Il periodo delle guerre tra Venezia e Milano
fino alla pace di Lodi (1430-1454)
La politica veneziana di moderazione e concessioni a favore del territorio e di opposizione alle pretese del capoluogo non riesce tuttavia a garantire il completo controllo del distretto, che continua ad ospitare sacche di resistenza contro Venezia ed a favore del duca Filippo Maria Visconti. Questo accade, per esempio, a Lovere che è da sempre ghibellina, nelle valli Brembilla ed Imagna, ed in genere su tutto il confine occidentale dello stato veneto. Identificato correttamente come il luogo di minor resistenza dell'intero territorio, verso di esso la Repubblica moltiplica le concessioni nel tentativo di ingraziarselo.
Un privilegio alla valle di san Martino del 12 luglio 1431 [BCBG, Sala I D 8 15, 55r] presenta alcuni interessanti aspetti istituzionali, là dove ribadisce il suo stato di valle esente e vi annette il territorio di Villa d'Adda. Venezia concede che la valle abbia un vicario addottorato ed esperto in legge, con giudicatura in civile fino a L. 200 ed in criminale fino a L. 50 e competenza sui comuni di Almenno, Palazzago, Gromfaleggio, Pontida e Valmora con Canto, come sotto i precedenti domini visconteo e malatestiano. Vengono esclusi da questa carica persone di Bergamo, Lecco, Como, val Taleggio e Valsassina. Quasi contemporaneamente, il 10 luglio 1431 [BCBG, AB 389, 84] anche Averara e la valle dell'Olmo vengono accolte infatti sotto il dominio della Serenissima, che le esenta da oneri, taglie e gravami, salvo un piccolo censo che esse usavano pagare all'Arcivescovo di Milano, e concede certe facilitazioni sui dazi.
Dopo la destituzione e l'esecuzione del Carambola, le vittorie dell'esercito milanese del Piccinino ed i tentativi di penetrazione dei viscontei da nord attraverso le valli Tellina e Camonica, tentativi rintuzzati da Venezia, le concessioni abbondantemente concesse a persone e famiglie camuse, del Sebino e di altre valli prima ed in occasione della pace di Ferrara del 1433 non modificano l'assetto istituzionale del territorio, ma semplicemente premiano i fedelissimi che avevano aiutato il ritorno della Repubblica. In occasione della pace di Ferrara vi è invece un tentativo di riordinamento del territorio, soprattutto nella sua parte occidentale.
Il 22 maggio 1434 alcune valli (le Seriane, le Brembane e Gandino) ottengono privilegi [BALDI, Sommario Grande, 170; STATUTA..., 80v; CALVI, II, 109] nei quali, accanto a materie di carattere daziario, si regolano alcuni principi di interesse generale: a. che i vicari inviati siano esperti e graditi ai loro sudditi; b. che abbiano età superiore a 25 anni; c. che osservino una contumacia di almeno due anni. A questi vicari - e non all'Ufficio del Maleficio di Bergamo - vengono anche delegati i poteri di ispezione dei deceduti per morte violenta; di istituire i relativi processi per stabilire se si tratti di morti accidentali o di delitti; e di decidere in materia di riparazione di strade e ponti, come fino allora faceva l'Ufficio delle Strade e delle Vettovaglie. Ed in una ducale esplicativa di queste disposizioni del 18 giugno 1434 [STATUTA..., 104r] si stabilisce, tra l'altro, che i luoghi del territorio che hanno vicari inviati da Venezia debbano tenere questi
giusdicenti, mentre in altri luoghi si possano inviare cittadini bergamaschi, purché idonei. Nel tentativo di introdurre nuove regole per il buon funzionamento dell'amministrazione dell'intero territorio, Venezia stabilisce anche che i vicari debbano inviare al camerlengo di Bergamo notizia delle condanne pronunciate e che essi non possano lasciare i loro uffici senza il consenso dei rettori [Az. 96, 92r].
Nel corso della terza guerra tra Venezia e Milano il conte Trussardo Calepio, in ricompensa del valido aiuto prestato contro il Piccinino ottiene in feudo la valle Calepio [Az. 96, 93v; CALVI, I, 114 e III, 193] con ogni autorità e giurisdizione, salvo i casi criminali, che vengono riservati al podestà bergamasco. Questa disposizione lascia nelle mani della famiglia Calepio la gestione amministrativa e la giurisdizione civile dell'intera valle, le cui vicende trovano poi in seguito scarsa attenzione nella documentazione rimasta.
