Legature storiche nella biblioteca "A. Mai" - MM 557
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MM 557


Tintori, Cesare Francesco, La musa rapita al Serio dal Tebro ovvero Rime del cavalier d. Cesare Francesco Tintori da Crema, fra gli Arcadi Irtaco Ettidio, da esso composti in Roma
ms. cartaceo sec. XVIII, cc. 62
segnatura MM 557 (già Sigma 5 30)

MM 557 piatto anteriore MM 557 piatto posteriore

Legatura del secolo XVIII, eseguita in Italia

Carta decorata silografata, raffigura motivi floreali e fogliati. Capitelli assenti. Carte di guardia con una filigrana a forma di ancora entro un cerchio, sormontata da una stella a sei punte. Taglio grezzo.

Le carte silografiche1 sono quelle più conosciute e diffuse in Italia. Le matrici in legno di pero o di melo, incise a rilievo, misuravano in genere 30x40 cm; dapprima impresse a mano, in seguito con l'aiuto della pressa xilografica, richiedevano tante matrici quanti erano i colori della decorazione. La più antica placca xilografica europea datata, ora a Manchester alla Biblioteca Universitaria John Rylands, riproduce san Cristoforo con il Bambino: risale al 1423. In Italia, queste carte vennero rapidamente utilizzate quasi esclusivamente per la legatura, mentre in Francia e nei paesi dell'Europa settentrionale servirono anche come carta da parati, impiego che da noi si affermò soltanto a partire dal XVIII secolo. Erano carte dagli schemi decorativi molto semplici, con fiorellini o disegni geometrici senza grandi effetti di colore, ispirati perlopiù agli ornati dei tessuti in seta, sovente monocromi in nero, seppia, giallo, blu, rosso mattone.
In Francia queste carte presero il nome di "papier dominoté", e gli stampatori quello di "dominotier", non è noto se con riferimento al gioco del domino o all'omonima cappa dei balli in maschera. Con l'espandersi del mercato, sorsero vere e proprie manifatture per la realizzazione di carte decorate di sempre maggior bellezza, utilizzate per le guardie o per brossure. Per ottenere due o più colori si applicarono differenti metodi: il più complesso e costoso consiste nell'usare più matrici sovrapposte, inchiostrate con diversi colori. Altri preferivano ritoccare a mano, con pennellate di colore disposte più o meno abilmente nei punti previsti, il fondo monocromo. Risultati tecnicamente più regolari, si ottenevano applicando una mascherina traforata come nella lavorazione del "pochoir".
Degli stampatori di queste carte si sa ben poco: a noi sono pervenuti soltanto i nomi, o poco più, di coloro che "firmavano" i fogli prodotti: Luigi Antonio Laferté a Parma, Carlo Bertinazzi e Bettuzzi a Bologna, Antonio Benucci a Firenze e Egidio Petit a Roma. Ma i più famosi furono i Remondini di Bassano del Grappa che dal 1648 al 1860 affiancarono alla produzione di editoria povera e "imagerie" popolare quella di carte decorate di ogni genere. Come scrisse il francese de la Lande, che nel 1765 visitò la stamperia, "18 torchi tipografici, 24 per le stampe, 2 per le carte fiorite, oltre 1000 operai sfruttati al massimo e pagati al minimo pur di battere la concorrenza straniera" fecero la fortuna dei Remondini. Le loro oltre 3000 matrici xilografiche vennero acquistate alla chiusura della ditta da Ricci di Varese, il che spiega il nome di "carte di Varese" con cui questa produzione è oggi nota.


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segnatura MM 557, dettaglio
Segnatura MM 557, dettaglio

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