INTRODUZIONE
Nel corso di una lunga ricerca sui rapporti tra la città ed il territorio di Bergamo si sono raccolte numerose informazioni sui podestà, vicari e commissari che durante il periodo della dominazione veneta si succedettero alle diverse sedi territoriali alle quali il capoluogo inviava di anno in anno suoi cittadini come giusdicenti. Per dare una qualche conclusione ad una cospicua parte del materiale raccolto, originariamente destinato a formare un'appendice della ricerca principale, si è pensato di raccogliere e pubblicare in cronologie o cronotassi separate i giusdicenti dei vari uffici del territorio.
Soltanto in pochi casi (Lovere, valle di Scalve, val Seriana superiore) esistono studi specifici sugli uffici di podestaria, all'interno dei quali sono comparse simili compilazioni, e per questi uffici le informazioni sono comprensibilmente più complete ed accurate. In altri casi invece i dati risultano meno precisi o addirittura mancanti. Valutando comparativamente, da una parte, le argomentazioni a favore della pubblicazione di un materiale parzialmente incompleto, ma sicuramente utile e come fonte di riferimento e come stimolo ad altre ricerche; e, dall'altra parte, la desiderabilità di prolungare ancora un'indagine che forse completa non sarebbe stata mai; l'autore di queste note ha deciso per la pubblicazione in internet del materiale fino ad ora raccolto. Con questo egli si assume la responsabilità delle omissioni e si augura che, come sempre accade nel campo della ricerca, altri possa supplire in futuro alle sue carenze. Questo potrà essere fatto mediante la consultazione sistematica della
documentazione pubblica e privata prodotta a livello locale, un compito che evidentemente travalica le forze di un singolo ricercatore, per quanto dedicato.
L'interesse del materiale è innanzitutto nell'ambito della storia istituzionale, in quanto permette di conoscere, per ogni determinata sede giurisdizionale, chi e quando occupò la carica, arricchendo così il bagaglio delle conoscenze di base relative ad ogni ufficio territoriale. Vi è poi un interesse più vasto, perché dall'analisi della successione dei giusdicenti, delle procedure di nomina, delle condizioni nelle quali i mandati furono conferiti ed esercitati, si possono indagare le dinamiche dell'interazione tra città e territorio in queste specifiche materie e verificare di tempo in tempo i motivi dei contrasti o i termini degli accordi. Infine, poiché gli uffici "di fuori" - così erano chiamate le giurisdizioni territoriali - venivano attribuiti a turno a cittadini di Bergamo appartenenti di solito alle famiglie nobili o maggiorenti, gli appassionati di araldica e di storie familiari potranno stabilire quali membri di quali famiglie furono inviati ai diversi uffici, e quando, mediante una ricerca
elettronica dei diversi file.
Scorrendo il materiale documentario, il lettore noterà che per alcune zone del territorio le informazioni mancano del tutto. Questo accade, per esempio per le podestarie di Martinengo e Romano, dove i giusdicenti erano di solito di nomina veneziana; per la valle Calepio, che fu attribuita in feudo alla famiglia omonima e che quindi veniva amministrata, almeno nel diritto civile, indipendentemente dalla città; per i territori di Averara e Taleggio, dove i giusdicenti, per antica tradizione che Venezia volle conservare, erano di nomina locale. La val Seriana superiore, invece, i cui podestà, almeno per alcuni decenni furono nominati dai rettori bergamaschi e successivamente da Venezia, è stata inclusa, ma separatamente dalle dieci sedi tradizionali nelle quali sedevano cittadini eletti dal Consiglio di Bergamo.
Le cronologie che formano la gran parte del presente contributo avrebbero scarso senso se non fossero precedute da alcuni cenni introduttivi per ricordare secondo quali criteri le nomine avvenivano e come questi criteri variarono nel corso del tempo. Queste informazioni sono anche utili a porre in prospettiva le fasi alterne e spesso conflittuali dei rapporti tra Bergamo ed il distretto. Talvolta i conflitti si producevano per differenze tra il capoluogo e le diverse comunità periferiche, soprattutto quelle ai confini, su specifiche questioni istituzionali o giurisdizionali. Altre volte le liti tra centro e periferia su materie politiche, oppure fiscali, daziarie, economiche, si riflettevano anche - ma più come pretesti che come ragioni vere del contendere - in difficoltà di carattere istituzionale. Ma soprattutto vi era al fondo una rivalità tra città e territorio, per cui Bergamo non cessò mai di affermare il predominio sul distretto, mentre quest'ultimo sempre rivendicò la sua indipendenza dalla città.
Questo appare essere il motivo conduttore, a volte sotterraneo a volte palese, di una vicenda secolare; questa la vera chiave di interpretazione per comprendere e le ragioni dei contrasti e le motivazioni dei compromessi che talvolta le parti dovevano accettare. Ma, a temperare le contese, vi era sempre la funzione equilibratrice di Venezia, che si vorrebbe definire ammirevole, se non fosse per il sospetto che si trattasse più spesso di una applicazione sistematica del principio "divide et impera", piuttosto che di una lungimirante opera di mediazione tra le componenti del territorio.