Tra il 1437 ed il 1438 Bergamo subisce un lungo assedio e l'intero territorio cade sotto il controllo dei milanesi. Non si contano in questo periodo le concessioni che le parti in lotta vanno facendo ai vari luoghi, nel tentativo di favorire la penetrazione delle rispettive truppe. La città subisce gravi danni di natura economica e militare e molte zone del distretto, in particolare Lovere, Gandino e Scalve, anche per ragioni di carattere militare vengono assegnate a vicari non bergamaschi nominati direttamente da Venezia. La capitale tende anche a non osservare periodi fissi di servizio e contumacia dei giusdicenti assegnati, pur continuando a promettere a Bergamo che alla fine queste situazioni di emergenza saranno sanate e si ritornerà alla normalità [vedi in particolare il documento 17 aprile 1438 in ASVE, Senato Misti 60, 72r; anche BALDI, MMB 150, 109]. Ma la situazione sul piano militare va ulteriormente peggiorando a partire dall'estate 1438 e fino alla primavera del 1439, quando
il distretto appare totalmente in balìa dei milanesi e della fazione ghibellina, che si mostra specialmente forte a Lovere, val Cavallina, Trescore e Brembilla.
Dall'estate del 1439, soprattutto per una evoluzione delle alleanze, la situazione sul campo comincia a volgere in favore di Venezia, ma bisognerà attendere fino alla sconfitta milanese di Soncino del 14 giugno 1440 perché l'esercito veneto avanzi fino alla linea dell'Adda ed occupi la Ghiara nella pianura. La riacquisizione delle valli è più lenta e soltanto verso la fine del 1440 il Colleoni riesce a liberare la valle di san Martino.
Nell'agosto-settembre 1440 vi sono intense trattative tra Bergamo e Venezia, perché la città chiede di poter esercitare un più stretto controllo sul territorio nelle materie giurisdizionali, oltreché in quelle economiche e fiscali, mentre Venezia tergiversa, dimostrando comprensione per le istanze della periferia. L'intesa viene raggiunta e ratificata nel privilegio a Bergamo del 24 settembre 1440 [Registro Ducali A, 9r; CALVI, III, 101]. In esso si concede, tra l'altro, che i reggenti degli uffici di vicariato e le giurisdizioni del distretto vengano attribuiti dai rettori (ma non dal Consiglio della città, come Bergamo avrebbe desiderato) e che le cause di appello e nullità contro le sentenze pronunciate dai giusdicenti di fuori siano trattate alla stessa stregua di quelle emesse dai giusdicenti della città. Ma nel novembre Lovere e Martinengo ricusano i podestà inviati da Bergamo, nel tentativo di prolungare la loro indipendenza dalla città che vigeva al tempo della guerra.
Raggiunti l'accordo con la città, nel clima di amnistia generale per il ritorno della bergamasca alla Repubblica, sono da inquadrare molti privilegi al territorio, che riguardano condoni di delitti commessi al tempo delle ostilità, esenzioni di dazi, condoni di limitazioni e tasse pregresse. La data precisa di alcuni di questi è talora difficile da controllare, trattandosi di capitoli concessi in origine dal governo militare e successivamente ratificati da quello civile. La lista di questi documenti appare così numerosa, che Venezia stessa sembra avere a questo punto la sensazione che la materia dei cosiddetti privilegi vada assumendo proporzioni abnormi ed avverta la necessità di porre un freno al dilagare di questi documenti e del contenzioso ad essi connesso. Con atti del 11 luglio 1440 [BCBG, Reg. estimi, 99r] e 27 giugno 1441 [BALDI, Sommario Grande, 178] il Consiglio dei Dieci ed il Senato deliberano che ogni modifica di privilegi concessi sia di competenza dello stesso Consiglio e
votata a maggioranza di tre quarti; inoltre di Avogadori di comun dovranno esercitare il loro mandato soltanto all'interno della struttura di responsabilità dello stato e non potranno procedere contro le deliberazioni dei Consigli, se non in accordo con gli stessi.
