. 2890, Biblia latina, Venezia, 1494, Inc. 2 70.
  26. DE MARINIS 1960, III, tav. DIV, n. 2897, Missale romanum, Venezia, 1499, Inc. 1 186 (già Sala Prima O 6 18).
  27. BRESLAUER 1981, n. 154, pp. 241-242, Celsus, Aurelius Cornelius, Medicinae libri VIII. Quintus Serenus, Liber de medicina, Venezia, Aldo, 1528.
  28. BIBLIOTHÈQUE MAZARINE PARIS 2003, n. 18, Paulus van Middelburg, Paulina de recta Paschae celebratione, Fossombrone, Ottaviano de' Petrucci, 1513, Rés. 5184; DE MARINIS 1960, II, tav. CCXX, n. 1271, p. 15, Anthologia graeca, Firenze, Alopa, 1494, Leipzig, Staatsbibliothek; HOBSON 1989, pp. 166-167; HOBSON - QUAQUARELLI 1998, n. 35, p. 87, Mazzolini, Silvestro, Errata et argumenta Martini Luteris recitata, detecta, repulsa et copiossiime trita, Rome, per Antonium Bladis de Asula, A.M.FF. II.5.
  29. Segnature AB 51, AB 59, AB 211, Cinq. 6 338, Cinq. 7 248, Cure-Inventario e tutele-sezione 55, sottoserie 2: tomo 5 (1557-1560), tomo 6 (1560-1563), Inc. 1 27, Inc. 1 56, Inc. 1 186, Inc. 2 2, Inc. 2 18, Inc. 2 70, Inc. 2 189, Inc. 3 302, Inc. 4 41, Inc. 4 42, Inc. 4 43, Inc. 4 44, Inc. 4 120, Inc. 4 271, MA 321, MA 567, MAB 28, MIA 556, MIA 1349, MIA 1519, MIA 3066, Specola Doc 679.
  30. ENCICLOPEDIA 1998, p. 62.
  31. Tecnica volta a ottenere sul cuoio particolari effetti cromatici che richiamano le venature del marmo o le macchiettature del granito, ottenuti con l'applicazione a spugna, a tampone o a spruzzo di colori o di acidi mordenti, come potassa, solfato di ferro, acido acetico e acido nitrico. In uso sin dal secolo XVI- questa Biblioteca possiede una inusuale legature veneziana cinquecentesca su testo Severino Boetio, Di consolatione philosophica volgare, Vinegia, Marchio Sessa, MDXXXI, Cinq. 1 507 così decorata - la marmorizzazione può essere eseguita direttamente dalla conceria al momento della tintura ma anche dai legatori stessi, sia prima di eseguire la legatura sia su legature già eseguite, quando la marmorizzazione deve essere limitata a riquadri o cornici. La marmorizzazione, che si presta a rendere meno visibili eventuali imperfezioni della pelle, può assumere molteplici aspetti. L'impiego di acidi si è però rivelato nel tempo causa di degrado del cuoio che, a seconda della concentrazione, col tempo presenta corrosioni e bruciature anche gravi.
  32. Le coperte tipografiche compaiono a Parigi con i fratelli Brasseur verso la metà del XVIII secolo. Sono coperte in cartoncino più o meno spesso, decorate con minuscoli fregi che, variamente combinati, formano cornici, cartigli e motivi di vario tipo. Si generalizzano in questa forma dal primo quarto dell'Ottocento. A questo genere di legatura è stata accordata relativamente scarsa attenzione, spesso per la modestia della decorazione. Tuttavia esse sono importanti in quanto rivelano date, nomi e cognomi di editori e stampatori, annunci librari e sono talvolta ingentilite sui piatti o sul dorso, da vignette a volte inedite e non riprodotte nel testo. Il loro aspetto è peculiare per ogni Paese e interessa di solito almanacchi, libri di scuola, messali o periodici. La stampa sulle coperte è infatti tipica della fase preindustriale legata allo stampatore-editore. Lo stesso volume può esistere con differenti copertine. La legatura in carta doveva consentire anche all'acquirente con pochi mezzi l'acquisto di un libro economico, dignitoso, esteticamente gradevole. La coperta stampata, spesso a vivaci colori, era provvista di decorazioni, semplici o complesse, del titolo del volume o dell'elenco di altre pubblicazioni della stesso editore. Dal punto di vista tecnico, queste legature presentano numerose varietà secondo i paesi di origine. Generalmente sono in brossura (semplice coperta di carta o cartoncino incollata solo lungo il dorso) o in cartonato (vera e propria legatura editoriale eseguita con la tecnica della legatura a cartella). I margini dei volumi sono di rado rifilati, a comprovare che si tratta di legature provvisorie destinate a essere successivamente dotate di una legatura definitiva.
