Legature storiche nella biblioteca "A. Mai" - MM 665
MM 665
Visitationes apostolicae Episcopatus Leodiensis, & Abbatiae Fuldensis, obitae a Pietro Aloysio Carafa Episcopo Tricaricensi, & S.ta Sedis Apostolicae ad Tractum Rheni, ac Provincias Inferioris Germaniae cum potestate Legati a Latere Nuncio
ms. cartaceo sec. XVII, cc. 420, 315x217x68 mm
segnatura
MM 665 (già Gamma 6 17)
Legatura del secolo XVII, verosimilmente eseguita nei Paesi Bassi
Vitello marrone con diffuse spellature e perdite di sostanza in corrispondenza delle estremità dei nervi, decorato a secco. Piatti indeboliti lungo le cerniere. Cornice ad un filetto, delimita una placca a forma di losanga (75x40 mm), che raffigura quattro corni d'abbondanza entro volute fogliate. Tracce di due fermagli. Dorso a sei doppi nervi rilevati e ricamati. Nel primo e secondo compartimento in testa, campeggiano le scritte "PETRI.....ARAF" e "VISITATIO APOST/ECCL LEOD. ET/ABBAT. FVLDEN"; in quelli rimanenti, un fiorone centrale. Capitelli grezzi e blu. Taglio blu. Carte di guardia bianche, con una filigrana a forma di "4" e la sigla "NG" al piede. Rimbocchi rifilati con discreta cura; quelli laterali sono collocati sopra i rimbocchi di testa e di piede.
Caratteristico il vitello
1 per le legature di area nordica; il genere di placca
2 e di filigrana, suggeriscono in particolare, un'esecuzione fiamminga. Legatura originale, come testimonia l'impronta dei rimbocchi sulle carte di guardia coeve.
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Cuoio a concia vegetale (tannino della corteccia di quercia), particolarmente sottile e levigato, dalla grana finissima, ottenuto con la pelle di bovini giovani. La pelle di vitello che presenta follicoli primari e secondari molto fitti e disposti irregolarmente è facilmente riconoscibile in quanto la grana è tanto compatta da offrire all'occhio una superficie liscia. Considerato di minor pregio rispetto al marocchino, il vitello è però apprezzato per la morbidezza e la capacità di assumere qualunque colorazione: è un materiale da copertura delicato e soggetto a screpolature, soprattutto nelle parti più a rischio, cerniere e dorso.
Il vitello fu in uso particolarmente a partire dal XVIII secolo, quando se ne produssero diverse qualità: la più bella, detta "cuoio biondo", presenta un bel colore chiaro e una superficie liscia e senza difetti. Il cuoio di seconda qualità presenta invece una colorazione irregolare, i cui effetti potevano essere attenuati e mascherati con una coloritura, impropriamente chiamata marmorizzazione, ottenuta mediante l'impiego di soluzioni a base acida. Prende il nome francese di "granité" la macchiettatura tipo granito, "moucheté" quella a macchiette più piccole, "jaspé" la spruzzatura finissima, "raciné" la venatura a imitazione della radica, "écaille" l'imitazione della tartaruga. In inglese viene chiamato "tree calf" la venatura a imitazione delle venature del tronco d'albero sezionato. Nel Settecento fu di moda anche il vitello rosso con macchie scure. Sulle coperte così trattate, tuttavia, in corrispondenza delle zone sottoposte all'azione dell'acido, potevano
manifestarsi col tempo chiazze di annerimento o abrasioni dello strato superficiale del cuoio. Nel XIX secolo, e soprattutto con l'affermarsi del gusto romantico, questa pelle fu usata molto e in molti, svariati colori (la sua permeabilità permette una facile tintura): perfettamente unita e liscia conveniva inoltre meglio del marocchino al genere di decorazione di moda nella prima metà del secolo, poiché faceva risaltare in modo ben riconoscibile i ferri più fini e le volute più complesse, e nelle grandi placche allora di moda conferiva un più nitido rilievo ai motivi impressi a secco.
Purtroppo, come accade per tutti i cuoi tinti all'anilina, la luce troppo viva fa spesso sbiadire o ingiallire le coperte di vitello, dai colori tanto belli quanto deteriorabili. Il XX secolo vide usare ampiamente il vitello nella legatura editoriale di pregio: soprattutto nelle mezze legature di lusso si affermò la moda di una raffinata varietà di vitello dai colori vivaci, molto levigata e di particolare brillantezza, detta "glacé".
In Italia, il vitello fu usato tardivamente nelle legature storiche, e non conobbe mai il favore accordato al marocchino, imperante nel Rinascimento. Per l'alto costo del marocchino e la maggior disponibilità locale del vitello, questo fu invece utilizzato in Francia e nell'Europa settentrionale, specie nella decorazione a secco.
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Segnatura MM 665, dettaglio
Cfr.
KYRISS 1958 A, Tafel 2, VI;
VAN LEEUWEN 1994 fig. 1;
BIBLIOTECA CASANATENSE 1995, I, n. 1013; II, fig. 406, p. 262.