A partire dal febbraio 1441 il Piccinino dà inizio ad una nuova campagna militare, in occasione della quale vi sono altri tentativi di sollevazione del territorio contro la città di Bergamo: tra questi si distingue Lovere, che tenta di ottenere dai milanesi un'espansione della sua giurisdizione territoriale e la nomina di un podestà non bergamasco [SILINI, 1988, nota 7]. La campagna si chiude con la pace di Cremona (20 novembre 1441) a seguito della quale vi sono nuovi tentativi del governo veneto di normalizzare l'amministrazione del territorio e di portare qualche sollievo alle comunità provate dai gravi danni materiali della guerra: in quest'ottica vi sono privilegi per tutti. Esaminando il contenuto di questi atti si nota che, pur trattandosi prevalentemente di documenti a sfondo economico e fiscale, non mancano alcune disposizioni di natura territoriale ed istituzionale con le quali la Repubblica modifica, anche se non drasticamente, alcuni assetti, specialmente nella podestaria di Lovere ed
il vicariato di Almenno.
Il privilegio alla città del 7 marzo 1443 [Registro Ducali A, 10r] presenta alcuni capitoli di interesse per i rapporti con la periferia ed in particolare per le valli di Scalve e Seriana superiore. La prima rivendicava una sua giurisdizione criminale, mentre Bergamo voleva riservare per sé le pene di sangue: Venezia decide che venga confermato al capoluogo il diritto di eleggere il podestà di valle, che ad esso venga accresciuto il salario e che abbia giurisdizione sia in civile che in criminale. Quanto a Clusone, che per il passato aveva sempre avuto podestà di nomina veneziana, si decide che la nomina debba essere invece riservata a Bergamo per il futuro. Ma di fronte alla ricusazione di un podestà che la città si era affrettata ad inviare, si apre un contenzioso con Bergamo, che Venezia risolve il 21 agosto 1443 con un compromesso [BCBG, MMB 515 (7), 6v]. In base ad esso, alla fine di ogni anno i valligiani presenteranno al podestà bergamasco una lista di cittadini di loro gradimento,
tra i quali egli sceglierà il podestà della valle. Questo accordo regolerà per alcuni decenni a seguire l'elezione del giusdicente di Clusone.
Nel 1446 inizia l'ultima guerra tra Venezia e Milano per il possesso della Lombardia e vi sono sul territorio bergamasco rapide variazioni di dominio in relazione con il passaggio alternato delle diverse zone, specialmente nella pianura, sotto i due contendenti. In un privilegio del 16 febbraio 1447 [Registro Ducali A, 13v] Bergamo riesce ad ottenere per sé ed i suoi cittadini i vicariati della Ghiara, a condizione che le nomine siano sottoposte ad insindacabile giudizio di Venezia e che nel mandare giusdicenti a quegli uffici Bergamo agisca con prudenza e vi deputi persone giuste e capaci, ad evitare contestazioni. Questo documento contiene anche disposizioni relative a tutti gli altri uffici di fuori, per i quali viene stabilito un periodo di contumacia di due anni e ribadito l'obbligo di residenza dei giusdicenti.
Come si è osservato, vi era stato, subito dopo la conquista del territorio, un periodo durante il quale i più importanti uffici periferici erano assegnati dal governo centrale. A questo punto, invece, il potere di nomina viene lasciato interamente nelle mani dei rettori di Bergamo, anche se pare probabile che essi, come persone estranee, non potessero agire se non dietro consultazioni informali a livello locale. Già dal 1434 - e poi con una certa maggior frequenza fino al 1467 - il volume 96 del Libro delle Azioni inizia a menzionare l'elezione o "designatio" dei vicari del territorio. Si tratta di informazioni derivate e regestate dalla collezione del Registro delle Ducali della cancelleria pretoria, volumi A-D, ora verosimilmente scomparsa. Spesso il Libro riporta la semplice menzione dell'avvenuta elezione; a volte vengono invece trascritti i nomi degli eletti, nel qual caso la ricostruzione delle cronologie alle diverse cariche viene ovviamente facilitata. A partire dall'agosto 1447 compaiono anche
con una certa sistematicità nel Registro delle ducali le liste di nomina dei giusdicenti del territorio, che prima si trovano invece menzionati in forma poco organica nei documenti più diversi. Le Tavole cronologiche mostrano che in questa fase le informazioni sono piuttosto complete. Il periodo di nomina è di solito un anno, ma talvolta soltanto sei mesi ed altre volte fino a 18 mesi. Le date d'inizio delle cariche sono le più varie, anche in rapporto con l'evoluzione delle operazioni militari.