  33. Modulo tardivo derivato dalle legature à la fanfare, in voga a Parigi dal 1560 al 1630 ca., caratterizzate da compartimenti tra loro collegati decorati internamente con da piccoli ferri. Cfr. HOBSON 1935.
  34. ÖSTERREICHISCHE NATIONALBIBLIOTHEK, WIEN, 1990, n. 216, Ceva, Johannes, Opus hydrostaticum, Mantova, S. Benedicti, 1728, 72.2.42 (ES 121).
  35. HOBSON 1989, tav. 21, Polybius, Historiae, Bologna 1454, Cesena, Biblioteca Malatestiana, S.XII.2
  36. Decorazione a rilievo, ottenuta da matrici in rame impresse a caldo, imita quella dei broccati e dei tessuti damascati in uso nel secolo XVIII. La tecnica di lavorazione delle carte goffrate consiste nell'applicare su un foglio colorato, perlopiù in tinta unita, una foglia di metallo dorato o argentato (ottenuto rispettivamente con una lega di rame e stagno, o zinco e piombo). Si applica sul foglio così trattato la matrice in rame opportunamente scaldata; la parte di oro o argento a diretto contatto con il disegno a rilievo della matrice resta impressa sul foglio, mentre il metallo eccedente viene spazzolato via. L'impressione avviene per mezzo di un torchio calcografico a due cilindri. In queste carte, dai colori smaglianti su fondo dorato, spiccano fiori, frutta, fogliami, uccelli, insetti, mascheroni, belve, scene di caccia e di vita, cineserie.
  37. Impiegata fin dal Medioevo, la legatura in stoffa decorata con ricami era destinata soprattutto ad ornare libri religiosi. Questi lavori d'abilità e pazienza venivano eseguiti, in comunità religiose femminili; i manufatti più complessi, prodotti da ricamatori e ricamatrici professionali riuniti in corporazioni, mostrano motivi tradizionali quali la Pace, la Fede, la Speranza, scene bibliche strettamente connesse al contenuto del libro, e in genere motivi floreali. In Italia le legature in tessuto ebbero grande popolarità, specie nel XVIII secolo, per esemplari di presentazione. Nella seconda metà del XVIII secolo, si verifica un mutamento di gusto in questo tipo di decorazione, con la comparsa degli almanacchi a ricami caratterizzati da motivi d'epoca profani: amori, colombe, elmi, accompagnati da motti, ghirlande, nodi, strumenti musicali, ovali centrali dove scene galanti subentrano alle armi araldiche, ai monogrammi, alle figure allegoriche o al trigramma devozionale "IHS". La moda della decorazione a ricamo declinò, in Italia, nel periodo neoclassico; ebbe una ripresa negli anni Trenta del secolo perdurando per tutto il periodo risorgimentale. I materiali impiegati per i ricami sono fili d'oro e d'argento, oppure di lana, lino e seta, di vario colore. Talvolta perle, coralli, lustrini arricchiscono questo raro e lussuoso tipo di decorazione. La base è in velluto, in satin, in taffetà o in seta. Ben difficilmente le legature in seta si conservano in perfette condizioni, poiché la seta tende a sfilacciarsi sul labbro e a staccarsi dalla coperta, lasciando scoperti i supporti di cartone. Poiché il ricamo doveva essere posto a piatto sulla legatura, la sua base di appoggio non doveva presentare alcuna irregolarità: il dorso delle legature ricamate, perciò, è sempre liscio, senza nervature. La decorazione fa spesso riferimento al possessore od al testo del libro, e riprende in genere lo stile dell'epoca. I segni di possesso - armi o monogrammi - ornano prevalentemente libri non devozionali. Datare con precisione queste legature non è facile: gli aspetti tecnici della legatura e del ricamo danno ben poche indicazioni cronologiche e topografiche. L'identificazione degli esecutori è ancor più difficile: si può solo affermare che questi lavori erano in genere realizzati nell'ambito di comunità religiose femminili.
  38. Cfr. la nota 6.
  39. Statuta Vallis Brembanae Superioris, 1468, ms. cartaceo sec. XV-XVIII, Sala I D 8 8. Anche il volume riprodotto in GUMUCHIAN LIBRAIRE 1929, tav. LXIII, n. 153, p. 76, evidenzia analoghe caratteristiche.
