Gli architetti Sandro Angelini (23/3/1915 - 30/8/2001)
e Nestorio Sacchi (3/7/1917 - 23/2/2002)
per le celebrazioni quarenghiane nel 1967
Testo della conferenza tenuta dall'architetto Vanni Zanella nel Salone Furietti sabato 15 giugno 2002
Resterà per me indimenticabile il periodo trascorso con Sacchi a esaminare i disegni di Giacomo Quarenghi, su un grande tavolo nello studio di Sandro Angelini. Era l'inverno del 1967 e c'era in programma una mostra celebrativa dedicata al grande architetto bergamasco nel 150° anniversario della morte.
Angelini aveva ottenuto dal direttore della Biblioteca Civica, che allora era don Chiodi, il permesso di tenere nel suo studio le cartelle con dentro, sciolti e non rilegati come sono ora, i disegni di Quarenghi e chiese a Sacchi e a me di analizzarli, misurarli e proporre una loro scelta per la mostra. Ci lavorammo la sera dopo cena per più di un mese, credo; era un impegno nuovo e interessante. Angelini, impegnato altrove, per tutto il tempo non si fece vedere. Quando pensavamo d'avere quasi finito, ricomparve e con poche battute scompaginò tutta l'opera; disse che i disegni andavano ordinati per tipologie: chiese, teatri, palazzi di città, palazzi di campagna, ecc. Convenimmo che aveva ragione e terminammo secondo i nuovi criteri la sistemazione delle tavole.
Per preparare la mostra, Angelini nel 1966 era stato a Leningrado per fotografare le fabbriche di Quarenghi e, come poi scrisse, "per incontrarsi con storici russi". Nell'esplorazione aveva avuto come guida un qualificato conoscitore locale, il prof. Vladimir Piljavskij, col quale poi facemmo amicizia. Lo svelto fotografo, inviato dalla Provincia di Bergamo, era Fausto Asperti. Il frutto di questa trasferta, che si rivelò preziosa, servì per integrare bene il materiale per la mostra e venne poi ordinato in cinque grossi album, depositati in uno scaffale della Biblioteca Civica. Il 1° marzo partimmo tutti per Leningrado, dove atterrammo all'aeroporto di Pulkovo, ancora sotto la neve. Due secoli prima, Quarenghi era arrivato qui con la moglie, dopo aver attraversato l'Europa in carrozza.
Sacchi ed io, con una comitiva abbastanza numerosa di bergamaschi, fummo sistemati nell'hotel Europa, vicino alla Prospettiva Nevskij. Angelini, con suo disappunto, venne ospitato in un altro albergo, con i componenti della "delegazia" ufficiale.
Il giorno seguente ci trovammo riuniti nella gradinata del bel teatro dell'Ermitage. Sotto i riflettori della televisione, Sandro Angelini andò al microfono e disse: "Ho il piacere e l'onore di portare alle Autorità qui convenute il saluto degli storici d'architettura italiani e di quell'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo che ebbe il Quarenghi suo socio onorario. Fervido è il nostro compiacimento per la così degna esposizione dei disegni dell'architetto Quarenghi raccolti dalle collezioni dell'Ermitage e degli altri musei sovietici. Mai prima d'ora si aveva avuto l'occasione di ammirare e verificare l'opera del grande architetto; a questo compiacimento si aggiunge il nostro apprezzamento per i restauri condotti con tanto rigore scientifico e gusto estetico in questa occasione e prima, alle opere edificate in Leningrado e a Puskin, nel piano generale di recupero dei monumenti che fanno eccezionalmente belle le due città.
E' questa la prima grande occasione per un maggiore approfondimento della conoscenza dell'opera dell'architetto bergamasco, che ebbe tanta gloria in vita e un così lungo silenzio dopo".
Poi tutti andammo nella splendida sala di S. Giorgio, dov'era allestita la mostra. In essa apparivano solo disegni di raccolte russe e alcuni prestati dal Museo nazionale di Stoccolma.
Ho riletto gli "appunti di viaggio" scritti da Sacchi ("La Rivista di Bergamo", marzo 1967), che racconta: "C'era stato poi un concerto con musica settecentesca per clavicembalo ed un simpatico coro di ragazzi". Sacchi notò che "sul fondo del salone spiccava un gigantesco ritratto di Quarenghi", ma fu particolarmente sorpreso vedendo che "gli operatori della televisione russa intervistavano la pittrice Maria Clara Quarenghi e suo cugino Giovanni", considerati discendenti dell'architetto; specialmente il cugino "si trovò assediato dai cacciatori di autografi, che gli chiedevano la dedica sul catalogo della mostra.
Non potevo non porre attenzione a queste curiose manifestazioni dei cittadini di Leningrado, dove si mescolava l'interesse per la cultura italiana, la curiosità per quei concittadini dell'architetto che aveva ornato la loro città di monumenti insigni, il desiderio di allacciare rapporti culturali, la smania di conservare un ricordo...
Il giorno successivo, 3 marzo, in un mattino freddo e nevoso, la delegazione bergamasca era al cimitero del Monastero Aleksandr Nevskij, dove la salma di Quarenghi, esumata dal vecchio cimitero abbandonato di Volkovo, era stata deposta accanto alle tombe dell'architetto italiano Carlo Rossi, dell'architetto Voronichin, di altri artisti e personalità. In un'atmosfera allucinata, nel grigio delle vecchie tombe ammassate tra loro, coperte di neve e un po' sconnesse, vennero deposti i garofani con i colori di Bergamo ed i rami di alloro delle nostre colline sulla nuova lastra tombale.