Oltre ai vicariati della Ghiara e di talune zone di pianura di recente conquista, in questa fase i vicariati che compaiono sono: val Seriana superiore, il cui giusdicente appare scelto, almeno in un primo tempo, dal podestà di Bergamo tra una rosa di candidati graditi alla valle; val Seriana inferiore ed Urgnano con Cologno, ambedue con titolo di vicario; valle di san Martino, con titolo di vicario e commissario; Lovere, con titolo di podestà; val Brembana inferiore ed Almenno inferiore, ambedue con titolo di vicario; Martinengo e Romano, ambedue con titolo di podestà; val Brembana superiore, val Gandino e val Brembana Oltre la Gocchia, tutte e tre le sedi con titolo di vicario; valle dell'Olmo ed Averara, il cui vicario viene eletto dagli abitanti e confermato dal podestà bergamasco; infine, valle di Scalve, con titolo di podestà.
Tra il luglio ed il settembre 1448 Francesco Sforza riconquista a Milano tutta la pianura bergamasca e bresciana: molti paesi della riva bergamasca del Sebino (Tavernola, Cambianica, Vigolo, Volpino e Costa di Corti, Solto, Riva, Castro) ottengono privilegi dalla parte milanese. Lovere, in particolare, sollecita ed ottiene sia dallo Sforza (2 ottobre 1448) [ASMI, Reg. Duc. 23, 339] che dalla Repubblica Ambrosiana (16 ottobre 1448) [ASMI, Reg. Duc. 23, 340] concessioni di estensione della sua giurisdizione territoriale e di indipendenza da Bergamo tali da garantire - qualora fossero state poste in essere, ma non lo furono mai - un forte grado di autonomia dal capoluogo. Al fine di abbattere la Repubblica Ambrosiana e di impadronirsi di Milano, proprio in quei giorni lo Sforza scende a patti con la Serenissima e conclude con essa il trattato di Rivoltella del 18 ottobre 1448, ricevendone in cambio il riconoscimento di quanto era appartenuto a Filippo Maria Visconti.
Il privilegio per Bergamo del 9 dicembre 1448 (il documento originale è del 4 ottobre [ASVE, Senato Terra 2, 94v]), oltre che consistenti agevolazioni daziarie, contiene concessioni amministrative e giurisdizionali per la città. Innanzitutto, essa vede riconosciuta la riunione della valle di san Martino, che era in precedenza considerata separata. Bergamo chiede che i giusdicenti di fuori non possano giudicare in civile oltre le L. 25, ed in criminale oltre le L. 5 e solo nei casi senza effusione di sangue: ma Venezia uniforma a L. 100 la competenza di quegli uffici che l'avevano superiore, abbassa a L. 50 le competenze di coloro che erano a L. 100 e limita i poteri dei giusdicenti con mero e misto imperio a L. 100; in criminale, le competenze vengono fissate per tutti a L. 50, escludendo le pene di sangue. Conferma poi Venezia il diritto dei rettori a nominare i giusdicenti soltanto tra i cittadini fedeli che non avevano abbandonato Bergamo alla riconquista viscontea del territorio nel 1439. Ed,
infine, aumenta dell'ordine di un quarto i compensi dei giusdicenti.
Numerose in questa occasione le concessioni ai territori di pianura in confine con il bresciano e a quelli di nuova acquisizione sul confine milanese; ma i valligiani, che si erano recati a Venezia numerosi ed insistenti per impetrare concessioni invise alla città, vengono licenziati "cum bonis verbis" e con la giustificazione che la Repubblica altro non poteva che rispettare i privilegi già concessi a Bergamo [9 giugno 1449; ASVE, Senato Terra 2, 111r]. Ai quali privilegi altri ne vengono aggiunti il 26 ottobre 1449 [ASVE, Senato Terra 2, 132r] riguardanti soprattutto le valli dell'Olmo, Taleggio ed Averara, la Ghiara d'Adda, Lovere e le terre ad essa aggregate. Ma ad ulteriori reiterate richieste da parte di Bergamo per temperare le competenze di talune giurisdizioni di fuori la risposta di Venezia è negativa [17 agosto 1450; BALDI, Sommario Grande, 213].
