Tariffa delle robbe che pagano mezi noli alle gallie, ho all'Arsenal
ms. cartaceo, cc. 45, 146x98x9 mm
segnatura
A 1 (già Alpha 7 25)
Riutilizzo di una legatura del secolo XVIII/XIX, verosimilmente eseguita in Turchia
Marocchino rossiccio decorato a secco. Una coppia di filetti concentrici. Specchio caratterizzato da un filetto verticale ed orizzontale, centrati da una mandorla (40x35 mm) dai lati arcuati, provvista di quattro rose. Dorso liscio. Capitelli assenti. Taglio grezzo. Carte di guardia bianche. Rimbocchi rifilati con discreta cura.
Il testo in veneziano testimonia il riutilizzo della legatura. Il decoro a mandorla centrale
1 – pure notata su una legatura persiana oppure turca
2 custodita in questa Biblioteca- entro una cornice disadorna, qui rappresentata da una coppia di filetti impressi a secco
3, costituisce una caratteristica delle legature di genere persiano
4 eseguite in Turchia
5. La coppia di filetti impressi perpendicolarmente è servita da riferimento per centrare l'impressione della placca.
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Segnatura A 1, dettaglio
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Segnatura MM 475, dettaglio
Segnatura MM 475, dettaglio
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Tecnica di decorazione senza oro, impressa sul cuoio. Anticamente l'impressione avveniva sul cuoio inumidito mediante una forte e prolungata pressione manuale di matrici incise, di legno o di avorio, non riscaldate; l'ornamentazione in cavo dei punzoni dava luogo a un motivo in rilievo.
Successivamente l'impiego di matrici di ferro o di bronzo opportunamente riscaldate, consentì di decorare il cuoio asciutto, dunque mediante impressione a secco. Impropriamente, invece, si continua a definire "a freddo", specialmente nei testi francesi, una decorazione, priva di oro, simile a quella ottenuta dall'inizio a freddo con matrici lignee.
Questa non facile tecnica richiede mano ferma e sicura e lunga pratica: se troppo caldo, il ferro rischia di bruciare il cuoio; se non è abbastanza caldo non imprimerà la decorazione con il necessario risalto. I ferri impiegati per l'impressione a mano erano, e sono tuttora, i punzoni e le palette, muniti di breve manico in legno, e le rotelle, dotate invece di un lungo manico che il doratore appoggia nell'incavo della spalla per mantenere più stabilmente la prolungata pressione. Le piastre vengono impresse invece per mezzo del bilanciere. Verso la fine del secolo XV s'iniziano ad eseguire anche decorazioni in oro e da allora molte decorazioni sono realizzate anche mediante una combinazione delle due tecniche.
Le legature decorate completamente a secco, note sin dal VII secolo, non possiedono il fascino delle legature decorate in oro dei secoli più recenti: anche se il loro valore artistico è in genere modesto, esse hanno tuttavia grande importanza per la storia della legatura e, addirittura, quelle più antiche, per l'archeologia della legatura.
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Attualmente per legature persiane si intendono quelle posteriori alla conquista mongola del XIII secolo, databili dal XV secolo in poi: esse sono molto importanti per l'influsso esercitato sulla legatura veneziana del Rinascimento. Eseguite in pelle di capretto di colore bruno, sono decorate in oro con tecnica esperta e gusto raffinato; il motivo più comune è la mandorla caudata, posta al centro della coperta, ornata come negli angoli, con arabeschi e viticci. Spesso le legature persiane sono a busta e la decorazione del piatto anteriore si ripete sulla ribalta. Col tempo, questa decorazione divenne sempre più raffinata: si fece ricorso alla punteggiatura, alla spruzzatura dorata, alla pelle ritagliata a filigrana su un fondo in pelle, in carta o in seta dorato o colorato, ai compartimenti a cassoni dorati e laccati, alle "doublures" decorate. Dal XVI al XVIII secolo, le legature persiane, per influenza delle civiltà dell'Estremo Oriente, vengono impreziosite con lacche brillanti, e recano dipinte sui
piatti immagini ispirate alla tradizione locale miniaturistica con scene di caccia o della vita di corte. Dalle legature persiane e, più in generale, dall'artigianato islamico, la cultura occidentale ha mutuato l'uso del marocchino, dei piatti di cartone, la decorazione in oro e tutta la gamma di motivi orientaleggianti ad arabeschi.
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HALDANE 1983, p. 137.