Legature storiche nella biblioteca "A. Mai" - MA 447
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MA 447


Bonnuntio, Honofrio, Della luce e dei colori
ms. cartaceo sec. XVI, cc. 63, 198x132x25 mm
segnatura MA 447 (già Sigma 3 57)
Volume dedicato a Alfonso Daualo Daquino, Marchese del Vasto.

MA 447 piatto anteriore MA 447 piatto posteriore
Legatura della metà (?) del secolo XVI, verosimilmente eseguita nell'Italia centrale

Capretto (?) bianco, con parziale perdita del fiore, gore brune e marginale perdita di sostanza, decorato a secco ed in oro. Filetti concentrici a secco. Cornice a due filetti dorati. Foglie trilobate accantonate esterna ed interna. Tracce di due bindelle in tessuto marrone. Dorso a tre nervi rilevati. Filetti obliqui intrecciati nei compartimenti. Capitelli grezzi. Taglio dorato e cesellato. Rimbocchi rifilati con discreta cura; quelli laterali sono collocati sopra i rimbocchi di testa e di piede.

Inaspettato il cuoio conciato bianco utilizzato, probabilmente del capretto1. Il decoro essenziale costituito da una cornice a due filetti dorati e da foglie trilobate, non fornisce utili indicazioni sull'origine della legatura; il manoscritto dedicato a Alfonso Daquino, marchese del Vasto, città dell'Abruzzo, tuttavia, potrebbe suggerire una realizzazione nell'Italia centrale della legatura. Inusuali le legature di colore2 bianco, delle quali la Biblioteca "A. Mai" possiede un altro esemplare rinascimentale italiano3: compaiono in genere su libri dedicati a sovrani e pontefici.


1
La Biblioteca nazionale Braidense di Milano possiede una legatura romana (cfr. la riproduzione "infra") su testo Giovan Pietro Ferretti, De Ravennati exarchatu, cart., sec. XVI (dopo il 22.II.1550 e prima del 23.III.1555), 333x233 mm, ff. II, 105, II, segnatura AF X 37, eseguita tra il 1550 ed il 1555 ca da Niccolò Francese per Giulio III, probabilmente realizzata con un analogo materiale di copertura (HOBSON A. 1975, tav. XVII, p. 85, n. 78; BIBLIOTECA NAZIONALE BRAIDENSE 2002, n. 43, p. 138).

BIBLIOTECA NAZIONALE BRAIDENSE 2002, n. 43, p. 138.
BIBLIOTECA NAZIONALE BRAIDENSE 2002, n. 43, p. 138.
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2
Il colore naturale della pelle è determinato dalla presenza di melanina negli strati profondi dell'epidermide e dei follicoli. In legatoria, l'impiego di pelli dal colore naturale è frequente e continuo nel corso dei secoli, specie su legature correnti, che non si segnalano essere particolarmente di pregio.
Pelli tinte durante o dopo la concia sono state impiegate sin dal Medioevo, almeno dal VII secolo, prevalentemente con tinte severe, bruno o bruno scuro, anche se si conoscono di quel periodo, specie in Inghilterra, nelle Fiandre e nel Basso Reno, esemplari di un bel colore rosa e rossiccio: questa tinta era ricavata dal "Coccus ilicis", un insetto vermiforme parassita delle querce, il cui nome persiano, che letteralmente significa "verme", è all'origine dei nomi italiani "cremisi" e "carminio". Molto più raramente le pelli erano tinte in blu. Nella seconda metà del XV secolo, a Napoli, le legature di lusso sono tinte talvolta in verde o in azzurro, mentre il rosso caratterizza quelle fiorentine dal 1460 in poi. Diversi e caldi colori nelle varie gradazioni del rosso, del verde e del giallo sono peculiari delle coperte rinascimentali.
Nel XVI secolo prevale il marocchino rosso, mentre più raro è il verde oliva per la sua tendenza a scolorire con il tempo; a Roma è frequente il "rosolaccio", colore rosso granata. Nel XVII secolo, segnalo in Inghilterra le cosiddette "sombre bindings", legature in pelle nera, decorate in argento, su libri di preghiera o con testo religioso: esse ricordano le legature francesi che nello stesso periodo rivestono Les oraisons funèbres di Bossuet (1627-1704).
Nel XVIII secolo, accanto alle numerose legature in pelle marmorizzata nelle varie associazioni di nocciola, marrone e rosso, sono di moda, specialmente in Francia, il "bleu-roi" dal particolare tono d'azzurro intenso (blu scuro), il "blu Parma", (blu chiaro), il "Lavallière" che è un colore foglia di tabacco chiaro (marrone chiaro), il vitello biondo, vale a dire pelle non tinta dal tono chiaro e uniforme. Durante il periodo napoleonico, nei primi anni del XIX secolo, si adottano i quattro colori tipici dell'Impero: rosso lampone, blu notte, giallo limone, verde scuro. Numerosi colori a tinte vive, mai usati prima, rivestono le legature, specie se realizzate in pelle di vitello, del periodo romantico e "post-romantico". Nelle biblioteche pubbliche e private, sono stati spesso adottati colori diversi per la legatura al fine di indicare visivamente discipline diverse: così, il rosso è in genere riservato alla Storia, il verde alla Botanica, il blu nero alla Teologia. Per quanto riguarda la corretta denominazione dei colori delle legature, Ch. Galantaris nel suo Manuel (GALANTARIS 1998, Dictionnaire, p. 66) auspica venga pubblicata una "tavola dei colori" che rappresenti le principali gradazioni ("nuances") dei colori fondamentali, con la loro precisa denominazione, così da porre fine all'assenza di uniformità e alla confusione che regna in questo contesto, specie nei cataloghi dei librai. Cita, ad esempio, il "vitello fulvo" che può essere tuttavia definito anche biondo avana, "Lavallière", foglia morta e persino "pavé mouillé" (selciato bagnato) e un peculiare "chagrin" rosso indicato indifferentemente dai librai come "chagrin" corallo, granata, rosso antico e color arancio.
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3
Segnatura MAB 28.
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