Al pomeriggio, mentre si svolgeva un seminario di studi su Quarenghi, stavo percorrendo la grande città, a riconoscere gli edifici fondamentali dell'architetto, e pensavo alla singolare vicenda di quest'uomo delle nostre valli, sepolto tanto lontano dalla sua patria, nel vecchio cimitero del Monastero Nevski".
Dopo l'avventura di Leningrado, tornati a Bergamo, ci dedicammo a organizzare le celebrazioni italiane. Il 25 aprile arrivò la delegazione russa, di cui faceva parte Piljavskij, un ometto emotivo e un po' turbato dalle circostanze, il quale, nell'albergo dove la delegazione venne ricevuta, terminati i convenevoli, svenne.
Anche Angelini scrisse appunti sulle "Onoranze a Giacomo Quarenghi" ("Ateneo di Scienze Lettere ed Arti di Bergamo", volume XXXIII, Bergamo 1967) ricordando che il 30 aprile, all'esterno del municipio di Rota Imagna, dove Quarenghi era nato nel 1744, venne scoperta una lapide a ricordo. La sera dello stesso giorno, nel palazzo della Ragione, fu inaugurata la mostra dei disegni quarenghiani e venne presentato il catalogo. Angelini si arrabbiò, perché in una nota firmata da Sacchi si parlava dei "Criteri di ordinamento della mostra". Angelini avrebbe voluto che tutta l'operazione apparisse come un lavoro collettivo; in realtà Sacchi non aveva affatto pensato di distinguere il proprio contributo; l'idea era stata dell'editore.
Poi gran parte della mostra di Bergamo, nella quale apparivano solo disegni provenienti da raccolte italiane, venne trasferita a Venezia, dove venne esposta alla fondazione Cini. Una scelta di disegni fu presentata anche in altre città.
In settembre Angelini era a Malta, dove a un Congresso di Storia dell'Architettura lesse una relazione su "Giacomo Quarenghi e la Cappella dei Cavalieri di Malta in Pietroburgo" (estratto dagli Atti del XV Congresso di Storia dell'Architettura, Malta, 12-16 novembre 1967).
Scrive Angelini: "La Cappella…è particolarmente interessante nell'opera di Quarenghi perché è l'unica chiesa sua oggi esistente in Russia".
Costruita nel cortile del palazzo Vorontsov, edificato nel 1765 da Rastrelli, sono note due versioni del progetto: in una la facciata sporge con un portico a quattro colonne; nell'altra, poi effettivamente eseguita tra il 1798 e il 1800, "la facciata rimane sul filo della parete esistente". Raffrontando le due soluzioni, Angelini fa alcune considerazioni illuminanti: "seguendo le dichiarazioni dello stesso Quarenghi saremmo indotti a ritenere che i soli motivi di tempo e di spesa facessero preferire il secondo progetto, ma preferiamo considerare quest'ultimo come una successiva elaborazione, un approfondimento del tema…Il secondo progetto rappresentava un inserimento più discreto con l'abbandono del violento chiaroscuro del porticato e del corpo sporgente ingombrante. Ma questa volontà si accentua ancor più nella composizione della facciata. Il discorso aulico e antico diventa veneto…Si componeva così un insieme di proporzioni acquattate, un ricordo delle chiese palladiane…".
Angelini curò poi la pubblicazione, nella stessa dimensione degli originali, dei "Cinque album di Giacomo Quarenghi nella Civica Biblioteca di Bergamo" (Monumenta Bergomensia - XXI). Don Chiodi si seccò, perché la stampa delle sole vedute acquarellate rendeva improbabili nuove iniziative che riguardassero la gran mole degli altri disegni, che infatti rimasero inediti.
Anche Sacchi pubblicò dei contributi interessanti. In un articolo parlò dei "Disegni di Giacomo Quarenghi nella raccolta della Carrara", disegni che prima erano catalogati come "opere di autore ignoto". Nel 1970 scrisse un saggio documentato su "Un progetto poco noto di Giacomo Quarenghi, il palazzo Lanskoj a Velje" ("Bergamo Arte", n 2, luglio 1970)": si tratta di un progetto per la grande tenuta regalata da Caterima II a un suo favorito; nel disegno, il viale di accesso è fiancheggiato da una serie di dodici casette. Sacchi, attento studioso di problemi urbanistici, notò la novità della soluzione, che "faceva intuire nel nostro Architetto un profondo interessamento per uno studio meditato delle modeste case degli agricoltori, accanto all'interesse per i temi di più vasta portata".
Nel 1978 Sacchi riassunse poi in uno studio ben articolato le sue considerazioni sulle "Componenti illuministiche nell'architettura di Giacomo Quarenghi" ("La Rivista di Bergamo", marzo-aprile 1978).
Nel 1984 Angelini concluse brillantemente la sua partecipazione da protagonista alle celebrazioni quarenghiane curando l'edizione italiana della monografia edita nel 1982 da Piljavskij a Leningrado e tradotta da Marussia Cremaschi (Monumenta Bergomensia LXVII). Ne uscì un volume ariosamente illustrato e gradevole da sfogliare, con una nota critica originale sul "Segno di Giacomo Quarenghi".
Questa, per quanto ricordo, fu la partecipazione di Sandro Angelini e Nestorio Sacchi alle celebrazioni quarenghiane del 1967 e dintorni.
Di vite come le loro, piene di tante cose, di tante attività, di tanti fermenti ho pensato di rievocare una stagione particolare, che credo sia anche stata una stagione felice.
VANNI ZANELLA
Pianta della Mostra nella sala del Palazzo della Ragione
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