  40. 1) AB 110; 2) AB 126; 3) Comune di Bergamo- Consigli-Azioni: 1686-1691(75); 4) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 19, 1659-1662; 5) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 21-1666-1671; 6) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 23-1673-1676; 7) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 24-1676-1679; 8) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 25-1679-1685; 9) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 26-1680-1683; 10) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 27-1683-1690; 11) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti ed Testamenti: 28-1690-1694; 12) Consorzio dei Carcerati: Maestro I° F 1679-1688; 13) Consorzio dei Carcerati: Maestro II° F 1679-1688; 14) Consorzio dei Carcerati: Maestro II° G 1688-1705; 15) Consorzio della Misericordia maggiore- MIA: 1179; 16) MIA 1227; 17) Libro Maestro E, Registro Bonduri, 1715-1743, MIA; 18) Mendicanti Maestro: I° B 1669-1696; 19) Mendicanti Maestro: II° B 1669-1696; 20) Mendicanti Maestro: I° C 1697-1701; 21) Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LGF 1688-1712; 22) Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LMF 1688 1712; 23) Sala Prima D 8 8; 24) Sala Prima D 11 10.
  41. 1) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti e Testamenti: 24, 1676-1679; 2) Comune di Bergamo-Registri de Instrumenti e Testamenti: 26, 1680-1683; 3) Consorzio dei Carcerati, Maestro II° G 1688-1705; 4) Libro Maestro "E" della Mia, Registro Bonduri, 1715-17434; 5) Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LGF 1688-1712; 6) Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LMF 1688 1712; 7) Sala Prima D 11 10.
  42. RUYSSCHAERT 1992, p. 7. «Questa Bibbia sacra hebraica della Libreria Vaticana fu ligata in questa forma da Gregorio e Giovanni Andreoli fratelli genovesi li XII novembre in Roma MDCLXXVII”, Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 43.f.1.
  43. Cfr. la nota 40.
  44. 1) Comune di Bergamo- Collegio della Milizia: 1701-1797, sottosezione 1, 3; 2) Comune di Bergamo- Collegio della Milizia: 1687-1737 sottosezione 5, Spese, 13; 3) Comune di Bergamo- Consiglio comunale- azioni: 1692-1697(76); 4) Comune di Bergamo- Consiglio comunale- azioni: 1697-1702(77); 5) Comune di Bergamo- Consiglio comunale- azioni: 1703-1709(78); 6) Comune di Bergamo 1428-1809-Deputazioni e collegi ordinari-Deputati e collegio delle affittanze e agli incanti - azioni: 1696-1729-unità 1.2.8.1.2.-2; 7) Registri de Instrumenti e Testamenti: 29-1694-1699; 8) Registri de Instrumenti e Testamenti: 30-1699-1704; 9) Registri de Instrumenti e Testamenti: 31-1704-1708; 10) Registri de Instrumenti e Testamenti: 32-1708-1713; 11) Registri de Instrumenti e Testamenti: 33- 1713-1719; 12) Repertori: 1697 e ss, unità 1.2.8.9.6.-7; 13) Stride serie 19: 1682-1703, 4; 14) Consorzio dei Carcerati: Maestro I° E 1673-1679; 15) Consorzio dei Carcerati: Maestro I° G 1688-1705; 16) Consorzio dei Carcerati: Maestro I° H 1705-1726; 17) Consorzio dei Carcerati: Maestro II° H 1705-1726; 18) Consorzio dei Carcerati: Maestro II° E 1673-1679; 19) Consorzio della Misericordia Maggiore- MIA 1178; 20) Consorzio della Misericordia Maggiore- MIA 1226; 21) Mendicanti, Maestro II° D 1701-1766; 22) Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LGG 1712 1732; 23) Ospedale di Santa Maria Maddalena: MAD LMG 1712 1731.
  45. MACCHI 1998, fig. 6, p. 72.
  46. 1) AB 280; 2) Cinq. 7 109; 3) Collegio alle liti: 1787-1796; 4) Comune di Bergamo 1428-1809-Deputazioni e collegi ordinari-Deputati e collegio delle affittanze e agli incanti 1434-azioni: 1729-1780-unità 1.2.8.1.2.-3; 5) Consorzio dei Carcerati: Maestro I° L 1792-1801; 6) Consorzio dei Carcerati: Maestro II° L 1792-1801; 7) Consorzio della Misericordia Maggiore-MIA 118; 8) MIA 1183; 9) MIA 1234; 10) Estimo XXII; 11) Estimo XXIV; 12) Inc. 4 298; 13) Inc. 4 299; 14) MA 640; 15) MMB 574; 16) Registro del tesoriere del collegio delle Acque: 1777-1800, unità 1.2.8.9.7-18; 17) Stride serie 19: 1775-1782, 7.
  47. Ad esempio le segnature 1) AB 110; 2) Sala I D 8 8; 3) Sala Prima D 11 10 e 4) GUMUCHIAN LIBRAIRE 1929, tav. LXIII, n. 153, p. 76.
  48. VIANINI TOLOMEI 1991, tavola IV, terza serie, quarto ferro.
  49. DE MARINIS 1960, III, p. 61.



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