Con la caduta della Repubblica Ambrosiana e l'avvento dello Sforza (febbraio 1450) i problemi che Venezia deve affrontare nelle sue relazioni con il ducato di Milano non sono sostanzialmente diversi rispetto al passato e si concretano nella necessità di rafforzare militarmente il fianco occidentale del territorio. A questo fine continua la serie delle concessioni alla valle di san Martino e vicinanze, come quella del 18 settembre 1450 [BCBG, AB 127, 62v; CALVI, III, 77]. Il 18 dicembre dello stesso anno Bergamo presenta capitoli a Venezia nel tentativo di sottrarre ai rettori residenti il diritto di nomina dei giusdicenti di fuori. Adducendo che i rettori non serbano la necessaria imparzialità nell'attribuzione di questi incarichi, la città propone che i nomi dei candidati ai vari uffici siano posti in un'urna ("imbussolati") ed estratti a sorte. Ma Venezia resiste, imponendo di conservare le consuetudini in vigore [ASVE, Senato Terra 2, 164v]. Non pare tuttavia senza significato che le
procedure di nomina agli uffici di fuori che compaiono al Registro delle Ducali tra il 31 ottobre 1450 ed il 12 aprile successivo (cioè in corrispondenza delle richieste di Bergamo) contengano piccole deviazioni dalla procedura precedente, come l'omissione di certi vicariati, una dispersione delle date d'inizio dei mandati, la durata variabile degli stessi. In questa fase e per tutto il 1451-1452 Bergamo continua ancora ad inviare suoi cittadini ai vicariati già milanesi di Brignano, Vailate. Aquate e Rota, val Sassina e Romano. Val Seriana superiore continua ad avere un podestà scelto fra candidati propri.
Per tutto il 1452 gli eventi bellici sono inconcludenti, ma verso la metà del 1453 si va affermando una supremazia milanese, in corrispondenza della quale diverse comunità del Sebino bresciano e bergamasco si affrettano ad aprirsi una via d'uscita verso lo Sforza. Mediante l'opera del suo generale Bartolomeo Colleoni il duca milanese riesce ad acquisire l'intera pianura bresciana e bergamasca, le valli Trescore e Calepio, il Sebino, Valcamonica, Gandino, Albino. E nella sua vittoriosa marcia attraverso i territori il Colleoni largisce abbondanti privilegi, le cui date scandiscono temporalmente le tappe dell'avanzata. Il generale milanese avrebbe potuto facilmente acquisire Bergamo nell'aprile 1454, ma inaspettatamente si ferma ai borghi: in realtà dal mese precedente egli era già segretamente passato a Venezia in qualità di comandante supremo delle truppe. Le trattative per una pace che il papa aveva già favorito fino dal giugno 1453 riprendono allora più vigorose ed si concludono il 9 aprile 1454 con la
pace di Lodi. Secondo i patti sottoscritti, l'Adda ed il fosso bergamasco segneranno da quel momento il confine veneto verso il milanese; Brescia, Bergamo, Crema ed i relativi territori ritornano alla Serenissima, che perde tuttavia Valsassina, Lecco, Caravaggio, Treviglio, la Ghiara, Pandino, Agnadello, Mozzanica ed il territorio cremonese. Successivamente Venezia attribuirà in feudo al Colleoni Martinengo, Cologno ed Urgnano.
Il privilegio veneto alla città del 23 giugno 1454 [Registro Ducali A, 29v] sanziona sul piano dei rapporti tra Venezia e Bergamo le intese raggiunte con la pace di Lodi. Bergamo ottiene il diritto di inviare un suo cittadino come commissario di Caprino e viene separata a certe condizioni da Martinengo. Il documento contiene anche una innovazione delle procedure di nomina dei giusdicenti di fuori, che ne modifica il bilanciamento, nel senso che i rettori dovranno designare dieci probiviri con i quali consultarsi circa le persone da proporre ai diversi uffici. I rettori dovranno conservare in un'urna i nomi dei candidati, estraendoli a sorte in presenza dei probiviri, a mano a mano che si creerà la necessità di nuovi giusdicenti, e non potranno imbussolare altri nomi prima che siano esauriti quelli già nell'urna. I rettori cureranno anche che i probiviri mancanti siano rinnovati e che i loro cancellieri scrivano le lettere di incarico per i giusdicenti estratti. La nuova procedura rappresenta un
ulteriore piccolo passo verso lo svincolo delle nomine dal controllo del governo, il quale si configura sempre di più come il garante di una funzione sostanzialmente devoluta alla città. Essa viene inaugurata il 19 aprile 1455, come il Registro delle Ducali menziona [Registro Ducali A, 32v].
Si omettono per brevità i privilegi richiesti dalle diverse comunità del bergamasco dopo la pace di Lodi, che sono prevalentemente di indole daziaria, fiscale o finanziaria, cui Venezia tenta ripetutamente di porre un freno. Sul piano territoriale, vengono sistemati i confini tra Venezia e Milano nelle valli Torta, Taleggio ed Averara, che erano sempre stati oggetto di dispute; sul piano giurisdizionale, viene sottratta al podestà di Scalve la facoltà di giudicare per pene di sangue.